SUSAN WIGGS
TORNA CON UN NUOVO ROMANZO DELLA FORTUNATA SERIE BELLA VISTA. “Un appassionante ed emozionante dramma familiare scritto da un talento straordinario della narrativa femminile.” RT Book Reviews
“Conosciuta per la capacità di emozionare, Susan Wiggs torna con un romanzo profondo e ricco di atmosfere suggestive.” Booklist
“Un talento straordinario, uno stile che ti coinvolge pagina dopo pagina.” Publishers Weekly Isabel Johansen, chef di talento, vive da sempre a Bella Vista, l’idilliaca tenuta di famiglia, che vuole trasformare in una scuola di cucina. Bella Vista è il posto perfetto per il suo progetto e per dimenticare il passato... Ma i suoi piani cominciano a incrinarsi quando lo scrittore Cormac O’Neill arriva per indagare su una vecchia storia. Cormac è sempre stato bravo a raccontare le vite degli altri, molto meno invece a parlare di sé, ma i piaceri della vita tranquilla e la sensualità della cucina di Isabel, lo portano piano piano a lasciarsi andare. L’arrivo di Cormac rischia però di far emergere il segreto che lei nasconde e, inoltre, l’attrazione che provano l’uno per l’altra non può condurre a nulla di buono. Entrambi sono riluttanti a iniziare una relazione, per motivi diversi. E il motivo di Isabel si presenta in carne e ossa: il rinomato chef televisivo Calvin Sharpe.
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QUELLO CHE LE LETTRICI VOGLIONO. Questo mese per voi...
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LYNN RAYE HARRIS
I desideri dello sceicco
Titoli originali delle edizioni in lingua inglese: Gambling with the Crown Kept for the Sheikh's Pleasure Harlequin Mills & Boon Modern Romance Harlequin Mills & Boon Short Stories © 2014 Lynn Raye Harris © 2010 Lynn Raye Harris Traduzioni di Anna Vassalli Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Collezione Harmony luglio 2015 Prima edizione Collezione Harmony luglio 2015 Questo volume è stato stampato nel giugno 2015 presso la Rotolito Lombarda - Milano COLLEZIONE HARMONY ISSN 1122 - 5450 Periodico bisettimanale n. 3004 del 25/07/2015 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 22 del 24/01/1981 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
A disposizione dello sceicco
1 Geneva Gray stava dormendo nella propria tenda quando fu svegliata da un gran fracasso nel campo. Si era coricata talmente esausta da non aver voglia di spogliarsi, così mise le scarpe e si precipitò fuori nella semioscurità dell'alba per controllare cosa diamine stesse succedendo. Diversi arabi a cavallo avevano invaso l'accampamento, frugando nei bagagli e negli scatoloni, mettendo a rischio tutto il lavoro che la squadra aveva effettuato in quegli ultimi giorni. Genie lanciò un urlo quando uno scatolone si rovesciò, riversando nella sabbia i preziosi manufatti. Al suo grido, uno degli arabi alzò il capo di scatto e spronò il cavallo nella sua direzione. A Genie pareva di vivere un incubo: essere presa di mira da un mostro, e non riuscire a muoversi. Il cuore le batteva impazzito, il cervello le urlava di scappare, ma i piedi non obbedivano. Finché l'arabo non le fu quasi addosso. A quel punto riuscì a schizzare via, nascondendosi dietro una delle tende. Alle sue spalle gli zoccoli del cavallo sollevavano la sabbia mentre si avvicinava sempre più. Genie cercò di nascondersi sotto il lembo della tenda, attenta a ogni movimento che proveniva dall'esterno. Il cavallo girava intorno alla tenda, si u157
divano grida nella notte, voci maschili che urlavano in inglese, in arabo... Se avesse raggiunto una delle Land Rover sarebbe stata salva. Di solito le chiavi restavano nell'accensione, e se fosse riuscita ad avviare il motore avrebbe potuto avventarsi contro quei bastardi. Inoltre, avrebbe potuto aiutare qualcun altro della squadra a fuggire. L'auto era sempre più vicina... C'era quasi arrivata. Aveva le mani sulla portiera quando fu strappata all'indietro e premuta contro un corpo maschile. Il respiro si bloccò in gola, mentre un uomo le parlava in un dialetto arabo che le ci volle qualche istante a collocare. E quando ci riuscì, su di lei si riversò la sofferenza di ricordi agrodolci. Ebbe appena il tempo di rammentare prima di piombare nel buio. Non sapeva per quanto avessero cavalcato o per quanto fosse rimasta priva di sensi, ma quando aprì gli occhi era circondata da suoni dolci, ritmici, che divennero più accentuati quando sbatté le palpebre. Un viso era chino su di lei. E poi un altro. Si rese conto che erano donne, e questo le diede un certo sollievo. Le donne la fecero alzare, poi, nonostante le sue proteste, la spogliarono e la lavarono, impedendole in seguito di indossare i suoi abiti. Le porsero una tunica celeste e un velo di seta azzurra ricamato in oro. «Dove sono?» si azzardò a chiedere quando le donne si scostarono. Ma loro si limitarono a scuotere il capo e a parlare nel dialetto che lei aveva riconosciuto essere quello bah'sharan. Possibile che si trovasse in Bah'shar? Il pensiero la terrorizzava, non solo perché era pri158
gioniera e non aveva idea di come riuscire a fuggire. No, la terrorizzava a causa di un uomo. Un uomo il cui ricordo aveva cercato di seppellire negli ultimi dieci anni. Le donne le diedero del cibo e dell'acqua poi la lasciarono sola. Tornarono dopo un'ora circa e la sospinsero verso l'uscita della tenda per condurla a un'altra, più grande, al centro dell'accampamento. Non le restava altro da fare che entrare. La tenda era grande, ornata da tappeti. Uomini in abiti tradizionali del deserto erano seduti su vari cuscini. Un servitore si aggirava tra loro servendo da bere. Non appena entrò, uno degli uomini cominciò a parlare. Genie ebbe l'impressione che parlasse di lei. Era anziano, con denti macchiati e capelli grigi e si rivolgeva a un altro uomo che sedeva in una posizione sopraelevata rispetto agli altri. Genie seguì i gesti dell'uomo anziano che indicavano prima lei poi l'altro... E il cuore smise di battere. Il tempo si fermò. L'uomo su quella specie di trono la guardò indifferente, gli occhi scuri e il viso bellissimo così gelidi che, se lei non l'avesse frequentato per mesi, non l'avrebbe riconosciuto. Non lo vedeva dai tempi del college. Genie sbatté le palpebre, chiedendosi se la vista non la ingannasse... ma no, era proprio Zafir. Era ancora affascinante come l'ultimo giorno in cui l'aveva visto. Il giorno in cui le aveva mandato in pezzi il cuore con la verità. Fece un passo avanti. Doveva proprio affrontarlo di nuovo? Era costretta. La sua libertà, e forse anche la vita, dipendevano da questo. Avanzò di un altro passo, ma subito una delle donne che l'avevano accudita la trattenne. 159
Fu colta dalla disperazione. Zafir era la sua salvezza, la sua unica speranza. Non le avrebbe fatto del male, non un'altra volta. Non aveva più il potere di ferirla come dieci anni prima. Per correre questo rischio sarebbe dovuta essere ancora innamorata di lui, e non lo era. Si tolse il velo dal viso. A Re Zafir non interessavano le sorprese, soprattutto sorprese del genere. Molti sceicchi del deserto seguivano ancora le antiche tradizioni. Questo lo sapeva bene e si aspettava che gli facessero doni degni del suo rango. Si aspettava anche che gli donassero delle donne, anche se non aveva intenzione di avere un harem. Ma sapeva che rifiutare questi doni sarebbe stato un insulto. Tra qualche tempo non gli sarebbe importato se fosse stato un insulto o meno, ma adesso, all'inizio del suo regno, aveva bisogno che gli sceicchi la smettessero di lottare tra loro e si unissero al suo seguito. Il futuro di Bah'shar dipendeva da questo. Sì, si aspettava delle donne, e le avrebbe condotte a palazzo, affidando loro dei lavori domestici. Quello che non si aspettava era una donna che chiaramente non era di quei paesi. Una donna che gli aveva fatto crollare addosso il passato come un edificio che implodeva. Sbatté le palpebre, ma lei non svanì. Restava lì, con il mento alzato in atteggiamento di sfida, il velo stretto in una mano, mentre le altre donne si dileguavano. Genie Gray, in carne e ossa. L'unica donna che aveva creduto lo capisse. Ma non era stato così, naturalmente. Era stato attratto dalla sua bellezza, dalla sua intelligenza e dalla vita che aveva condotto per breve tempo in un'univer160
sità americana. Si era permesso di dimenticare di essere un principe del deserto. Genie in compenso non l'aveva mai dimenticata. Fece scorrere lo sguardo su di lei. I capelli, sempre del colore del rame, adesso erano corti. Lo colse il ricordo di come si avvolgeva le ciocche intorno alle dita mentre facevano l'amore, ma lo respinse. Stranamente i capelli corti le donavano, la facevano sembrare più femminile. Provò un'ondata di calore, ma la soffocò. Si erano detti tutto ciò che c'era da dire dieci anni prima. Lo Sceicco Daud Abu Bakr in un primo momento non si era reso conto che il suo dono si era tolto il velo. Quando se ne avvide, balzò in piedi. Zafir lo bloccò con una sola parola. Voleva che se ne andassero tutti prima di affrontare questo particolare djinn. «Accetto il tuo regalo, Sceicco Abu Bakr.» Il vecchio si sedette di nuovo. Nessuno pronunciò una sola parola. Non c'era altro da dire. Zafir li congedò. Gli arabi si alzarono e tornarono alle loro tende. Genie restò dov'era, gli occhi sbarrati mentre lo osservava attenta. Zafir si appoggiò ai cuscini. «Bene, Genie, cosa ti ha condotto in Bah'shar? Mi sembra di ricordare che un tempo tu abbia rifiutato il mio invito.» «Stavamo scavando in un sito archeologico» spiegò lei, ignorando la provocazione. «Al confine. Il nostro campo è stato assalito e sono stata presa in ostaggio. Non ho idea di cosa sia accaduto agli altri.» «Ah, quindi si tratta di lavoro. Ovvio. Avrei dovuto immaginarlo.» Lavoro. Con lei si trattava sempre di lavoro. Le aveva offerto tanto di più, una vita con lui come compagna adorata, ma lei aveva rifiutato. Avrebbe dovuto immaginarlo. Ricordava ancora il suo sguardo quando 161
lui le aveva spiegato perché non poteva sposarla. Aveva vissuto in America sufficientemente a lungo per saperlo, ma era convinto che Genie fosse innamorata di lui. Convinto che avrebbe capito, che avrebbe rinunciato a tutto per seguirlo. L'espressione di Genie s'irrigidì. «Già. Un importante lavoro. Io...» «Non preoccuparti» la interruppe Zafir. «Scoprirò cos'è successo alla tua squadra, e mi accerterò che tutti stiano bene.» Lei emise un sospiro di sollievo. «Grazie.» Cincischiava il velo con le dita, gli occhi per un attimo bassi. «Come sta tua moglie?» «Sono certo che tu intenda mogli» replicò gelido. Sì, era stato costretto a confessarle che suo padre aveva preso accordi per un suo matrimonio quando era ancora ragazzo, e si aspettava che lui onorasse l'impegno. Non aveva niente a che fare con l'amore, e tutto con il dovere. Ma lei non aveva capito. Dovere. Era un termine che talvolta avrebbe voluto non aver mai sentito. Lei alzò il capo di scatto. «Naturalmente» disse, il tremore delle labbra sparito per un attimo. Aveva voluto ferirla e ci era riuscito. Ma adesso si sentiva in colpa, come se avesse dato un calcio a un cucciolo. «La mia prima moglie è morta» aggiunse. «Dalla seconda ho divorziato.» Genie sbatté le palpebre. «Oh, mi dispiace.» Zafir alzò le spalle. Era quello che diceva sempre la gente, eppure non riusciva ad accettarlo senza provare solitudine e rimorso. Era stato solo per buona parte della sua vita, e i matrimoni non avevano cambiato questa situazione. Anzi, in un certo senso, l'avevano peggiorata. Jasmine era morta a causa sua. E Layla? Layla sicu162
ramente aveva fatto ciò che aveva fatto per colpa sua. Pareva che la morte lo accompagnasse ovunque. «Cose che capitano» borbottò, perché doveva pur dire qualcosa. «E la mia seconda moglie sarebbe stata una pessima regina, quindi il divorzio non è stato una brutta scelta.» Anche se di certo non avrebbe divorziato da Layla per questo motivo. Genie sbarrò gli occhi. «Regina? Ma tu non eri...?» «Il principe ereditario?» concluse per lei. «No.» Ancora una volta la morte aveva giocato un ruolo, indirizzando la sua vita su una strada che non avrebbe scelto. «Mio fratello è morto già da un anno. Mio padre un mese fa. Adesso sono il re di Bah'shar.» Lei era allibita. Be', poteva immaginarlo. Non era ciò che lui si era aspettato, di certo non quello per cui aveva studiato con tanto impegno. Aveva una laurea in ingegneria e in architettura, mentre il fratello maggiore si preparava a essere re. Insieme avrebbero traghettato Bah'shar nel futuro, avrebbero reso importante il paese, moderno, più di quanto lo fosse stato sotto il regno del loro padre. Ora doveva farlo da solo. Sempre, sempre solo. Genie deglutì a fatica. «Mi dispiace per le tue perdite, Zafir. Sia per tuo padre sia per tuo fratello.» «Grazie.» «Ti ho sottratto tempo a sufficienza» proseguì. «Se mi fai riaccompagnare al mio campo te ne sarò grata.» Provò un profondo risentimento. Lei era stata l'unica persona, l'unica donna, che aveva sentito vicino, l'unica che pareva colmare il vuoto che lo affliggeva. Ma per lei non aveva avuto alcun significato. Come qualsiasi altra donna che aveva conosciuto, era stata con lui per ciò che rappresentava, non per ciò che era. 163
Eppure gli era parsa diversa dalle altre, ma in realtà era stato troppo preso da lei per intuire la verità. Non era diversa da Jasmine o da Layla, o da qualsiasi altra donna che avesse frequentato. Era oppresso dall'odio, dal rimpianto e sì, anche dal desiderio, e lei restava lì, completamente indifferente. Provò il desiderio improvviso di punirla, di mostrarle ciò cui aveva rinunciato, e che non avrebbe più potuto avere. «In che modo grata?» Lei sbatté le palpebre. «Scusa?» Arretrò quando lui si alzò per avvicinarsi. Una volta si sarebbe buttata tra le sue braccia, pensò, una volta si sarebbe sciolta alle sue carezze. Si fermò davanti a lei, gli occhi grigi che cercavano i suoi. Per un attimo Zafir ebbe l'impressione di essere in un altro luogo, in un altro tempo. Non poté fare a meno di sfiorarle i capelli. Il contatto fu breve, ma lei socchiuse le labbra, la lingua che le umettava. Lui provò un'ondata di desiderio, che subito cercò di soffocare. «Mi spieghi come le tue anticaglie ti tengono compagnia la notte, habiba? È questo che hai voluto?» Lei lo fissò. «Sai che non è l'unico motivo per cui tra noi non ha funzionato. Mi hai mentito, Zafir.» A lui venne da ridere. Nessuno osava parlargli in quel modo, e certamente non adesso che era re. «Ti ho semplicemente detto la verità, habiba.» «Avresti dovuto dirmela all'inizio.» «Non ci conoscevamo a sufficienza.» Lei si sentì insultata. «Eri fidanzato, Zafir, e sei venuto a letto con me per sei mesi, senza avere il coraggio di dirmelo. Non credo che il conoscerci a fondo abbia avuto niente a che fare con questo. Semplicemente, hai voluto evitare che qualcosa interferisse con il portarmi a letto.» 164
Zafir non riuscì a soffocare il sorriso. «Come se fosse stato tanto difficile, Genie.» Lei arrossì, intuendo che stava ripensando alla loro prima notte insieme. Al loro primo appuntamento. Non era vergine, ma aveva ben poca esperienza. «Vorrei tornare al mio campo» affermò decisa. «Certo che lo vorresti» considerò, avendo ormai preso una decisione, «ma temo che non sia possibile.» Genie alzò il capo di scatto, gli occhi che lampeggiavano. «Cosa vuoi dire con non è possibile?» Quasi si divertiva ad aggiungere il resto. Quasi, ma non del tutto. «Perché ti voglio qui.»
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