ogni libro Harmony è... ... un grande amore da vivere insieme alle nostre eroine. Un amore spesso contrastato, a volte gioioso, a volte esaltante, drammatico o commovente. Ma sempre vittorioso. Un amore che ti farà scoprire le passioni del cuore umano, oppure rivivere le emozioni sopite in te.
Quando la grande avventura Harmony è cominciata nel lontano 1981,
queste, in sintesi, erano le parole con cui ogni collana della casa editrice dava il benvenuto alle proprie lettrici. Era ciò che promettevano anche I Grandi Romanzi Storici Special, nati nel novembre del 1994 come supplemento speciale all’unica collana storica dell’epoca. È stato un esordio folgorante, con due autrici d’eccezione che sono ancora oggi sulla cresta dell’onda: Catherine Coulter e Patricia Potter. Il successo è stato tale che nell’arco di un paio d’anni quella che era nata come una proposta occasionale si è trasformata in una collana vera e propria che nell’arco di questi 17 anni ha continuato a crescere costantemente: dai 4 romanzi proposti nel 1998, si è passati rapidamente a 8, giungendo progressivamente ai 16 che ci accompagnano dal 2007. Fin dall’inizio, una delle colonne portanti dei Grandi Romanzi Storici Special è stata Candace Camp: Scandaloso, numero 4 della collana pubblicato nell’ottobre del 1996, porta infatti la sua firma, e da allora l’indiscussa regina dei romance storici non ha più mancato di
appassionare le lettrici con le sue appassionanti e romanticissime storie, caratterizzate da trame avvincenti, appassionanti intrighi di famiglia, succulenti scandali e protagonisti indimenticabili. Pubblicare autrici di altissimo livello, del resto, è da sempre la chiave del successo di questa collana. Nell’arco degli anni si sono alternati nomi che parlano da soli: Susan Wiggs con la fortunata serie dei Calhoun, Nora Roberts con l’indimenticabile L’erica fiorirà ancora, Kat Martin con quella che le lettrici hanno subito battezzato “la trilogia della collana” e più di recente con la serie dedicata agli affascinanti fratelli Dewar, Brenda Joyce con la fantastica saga dedicata ai de Warenne; e ancora Rosemary Rogers, Deanna Raybourn – come non farsi conquistare dai Mistery di Lady Julia Grey? – Shannon Drake, Nicole Jordan, Anne Stuart, fino ad arrivare alle stelle più recenti del firmamento storico come Courtney Milan e Judith James. Senza dubbio l’ambientazione storica curata nei minimi dettagli ha contribuito a rafforzare e consolidare negli anni il successo di questa collana: dal Medioevo ai primi del Novecento, non c’è epoca che le nostre lettrici non abbiano potuto esplorare, anche se la preferita è in assoluto l’Ottocento, iniziando dalla sfavillante Reggenza Inglese per finire con luci e ombre dell’età Vittoriana. Che dunque il sogno d’amore continui e che altre generazioni di lettrici possano sempre rivivere con I Grandi Romanzi Storici Special atmosfere antiche che raccontano “passioni senza tempo”. Grazie a tutte e buona lettura
Paola Ronchi
Direttore Generale Harlequin Mondadori
CANDACE CAMP
Un affascinante gentiluomo
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: A Gentleman Always Remembers Pocket Star Books © 2010 Candace Camp Traduzione di Rossana Lanfredi Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2011 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici Special luglio 2011 Questo volume è stato impresso nel giugno 2011 presso la Mondadori Printing S.p.A. stabilimento Nuova Stampa Mondadori - Cles (Tn) I GRANDI ROMANZI STORICI SPECIAL ISSN 1124 - 5379 Periodico mensile n. 145 del 13/07/2011 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 368 del 25/06/1994 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
1 Ancora pochi giorni e se ne sarebbe andata. Eve Hawthorne sentiva in bocca il sapore della libertà. Niente più prediche da parte di una matrigna di soli otto anni maggiore di lei, che aveva tentato di accoppiarla con qualunque vedovo o scapolo disponibile. Niente più serrar di labbra a un commento ritenuto troppo frivolo. Quando il marito era morto, due anni prima, Eve era rimasta, a ventisei anni, sola e quasi senza un soldo. Gli Hawthorne non erano mai stati famosi per la loro capacità di tenersi il denaro in tasca, e Bruce, rampollo minore del figlio di mezzo di un conte, non aveva avuto altro reddito se non quello che gli derivava dal suo incarico militare, cosa che gli aveva reso ancora più difficile non spendere più di ciò che guadagnava. Eve aveva usato il poco denaro che il Maggiore Hawthorne le aveva lasciato per pagare i debiti, ma anche così era stata costretta a vendere i mobili e molti dei suoi averi per tacitare i creditori. Dopodiché non le era restato che tornare a vivere nella casa paterna. Dopo otto anni di matrimonio in cui aveva diretto la propria casa e la propria vita, sarebbe stato in ogni caso difficile per lei ritornare a essere una figlia senza nessuna autonomia, ma dato che suo padre, vedovo, si era risposato sette anni prima, lei si era ritrovata a dipendere non solo dalla sua carità, ma anche da quella della matrigna. Situazione che non era piaciuta a nessuna delle due donne. «È una splendida giornata, Imogene» osservò Eve guar5
dando la matrigna, decisa a mantenere un sorriso amabile sulle labbra. Sperava davvero che loro due sarebbero state in grado di trascorrere quegli ultimi giorni senza combattere la solita guerra sotterranea. «Gradevole e calda per il mese di settembre. E Julian ha finito tutte le sue lezioni. Vi ha detto come è stato bravo in latino?» Appena ebbe pronunciato quelle parole, si rese conto di avere commesso un errore. Per quanto infatti Imogene Childe fosse orgogliosa dell'intelligenza di suo figlio, era per lei un punto dolente il fatto di non aver avuto l'educazione classica che invece a Eve era stata impartita dal padre, e non le piaceva le si ricordasse che era la figliastra ad aiutare Julian visto che lei, la madre, non era in grado di farlo. «Sono perfettamente al corrente dei suoi progressi» replicò Imogene, e la sua bocca assunse immediatamente l'aspetto di una prugna secca, «ma non li ha certo fatti trascurando gli studi e correndo fuori a giocare.» Eve sapeva bene che era inutile replicare affermando che il suo fratellastro aveva bisogno di studiare sì, ma anche di giocare, e così rispose: «Ma Julian uscirà in giardino per osservare la natura. Gli animali... le piante... il modo in cui cambiano in autunno. E poi è importante che noti la bellezza e la meraviglia del mondo che Dio ha creato per noi, no?». Sorrise soavemente, del tutto consapevole che la pia donna avrebbe avuto difficoltà a ribattere a un simile argomento. Fu comunque Julian ad assestare l'ultimo colpo. «Oh, mamma, vi prego!» supplicò con la sua espressione più angelica. «Zia Eve starà qui ancora solo pochi giorni e poi non potremo più fare nulla insieme.» Il pensiero dell'imminente partenza della figliastra illuminò di colpo il viso di Imogene, la quale, con un sospiro, cedette. «Molto bene allora, puoi andare con tua zia, Julian» dichiarò, poi si voltò verso Eve. «Ma ti prego di non riportarlo di nuovo indietro tutto sporco di fango o con macchie di erba sulla camicia.» «Faremo del nostro meglio per restare puliti» promise Eve. 6
Ormai non cercava più di far capire alla matrigna che un ragazzo non poteva arrivare a sera tutto immacolato, a meno che se ne stesse seduto su una sedia per l'intera giornata. Mrs. Childe annuì, facendo ondeggiare appena i riccioli che portava appiccicati ai lati del viso. «È meglio che ricordi, Eve, che il Conte di Stewkesbury non sta cercando qualcuno che faccia correre all'impazzata le sue cugine. I Talbot sono una delle migliori famiglie inglesi. Il conte vuole una donna che sia un esempio di decoro, e la reputazione di quelle fanciulle dipenderà da quello che tu farai in qualità di loro chaperon. È una responsabilità pesante e io spero che il conte non rimpiangerà di averla affidata a una donna giovane e incline alla frivolezza come te.» Eve riuscì a continuare a sorridere, anche se ormai il suo era più un sogghigno che un'espressione di allegria. «Lo terrò a mente, signora. Ve lo prometto.» Quindi, dopo aver preso il cappello a tesa larga ed esserselo legato sotto il mento, seguì il fratellastro fuori di casa e attraverso il cortile, tagliando poi per il cimitero fino all'invitante campo che si stendeva oltre. Julian correva felice e ogni tanto si accovacciava a osservare chissà quale insetto nell'erba. Il pensiero di lasciarlo era l'unica cosa che addolorava Eve, offuscando in qualche modo la gioia di abbandonare quella casa. Era stato grazie al bambino che gli ultimi due anni erano stati sopportabili, ed era riuscita a superare il dolore per la morte di Bruce. Persino le rigide regole di Imogene e quelle sue arie di ipocrita devozione le erano sembrate meno fastidiose tutte le volte in cui il piccolo le aveva fatto scivolare la manina nella sua e le aveva sorriso, oppure aveva reclinato la testa da un lato come un passerotto curioso nel farle una domanda. Eve non aveva avuto figli dal suo matrimonio, fatto che rappresentava per lei un grande dolore, ma la presenza di Julian aveva contribuito a colmare quel vuoto nel suo cuore. 7
Sì, era doloroso lasciarlo, del resto entro pochi anni sarebbe stato mandato a Eton, come era capitato a suo padre prima di lui, e allora lei sarebbe dovuta rimanere in quella casa con la sola compagnia del padre, un uomo immerso negli studi e del tutto distaccato dalla vita reale, e con quella malalingua della sua seconda moglie. Una prospettiva da far gelare il sangue nelle vene. Ecco perché aveva afferrato al volo l'opportunità di fare da chaperon alle cugine americane di Lord Stewkesbury. Lady Vivian Carlyle, sua amica d'infanzia, era anche molto vicina alla famiglia Talbot, guidata dal Conte di Stewkesbury. Di recente Vivian aveva scritto a Eve dicendole che il conte aveva un disperato bisogno di una chaperon per le sue giovani cugine, arrivate a Londra dagli Stati Uniti. A quanto pareva, la prima accompagnatrice assunta perché aiutasse le fanciulle a inserirsi nell'alta società inglese si era rivelata un disastro. Quello che ci voleva, era stato specificato, era una donna di buona famiglia che si comportasse come una sorella maggiore o come una zia con le ragazze, prendendole sotto la sua ala e insegnando loro, soprattutto con l'esempio, le cose che era necessario sapessero per affrontare con successo la Stagione mondana londinese. Vivian aveva pensato subito a Eve e voleva sapere se l'amica fosse interessata a trasferirsi a Willowmere, la residenza di campagna dei Talbot, per assumere la posizione descritta. Eve aveva risposto che le sarebbe piaciuto molto avere l'opportunità di fare da chaperon alle fanciulle americane. La successiva missiva era stata scritta dal conte stesso, il quale le offriva un generoso stipendio e dichiarava che le avrebbe mandato una carrozza per condurla a Willowmere, un gesto che lei aveva trovato molto gentile, anche se senza dubbio era dovuto soprattutto alla sua amicizia con Lady Vivian. Il conte le aveva concesso due settimane per fare i bagagli e prepararsi per il viaggio, il che significava che la carrozza sarebbe arrivata entro i prossimi due o tre giorni. Mancava 8
dunque davvero poco alla partenza ed Eve aveva intenzione di godersi fino all'ultimo la compagnia del fratellastro. Così, scacciate dalla mente tutte le ingiunzioni della matrigna, seguì il fanciullo attraverso il campo e poi al ruscello. Si fermarono a osservare i buffi movimenti di uno scoiattolo rosso, poi a studiare i resti di un nido caduto da un albero. Julian aveva una sana curiosità per la natura, sia per la flora sia per la fauna, ed Eve faceva del proprio meglio per tenersi informata ed essere in grado di rispondere alle sue domande. Non aveva mai pensato di poter imparare tanto su farfalle, fagiani, pettirossi, o betulle, faggi, querce, come aveva fatto negli ultimi due anni, ma si era divertita, anche se non riusciva a negare quel piccolo dolore che le trafiggeva il cuore quando pensava a come sarebbe stato meraviglioso poter condividere le stesse gioie con un figlio tutto suo. In breve raggiunsero il ruscello che scorreva a est della città e lo seguirono fino a una larga roccia piatta, perfetta come punto di osservazione del corso gorgogliante dell'acqua. Eve si tolse cappello e guanti e li posò accanto a sé, poi si sfilò anche gli stivaletti e le calze. Quindi, sollevandosi le gonne, si avventurò nell'acqua dopo Julian, chinandosi a guardare i pesciolini che guizzavano intorno ai loro piedi o inseguivano una rana che saltava di sasso in sasso. Le regole di Imogene vennero del tutto dimenticate mentre ridevano e sguazzavano, e il bambino si ritrovò ben presto con più di una macchia di fango sulla camicia e con il fondo dei pantaloni letteralmente inzuppato. Le sue manine erano sporche, le gote rosse, gli occhi brillavano di gioia, e guardandolo Eve sentì l'impulso di stringerlo forte a sé, ma fu abbastanza saggia da non farlo. Era ancora nell'acqua quando sentì il rumore di un cavallo che si avvicinava e si rese conto che, senza accorgersene, dovevano essersi avvicinati alla strada, allora si voltò, per arrampicarsi lungo l'argine e uscire, ma un serpentello le sfiorò il piede. Dimenticando in un istante strada e cavallo, lanciò uno strillo facendo ridere a crepapelle il fratellastro. 9
«Oh, sta' zitto, Jules» sbottò, irritata, poi però non poté fare a meno di imitarlo. Doveva aver offerto un bello spettacolo davvero saltando per aria così, come se le avessero sparato. «Non è stato divertente.» «Sì, che lo è stato» replicò il bambino. «Tu stai ridendo!» «Non ha torto» disse una voce alle loro spalle. Eve si girò di scatto, e sul ponticello di legno che attraversava il ruscello vide un elegante stallone dal manto nero, che portava sul dorso un uomo dai capelli altrettanto scuri. Erano entrambi, cavallo e cavaliere, incredibilmente attraenti. Eve ebbe l'impressione che l'aria le avesse abbandonato di colpo i polmoni, e riuscì solo a guardare, senza parole. Il cavaliere si tolse il cappello e s'inchinò, i capelli che gli brillavano al sole neri come le ali di un corvo. Aveva occhi di un profondo, penetrante azzurro, orlati da folte ciglia scure, dritte come le sopracciglia che gli attraversavano la fronte. Persino a cavallo era evidente che era molto alto, e le sue spalle erano larghe sotto la giacca azzurra di ottimo taglio. Quando le sorrise, mettendo in mostra denti bianchissimi, una fossetta gli comparve su una guancia, e lei capì subito che quello era il tipo d'uomo abituato a incantare chiunque incontrasse. «Salve» lo salutò allegramente Julian, visto che Eve continuava a tacere, e uscì dall'acqua, andandogli incontro. Lo sconosciuto scese di sella con grazia casuale, poi condusse il cavallo giù per l'argine, verso di loro. «Non speravo davvero di incontrare una naiade oggi» disse a Eve, lasciando scorrere su di lei uno sguardo d'apprezzamento. Lei arrossì, rendendosi conto all'improvviso dell'aspetto che doveva avere. Il suo vestito era sollevato fino alle ginocchia, i suoi capelli erano tutti spettinati e il volto era rosso per la corsa e il caldo. «Che cos'è una naiade?» chiese Julian. «Una ninfa delle acque» gli spiegò l'uomo. «Qualcosa che io non sono.» Eve si abbassò furiosamente la sottana, ma non c'era molto che potesse fare per rimediare ai piedi nudi o al fatto di non avere il cappello, visto che sia 10
scarpe che copricapo si trovavano a diverse iarde di distanze. Cercò così di sistemare alla meglio qualche ciocca ribelle. «Questo è quello che dicono sempre le semidee» proseguì l'uomo, e si avvicinò, continuando a sorridere. «Ma anche noi poveri mortali vediamo la loro vera bellezza.» Ora, più da vicino, Eve poteva notare le piccole rughe che s'irradiavano dagli angoli dei suoi occhi e l'ombra scura creata da un accenno di barba sul suo mento, ma quelle imperfezioni non fecero che renderlo ancora più attraente, tanto che lei, guardandolo, sentì qualcosa contrarsi nello stomaco e d'un tratto il pomeriggio le sembrò più caldo, soffocante. «Non siate assurdo» ribatté, cercando di dare un tono aspro alla propria voce, ma senza tuttavia riuscire a impedirsi di sorridere un poco. C'era qualcosa di irresistibile nel sorriso rilassato e amichevole di quell'uomo. «Perché, che cos'altro dovrei pensare?» Inarcò un sopracciglio, e una luce divertita gli danzò negli occhi blu. «Imbattermi in una così incantevole creatura, con l'acqua che le scorre intorno e il riflesso dorato del sole nei capelli... Persino gli animali bramano stare accanto a voi.» «Sì! Come il serpente!» ridacchiò Julian. «Esattamente.» L'uomo annuì con aria grave, poi tornò a voltarsi verso Eve. «Ecco, persino un fanciullo lo vede. Anche se, naturalmente» proseguì, reclinando il capo da un lato con aria meditabonda, «una ninfa dovrebbe sentirsi a proprio agio con le creature dei campi e dei ruscelli, invece di mettersi a strillare alla vista di un serpentello.» «Io non ho strillato» protestò lei. «E non ho visto il serpente, l'ho sentito» concluse, con un significativo brivido che fece ridacchiare i due maschi. Non avrebbe dovuto chiacchierare con tanta disinvoltura con un estraneo, lo sapeva bene, anche se era assurdamente facile parlare con quell'uomo. Imogene avrebbe dichiarato che un simile fascino era tipico di un libertino, ma Eve quel giorno non si sentiva affatto prudente. Negli ultimi due anni, aveva cercato di fare del proprio 11
meglio per rispettare le regole della matrigna, e presto, in quanto chaperon di giovani donne, avrebbe dovuto tenere sempre un comportamento decoroso e rispettabile, perciò le sembrava di avere diritto a un giorno, un giorno solo, tutto per sé, in cui magari civettare un poco con un attraente sconosciuto. Del resto chi mai lo avrebbe saputo? «Mi viene in mente che dovrei restare per proteggervi da simili pericoli» dichiarò lui, e di nuovo la fossetta comparve sulla sua guancia, mentre le sue labbra si curvavano in un sorriso. «Chissà quali orribili creature mi potrebbe capitare di dover sgominare... Sì, credo proprio che dovrei accompagnarvi a casa.» «Siete molto gentile, signore, ma non posso procurarvi un tale disturbo. È evidente che vi stavate recando da qualche parte.» Il giovane scrollò le spalle. «Oh, quello può aspettare. Non accade tutti i giorni che un uomo abbia l'occasione di salvare una ninfa o una damigella.» Eve sollevò un sopracciglio. «Ho già un paladino» replicò, e guardò il fratellastro che, stanco di ascoltare la conversazione, si era messo a scavare nel terreno con un bastoncino. «Vedo.» Lo sguardo azzurro si posò su Julian. «E in effetti non posso certo competere. Tuttavia» proseguì, guardando di nuovo la donna, «potrebbe capitarvi di uscire senza il vostro paladino, e potreste gradire un po' di compagnia. In tal caso io sarei felice di offrirvi i miei servigi.» «Non vorrei farvi tardare oltre.» Una luce le danzò negli occhi mentre aspettava la risposta. «Ma io sono arrivato a destinazione. Per mia buona sorte, dovrei fermarmi al villaggio poco più avanti.» «Siete molto gentile» disse Eve con aria pudica, lanciandogli un'occhiata di sotto le ciglia. Era passato molto tempo dall'ultima volta in cui aveva civettato con un uomo attraente e si era dimenticata di quanto fosse divertente. O era quell'uomo a renderlo tanto piacevole? «Forse, se vi tratterrete al villaggio qualche tempo, potrebbe capitare di incontrarci ancora.» 12
«Farò in modo di trattenermi per un po'.» Per un momento l'allegria scomparve dallo sguardo del giovane, sostituita da un calore che Eve sentì in tutto il corpo. «Vorreste dirmi dove potrei imbattermi in voi mentre fate una passeggiata?» Si lasciò sfuggire una risatina. «Ah, ma così sarebbe troppo facile, non credete?» Lui allungò una mano ed Eve trattenne il respiro poiché pensò che stesse per toccarle una guancia. Invece si limitò a toglierle una foglia dai capelli, sollevandola e lasciando poi che il vento la portasse via. Quindi disse, a bassa voce: «Una naiade deve pagare pegno per essersi lasciata prendere da un mortale, non è così?». Un brivido di eccitazione percorse la schiena di Eve. «Un pegno?» «Sì. Una penitenza. Fanno sempre così nei racconti... loro, le naiadi... esaudiscono un desiderio, o donano qualcosa...» «Io non ho nulla da donarvi.» Eve sapeva che avrebbe dovuto ritrarsi, finire di civettare, ma qualcosa la tratteneva, qualcosa le impediva di smettere di guardare in quegli occhi luminosi. «Ah, e qui vi sbagliate, mia ninfa» rispose lui, poi si chinò e la baciò. Le labbra erano ferme e calde, il bacio fu breve, ma a quel tocco una nuova vita parve divampare in lei. D'un tratto si sentì acutamente consapevole di tutto ciò che la circondava: del sole sulla schiena, della brezza che le sollevava le ciocche ribelli, del profumo dell'erba... e ogni cosa si mescolava alle sensazioni, improvvise e intense, che esplodevano nel suo corpo. Lo sconosciuto sollevò il capo e per un lungo momento lei riuscì solo a fissarlo, le labbra leggermente dischiuse in una espressione di profonda meraviglia. «I... io devo andare.» Con un grande sforzo, si girò. «Jules, vieni, è meglio che torniamo.» Il bambino, che stava ancora scavando, alzò la testa. «Di già?» 13
«Ecco, vedete? È troppo presto. Vi prego, non andate via, vi ho appena incontrata!» protestò l'uomo. «Temo che dobbiamo.» Eve indietreggiò in fretta, tendendo la mano a Julian. «Ditemi almeno il vostro nome.» L'uomo avanzò di un passo. «No... oh, no. Non devo.» Si fermò e lo guardò, ancora confusa per il tumulto di emozioni che le esplodeva nel cuore. «Allora permettetemi di presentarmi.» Si esibì in un elegante inchino. «Sono Fitzhugh Talbot. Al vostro servizio.» Eve lo fissò, raggelata. «Talbot?» «Sì, devo occuparmi di un certo affare alla canonica del villaggio, dunque vedete: sono un tipo del tutto rispettabile.» Talbot! La canonica! Eve emise un suono strozzato, poi afferrò Julian per la mano, si voltò e fuggì via. Eve corse lungo la riva del fiume, trascinandosi dietro Julian. Quando finalmente arrivò alla roccia, prese tutte le sue cose, senza mai avere il coraggio di guardarsi indietro e pregando tra sé che a Mr. Talbot non fosse venuto in mente di seguirla. «Zia Eve!» Non fu necessario dire a Julian di prendere scarpe e calze, il ragazzo fu abbastanza intelligente da capire l'urgenza della situazione. «Che cosa stiamo facendo? Perché corriamo?» domandò, voltandosi indietro a guardare. «Non ci sta seguendo, vero?» «No. Sta riportando il cavallo sulla strada.» Il bambino tacque un momento. «È cattivo?» chiese poi. «Cosa? Oh, no. Ti prego, non pensare una cosa simile.» Si fermò per mettersi le scarpe e aiutarlo a fare altrettanto, poi attraversò il prato più velocemente che poté. «Credo sia l'uomo che è venuto a prendermi per condurmi a Willowmere.» Talbot infatti era il nome di famiglia di Lord Stewkesbury, e dunque quel giovane doveva essere un congiunto incaricato di scortarla fino alla sua nuova casa. Chissà cosa avrebbe 14
pensato Mr. Talbot nel rendersi conto che la ninfa delle acque che aveva visto sguazzare nel ruscello scalza e senza cappello era la futura chaperon delle cugine del conte! E che, piuttosto che un'irreprensibile vedova, Mrs. Eve Hawthorne era il tipo di donna che si faceva baciare volentieri dagli sconosciuti! «Allora è cattivo!» dichiarò Julian, facendo il broncio. Eve lo guardò e si costrinse a sorridere. «Sono felice di sapere che ti mancherò, Jules, ma non devi pensare che Mr. Talbot sia cattivo. Lui sta solo... ecco, sta facendo un favore al conte.» «Però non capisco.» Il bambino ansimava mentre cercava di tenere il passo della sorellastra. «Se lui è l'uomo venuto a prenderti, perché non gli hai detto chi eri? Perché non siamo tornati a casa con lui?» «Se ci sbrighiamo, arriveremo in canonica prima di lui, così potrò cambiarmi e incontrarlo.» «Oh.» «Sai com'è tua madre quando torni a casa tutto sporco e in disordine, vero? Per questo t'infilo sempre la camicia nei pantaloni e cerco di ripulirti prima di rientrare. Ecco, io temo che Mr. Talbot possa sentirsi come tua madre.» «È stato molto simpatico. Sembrava che tu gli piacessi.» «Perché non sapeva chi sono. Va tutto molto bene se ti piace una persona che credi sia... ecco, una persona qualunque, ma le cose cambiano quando a quella persona dovrebbe essere affidato un gruppo di giovani donne.» «Non capisco.» Julian la osservò, la fronte aggrottata. «Lo so. Capirai meglio quando sarai più grande. Io comunque devo solo cercare di sembrare una donna matura e responsabile quando quell'uomo mi rivedrà.» «E non una naiade?» «Decisamente non una naiade.» E prendendolo per la mano, ricominciò a correre. Dopo l'improvvisa fuga della giovane donna, Fitz restò im15
mobile per un lungo momento a guardarla allontanarsi, esterrefatto. No, quella decisamente non era la reazione che avevano di solito le donne nel sentire il suo nome. Fitzhugh Talbot veniva infatti considerato uno degli scapoli più ambiti d'Inghilterra. Era il fratellastro minore del Conte di Stewkesbury, e anche se la famiglia di sua madre non era aristocratica come quella del padre, il denaro che entrambi i genitori gli avevano lasciato compensava nel modo più efficace quella piccola pecca. Nome e patrimonio lo avrebbero da soli reso gradito a donzelle in età da marito e a madri in cerca di sistemazione per le suddette donzelle, ma la sorte gli aveva anche donato una personalità accattivante, un sorriso irresistibile e un volto che avrebbe fatto cadere in deliquio anche un angelo, tanto che sarebbe stato quasi impossibile trovare qualcuno che lo detestasse. Anche se non era certo un dandy, vestiva in modo impeccabile e qualunque cosa indossasse risultava migliorata dal fatto di posarsi sulle sue ampie spalle. Conosciuto come uno dei migliori tiratori del paese, era inoltre un ottimo cavallerizzo, pur non arrivando ai livelli di suo fratello il conte. E nonostante non fosse considerato un combattente, nessuno mai avrebbe rifiutato il suo aiuto in una rissa. Simili qualità lo rendevano popolare tra i maschi, mentre la sua abilità sulla pista da ballo e nella conversazione lo faceva risultare altrettanto gradito alle padrone di casa dell'alta società londinese. C'era, in breve, una sola cosa che impediva a Fitz di essere un partito perfetto: il suo completo, totale disinteresse per il matrimonio. Tuttavia questo non era considerato un impedimento troppo grave dalla maggior parte delle madri in cerca di marito per le figliole, tutte sicure che la loro bambina sarebbe stata colei che gli avrebbe fatto cambiare quello scostante atteggiamento nei confronti della condizione di padre di famiglia. In conseguenza di ciò, il nome di Fitz Talbot veniva di so16
lito accolto con sorrisi che andavano dal civettuolo al calcolatore, e mai con un suono che stava a metà tra il gemito strangolato e lo strillo inorridito, né tanto meno con un girar di tacchi e una fuga precipitosa. In ogni caso, pensò Fitz, le sfide gli piacevano, in special modo quelle con una nuvola di capelli biondi e gli occhi del colore del mare in tempesta. Tornato sulla strada, risalì in sella e si diresse di nuovo verso il villaggio, ma non mise il cavallo al galoppo, contento di procedere a passo lento e di perdersi nei pensieri. Aveva accettato piuttosto volentieri di andare a prendere la nuova chaperon delle cugine. Spesso si annoiava in campagna e le due settimane che ancora mancavano al matrimonio di Lisa Bascombe gli si erano parate davanti affollate di tutto quel genere di progetti e idee che rappresentavano un divertimento infinito per le donne, ma che non mancavano mai di spingere lui verso la porta più vicina. Era stato lieto della prospettiva di quel viaggio, soprattutto perché aveva deciso di compierlo non a bordo della carrozza, ma in sella a Baxley's Heart, il suo ultimo acquisto all'asta di cavalli di Tattersall. In tal modo, avrebbe potuto scortare l'indubbiamente anziana vedova fino a Willowmere senza essere costretto a viaggiare in carrozza con lei. D'un tratto però quella spedizione aveva acquistato per lui un notevole interesse, e la decisione di tornare a Willowmere già il giorno seguente gli sembrava all'improvviso alquanto infelice. Dopo tutto non v'era nessuna necessità che la chaperon delle ragazze giungesse tanto in fretta. Con la cugina Charlotte e Lady Vivian a dirigere i preparativi per le nozze, le sue cugine erano più che adeguatamente sorvegliate e lui avrebbe potuto fermarsi alla locanda del villaggio per qualche giorno, guardandosi intorno in cerca della sua ninfa delle acque. Prima di tutto sarebbe andato alla canonica, a conoscere la vedova e a comunicarle che sarebbero partiti di lì a pochi giorni. A quel punto sarebbe stato libero di trascorrere il suo 17
tempo impegnandosi in un allegro corteggiamento... forse anche qualcosa di più. D'altronde la sua ritrosia nei confronti del matrimonio non si traduceva affatto in una eguale ritrosia nei confronti delle donne, e anche se era troppo attento nelle sue relazioni per essere definito un libertino, Fitz era decisamente un uomo cui piaceva la compagnia del gentil sesso. Senza contare che, dopo tutto, era recluso in campagna da circa un mese senza nessuna presenza femminile... o almeno il tipo di presenza femminile con cui di solito si divertiva a Londra. Ma ora ecco che questa naiade gli offriva una ricca gamma di possibilità. Ripensò alle sue bianche, snelle gambe, svelate dal vestito che aveva arrotolato, pensò al pallido rosa delle sue labbra e al delicato rossore delle sue guance... alle morbide rotondità dei seni che ondeggiavano sotto il vestito mentre lei saltellava di roccia in roccia... alla gloriosa massa dorata dei suoi riccioli, sfuggiti alle forcine e scintillanti al sole. Sì, un allegro corteggiamento non gli sarebbe bastato. Non gli sarebbe bastato affatto. Rifletté su come poteva a cercarla. Poteva, naturalmente, tentare di sapere chi era da personaggi quali l'oste della taverna, ma un simile gesto non sarebbe stato discreto. E lui era sempre discreto. Chissà, forse lei era una cameriera incaricata di badare al fanciullo, tuttavia il suo vestito, il modo di parlare e i gesti gli erano parsi quelli di una signora. D'altra parte, però, sarebbe stato difficile che una signora sguazzasse in quel modo in un ruscello. E se il ragazzo fosse stato suo figlio? C'era tra loro, rifletté, una certa somiglianza; sì, ma lei era troppo giovane per avere un bambino di sei o sette anni, o forse era più vecchia dei vent'anni che dimostrava, e c'erano madri che si scatenavano nel gioco con i loro figli; lui stesso aveva visto la cugina Charlotte comportarsi in maniera simile con il suo gruppo di birbanti. 18
Forse lei era l'istitutrice del fanciullo... anche se, secondo la sua esperienza, le istitutrici non erano mai tanto deliziose, né tanto allegre. O forse era la cameriera personale della madre del piccolo. Le cameriere personali prendevano spesso il modo di parlare delle loro padrone e indossavano sovente i loro abiti smessi. Nessuna di quelle congetture, però, portò Fitz più vicino a scoprire dove trovare la ragazza. Lei aveva accennato che forse avrebbero potuto incontrarsi mentre faceva una passeggiata, dunque forse andava spesso a passeggio. Purtroppo lui non poteva passare tutto il suo tempo a camminare in su e in giù per le strade del villaggio. Perduto in quelle elucubrazioni, si ritrovò al limitare del paese senza nemmeno rendersene conto. Addirittura, aveva quasi superato la chiesa. Tirò le redini e restò per un momento a osservare il tozzo edificio con la vecchia torre quadrata. Da un lato c'era il cimitero, dall'altro una casa a due piani, dall'aspetto molto più recente, ma costruita con la stessa pietra grigia. Quella doveva essere la canonica. Era un posto dall'aria tetra e lui non poté fare a meno di sperare, per il bene delle cugine, che la vedova che vi risiedeva non avesse la stessa indole della casa. Per un momento considerò l'idea di passare oltre senza fermarsi, ma scacciò subito quel pensiero dalla mente. In un villaggio così piccolo, si sarebbe saputo subito che era arrivato uno straniero, e gli abitanti della canonica si sarebbero sentiti offesi se lui non fosse prima di tutto andato a salutarli. Fitz sapeva che molti lo ritenevano un tipo irresponsabile, impegnato soltanto a perseguire il suo piacere, ma nessuno avrebbe mai potuto dire di lui che ignorava le regole della convivenza sociale. E poi, pensò con un certo sollievo scendendo di sella, aveva una ragione eccellente per trattenersi poco in quella casa, visto che doveva trovare una sistemazione per sé e per il cavallo. Scuotendosi dagli abiti la polvere della strada, si avvicinò al portone e bussò. Gli venne prontamente 19
aperto da una servetta che lo guardò a bocca aperta, come se non avesse mai visto un gentiluomo. Quando tuttavia Fitz le disse che desiderava parlare con Mrs. Hawthorne e le porse il suo biglietto, la fanciulla lo condusse subito in un salottino. Un momento dopo una donna dal volto e il corpo stretti e lunghi entrò nella stanza. Aveva i capelli scuri acconciati in rigidi riccioli su ciascun lato del viso, mentre il resto della chioma era nascosto sotto una cuffietta bianca. Il suo volto era segnato da severe rughe di disapprovazione che rendevano difficile intuire la sua età, tuttavia dai pochi fili grigi che le si notavano tra i capelli, Fitz immaginò che dovesse avere da poco superato i quarant'anni. Indossava un abito di giaconetta blu scuro con uno scialletto di mussolina bianca che le copriva le spalle e s'incrociava sul petto. Guardandola camminare verso di lui, si sentì oppresso da una sensazione di tristezza. Povere cugine! Si erano liberate di un caporale solo per finire tra le grinfie di un altro, ed era davvero sorprendente che la vivace Lady Vivian avesse raccomandato una donna simile. Tuttavia s'incollò sul viso un'espressione gradevole e s'inchinò. «Mr. Fitzhugh Talbot, signora, al vostro servizio. Ho l'onore di rivolgermi a Mrs. Hawthorne?» «Io sono Mrs. Childe» gli rispose lei. «Mrs. Hawthorne è la figlia di mio marito.» «È un piacere conoscervi, signora.» Un caldo sorriso sulle labbra, Fitz prese la mano che la donna gli porgeva. «Dovete esservi sposata quando eravate una scolaretta. Siete davvero troppo giovane per essere la matrigna di qualcuno.» Il volto contratto di Mrs. Childe si addolcì un poco e un lieve rossore le colorò le guance. «Siete molto gentile, signore» replicò, con un sorriso in qualche modo civettuolo. «Io sono il fratello del Conte di Stewkesbury» continuò lui. «Sono qui per accompagnare Mrs. Hawthorne a Willowmere. Credo che il conte abbia scritto una lettera al riguardo.» 20
«Sì, certamente. Ho mandato una cameriera ad avvertire Mrs. Hawthorne del vostro arrivo.» Mrs. Childe fece un cenno verso il divano e Fitz sedette, lieto di sapere che se non altro le sue cugine non avrebbero dovuto vivere con quella donna... e che lui non avrebbe dovuto sopportare due giorni di viaggio con lei. L'arcigna signora prese posto di fronte a lui, rigida come lo schienale della sedia su cui sedeva, e s'informò in modo formale del suo viaggio. La conversazione proseguì, stentata e banale per qualche momento, poi si udì un rumore di passi affrettati nel corridoio e un istante più tardi una donna con indosso un vestito austero, i capelli biondi raccolti in uno stretto nodo sulla sommità della testa, entrò nella stanza. Per una volta, dimenticando la sua solita compostezza, Fitz balzò in piedi. A dispetto del radicale cambio di abbigliamento della nuova venuta, non v'era davvero modo di sbagliarsi. I capelli severamente legati erano dello stesso, chiarissimo biondo, gli occhi avevano il colore del mare in tempesta. La vedova di mezza età che Fitz si aspettava di incontrare era in realtà la sua ninfa delle acque.
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Il bacio dello Scorpione ANNE STUART Inghilterra, 1830 - Bandita dalla buona società, Miranda Rohan si è ritirata a vivere in campagna. La sua tranquilla esistenza prende però una piega pericolosa quando si ritrova in balia del cupo Lucien de Malheur, detto lo Scorpione, deciso a sposarla per vendetta. Ma l'odio, inaspettatamente, innesca tra loro una passione folgorante.
Un affascinante gentiluomo CANDACE CAMP Inghilterra, 1824 - Quando l'affascinante Fitzhugh Talbot inizia a farle una corte serrata, Eve Hawthorne, chaperon delle esuberanti sorelle Bascombe, si preoccupa per la propria reputazione e cerca di dimostrarsi una donna posata e affidabile. Ma la passione che esplode ogni volta che si ritrova da sola con lui glielo rende oltremodo difficile...
La promessa BRENDA JOYCE Irlanda - Inghilterra, 1833 - 1839 - Per colpa di una promessa fatta da ragazzino, Alexi de Warenne si ritrova costretto a sposare Elyssa O'Neill. Ma subito dopo le nozze l'abbandona, lasciandola a costruirsi una vita in cui tutto è finzione. E a sperare che il destino le offra l'opportunità di farsi perdonare. Ma finalmente, sei anni dopo...
Desiderio e seduzione COURTNEY MILAN Londra, 1841 - Dopo soli tre mesi di matrimonio, Ned Carhart comunica alla moglie Kate l'intenzione di partire per un viaggio di lavoro, e sparisce per tre lunghi anni. Quando torna, lei non è disposta a permettergli di sconvolgere una tranquillità guadagnata a caro prezzo. Ma Ned è deciso a riconquistare il cuore della moglie. A tutti i costi.
Irresistibile seduzione NICOLE JORDAN Inghilterra, 1817 - Due anni dopo aver perduto il fidanzato di cui era molto innamorata, Tess Blanchard si sente finalmente in grado di aprire il proprio cuore all'amore. Mai e poi mai avrebbe pensato che la minaccia di uno scandalo l'avrebbe costretta a sposare Ian Sutherland, l'uomo che più disprezza e l'ultima persona al mondo di cui vorrebbe innamorarsi. E quando, malgrado l'attrazione irresistibile che l'affascinante marito esercita su di lei, scopre segreti che lo rendono ancor più odioso ai suoi occhi lascia Londra e si rifugia nel castello che lui possiede in Cornovaglia. Deciso a conquistarla una volta per tutte, Ian la segue, e in quel castello popolato di presenze misteriose e di cupi misteri inizia la sua lenta, difficile opera di seduzione. Sono notti di bruciante passione, ma il desiderio che consuma i loro cuori in guerra saprà trasformarsi in un sentimento destinato a durare per sempre?
Scandalosa proposta DELILAH MARVELLE Inghilterra, 1829 - Justine Palmer ha bisogno di un'ingente somma per pagare la libertà del padre, un noto naturalista finito in carcere per aver pubblicato un saggio che ha destato un grande scalpore. E per procurarsela è disposta persino a rinunciare alla propria immacolata reputazione offrendosi al famigerato Radcliff Morton, Duca di Bradford. Tutto si aspetta, tranne che lui le proponga un'unione legittima a patto lei accetti di non incontrarlo di persona prima delle nozze. Per Justine, che da sempre nutre una sconfinata ammirazione per il duca, è come un sogno che si avvera, e solo quando lui si rifiuta di consumare il matrimonio inizia a temere di aver donato il proprio cuore all'uomo sbagliato. Ma quando scopre il vero motivo della bizzarra richiesta di Radcliff, si rende conto che la vera scommessa non è accendere nel marito la passione, bensì la fiamma del vero amore.
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