H2723_IN AFFARI COL CAPO

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Sarah Morgan

IN AFFARI COL CAPO


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Doukakis's Apprentice Harlequin Mills & Boon Modern Romance © 2011 Sarah Morgan Traduzione di Sonia Indinimeo Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Collezione Harmony agosto 2012 Questo volume è stato stampato nel luglio 2012 presso la Rotolito Lombarda - Milano COLLEZIONE HARMONY ISSN 1122 - 5450 Periodico bisettimanale n. 2723 del 21/08/2012 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 22 del 24/01/1981 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


1 «È qui. È arrivato! Damon Doukakis è appena entrato nel palazzo.» Svegliata da quella voce concitata, Polly sollevò la testa e venne accecata dalla luce del sole che inondava la stanza. «Chi? Cosa?» biascicò mentre il cervello si rimetteva lentamente in moto. Aveva un gran mal di testa. «Devo essermi addormentata. Perché non mi avete svegliata?» «Perché non dormivi da giorni e quando sei stanca, ti fai prendere dal panico. Non devi. Lo faccio già io per tutte e due. Tieni... ti ho portato generi di conforto.» Posò sulla scrivania una tazza di caffè e un muffin. «Questo ti sveglierà» le disse Debbie con un sorriso. Polly si strofinò gli occhi e cercò di mettere a fuoco il monitor del computer. «Che ore sono?» «Le otto.» «Le otto?» Balzò in piedi facendo cadere fogli da tutte le parti. «La riunione è fra quindici minuti! Pensavi che sarei andata lì e avrei parlato nel sonno?» Salvò il documento su cui aveva lavorato tutta notte. La paura le aveva trasformato lo stomaco in un blocco di pietra. Dormire non aveva migliorato la situazione. 5


La realtà le pesava addosso come un macigno. La sua vita, come lei la conosceva, era finita. «Stai calma. Se gli fai capire che hai paura ti farà a pezzi. Gli uomini come Damon Doukakis annusano la debolezza della preda e scattano per uccidere.» «Non ho paura.» Una bugia spudorata! Aveva paura. Aveva paura del peso delle responsabilità e delle conseguenze di un eventuale fallimento. E sì... aveva paura di Damon Doukakis. Solo un folle non ne avrebbe avuta. «Ce la farai! Dipendiamo tutti da te, ma non voglio che la responsabilità di un centinaio di persone ti renda nervosa» si raccomandò la collega. «Ah, sei davvero incoraggiante.» Polly bevve un sorso di caffè poi controllò il suo BlackBerry. «Ho dormito solo due ore e ho già decine di e-mail da leggere. Ma questa gente non dorme mai?» disse, facendo scorrere l'elenco in cerca dei messaggi importanti. «Gérard Bonnel chiede di spostare l'appuntamento a domani sera. Posso prendere un volo a metà pomeriggio, per Parigi?» «Non hai un volo. Ci vai in treno. Ho preso il biglietto più economico e non può essere cambiato. Parti alle sette e mezza di domani mattina» la informò, rubandole un pezzo di muffin. «Vai a vedere la Tour Eiffel. Vai ad amoreggiare con un bel francese lungo la Senna. Oh, la laaa!» Polly stava leggendo una e-mail e non la guardò. «Il sesso in pubblico è un reato, anche in Francia.» «Dovrebbe esserlo anche la totale assenza di una vita sessuale. Da quanto non esci con qualcuno?» «Ho già abbastanza problemi. Mi manca solo di aggiungere il sesso al caos!» rispose Polly, premendo invia. «Hai avuto il contratto per le promozioni di quel grande magazzino?» «Sì. Ma non la smetti mai di pensare al lavoro? Po6


tresti essere il clone del terribile Damon Doukakis.» «Dannazione, volevo dare un'altra occhiata alla presentazione. Devo anche pettinarmi. Non so cosa fare per prima cosa.» «Capelli! Hai dormito con la testa sulle braccia e sembri la Barbie Moicana!» Debbie rovistò nel cassetto di Polly e trovò un pettine e delle forcine. «Devo andare in bagno a rifarmi il trucco.» «Non c'è tempo. Ma non preoccuparti, stai benissimo» la rassicurò, trafficando con l'acconciatura. «Le calze rosa shocking sono fantastiche!» Tenendo la testa ferma, Polly prese il portatile. «Non posso credere che mio padre non abbia chiamato. La sua azienda sta per essere fatta a pezzi e lui non dà segni di vita. Gli avrò lasciato almeno cento messaggi.» «Sai che non accende mai il cellulare. Lo odia. Ecco...» Debbie posò il pettine. «Fatto!» Lo chignon era ben lontano dall'essere perfetto. «Ho chiamato anche gli alberghi di Londra per chiedere se un tizio di mezza età e una ragazza giovane avevano preso una suite» la informò Polly. «Dev'essere stato imbarazzante.» «Io sono cresciuta con questo genere di imbarazzo.» Prese gli stivali sotto la scrivania. «Doukakis ci farà a pezzi, quando non lo vedrà apparire.» «Lo impediremo. Sono arrivati tutti all'alba. Sembreremo uno sciame di api operose. Se Doukakis cerca dei fannulloni, qui non ne troverà. Siamo tutti determinati a fare un'ottima impressione, nonostante l'assenza di tuo padre.» «È troppo tardi. Doukakis ha già deciso cosa fare.» E lei sapeva cosa. Si sentì afferrare dal panico. Aveva preso il controllo dell'azienda di suo padre e avrebbe potuto farne tutto quello che gli pareva. Era la sua vendetta. 7


Il modo di mandare un messaggio a suo padre. Ma era una vendetta crudele. Non avrebbe colpito suo padre, bensì un centinaio di collaboratori innocenti che non meritavano di perdere il lavoro. Il peso della responsabilità era soffocante. Come figlia sapeva di dover fare qualcosa per suo padre, ma era impotente. Non aveva alcuna autorità. Debbie mangiò un altro pezzo di muffin. «Ho letto che Damon Doukakis lavora ventiquattro ore al giorno, quindi avete qualcosa in comune.» Dopo tre giorni senza quasi dormire, Polly aveva qualche problema di concentrazione. «La presentazione è a posto, speriamo che Michael Anderson riesca almeno a leggerla. Ho salvato il file su tre chiavette diverse perché l'ultima volta è riuscito a cancellare tutto! Gli altri consiglieri sono arrivati?» «Sono arrivati tutti insieme a lui. Non che ci abbiano detto qualcosa» precisò Debbie con una smorfia di disapprovazione. «Dopo aver venduto le loro quote a Doukakis si sono guardati bene dal farsi vedere. Non capisco perché uno così abbia voluto comprare la nostra piccola agenzia. Io amo lavorare qui, non fraintendermi, ma non siamo il suo genere.» Polly pensò a quanto aveva lavorato, cercando di rilanciare l'azienda. «No, non siamo il suo genere.» «E allora l'ha fatto per divertirsi?» chiese Debbie finendo il muffin. «Forse è una terapia antistress per milionari. Invece di comprare delle scarpe nuove, si comprano un'azienda. Pur di comprare le quote, ha offerto delle cifre da capogiro.» Polly sentì una stretta allo stomaco. Lei sapeva perché Doukakis l'aveva fatto, ma non se la sentiva di condividere l'informazione con nessuno. Due giorni prima, durante una breve telefonata, gelida e spaventosa, le aveva fatto giurare che avrebbe mantenuto il segreto. E Polly non voleva che la fac8


cenda diventasse di dominio pubblico, almeno quanto lui. Polly inalò una lunga boccata d'aria. «Non mi sorprende che quelli abbiano venduto. Sono avidi. Ero stufa di prenotare ristoranti di lusso, voli di prima classe per poi sentirmi dire che eravamo in perdita. Mi ricordano degli insetti schifosi che succhiano linfa vitale da immagazzinare nei loro corpi grassi.» Debbie indietreggiò. «Pol... è disgustoso!» «Loro sono disgustosi!» Ripassò a mente la presentazione. Ho dimenticato qualcosa? «Se potessi esporla io, sarei più tranquilla.» «Avresti dovuto farlo tu, infatti.» «Michael Anderson si sente troppo minacciato da me, per lasciarmi aprire bocca. Ha paura che possa dire chi lavora, qui dentro. Comunque, io sono solo l'assistente personale di mio padre. Il mio compito è far sì che tutto funzioni, stando dietro le quinte.» Ma era orribilmente consapevole di non avere una formazione adeguata. Aveva imparato lavorando e osservando, fidandosi del suo istinto e del buonsenso, ma quel giorno avrebbe tanto voluto entrare in sala riunioni, sventolando una laurea conseguita ad Harvard con il massimo dei voti. «Doukakis ha un'agenzia pubblicitaria con i fiocchi, nella sua organizzazione. Non gliene serve un'altra e nemmeno il nostro staff. Vuole affondare i suoi denti da squalo nelle nostre...» «No!» La bloccò Debbie sollevando una mano. «Ne ho già avuto abbastanza degli insetti schifosi di prima. Scusa, ma ho appena fatto colazione.» «Stavo proprio dicendo...» «Ecco, non lo dire. Che Doukakis voglia l'azienda di tuo padre è una specie di complimento, no? Tu pensi che voglia licenziare tutti, ma perché dovrebbe farlo? Perché comprare un'azienda e distruggerla?» Per avere il controllo. 9


Mentre suo padre conduceva la vita di un uomo con la metà dei suoi anni, l'azienda era finita tra le grinfie di un predatore. E lei era lì da sola a combatterlo. «Stai su!» Debbie le diede una pacca sulla spalla. «Damon Doukakis non può essere spietato come dicono. Non l'hai mai incontrato di persona.» Oh, sì che lo aveva incontrato. Polly sentì il viso diventare dello stesso colore delle calze e chiuse il portatile. Lo aveva incontrato una volta nell'ufficio del preside, il giorno che lei e una compagna erano state espulse dalla scuola esclusiva che frequentavano. Sfortunatamente si trattava della sorella di Doukakis e lui aveva fatto di tutto per scaricare la responsabilità del fattaccio su Polly, che aveva definito una capobanda. Il solo pensiero di quel giorno, la fece tremare come una foglia al vento. Purtroppo non aveva alcun dubbio su ciò che il futuro aveva in serbo per lei. Damon Doukakis la considerava un'attaccabrighe con problemi comportamentali. Sollevata la scure, lei sarebbe stata la prima vittima. Polly si passò istintivamente la mano dietro al collo. Avrebbe potuto offrirgli le sue dimissioni. Doukakis esigeva un sacrificio, per il comportamento di suo padre? Bene, lei sarebbe stata la vittima sacrificale. Debbie prese la tazza vuota. «Con chi si vede tuo padre? Non sarà ancora quella spagnola che ha incontrato alla scuola di salsa, vero?» «No... non lo so.» La bugia le si inceppò un attimo sulle labbra. «Non gliel'ho chiesto.» Infilò il BlackBerry nella tasca del vestito, sentendo montare lo stress. «È pazzesco, vero? Damon Doukakis sta per mettere le mani sull'azienda che mio padre ha costruito in una vita e lui è in qualche albergo...» 10


«... a fare sesso con una donna che potrebbe avere la metà dei suoi anni?» «No! Non voglio pensare che mio padre faccia sesso e tanto meno con una della mia età!» Soprattutto, non con quella donna particolare... «Ci dovresti essere abituata. Non credi che sia proprio la sfrenata vita sessuale di tuo padre, che ti impedisce di avere una relazione?» «Non ho tempo per questa conversazione.» Polly infilò gli stivali. «Hai preparato acqua, caffè e biscotti in sala riunioni?» «Tutto pronto ma Damon Doukakis farà merenda con lo staff. È un grande squalo bianco.» Per aggiungere un tocco di suspense, si mise a canticchiare, la colonna sonora del film. Un po' scossa da quella analogia, Polly guardò con aria protettiva i due pesciolini che nuotavano nella vasca sulla sua scrivania. «Abbassa la voce! Romeo e Giulietta si spaventano!» Avrebbe tanto voluto rifugiarsi nella boccia con loro... Negli ultimi giorni aveva lavorato tanto per mettere insieme una presentazione convincente, che servisse a salvare tutto il personale. Non si faceva illusioni sul suo destino, ma quelle persone, che erano state la sua famiglia, non meritavano di finire nei guai. Era pronta a combattere per evitarlo. Il telefono sulla scrivania squillò e Polly sollevò il ricevitore con lo stesso entusiasmo con cui sarebbe salita al patibolo. «Polly Prince...» Riconobbe la voce un po' viscida di Michael Anderson, nominato da suo padre direttore creativo. Nonostante l'ora, era evidente che aveva già bevuto un paio di bicchierini. Mentre le suggeriva, mellifluo, di portare il computer in sala riunioni, Polly strinse la cornetta immaginando che fosse il suo collo. Serpente! Non aveva avuto un'idea creativa da decenni, aveva prosciugato le casse dell'azienda 11


e alla fine aveva ceduto le sue quote a Damon Doukakis per una cifra spaventosa. La rabbia le esplose dentro. Se lui non avesse venduto le quote, lei avrebbe potuto salvare la situazione. Sbatté giù il ricevitore e raccolse il portatile, decisa a combattere come una tigre, per i dipendenti. «Buona fortuna.» Debbie guardò i piedi di Polly. «Ehi, quegli stivali sono perfetti per dare calci nel sedere. E poi ti fanno sembrare molto più alta.» «L'idea è quella.» L'ultima volta che aveva incontrato Damon Doukakis, si era sentita piccola in tutti i sensi. Questa volta voleva guardarlo negli occhi. Camminava verso la sala riunioni come uno zombie e il fatto che ogni due secondi qualcuno si affacciasse da un ufficio per augurarle buona fortuna, sottolineava che tutta la responsabilità era sulle sue spalle. In fondo sapeva di non avere nessuna influenza. Era come andare in guerra armata di un asciugacapelli. Rimase qualche momento davanti alla porta chiusa, cercando di calmarsi. Non erano i membri del consiglio a innervosirla, per loro provava solo disprezzo, era Damon Doukakis. In fondo erano passati dieci anni e le cose potevano essere cambiate. Forse aveva sviluppato qualche grammo di umanità... Polly ci contava. Bussò brevemente e aprì la porta. Passò lo sguardo sulle facce compiaciute, sulle tazze di caffè e sugli abiti firmati che mal si adattavano a quei corpi ingrassati dalle troppe cene di lavoro. I ragazzi del club! Chiuse la porta e si avvicinò al tavolo. Guardò quegli uomini, con cui lavorava da quando aveva diciotto anni. Nessuno di loro la guardava negli occhi. Brutto segno, pensò cupamente. Alcuni si fingevano concentrati sui loro appunti. L'atmosfera era tesissima. Le ricordavano quei mor12


bosi personaggi assetati di sangue, che si aggiravano nei luoghi degli incidenti, in attesa di vedere il cadavere. Ogni uomo seduto intorno a quel tavolo era diventato milionario e Polly provava solo disgusto. La facevano pensare a un branco di iene, pronte a divorare le prede di qualcun altro. Avevano venduto suo padre, senza esitazione. E avevano venduto tutti i dipendenti. Era così furiosa con tutti loro, che le ci volle un attimo per mettere a fuoco l'uomo seduto a capotavola. Seduto sulla poltrona di suo padre, Damon Doukakis presiedeva la riunione con l'aria del conquistatore che controlla i prigionieri. Anche immobile e silenzioso trasudava aggressività. Con il cuore a mille, Polly posò il portatile. Pericolosi occhi neri la fissarono. Dominava la stanza con la sua sola presenza. Un superbo completo scuro, che sembrava cucito addosso, metteva in risalto le spalle possenti. La camicia candida spiccava sulla pelle abbronzata e il nodo della cravatta era perfetto. Tutto in lui era impeccabile e contrastava drammaticamente con il resto degli uomini intorno alla tavola. Non aveva un filo di grasso e sicuramente per tenersi in forma si imponeva la stessa ferrea disciplina che applicava negli affari. Non c'era da meravigliarsi che le donne lo trovassero irresistibile. Era il tipico maschio alfa, quello che controllava le aziende di maggior successo in Europa. Nel bel mezzo della crisi economica, la Doukakis Media Group era un faro verso la ripresa. Quello che la irritava era che un uomo con innate capacità imprenditoriali e un tocco magico per gli affari, fosse anche tanto bello. Non c'è giustizia al mondo, pensò lottando per non farsi intimidire. 13


Guardalo negli occhi, Polly... Guardalo negli occhi. La cosa peggiore era fargli capire che aveva paura e alla fine si decise a sollevare lo sguardo. Fu solo un istante, ma qualcosa sembrò scorrere tra loro. Una strana, inquietante corrente elettrica. L'impatto fu tale che Polly distolse il viso fremendo da testa a piedi. Accese il computer con le mani tremanti, sperando che non avesse notato l'effetto che aveva su di lei. «Signori...» Fece una pausa. «Signor Doukakis.» C'era un vago accenno di sorriso sul suo viso e Polly venne calamitata dalla curva sensuale delle sue labbra. Si diceva di lui che le conquiste femminili gli piovevano intorno come i buoni affari e che trattava entrambe le cose con la stessa spietata freddezza. Forse per quel motivo era tanto protettivo nei confronti di sua sorella. Lui sapeva com'erano fatti gli uomini. Ma anche lei. E un inatteso e sconveniente lampo di attrazione, non avrebbe cambiato la sua opinione. Quando tornò a guardarlo, la lingua le si incollò al palato, impedendole di formulare un suono qualunque. In quel momento capì che lui sapeva. Sapeva che aveva il cuore lanciato al galoppo, le farfalle nello stomaco e una serie di fastidiose pulsazioni al ventre. Sapeva che effetto aveva su di lei perché era lo stesso effetto che aveva su tutte le donne. «Signorina Prince...?» Quel tono freddo, quasi sardonico, la stupì. Se aveva sperato che Doukakis non ricordasse il suo contributo all'educazione scolastica di sua sorella, aveva commesso un grosso errore. «Come sa, Polly è la figlia del nostro presidente, nonché assistente esecutiva.» Inconsapevole della loro comunicazione occulta, Michael Anderson trovò il coraggio di parlare. «Suo padre ha fatto in modo che lavorasse in azienda.» 14


Voleva dire, in altre parole, che lei era un'imbecille, incapace di trovarsi un lavoro da sola! Polly sentì montare una rabbia cieca per l'ingiustizia di quella presentazione. Ma la rabbia era quello che le ci voleva per scacciare ogni altro, inopportuno sentimento. Di nuovo controllata, premette un tasto e aprì il file. «Ho preparato una presentazione che riassume le nostre strategie e le previsioni per il futuro dell'attività. Vedrete che abbiamo acquisito sei nuovi clienti, dall'inizio dell'anno e...» «Non gli interessa sentire queste cose, Polly.» Michael Anderson la interruppe con tanta veemenza, che rimase pietrificata con le mani sulla tastiera. Doveva interessargli! Senza la sua presentazione, i dipendenti erano spacciati. «Ma lei deve...» balbettò rivolta a Doukakis. «È troppo tardi, Polly.» Michael Anderson diede una rapida occhiata ai suoi compagni e si schiarì la gola. «Capisco che per te sia una situazione molto sgradevole, ma tuo padre non ha più il controllo della compagnia. È sempre stato poco convenzionale, ma questa volta sembra sparito del tutto. Anche dopo le notizie di acquisizione apparse in tutti i telegiornali, non si è fatto vedere e questo dimostra che la decisione del consiglio di vendere alla Doukakis Media Group, è stata quella giusta.» Diede un'occhiata significativa all'uomo seduto in silenzio al posto di comando. «Ci sarà un terremoto. Più tardi annunceremo al personale che ci saranno dei licenziamenti, ma ho voluto dirtelo di persona, visto che tuo padre non è qui. So che è dura...» cercò di dipingersi un'espressione compassionevole. «Ma questi sono gli affari.» Polly ebbe la sensazione di essere entrata in un universo parallelo. Il cervello girava così in fretta che le sembrava di sentirlo ronzare nelle orecchie. «Aspetti un minuto!» La sua voce era metallica, e15


stranea. «Vuol dire che licenzierete tutti così, senza la minima discussione? È il vostro lavoro proteggerli, spiegare al signor Doukakis che sono necessari...» «Il punto è, Polly, che non sono necessari.» «Non sono d'accordo.» Sentiva le mani gelide. Il panico le esplose dentro insieme a tutte le sue peggiori paure. «I clienti che abbiamo acquisito, li abbiamo ottenuti perché siamo una squadra. Un'ottima squadra.» «Lascia il computer, Polly.» Michael Anderson picchiettava con la penna sul tavolo, sempre più nervoso. «Nel caso qualcuno dello staff del signor Doukakis, voglia vedere la presentazione.» Ecco! La stavano liquidando. Tutti gli occhi erano puntati su di lei, in attesa che si arrendesse e si togliesse dai piedi. L'azienda di suo padre sarebbe stata disintegrata. Un centinaio di persone avrebbe perso il lavoro. «Non è finita!» Le parole le rotolarono fuori dalle labbra con la forza della disperazione. Fissò Michael Anderson, l'uomo che aveva venduto suo padre e ora stava vendendo i suoi colleghi. Tentò di appellarsi alla sua coscienza. «Deve alzarsi e spiegare questa presentazione.» «Polly...» «Lei ha una responsabilità! Questa gente lavora per lei. Hanno dato l'anima e ora deve difenderli.» Sembrava un fiume in piena. «È grazie al loro duro lavoro se voi vi siete goduti la bella vita. Perché mi ha chiesto di preparare la presentazione, se non aveva nessuna intenzione di usarla?» «Eri in ansia per tuo padre.» La voce di Michael era condiscendente. «Pensavo che ti avrebbe tenuta occupata.» «Io non sono una bambina, signor Anderson! Sono sempre stata molto occupata! Ho dovuto, visto che 16


tutti i dirigenti incaricati erano troppo impegnati a mangiare, bere e a prosciugare le casse dell'azienda!» Bruciando ogni possibile ponte tra le due fazioni, fece il giro del tavolo con aria minacciosa. Ed ebbe la grande soddisfazione di vedere la faccia costernata di Michael Anderson. «Cosa vuoi fare? Dove credi di... Capisco che tu sia arrabbiata, ma...» «Arrabbiata? Non sono arrabbiata. Sono furiosa! Ci sono cento persone lì fuori che stanno aspettando, mangiandosi le unghie per la tensione» sibilò, indicando la porta. «Cento persone terrorizzate all'idea di perdere il lavoro, che si stanno chiedendo se saranno in grado di tenersi un tetto sulla testa e lei non alza un dito per difenderli! Lei è un vigliacco schifoso!» «È abbastanza!» Urlò rosso come un pomodoro. «Se non fossi stata la figlia del capo, ti avremmo licenziata molto tempo fa. Sei sempre stata un problema. E in quanto al tuo modo di vestire...» «Il modo di vestire non influisce sulle capacità, signor Anderson. Ma non mi aspetto che lei capisca. A parte i membri del consiglio...» disse, lanciando un'occhiata caustica agli uomini intorno al tavolo. «Questa è un'agenzia giovane, vibrante e creativa. Io non ho bisogno di indossare tristi completi grigi per partecipare a pranzi d'affari in ristoranti alla moda, pagati dagli ignari clienti.» Michael Anderson sembrava sull'orlo di un infarto. «Voglio perdonare il tuo comportamento perché so quanto sia stata difficile questa settimana. Voglio darti dei consigli paterni... che a quanto pare ti sono sempre mancati. Prendi la tua liquidazione, parti per un lungo viaggio e ripensa al tuo futuro. A parte il brutto carattere, sei una bella ragazza. Bellissima» precisò, distogliendo il viso sudato. «Lavori con i clienti solo grazie a tuo padre. In qualunque altra agenzia, saresti solo 17


una segretaria. Non che ci sia qualcosa di male...» aggiunse, viscido notando l'espressione assassina di Polly. «Sto dicendo che una bella ragazza non dovrebbe passare le notti a preparare diapositive. Non ho ragione, signori?» Si sollevò un mormorio di approvazione. Il solo a non sorridere era Damon Doukakis che continuava a tenere lo sguardo fisso su di lei. Polly aveva gli occhi annebbiati dalla rabbia. «Non osate criticare mio padre e non osate fare questi commenti stupidi e sessisti, quando sapete benissimo chi fa il lavoro in questa azienda! Avete venduto le quote al miglior prezzo per arricchirvi. Voi siete diventati milionari e noi disoccupati.» Non riuscì a cancellare del tutto l'emozione. «Dov'è il vostro senso di responsabilità? Vergognatevi. Vergognatevi tutti!» Michael Anderson era rimasto a bocca spalancata. «Chi credi di essere?» tuonò, dopo un attimo. «Qualcuno che ha a cuore il futuro di questa azienda. Se osate licenziare anche uno solo dei dipendenti prima di aver valutato tutte le altre opzioni, io...» Io cosa? Cosa avrebbe potuto fare? D'un tratto si sentì svuotata. Non avrebbe mai dovuto perdere la calma. Aveva solo peggiorato le cose. Dannazione, dannazione... perché non era riuscita a stare calma? Assordata dal silenzio irreale che era caduto nella sala, allargò le braccia e dichiarò la resa. «Guardate... me ne vado. Va bene? Se non licenziate nessuno, io me ne vado senza pretendere niente.» Disse quelle ultime parole rivolgendosi direttamente a Damon Doukakis, che sembrava una statua di sale. «Voglio vedere quella presentazione. La mandi sul mio portatile.» La sua voce era inflessibile e gli occhi fissi su Polly sembravano due laser. «Voglio vedere tutti i dati che ha raccolto.» 18


Lo shock la privò del dono della parola. Era impietrita. Non riusciva a muoversi. Fu Michael Anderson a riprendersi per primo. «È solo una segretaria molto sopravvalutata, signor Doukakis. Onestamente, non dovrebbe...» Damon Doukakis lo ignorò. «Può dire ai dipendenti che avranno tre mesi di tempo per dimostrare il loro valore» disse rivolto a Polly. «I soli a essere licenziati subito saranno i membri del consiglio.» Quella bomba fece serpeggiare una scossa di terremoto intorno al tavolo. Quando il significato delle sue parole le penetrò nel cervello, Polly tornò a respirare. Non voleva licenziare i dipendenti. Avevano avuto una sospensione di pena. Con uno strano suono gutturale, Michael Anderson si affannava ad allentarsi la cravatta. «Non può licenziare il consiglio di amministrazione! Noi siamo il motore di questa azienda!» «Se la mia macchina avesse un motore come voi, la farei rottamare» dichiarò Damon, serissimo. «Avete rivelato dati sensibili dell'azienda, per vendermi le quote. Io non voglio collaboratori che si lascino comprare. E non mi voglio trovare coinvolto in qualche causa per discriminazione sessuale, cose inevitabili, se resterete in azienda.» Guardando quell'uomo che andava in pezzi, a Polly venne voglia di saltare ed esultare, ma Damon Doukakis stava ancora parlando, esponendo le sue decisioni con una totale mancanza di emozioni. «Sposterò la sede nei miei uffici di Londra. Ho due piani vuoti e una squadra pronta per il trasloco.» L'esultanza di Polly morì sul nascere. «Ma i collaboratori lavorano qui da sempre e...» «Negli affari non esiste per sempre, signorina Prince. Il massimo a cui si può aspirare è per ora. Il mio braccio destro, Carlos, si occuperà della gestione or19


dinaria nell'immediato futuro» aggiunse secco. «Ma Bill Henson se n'è occupato per...» «Per troppo tempo» concluse lui, atono. «Potrà lavorare con Carlos per i prossimi tre mesi e, se ne saremo impressionati, lo riconfermeremo. Io non perdo mai i buoni collaboratori, ma dirigo le aziende in base ai meriti. Non gestisco opere assistenziali.» La faccia di Michael Anderson assunse un curioso colore grigiastro. «Damon...» Si schiarì la gola. «Hai bisogno di qualcuno che ti illustri i nostri sistemi. Che ti spieghi com'è gestita la compagnia.» «Mi ci sono voluti cinque minuti con il vostro bilancio per capire com'è gestita la compagnia. Male! E comunque avevo già deciso di tenere qualcuno che conosca i meccanismi interni.» Michael sorrise. Era un sorriso lento e disperato. «È un sollievo. Per un attimo ho pensato che...» «Ecco perché la signorina Prince lavorerà al mio fianco per i prossimi tre mesi.» Lavorare al suo fianco? Oh, no! Questo no! «Sono pronta a fare un passo indietro, signor Doukakis.» «Lei non fa un passo da nessuna parte, signorina Prince. Lei e il suo computer sarete al mio fianco e vedremo di uscire insieme da questo pasticcio.» A Polly non sfuggì l'ambiguità delle sue parole. Si riferiva al pasticcio lavorativo o alla relazione di suo padre con la sorella? «Ma...» «I miei arriveranno in un paio d'ore per organizzare il trasloco nei nuovi uffici. Chiunque non voglia trasferirsi, è libero di andarsene, naturalmente.» «Aspetti...» Polly si sentì schiacciare da un peso enorme. Aveva pensato di essere la prima a venire sbattuta fuori dalla porta. Anzi, non vedeva l'ora di mettere una notevole distanza tra se stessa e Damon Dou20


kakis. «Io... io rassegno le dimissioni.» La fissò, implacabile. «Dia le dimissioni e io licenzio tutti in massa, oggi stesso.» «No!» Polly fremette, inorridita. «Non hanno fatto niente.» «Dopo aver dato un'occhiata al bilancio, non faccio fatica a crederle. Mi sto chiedendo cosa abbiano fatto tutti, negli ultimi anni. È bene che l'avverta. Non so quanta di questa gente lavorerà ancora per me, fra tre mesi. Ho visto più vitalità al cimitero!» Polly si sentì mancare. Pensò a Doris Cooper che lavorava nell'ufficio posta da sempre. Di recente era rimasta vedova e sbagliava continuamente lo smistamento della corrispondenza. Per non ferirla, i legittimi destinatari si scambiavano plichi e buste sottobanco, quando lei non guardava. C'era anche Derek Wills, il tuttofare che scriveva a malapena, ma faceva un tè eccezionale per tutti. «Bene» accettò. «Lavorerò con lei. Ma il suo comportamento è sconcertante.» «L'opinione che ha di me non può essere più bassa di quella che io ho di lei.» Doukakis le si avvicinò, trasudando rabbia repressa. Polly si irrigidì, intimorita. C'era qualcosa di terribile nel suo sguardo. Non c'era bisogno di un mago per capire quale bassa opinione avesse di lei. Nonostante i tacchi alti, riusciva sempre a farla sentire piccola e insignificante. «Lei è ingiusto.» «La vita è ingiusta.» Il suo tono era duro e intransigente. «Che le piaccia o no, ora fa parte del mio gruppo. Benvenuta nel mio mondo, signorina Prince.»

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2718 - Affascinante conquista

di C. Mortimer Mia era certa che non avrebbe più rivisto Ethan, l'uomo che le ha rapito il cuore. Lasciati andare a UN NUOVO INIZIO.

2719 - Insensibile ribelle

di L. Raye Harris Passionale, inquieto, impavido. Tutto questo e altro ancora è Jack Wolfe... Quinto appuntamento con I FAMIGERATI WOLFE.

2720 - Una notte nel deserto

di M. Cox Quando Gina torna nel Kabuyadir, resta pietrificata nello scoprire che il nuovo sceicco altri non è che... Tornano I PRINCIPI DEL DESERTO.

2721 - Il gioco del milionario

di M. Yates Orgogliosa quanto sexy, Ella è decisa a dimostrare a Blaise quanto si sbagli a proposito di... Non perdere il nuovo INTERNATIONAL TYCOON.

2722 - Abbracciati dal destino

di L. Graham Molte delle donne più ambite del pianeta sono cadute ai piedi di Cesare. Jessica, invece... Termina la miniserie UN GIORNO DA SOGNO.

2723 - In affari col capo

di S. Morgan Polly si trova costretta a cercare di resistere al fascino di Damon nella città più romantica del mondo... Sei invitata A LETTO COL CAPO.

2724 - Risveglio spagnolo

di K. Lawrence Dimenticare Megan è stata, per Emilio, una vera tortura. Ma ora che è libero di fare ciò che vuole... Ti sei mai chiesta se sei FATTA PER LUI?

2725 - Un ballo con il greco

di A. McAllister Le donne, per Nicholas, non sono mai state un problema. Fino a quando non ha conosciuto Edie... Fatti scaldare dal FUOCO GRECO.


2726 - Inganni e segreti

di L. Graham Lysander non si è affidato alla ricchezza della sua famiglia per farsi strada nella vita... Prima parte de LA PROMESSA DEI VOLAKIS.

2727 - L'erede illegittimo

di J. Kenny Sin da ragazzino, Rafael aveva deciso di diventare ricco e famoso, e nulla ha potuto fermarlo. Sesto episodio de I FAMIGERATI WOLFE.

2728 - Un capo da sedurre

di C. Williams Matt pretende solo il meglio da chi lavora per lui. Così resta spiazzato quando scopre che Tess... Torna A LETTO COL CAPO.

2729 - Inatteso ritorno

di S. Morgan L'ultima persona che Laura si aspettava di trovare ad attenderla all'aeroporto era Cristiano... Anche questo mese c'è UN NUOVO INIZIO.

2730 - Una preziosa scoperta

di C. George Niente e nessuno ha più spinto Roberto a uscire dal suo rifugio, e solo Katherine ha il permesso di entrarvi. Chissà se sei FATTA PER LUI...

2731 - Il principe milionario

di C. Crews Il matrimonio con il principe Leo di Marco non sembra essere la favola che Bethany immaginava. Non perdere INTERNATIONAL TYCOON.

2732 - I capricci dello sceicco

di A. Green Innamorata da sempre di Salman Bin Kalid Al Saqr, Jamilah non poteva immaginare che lui... Tornano I PRINCIPI DEL DESERTO.

2733 - La proposta del greco

di M. Reid Quando Anton si ritrova di fronte la giovane e indifesa Zoe, i suoi piani vengono del tutto stravolti. Lasciati scaldare dal FUOCO GRECO.

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