H2680_MAGNETICA ATTRAZIONE

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Penny Jordan

MAGNETICA ATTRAZIONE


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Power of Vasilii Harlequin Mills & Boon Modern Romance © 2011 Penny Jordan Traduzione di Anna Vassalli Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Collezione Harmony marzo 2012 Questo volume è stato stampato nel febbraio 2012 presso la Rotolito Lombarda - Milano COLLEZIONE HARMONY ISSN 1122 - 5450 Periodico bisettimanale n. 2680 del 13/03/2012 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 22 del 24/01/1981 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


1 Non avrebbe dovuto essere così agitata. No, non c'era motivo. Si trattava di un colloquio per un impiego di cui aveva disperatamente bisogno. Tutto qui. Un lavoro temporaneo, fianco a fianco con Vasilii Demidov, come sua assistente personale. Laura Westcotte si fermò di scatto mentre percorreva Sloane Street. Oh, per amor del cielo! Non aveva più quattordici anni, quando era infatuata pazzamente dell'affascinante fratellastro, molto più grande di lei, di una compagna di classe nella scuola in cui sua zia era direttrice. E non era neppure la stessa ragazzina sciocca che aveva navigato in Internet alla ricerca di qualsiasi informazione su Vasilii Demidov per farne tesoro. Grazie al cielo, i grandi social network all'epoca non esistevano, risparmiandole di rendere pubblica la propria stupidità. Scattare quella foto per guardarla in privato e sognare era stato stupido a sufficienza, pensò Laura con amarezza. L'aveva scattata un venerdì pomeriggio in cui lui era venuto a scuola a prendere la sorella. Le mani le tremavano mentre lo osservava scendere dalla mac5


china, i muscoli del corpo che si muovevano con armonia sotto i jeans e la maglietta di cotone nera che sottolineava i pettorali scolpiti, ed era arrossita per l'improvviso desiderio. Era un miracolo che la foto non fosse sfocata al punto da renderlo irriconoscibile. L'aveva nascosta nel suo luogo segreto, il cassettino del cofanetto dei gioielli che originariamente era appartenuto a sua madre e che, in qualche modo, aveva mantenuto una traccia del suo profumo. L'aveva ancora quel cofanetto. E la fotografia? Cominciava a sentirsi ridicola. Se l'aveva ancora era semplicemente perchÊ non aveva mai pensato di buttarla. Per nessun altro motivo. A quattordici anni era talmente idealista che adorarlo da lontano era stato naturale come respirare. Si era cullata nella ridicola fantasia che si incontrassero... quel tipo di fantasia in cui solo una ragazzina sognatrice e solitaria, con gli ormoni che si risvegliano, può indulgere. Nella sua immaginazione aveva persino voluto convincersi che, poichÊ entrambi avevano perso la madre, tra loro ci fosse un legame particolare. Tutto questo pur non essendosi mai trovata di fronte a lui e, tantomeno, avergli rivolto la parola. Tuttavia aveva sognato in continuazione, combattuta tra il disperato desiderio che lui la notasse e il timore che, se fosse accaduto, non avrebbe saputo venire a patti con una tale eccitazione sensuale. E allora? Questo succedeva quando aveva quattordici anni. Adesso era diverso. Non era forse riuscita a ripetersi mentalmente diverse volte il suo nome, senza che il cuore battesse impazzito? No, non aveva piÚ quattordici anni, si disse Laura. 6


Eppure non poté evitare di guardarsi nella vetrina della boutique di lusso davanti alla quale stava passando mentre si recava al colloquio, come se avesse bisogno di accertarsi che il riflesso che vi avrebbe scorto fosse quello di una donna di ventiquattro anni, con una perfetta padronanza di sé. Una donna in carriera, con i capelli che ondeggiavano ordinati sulle spalle, gli occhi verde azzurro nel viso dalla pelle chiara, discretamente truccati, come si conviene quando ci si presenta a un colloquio per un impiego dal quale dipende una immediata sicurezza economica. Allora, perché quella necessità di controllarsi? Sicuramente non aveva timore che in lei esistesse ancora la ragazzina romantica e fantasiosa di un tempo, né che, per qualche pericolosa alchimia, Vasilii Demidov riuscisse a far rinascere il suo innamoramento per il solo fatto di respirare la stessa aria. Invece di tormentarsi sul passato avrebbe dovuto focalizzarsi sul presente, si redarguì Laura. Facendo riferimento a quel famoso detto di Oscar Wilde, doveva tener presente che essere rifiutata per un impiego per il quale aveva tutte le qualifiche, poteva essere una sfortuna, ma non essere accettata una seconda volta sarebbe stata una macchia indelebile sulla sua carriera. Non si faceva illusioni. Sapeva perfettamente perché non le era stata concessa la promozione che, a parole, le era stata promessa nell'impiego precedente. Il nuovo amministratore delegato della Compagnia glielo aveva chiarito perfettamente. La sofferenza e l'umiliazione subite le fecero defluire il sangue dal viso. Oh, sì, aveva bisogno di quell'impiego. Un impiego fantastico da Vasilii Demidov, come sua assistente, con un contratto di sei mesi e uno stipendio che le a7


veva fatto trattenere il fiato. Circa il doppio di quanto guadagnava nell'impiego precedente e che, inoltre, le avrebbe aperto diverse porte, citando quest'esperienza nel curriculum vitae, per non menzionare che l'avrebbe ripagata dell'attuale sfortuna nella carriera. Il fatto che, recentemente, su Internet, avesse cercato di nuovo Vasilii Demidov non aveva nessun significato. Come qualsiasi candidato per un nuovo lavoro, voleva avere più informazioni possibili sulla Società nella quale sperava di entrare a far parte. Nel caso specifico, inoltre, la Società di Vasilii Demidov era Vasilii Demidov. E che Società. Vasilii aveva acquisito il portfolio originariamente appartenuto a suo padre e l'aveva trasformato in un impero. La sede tecnicamente era a Zurigo, ma da quanto aveva capito Laura, si adeguava alla tradizione dei guerrieri nomadi della sua famiglia materna. Vasilii viaggiava in continuazione, spostandosi ovunque avesse affari e interessi finanziari. A differenza di molti oligarchi russi, Vasilii non possedeva dimore fastose sparse per il mondo. Si sistemava in suite d'albergo, quasi che lo spirito nomade gli imponesse di spostarsi in continuazione, come era abituato a fare il popolo di sua madre. Com'era stata affascinata, a quattordici anni, nello scoprire che Vasilii, pur essendo russo per parte di padre, poteva far risalire le proprie radici, tramite la famiglia della madre, a uno dei popoli più antichi che attraversavano i deserti e l'aspro territorio della Russia meridionale. Una leggenda che aveva letto sosteneva che questo popolo guerriero dalla pelle chiara e dagli occhi azzurri, nell'antichità aveva mescolato il sangue con quello 8


di una legione romana sperduta, e che proprio da questo discendeva la loro abilità nel combattere. In Internet c'erano molte altre ipotesi sull'origine di quella tribù, sul loro orgoglio e sul loro codice d'onore. Come per molte altre tribù del deserto, le guerre e le malattie avevano decimato la popolazione diversi anni prima che nascesse la madre di Vasilii. La giovane principessa si era innamorata del padre di Vasilii ma, purtroppo, pochi anni dopo era morta in circostanze tragiche. Laura aveva provato una profonda compassione e un amore istintivo quando aveva saputo dalla zia la storia del rapimento e della successiva morte della madre di Vasilii. Ma questo era stato un tempo, adesso era il presente, e tutto ciò che ora sapeva di Vasilii suggeriva che si trattava di un uomo immune dalla vulnerabilità caratteristica della maggior parte del genere umano. Un uomo potente, duro, focalizzato totalmente sul successo della propria Società. Non certo l'uomo che poteva accogliere con simpatia e benevolenza l'infatuazione di una quattordicenne che... Basta! Laura controllò l'orologio e accelerò il passo. Non doveva essere in ritardo per quell'appuntamento tanto importante e, soprattutto, doveva smetterla di abbandonarsi a fantasie sull'uomo col quale avrebbe avuto il colloquio. Dalla suite esclusiva dell'ultimo piano di uno degli alberghi più prestigiosi di Londra, Vasilii godeva di una vista eccellente su Sloane Street. Un raggio del sole morente di luglio che gli cadeva sul viso metteva in evidenza gli zigomi pronunciati e 9


la linea dura e determinata della mascella. Per i compatrioti russi, il colore caldo dorato della sua pelle e il naso aristocratico potevano essere caratteristiche di uno straniero, di qualcuno che apparteneva più al mondo arabo che al loro, ma lui era cresciuto estraneo sia al mondo della madre, sia a quello del padre. Non si sentiva realmente inserito in nessuno dei due, caratterizzato nel fisico dai geni della madre e nella mente dall'abilità negli affari del padre. Un estraneo che già da giovane aveva imparato a camminare da solo, e a fidarsi solo di se stesso, soprattutto dopo che la madre era stata rapita e uccisa in un malriuscito tentativo di salvataggio. Essere stato emotivamente dipendente dall'affetto materno per poi perdere quell'amore, aveva inculcato all'uomo che era diventato la necessità di proteggersi da questa vulnerabilità. Ed era esattamente ciò che aveva fatto, tenendo gli altri a distanza e ripromettendosi di non mettersi mai più in una situazione di debolezza, rischiando di patire di nuovo la perdita di un affetto. Ma in quel momento non era il pensiero del passato che gli faceva aggrottare la fronte, era il presente. Il presente e una certa signorina Laura Westcotte. Se era stata una sfortuna che il suo assistente fosse costretto a chiedere un periodo di permesso per assistere la moglie malata, era stato devastante che il sostituto, assunto a tempo determinato, fosse colpito da uno strano virus... proprio quando Vasilii era a un punto molto delicato dei negoziati con i cinesi, e più che mai nella necessità di un assistente che, non solo parlasse fluentemente il mandarino, ma anche il russo oltre all'inglese e che conoscesse alla perfezione il protocollo e la complessità dell'etichetta negli accordi 10


con dignitari cinesi di alto rango. Vasilii conosceva perfettamente le tre lingue, ma non poteva rischiare la faccia o, peggio ancora, rischiare di farla perdere agli alti dignitari cinesi, traducendo da sé. Aveva subito scoperto che quando si tratta con i cinesi è molto importante essere affiancati da personale eccellente, e per questo era in attesa di fare il colloquio a Laura Westcotte, la candidata più qualificata per le sue necessità, a parere del cacciatore di teste che aveva assunto per trovargli un assistente. Ma c'erano buone ragioni per cui Laura Westcotte non era la candidata ideale. Prima di tutto era una donna, e Vasilii non assumeva mai donne che lavorassero a stretto contatto con lui. Aveva notato, per esperienza diretta, che il personale femminile era portato a vederlo per ciò che era - uno scapolo estremamente ricco come potenziale marito, mentre lui non aveva nessuna intenzione di sposarsi. Mai. Un muscolo gli pulsò sulla mascella, come se il corpo s'irrigidisse per una fastidiosa emozione. Il matrimonio, come ogni altro rapporto umano intimo, implica dare agli altri qualcosa di sé. Implica impegno e, di conseguenza, rendersi vulnerabili alla perdita e quindi alla sofferenza. La contraddizione che scaturiva dal suo duplice retaggio lo portava a vivere nella Russia moderna come un fiero guerriero del deserto, il cui codice morale e i principi erano ovviamente in contrasto con la vita attuale. E perché avrebbe dovuto sposarsi? Non ce n'era nessun bisogno. Sua sorella, anzi la sua sorellastra Alena, si era da poco sposata, e con tutta probabilità il matrimonio avrebbe portato dei figli che, a tempo debito, avrebbero 11


preso in mano le redini dell'impero di famiglia. Ma non era soltanto l'avversione ad assumere una donna che lo irritava. Nonostante l'eccellente curriculum vitae, ciò che aveva saputo da Alena e le indagini che aveva svolto su di lei, mettevano in evidenza che mancava di senso di responsabilità e di etica, quindi non era affidabile. In breve, Laura Westcotte rappresentava tutto ciò che non voleva nel proprio assistente. Sfortunatamente non c'era nessun altro candidato che fosse lontanamente qualificato quanto lei. Non soltanto la sua conoscenza del mandarino e del russo, secondo le indagini che aveva svolto, era eccellente, ma anche quella dell'etichetta e del mondo diplomatico cinese era approfondita. E lui aveva disperatamente bisogno di una persona con queste capacità subito, se voleva assicurarsi il contratto che gli era già costato quindici mesi di impegno. Perdere questa sfida non solo avrebbe danneggiato i suoi profitti, ma anche l'immagine della Società e la crescita potenziale. No, non aveva scelta. Era costretto ad assumere Laura Westcotte. Era stata la salita rapida dell'ascensore la causa di quella strana sensazione allo stomaco, e non il pensiero di trovarsi a faccia a faccia con l'uomo responsabile di quelle imbarazzanti fantasie adolescenziali, cercò di convincersi Laura mentre attendeva che le aprissero la porta che introduceva nella suite di Vasilii Demidov. Dopo tutto era un colloquio di lavoro, un lavoro del quale aveva disperatamente bisogno. Non poteva permettersi di mostrare il benché minimo segno di nervosismo, in nessun caso. 12


Stabilita la gelida abilità analitica di Vasilii, in base a quanto aveva letto su di lui, di annientare tutto ciò che si frapponeva sul suo cammino, era impensabile che provasse comprensione per l'incertezza e il nervosismo altrui. Anzi, si sarebbe servito a proprio vantaggio di quella vulnerabilità. Lo scatto della serratura, accompagnato da una voce metallica che istruiva di entrare quando la luce verde si fosse accesa, permise a Laura di introdursi con tutta la sicurezza che riuscì a esibire in un atrio con pavimento di marmo illuminato a giorno da luci nascoste. Automaticamente si aprirono un paio di doppie porte e una voce proveniente dall'interno ordinò, con l'accento inglese della classe privilegiata: «Entri». Non era certo un'accoglienza cordiale, si disse Laura avviandosi verso le porte e poi nella stanza che era moderna e accogliente. Ma la sua attenzione non era concentrata sui mobili costosi o sul design. Era volta, come un piccione viaggiatore che ritorna a casa, all'uomo che stava alla finestra dandole le spalle. Come lei, indossava un abito formale, scuro. I capelli, altrettanto scuri, sfioravano il colletto della camicia immacolata. Le mani, che teneva lungo i fianchi, erano abbronzate e prive di anelli. Il capo era leggermente inclinato da un lato e la luce proveniente dalla finestra metteva in risalto la sua marcata struttura ossea. Lo strano rimescolio allo stomaco che aveva provato in ascensore si era mutato in una sensazione costante e fastidiosa... naturalmente non per la consapevolezza di lui come uomo, e certo non per un apprezzamento femminile di tanta virilità. Non poteva permetterselo. In ogni caso non aveva 13


niente a che vedere con Vasilii Demidov e con l'infatuazione che aveva avuto per lui. Ciò che provava era semplicemente ansia, si convinse Laura. Un'ansia professionale perché aveva disperatamente bisogno di quell'impiego. Tutto qui. E poi lui si voltò. L'uomo che a quattordici anni aveva adorato, doveva esserselo impresso nella memoria con i tratti ingentiliti dall'idealismo, dovette ammettere Laura, combattuta tra il desiderio che ci fosse una sedia cui appoggiarsi, e la soddisfazione che non ci fosse, mentre osservava la palese ostilità in quello sguardo che richiamava il vento più gelido che avesse mai sferzato la steppa russa. Laura aveva insegnato per un po' di tempo in Russia, così come in Cina, mentre approfondiva lo studio di entrambe le lingue e sapeva perfettamente come quel vento può insinuarsi sotto la pelle, distruggendo coloro che non sono forti a sufficienza per opporsi alla sua violenza. Quel vento e la sferzata della sabbia del deserto avevano sicuramente scolpito la struttura ossea del suo viso, che era privo di qualsiasi dolcezza. L'abbronzatura poteva dare alla pelle un certo calore e un aspetto umano, sufficiente perché una donna aspirasse a una sua carezza, ma la luce in quegli occhi grigi metteva in guardia chiunque si fosse permesso un gesto tanto sconsiderato. Era un uomo che si vantava di non avere nessuna debolezza umana. E questo Laura già lo sapeva dalle sue ricerche, ma constatare la realtà delineata così chiaramente nei suoi tratti, fu un colpo al cuore. Le spalle ampie potevano anche essere fasciate dall'abito migliore di Savile Row, ma per lei era più che 14


evidente che sotto quel capo del ventunesimo secolo non c'era carne, ma un'armatura d'acciaio. Quell'uomo aveva nel sangue i geni del popolo di sua madre e del padre. Poteva anche essere dovuto al sangue, ma in lui c'era un gelo, un distacco, quasi una repulsione per l'umanità, combinata al totale disprezzo per la vulnerabilità altrui. L'assalto delle informazioni riferitele dai sensi fu troppo intenso da sopportare. Tutti i sistemi di allarme che il corpo possedeva la avvertivano di voltare le spalle e andarsene, correre se necessario. Eppure... quel brivido, quell'insieme di sensazioni, quell'indesiderata ma precisa consapevolezza sensuale di lui come uomo, che interessava ogni terminazione nervosa e ogni poro della pelle, significava... Non significava niente. E anche se avesse avuto un significato, non era che una ridicola eco della sua adolescenza, un prodotto dell'immaginazione, e come tale doveva essere ignorato, si disse Laura con fermezza. La sua fotografia sul curriculum vitae non rivelava la delicatezza femminile e la perfezione del viso a forma di cuore e i tratti armoniosi com'erano in realtà, fu costretto ad ammettere Vasilii mentre studiava la giovane donna in piedi davanti a lui. Del tutto intrigante... o forse sospetto, a seconda dei punti di vista, lei non era presente in Internet. Nessuna foto dell'università, nessun sito per rivelare il vero aspetto della sua personalità. Ma lui non ne aveva bisogno. Sapeva esattamente che persona era. Proprio il genere che disprezzava. Poteva anche essere fisicamente attraente, e aver rivestito il corpo sottile ed elegante con un abito estivo da donna in carriera sul quale indossava una giacca 15


grigio chiaro, con scarpe a mezzo tacco e una ventiquattrore professionale, ma lui conosceva la realtà. Così come sapeva che sotto quell'abito che le accarezzava discretamente il corpo, aveva quel genere di curve, che suscitano i desideri degli uomini. Immediatamente Vasilii scoprì di fare delle considerazioni illogiche e del tutto non attinenti sul numero di mesi che erano trascorsi dall'ultima volta che aveva accarezzato un seno femminile, mentre lentamente si apriva la via ricoprendo la pelle di baci a partire dalla gola. La sua pelle doveva essere molto chiara, un incitamento sensuale per l'uomo che la desiderava. Ma, naturalmente, lui non era quell'uomo. Lui controllava le proprie reazioni fisiche, non erano loro a controllare lui. La potente eccitazione scaturita improvvisa non aveva significato. Era semplicemente una reazione fisica istintiva. Niente di più. Aveva cose ben più importanti cui pensare che a quel fuggevole, fastidioso desiderio maschile, inesplicabile e indesiderato che era sgorgato in lui. Distogliendo lo sguardo, Vasilii prese alcune carte sulla scrivania domandando brusco: «Vedo che parla russo e cinese. Perché proprio il russo, quando la maggior parte degli uomini d'affari russi parla inglese?». La domanda la colse alla sprovvista. Ricordava chiaramente da cosa era stata spinta a imparare il russo, e da chi, ma non poteva certo confessargli che essere in grado di parlargli nella sua lingua era la motivazione che l'aveva spinta tanti anni prima. «I miei genitori erano poliglotti; entrambi parlavano russo e io, ascoltandoli, ho cominciato a imparare. Pensavo... Mi sembrava naturale seguire le loro or16


me.» Dopo tutto, era una parte della verità... anche se non gli avrebbe confessato il resto. «Così lei ha deciso di seguire le loro orme invece di trovare una sua strada nella vita? È questo che mi sta dicendo? Non le sembra che sia una mancanza di autodeterminazione e di ambizione?» «Non direi» si difese Laura con fermezza. Voleva deliberatamente metterla a disagio, ne era certa, ma non gliel'avrebbe permesso. «Certe predisposizioni sono ereditarie, dopo tutto. Nel suo caso, ad esempio, lei ha seguito suo padre nella stessa attività e il suo successo ha dimostrato che era... predisposto. Io ero portata per le lingue. Dopo aver perso i miei genitori, mettere a frutto quest'attitudine e seguire i loro passi, mi ha aiutato. Mi sembrava che loro facessero ancora parte della mia vita. Mi piacciono le lingue e avevo bisogno di qualcosa cui aggrapparmi che mi desse l'impressione di essere sempre parte di loro.» Qualcosa cui aggrapparsi. Un'immagine della madre, l'ultima volta che l'aveva vista viva, passò dolorosamente per la mente di Vasilii prima che potesse bloccarla. Il solo fatto che si fosse presentata accrebbe a dismisura la repulsione per Laura. Quella donna gli suscitava ricordi che non aveva il diritto di fargli rivivere, dissotterrava questioni che nessuno doveva dissotterrare, superava dei limiti che a nessuno era permesso superare con quei discorsi sui genitori e il suo stupido sentimentalismo. Perché? E ancora più importante, come? Era assurdo che una donna come lei, della quale già sapeva di non potersi fidare, in qualche modo avesse abbattuto difese che neppure le carezze amorevoli della sua matrigna erano riuscite a intaccare. Assurdo e pericoloso. 17


Non sarebbe mai spuntato il giorno in cui Laura Westcotte avrebbe costituto un pericolo per lui, si ripromise Vasilii. «Le ho chiesto di spiegarmi perché ha scelto il russo. Mi aspettavo una motivazione pratica, non una lacrimevole descrizione delle sue emozioni infantili.» A quel tono duro, Laura avrebbe voluto indietreggiare. Aveva provato pena per lui quando aveva saputo che aveva perso la madre; da ragazzina aveva persino considerato questa perdita come un legame che li accomunasse. Per questo aveva parlato dei propri genitori? Voleva ancora creare un legame tra loro? No! Non c'era alcun motivo perché, sospettava, a nessuna donna sarebbe mai stato permesso stabilire un legame emotivo con l'uomo che era attualmente. Quelle parole caustiche l'avevano ferita e in circostanze normali - se non avesse avuto disperatamente bisogno di quell'impiego - si sarebbe domandata se era il tipo di persona con la quale voleva lavorare. D'accordo, poteva anche aver bisogno di quel lavoro, ma non gli avrebbe lasciato passare quelle parole aspre. Raddrizzò le spalle. «Posso anche aver scelto il russo per motivi personali, ma la decisione di imparare il cinese - che non è una lingua che i miei genitori conoscevano - dimostra che guardavo verso il futuro, consapevole dell'importanza che avrebbe assunto nel mondo il mercato cinese.» Si permetteva di sfidarlo? Era qualcosa a cui Vasilii non era abituato. Nessuno si era mai permesso, e tantomeno le donne che di solito erano troppo impegnate ad adularlo e corteggiarlo. «Lei ha frequentato la stessa scuola di mia sorella. Da quanto mi risulta, il cinese non era in programma.» Sapeva che era stata a scuola con Alena? L'imma18


gine di sé che cercava di carpire alla zia quando Vasilii sarebbe venuto a prendere la sorella a scuola, per posizionarsi alla finestra a spiare il suo arrivo, rischiò di abbattere le sue difese. Ma lui non poteva saperlo... così come ignorava quante volte lei aveva sperato di trovare il coraggio di passare casualmente accanto alla sua macchina mentre aspettava Alena, un coraggio che non aveva mai avuto. Sei ridicola, si ammonì Laura. Ovvio che sapesse che era compagna di scuola di Alena, così come sapeva che sua zia era la direttrice della scuola, perché... ovviamente doveva aver preso informazioni. «No, il cinese non era in programma» confermò. Un sopracciglio scuro si arcuò critico. «Le lezioni private devono essere state una spesa extra per sua zia.» Davvero lei non gli piaceva, Laura ne era certa. «Le ho pagate io» lo informò, il tono freddo come il suo. «Alcune alunne avevano dei cavalli nelle stalle della scuola, io me ne occupavo. Loro potevano restare a letto un'ora in più e io guadagnavo il denaro sufficiente per pagarmi le lezioni di mandarino. Oh, e prima che me lo chieda, ho anche risparmiato e mi sono comprata una vecchia bicicletta per andare alle stalle.» Contro il proprio volere, Vasilii ebbe un'immagine mentale di una versione molto più giovane di Laura Westcotte - coda di cavallo, viso senza trucco e determinata - che pedalava sulla vecchia bicicletta ogni mattina, anche col maltempo, per occuparsi di ciò che le alunne di famiglie altolocate erano troppo viziate per svolgere, prima di andare a scuola. Anche suo padre aveva sempre insistito che lavorasse per guadagnarsi qualcosa da ragazzo, e anche Alena, pur protetta e coccolata com'era stata, aveva i suoi compiti. 19


Non era abituato a pensare agli altri emotivamente, e tantomeno facendo un collegamento mentale tra la loro situazione e se stesso. Perché mai fosse accaduto, proprio non ne aveva idea, ma sapeva per certo che non sarebbe più successo. «Vorrei che leggesse a voce alta questi appunti, traducendoli in mandarino» le disse accantonando con decisione la sgradita immagine di lei ragazzina. Velocemente Laura diede un'occhiata al primo paragrafo dei dati tecnici. Con l'esperienza che aveva nelle trattative ad alto livello non aveva difficoltà a fare quanto Vasilii le aveva richiesto, quindi non c'era motivo che le mani le tremassero e subito dopo anche il corpo, né che il colore si accendesse e defluisse dal viso... a parte il fatto che Vasilii, nel porgerle i fogli, le aveva sfiorato la mano. Ma era ridicolo! Un contatto involontario con Vasilii non poteva suscitarle una reazione del genere. Trasse un profondo respiro e cominciò a tradurre. Era in gamba, fu costretto ad ammettere Vasilii mentre seguiva la traduzione di Laura. Il suo assistente precedente avrebbe impiegato più tempo, nonostante l'esperienza. «E ora vorrebbe tradurre in russo?» Laura annuì. Di nuovo la traduzione era perfetta. Non che Vasilii si fosse aspettato qualcosa di diverso. «Bene, abbiamo stabilito che la sua abilità di traduttrice è... adeguata, ma immagino che sia al corrente che nei negoziati con i cinesi serve ben altro che una buona conoscenza del mandarino.» «Sì, naturalmente» convenne Laura. «Anche se parlano un'altra lingua, i dirigenti d'industria cinesi e i personaggi di alto lignaggio si servono di interpreti e 20


assistenti perché è una prerogativa del loro status. È una pratica per condurre gli affari. Poiché lei parla sia il mandarino sia il russo, immagino che sia per rispettare questa consuetudine che ha deciso di negoziare tramite un interprete.» «Esatto» replicò Vasilii, e poi la fissò negli occhi, lo sguardo impenetrabile. Istintivamente Laura percepì che il silenzio che seguì era studiato per innervosirla. Sarebbe stato molto più semplice per lei se quella pericolosa infatuazione adolescenziale non interferisse nelle sue emozioni. La sola presenza era sufficiente a minare la sua sicurezza. Quando il silenzio si prolungò al punto da essere insopportabile, Vasilii fece scoppiare la bomba che proveniva da una direzione che lei non si sarebbe aspettata. «So che si è licenziata dal precedente impiego... senza avere un'altra prospettiva di lavoro. Perché? È un grosso rischio nel momento attuale.»

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