Grs972 gli eredi perduti

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956 - La resa di Miss Fairbourne - M. Hunter 957 - L'erede dei MacLerie - T. Brisbin 958 - Il leone e l'usignolo - B. Stuart 959 - Fascino creolo - L. Martin 960 - Scandalo per il visconte - M. Hunter 961 - Scherzi del destino - M. McPhee 962 - Intrigo a corte - J. Landon 963 - La promessa del crociato - A. Herries 964 - I segreti di Mademoiselle Lyon - M. Hunter 965 - La ricerca di Lady Aria - J. Ruesch 966 - Il tocco di un ribelle - H. Dickson 967 - Seduzione vichinga - J. Fulford 968 - Scommessa con il gentiluomo - M. Hunter 969 - II segreti di Justine - C. Merrill 970 - La proposta di Lord Delsey - A. Herries 971 - Tra luce e ombra - A. McCabe 972 - Gli eredi perduti di Pembrook: Sebastian L. Heath 973 - Il passato della cortigiana - B. Stuart 974 - L'abito scarlatto - S. Mallory 975 - Una rosa nella tempesta - B. Joyce


LORRAINE HEATH Gli eredi perduti di Pembrook:

Sebastian


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: She Tempts the Duke Published by arrangement with Avon, an imprint of HarperCollins Publishers © 2012 Jan Nowasky Traduzione di Laura Guerra Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici giugno 2015 Questo volume è stato stampato nel maggio 2015 presso la Rotolito Lombarda - Milano I GRANDI ROMANZI STORICI ISSN 1122 - 5410 Periodico settimanale n. 972 dello 01/06/2015 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 75 dello 01/02/1992 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


Prologo

Castello di Pembrook, Yorkshire Inverno 1844 Quella notte sarebbero morti. A quattordici anni, Sebastian Easton, ottavo Duca di Keswick, avrebbe voluto essere più coraggioso, capace di affrontare la morte con l'audacia che il padre si sarebbe aspettato da lui, ma era troppo impaurito e aveva la bocca così secca che non sarebbe nemmeno riuscito a raccogliere uno sputo da lanciare come insulto a chi si fosse presentato per finirlo. Nella torre antica non c'era un camino che potesse rendere l'atmosfera più accogliente, e anche se ce ne fosse stato uno incassato nel muro di pietra, dubitava che lo zio – Lord David Easton – si sarebbe degnato di accendervi il fuoco. Non aveva dato loro nemmeno delle coperte per proteggersi dal vento pungente che sibilava tra le sbarre alla finestra. Avevano solo i vestiti che indossavano dal mattino, quando erano stati scortati alla torre per la loro sicurezza, non appena coloro che avevano partecipato al funerale del padre se ne erano andati dopo la sepoltura dell'uomo nella tomba di famiglia. 5


Forse lo zio sperava che si sarebbero buscati un brutto malanno, risparmiandogli così la fatica di ammazzarli. Sebastian guardò fuori dalla finestrella, ma la luna non si vedeva, c'erano solo stelle. Era una notte perfetta per far sparire tre ragazzini. «Ho fame» mugugnò Rafe. «Non capisco perché non possiamo mangiare lo stufato di montone.» «Perché potrebbe essere avvelenato» replicò Tristan e Sebastian riconobbe lo struggimento nella voce del fratello. Avevano fame e, sebbene fossero troppo orgogliosi per ammetterlo, erano terrorizzati. «Ma perché la cuoca dovrebbe avvelenarci? È simpatica. Mi dà sempre qualche biscotto in più di nascosto.» «Non la cuoca, stupido» reagì brusco Tristan. «Lo zio.» I due continuarono a bisticciare, ma a voce abbastanza bassa da non disturbare più Sebastian che osservava la notte più buia che avesse mai visto. Non c'erano torce tremolanti a indicare guardie che facevano la ronda. Lo zio era certo che fossero al sicuro lì nella torre. Gli orologi nel maniero dovevano aver già battuto la mezzanotte. Lui e i fratelli avrebbero dovuto dormire, ma Sebastian non aveva alcuna intenzione di darsi per vinto. Aveva già provato con le sbarre. Non avrebbero ceduto e in mezzo ci passava giusto un passero. Le loro probabilità di scappare erano ben poche. Non avrebbe mai pensato di essere grato che la madre fosse morta di parto, ma almeno non avrebbe dovuto sopportare l'agonia di perdere i figli. «Sto morendo di freddo!» Rafe all'improvviso alzò la voce, come se volesse far capire ai fratelli quanto fosse disperato. Non era colpa sua se non aveva la stessa forza di carattere. Aveva solo dieci anni e, siccome era il più piccolo, era sempre stato viziato. 6


«Se non la smetti di piagnucolare, te lo darò io qualcosa che ti farà frignare. Un cazzotto sul naso» lo minacciò Tristan. «Lascialo stare, Tristan» gli ordinò Sebastian. Era più grande del gemello di soli ventidue minuti, ma con quei minuti erano arrivati anche potere, rango e responsabilità. Temeva che non sarebbe stato all'altezza di nessuno dei tre, che avrebbe deluso il padre nella tomba. «Ma questa lagna mi dà sui nervi.» «Dovete zittirvi tutti e due. Fatemi pensare.» Sebastian udì un fruscio e Tristan gli arrivò accanto. Non c'erano candele o lanterne, ma non gli serviva la luce per vedere il fratello. Erano identici. Alto per la sua età, con capelli neri scompigliati che gli ricadevano sugli occhi azzurri chiari. Occhi da fantasma, li chiamavano gli zingari. Gli occhi degli Easton, aveva assicurato loro il padre. Come i suoi. E quelli dello zio maledetto. Lord David aveva riportato il duca – con la testa fracassata – a Pembrook, il palazzo avito, dopo l'incidente a cavallo, sostenendo che fosse caduto di sella. Eppure Keswick era sempre stato un eccellente cavaliere. Non era mai stato disarcionato. Qualcuno doveva averlo fatto cadere, anche se Sebastian riteneva più probabile che l'uomo fosse sceso da cavallo per occuparsi di qualcosa e qualcuno gli fosse arrivato alle spalle e lo avesse colpito. Forte. Ed era certo di sapere chi fosse quel qualcuno. «Allora quale sarebbe il tuo grande piano per farci uscire da qui?» domandò Tristan a bassa voce. «Non glielo dirò. Nemmeno se mi dovesse mettere alla ruota nelle segrete.» La prigione sotterranea conteneva ogni sorta di strumenti di tortura, retaggio dei tempi in cui il primo 7


Duca di Keswick aveva servito Enrico VIII e aveva eseguito i suoi ordini più sgradevoli. Sembrava che la sete di sangue fosse un tratto di famiglia. Sebastian non riusciva a scrollarsi di dosso l'impressione che lo zio bramasse ciò che il padre aveva posseduto e che per averlo avrebbe commesso altri tre omicidi. «Ma almeno ce l'hai un piano?» volle sapere Tristan. «Attaccheremo il primo che entrerà dalla porta. Tu ti butterai a terra, bloccandogli le ginocchia. Io punterò in alto.» Si sarebbe preso il rischio maggiore perché, se quella persona fosse stata armata, l'istinto l'avrebbe portata a colpire chi avesse visto meglio, cioè il ragazzino furioso che provava a colpirlo sul naso. «E poi?» «Selliamo i cavalli e ce la diamo a gambe.» «Io dico che dovremmo rimanere e affrontare subito lo zio. Lo ammazziamo. Facciamola finita.» «Ma non ci arrivi, Tristan? Il fatto che siamo qui dimostra che non abbiamo alleati.» «Ce ne sarà pur qualcuno. Sei l'erede legittimo.» «Ma chi? Di chi ci possiamo fidare? No, la cosa migliore è scappare e poi separarci. Torneremo quando saremo grandi. E rivendicheremo ciò che è nostro.» «E che prova avremo di essere chi diciamo di essere?» «Quanti gemelli credi che ci siano con gli occhi del nostro colore?» Inoltre Sebastian portava al collo, attaccato a una catenina, l'anello del padre. Le sue dita erano ancora troppo piccole. Ma un giorno... «Non sono d'ac...» cominciò a dire Tristan. «Ssh!» Sebastian udì uno scalpiccio lontano, che si fece più forte, più vicino. «Sta arrivando qualcuno.» Anche al buio trovò su8


bito la spalla del fratello e la strinse. Non avrebbero avuto la forza dalla loro. Le loro armi migliori sarebbero state la sorpresa e l'agilità. «Non esitare. Sii veloce. E fa' del tuo meglio.» Sentì il corpo del gemello che si muoveva mentre annuiva con il capo. «Rafe, nell'angolo.» «Perché?» «Niente domande. Fa' come ti dico» comandò Sebastian con voce brusca. Rafe era troppo piccolo per essere di aiuto, inoltre era suo dovere proteggerlo. Sgattaiolò veloce verso la porta e Tristan lo seguì. L'unico mobilio da evitare era un tavolino con due sgabelli nel centro della stanza. Da qualche parte avrebbero pur dovuto firmare le confessioni, pensò con un certo sarcasmo. Trattenendo il respiro si appiattì alla parete, la pietra premuta contro la schiena. Sentì la chiave entrare nella serratura e cigolare mentre girava. La porta si aprì e la luce si riversò nella stanza. Si lanciò e... La ragazzina gli saltò addosso, stringendogli le gambe attorno alla vita e le braccia intorno al collo. Le sue lacrime erano fresche sulle guance di Sebastian. «Sei vivo!» esclamò lei con voce roca. «Temevo di essere arrivata troppo tardi!» Una lanterna sul pavimento del corridoio gettava luce nella stanza. Doveva averla portata lei per poi lasciarla lì mentre inseriva la chiave nella serratura. «Ssh, Mary» la esortò lui, «abbassa la voce. Che cosa ci fai qui?» Lady Mary Wynne-Jones, figlia del loro vicino, il Conte di Winslow, singhiozzò e tirò su con il naso. «Ti cercavo e l'ho sentito... l'ho sentito che diceva di ammazzarvi.» «Chi hai sentito?» 9


«Tuo zio.» «Quel maledetto» ruggì Tristan. «Lo sapevo!» «Zitti» ordinò Sebastian. Si liberò dell'amica. Era tutta gambe e braccia, leggera come una piuma. Quando la ragazzina fu di nuovo in piedi, lui le prese le spalle e la guardò dritta negli occhi verdi. Più piccola di due anni, era una ribelle e spesso si allontanava di soppiatto dalla casa del padre per andare a trovarlo. Senza uno chaperon. Fingevano di essere degli avventurieri e andavano a esplorare vecchie rovine. L'abbazia diroccata era il loro ritrovo preferito. La settimana prima lei lo aveva baciato lì. Sapeva che se il padre l'avesse scoperto sarebbe stato nei guai. Non avrebbe mai dovuto baciare la figlia di un conte, a meno che non avesse avuto intenzione di sposarla. Il padre glielo aveva ripetuto tante volte. Ma Mary non era solo la figlia di un lord. Era la sua migliore amica. Le aveva insegnato a muoversi furtiva. In molte cose era brava quanto un maschio e non aveva paura di niente. O quasi. In quel momento la vedeva bianca come un fantasma, la miriade di lentiggini ancora più scure in contrasto. «Con chi parlava?» «Non l'ho visto» rispose lei. «Sono subito corsa in camera tua e, quando non ti ho trovato, ho pensato di venire a controllare qui.» «Sei con tuo padre?» Lei scrollò vigorosamente il capo. «Sono venuta a cavallo da sola. Sapevo che saresti stato triste per la morte di tuo padre e volevo farti compagnia, come tu hai fatto con me quando mia madre è andata in paradiso.» Mary aveva dieci anni quando la donna era morta per una febbre. Quella notte Sebastian si era arrampicato sull'albero fuori dalla finestra della sua camera, era entrato e si era infilato nel suo letto. L'aveva tenu10


ta stretta mentre piangeva. «Ti stavo cercando senza farmi vedere. È così che ho sentito tutto.» «Allora dobbiamo sbrigarci. Tristan, tu sta' vicino a Rafe.» «Non ce n'è bisogno» obiettò Rafe. «Chiudi la bocca» ringhiò Tristan. «Non è un gioco. Lo zio ci vuole ammazzare.» «Ma perché?» «Perché siamo l'ultimo ostacolo rimasto prima di prendersi tutto. Forza, andiamo.» Sebastian afferrò la mano di Mary e uscì dalla stanza. Lei raccolse la lanterna e poi corsero giù per gli scalini, i fratelli alle spalle. In fondo, la guardia era distesa a terra con un grosso ramo gettato lì accanto. «Gli sono arrivata alle spalle e l'ho colpito forte in testa» spiegò lei. «Ben fatto!» La ragazzina era raggiante e i suoi occhi verdi brillarono prima che la preoccupazione li adombrasse di nuovo. Non indugiarono oltre e uscirono dalla torre. Mary aveva le gambe abbastanza lunghe da riuscire a stargli al passo. I capelli di un rosso accesso erano legati in una treccia che le batteva ritmica contro la schiena mentre correvano diretti alle stalle. Una volta arrivati, lui e i fratelli sellarono ciascuno un cavallo. Quello dell'amica era legato lì vicino. Sebastian l'aiutò a salire e poi montò in sella a sua volta. «Vi raggiungo, Tristan. Prima voglio assicurarmi che Mary torni a casa.» «No. Rimaniamo tutti insieme finché possiamo.» «Va bene. Andiamo, veloci come il vento.» La lanterna di Mary li guidò, facendo ondeggiare le ombre mentre avanzavano. Non potevano andare troppo veloci per paura che i cavalli cadessero. Tuttavia Sebastian era irrequieto e arrivati a metà delle terre 11


della tenuta provò un bisogno irrefrenabile di fermarsi. «Aspettate un attimo» gridò agli altri. Obbedirono. Dopotutto, era il duca. Scese da cavallo e raggiunse il punto illuminato dalla lanterna. «Mary, mi daresti il tuo nastro per i capelli?» L'amica glielo diede senza fare domande. Si fidavano ciecamente l'uno dell'altro. Tirato fuori il fazzoletto che il padre gli aveva assicurato dovessero avere tutti i gentiluomini, lui si inginocchiò. «Cosa diavolo stai facendo?» sbottò Tristan. «Non abbiamo tempo per queste stupidaggini.» Ma Sebastian non poteva andarsene senza portare con sé un pizzico di casa. Scavò con le dita e raccolse una manciata di quella terra fertile su cui sette duchi e diversi re e regine avevano lanciato al galoppo i loro cavalli. L'avvolse nel lino, la chiuse con il nastro e se la mise in tasca. Rimontò e ripresero la fuga. Fermarono di nuovo i cavalli una volta giunti alle stalle del padre della ragazzina. «Entrate. Mio padre può aiutarvi» insistette lei. «Sarebbe troppo pericoloso per te e per la tua famiglia.» E forse anche per noi. «Allora vengo con voi.» «No, non puoi venire dove siamo diretti.» «Ma dove state andando?» «Se non lo sai, non lo potrai svelare a nessuno.» E nessuno potrà strappartelo con la tortura. Lui le cinse la vita e l'aiutò a scendere a terra. «Non lasciarmi, Sebastian. Portami con te.» «Sono Keswick adesso. Non posso portarti con me, ma ti prometto che ritornerò. Tra dieci anni, questa stessa notte, alle rovine dell'abbazia.» La baciò, sfiorandole le labbra in maniera tanto fugace che fu come toccare le ali di una farfalla che spicchi il volo. «Gra12


zie, Mary. Non dimenticherò mai ciò che hai fatto per me e per i miei fratelli.» «Fa' attenzione.» «Sempre» le promise lui con una sicurezza che mascherava la sua giovinezza... e la sua paura. Non aveva idea di che cosa avesse in serbo per loro il futuro. «Fammi avere tue notizie quando sarai al sicuro» lo pregò lei e Sebastian capì che l'amica non aveva idea del vero pericolo che correvano. «Qualsiasi cosa accada, non dire mai a nessuno ciò che hai sentito e ciò che hai fatto. Deve rimanere un segreto. Ne va delle nostre vite.» «Lo prometto.» Sebastian sentì che c'era di più da dire, ma non sapeva che cosa fosse. Rimontato in sella, lanciò il cavallo al galoppo, con i fratelli che sfrecciavano al suo fianco, e si lasciò Mary alle spalle. Mentre si inoltravano nella notte, nell'ignoto, giurò che un giorno sarebbe tornato a Pembrook per rivendicare ciò che gli apparteneva. Non c'era cosa più importante. Fu un voto che avrebbe forgiato l'uomo che sarebbe diventato.

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Londra, luglio 1856 Se era vero che la troppa curiosità portava gli uccelli nella rete, allora Lady Mary Wynne-Jones si aspettava di essere catturata prima della fine della serata. Dopotutto, era stata la curiosità a convincerla ad andare al ballo di Lady Lucretia Easton. Sapeva poco della donna, se non che aveva sposato Lord David Easton in primavera. Aveva occupato un angolo del salone da ballo con la cugina Alicia e altre due giovani dame, il punto perfetto per osservare l'andirivieni. «Lord e Lady Wickam!» Mary prestava poca attenzione agli ospiti che venivano annunciati. Era molto più interessata ai due padroni di casa, a decifrare le loro intenzioni, a capire come fossero ricevuti dalla società. Erano anni che non vedeva Lord David. Poco dopo la scomparsa dei nipoti, aveva abbandonato Pembrook. Forse si era trasferito in una delle altre tenute, o forse viveva a Londra tutto l'anno. La residenza di città brillava ed era ben curata. Anche gli invitati scintillavano quella sera. Non ci si sarebbe mai aspettati che il secondogenito di un du14


ca potesse suscitare tanto interesse, tuttavia Lord David aveva un passato tormentato che sbandierava in ogni occasione. Lo sconvolgente incidente del fratello maggiore. La scomparsa inspiegata dei tre nipoti. Erano scappati? Erano stati presi in ostaggio e poi uccisi? O erano stati rapiti per qualche altro sinistro motivo? Forse erano stati imbarcati su una nave? Venduti come schiavi? Non lo sapeva nessuno. Erano diventati leggendari, i lord perduti di Pembrook. «Sei mai stata a un ballo più noioso di questo?» si lamentò Lady Alicia con il solito fare drammatico, come se avesse appena affermato che il mondo stava per finire. La cugina aveva i capelli color rame, un rosso meno acceso del suo. Gli occhi, invece, erano dello stesso verde. D'altra parte, le loro madri erano sorelle e sembrava che tutte le donne di quel ramo della famiglia fossero state baciate dagli occhi verdi. «Non credo che Lord David sia famoso per essere un tipo divertente. Dopotutto, quanto mai potrebbe essere spassoso un uomo che ha avuto tutte quelle sventure?» Il suo sarcasmo le procurò un'occhiataccia dalla cugina, ma fu a malapena notato dalle due dame che le avevano raggiunte poco prima. Erano troppo intente a setacciare la folla alla ricerca di una preda maschile. «È la prima volta che organizza un ricevimento» spiegò distratta Lady Hermione, carezzandosi i riccioli biondi che le ricadevano dall'acconciatura. Quella era la sua seconda Stagione ed era quindi a conoscenza di ciò che accadeva, mentre per Mary e la cugina si trattava della prima estate a Londra. «In fin dei conti non è mai stato sposato prima d'ora» rifletté Lady Victoria, il sopracciglio nero inarcato come l'ala di un corvo. «Mia madre mi ha detto che 15


Lady Lucretia lo ha sposato perché Lord David si aspetta di diventare duca prima della fine della Stagione. Quest'eventualità ha suscitato l'interesse di tutti. Nessuno vuole perdersi le simpatie di un duca.» Mary aveva saputo dal padre che Lord David aveva presentato un'istanza al Lord Cancelliere insistendo sulla sua rivendicazione al titolo giacché i nipoti non erano mai stati ritrovati. Era passato più di un anno da che anche il più giovane aveva raggiunto la maggiore età. Siccome nemmeno uno di loro si era presentato a reclamare il titolo, poteva significare solo una cosa: che erano morti. Era un ragionamento che Mary non poteva criticare, per quanto le facesse male accettare quella dura verità. Nel corso degli anni non aveva ricevuto la benché minima notizia dai fratelli. O forse il padre aveva distrutto tutto. Non aveva mantenuto la promessa fatta a Sebastian. Quella notte era corsa dal conte e gli aveva spiegato ciò che aveva sentito e come avesse aiutato i ragazzi a fuggire. Si era aspettata che lui prendesse in mano la situazione e affrontasse il vicino. Invece aveva scoperto con rammarico che il padre aveva paura anche della propria ombra. L'uomo l'aveva quindi mandata in un convento a riflettere sulle sue malefatte. Quando finalmente aveva avuto il permesso di tornare a Willow Hall quella primavera, Mary era corsa alle rovine dell'abbazia e, con il vento che ululava, aveva pianto. Sapeva perché Sebastian le avesse scelte come punto di ritrovo. Era un luogo speciale. Era lì che lo aveva baciato, con la paura che se il padre lo avesse scoperto l'avrebbe cacciata di casa. Sebbene avesse avuto solo dodici anni, era certa che non avrebbe mai dimenticato la sensazione delle sue labbra sulle proprie, quanto fosse stata dolce e terrificante. 16


«Che cosa triste, i nipoti divorati dai lupi» disse Lady Alicia. Che i loro resti fossero stati ritrovati vicino alle rovine dell'abbazia era una delle tante voci che si rincorrevano sulla loro scomparsa. Era divenuta una storia per ammonire i ragazzi più scapestrati a desistere da avventure notturne. Un'altra versione affermava che fossero morti di febbre. Tuttavia in entrambi i casi non erano stati trovati corpi. Nel corso degli anni, qualcuno aveva affermato di averli visti – a Londra, sulla costa, in un bosco – ma sempre senza prove. La loro sorte rimaneva un mistero. Mary tuttavia era certa che fossero morti in quei lunghi anni di assenza, altrimenti sarebbero tornati come avevano promesso. Sebastian sarebbe ritornato da lei. Niente l'avrebbe trattenuto dall'adempiere al suo voto, se non la morte. Aveva perso il conto delle notti in cui aveva pianto la loro fine, per poi svegliarsi convinta che fossero ancora vivi da qualche parte. Tante ragioni potevano spiegare quel loro ritardo. Ma, con il passare degli anni, era sempre meno probabile che ricomparissero, che fossero sopravvissuti e diventati uomini. Con la coda dell'occhio Mary vide Lord David che percorreva un corridoio. Quell'odioso bellimbusto faceva una gran bella figura tutto impomatato. La cosa la irritava terribilmente. Avrebbe dovuto essere ripugnante, gobbo, come Riccardo III, che per ottenere il trono aveva rinchiuso i nipoti nella Torre di Londra. I due non erano poi tanto diversi. Con grande sforzo si era trattenuta dal rimettere tutto quando, all'inizio della serata, le aveva sorriso passandole accanto. Aveva negli occhi una malizia che sembrava cogliere solo lei. Tutti gli altri lo adulavano, schiavi del suo fascino. Perlomeno aveva avuto il buonsenso di non prenderle la mano inguantata e ba17


ciarla come aveva fatto con quella della zia quando erano arrivate. Se lo avesse fatto, di certo non sarebbe riuscita a frenare il piede e gli avrebbe dato un calcio sullo stinco. «Lord e Lady Westcliffe!» Mary si chiese se non fosse venuto il momento di andarsene. Non era più sicura di che cosa avesse voluto ottenere andando al ballo. Era solo riuscita a farsi venire il mal di stomaco pensando a come Lord David avesse acquisito quella residenza e a come molto presto, se la sua istanza fosse stata accettata, avrebbe ottenuto ancor di più. Si sarebbe preso tutto. Non poteva permettere che accadesse. Avrebbe scritto una lettera al Lord Cancelliere e gli avrebbe spiegato che cosa era accaduto la notte in cui i ragazzi erano scomparsi. Avrebbero creduto a quelle sue parole o le avrebbero considerate l'ennesima storia stravagante da aggiungere alle tante che già circondavano il mistero degli eredi perduti di Pembrook? Fu strappata a quei pensieri quando due gentiluomini chiesero a Lady Hermione e a Lady Victoria di ballare. Quando le coppie ebbero raggiunto il centro della sala, Alicia disse: «Ancora non ci credo che alla fine del mese ti sposerai». Al suo primo ballo era piaciuta al Visconte Fitzwilliam. Era seguito un corteggiamento con tanto di fiori, passeggiate al parco e lunghi pomeriggi trascorsi in salotto. Erano entrambi interessati alla musica, alla letteratura e all'arte. Le loro conversazioni erano sempre piacevoli, così non si spiegava perché a volte le sembrava che mancasse un po' di fuoco. «Mi sento in colpa per questo. Doveva essere la tua Stagione» ricordò Mary alla cugina. Il padre le aveva negato la sua preferendo lasciarla languire in convento. Era stato solo quando la zia, la madre di Alicia, a18


veva insistito affinché venisse strappata all'esilio e condividesse la Stagione con la figlia che Mary aveva avuto un primo assaggio dello sfarzo di Londra. Se ne era innamorata. «Mr. Charles Godwin!» «Non è finita. Potrei ancora incontrare il vero amore» le rispose la cugina con una sicurezza che dimostrava come davvero non avesse abbandonato la speranza. Mary provò un altro pizzico di colpa perché non era sicura di poter affermare che Fitzwilliam fosse il suo vero amore. Certo provava affetto per lui. I suoi modi erano impeccabili. Se Sebastian fosse stato vivo, avrebbe avuto gli stessi tratti: rispettoso, affascinante, a volte spiritoso. Si era anche affezionata ai genitori, il Marchese e la Marchesa di Glenchester. Sembrava che la stimassero. Approvavano addirittura il periodo che aveva trascorso in convento, pensavano che le avesse insegnato grazia e compassione. In realtà, le aveva insegnato a non rivelare mai più un segreto al padre. «Ogni gentiluomo sarebbe fortunato ad averti, Alicia» affermò Mary con fermezza. «Sei troppo generosa. E a proposito di gentiluomini fortunati, ecco il tuo.» Fitzwilliam era più grande di lei di qualche anno, il che gli conferiva un'aria matura e sofisticata che mancava ai lord più giovani. Alto e magro, dalla carnagione chiara, la onorò con uno dei suoi sorrisi raggianti. Il padre era entusiasta dell'unione, anche se la tenuta che avrebbe ereditato era in Cornovaglia, lontano dalla loro casa nello Yorkshire. «Lord e Lady Raybourne!» Il visconte la osservò con gli occhi marroni pieni di ammirazione. «Siete incantevole, Lady Mary.» «Grazie, milord.» 19


Gli eredi perduti di Pembrook: Sebastian LORRAINE HEATH

INGHILTERRA, 1856 - Sebastian vuole vendicarsi dell'uomo che gli ha rubato giovinezza e titolo. Ma il suo affetto per Mary, la fanciulla che lo ha salvato, vale più di qualsiasi rivalsa.

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Una rosa nella tempesta BRENDA JOYCE

SCOZIA, 1306 - Alexander MacDonald cinge d'assedio il castello di Fyne e fa prigioniera nella sua stessa casa Margaret. Ma la passione tra loro sembra mettere in discussione...


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