SUSAN WIGGS
L'arte della seduzione
ISBN 978-88-6183-437-8 Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Halfway To Heaven Mira Books © 2001 Susan Wiggs Traduzione di Lucia Rebuscini Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2002 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici Special novembre 2002 Questa edizione Harmony Historical febbraio 2014
1 Il bouquet sorvolò una dozzina di braccia tese prima di colpire Abigail Beatrice Cabot in pieno viso e di ricadere tra le sue braccia. Gli occhi le si riempirono di lacrime e l'intenso e dolciastro profumo delle gardenie le pizzicò il naso, provocandole un sonoro starnuto. Sulla sala gremita di invitati cadde un silenzio di tomba, ma durò solo qualche istante, poi un sommesso mormorio si diffuse tra gli ospiti riuniti nella Sala Est della Casa Bianca. «Sono allergica alle gardenie» sussurrò Abigail, sopraffatta dall'imbarazzo. Alcuni petali le scivolarono sull'abito, lasciandosi dietro una scia di polvere gialla. Il fermacapelli che le tratteneva la treccia si allentò, mettendo a repentaglio l'elaborata acconciatura. Abigail lasciò il bouquet come se scottasse, in quel momento il suo unico pensiero era allontanarsi da lì il più in fretta possibile. Dalla sala si levò un incuriosito mormorio. Abigail cercò di non badarvi, ma non poté fare a meno di afferrare qualche stralcio di frase: Una vera disgrazia per il senatore Cabot... Sua figlia è sempre stata un tipo strano, vero? Dev'essere stata una cocente delusione per lui... In quel momento, suo padre era dalla parte opposta del salone e la stava osservando con aperta disapprova5
zione. Invece di valorizzare la sua immagine di stimato senatore della Virginia, Abigail era riuscita a rammentare a tutti i presenti che la sua ricchezza e il suo potere non avrebbero mai potuto garantirgli la figlia che aveva sempre desiderato. In quell'istante, Abigail avrebbe voluto morire. L'espressione severa del padre, i sorrisini di scherno degli ospiti... era davvero troppo! Nella fretta di allontanarsi, inciampò e quasi cadde, mettendo ulteriormente a dura prova la stabilità della sua acconciatura. Le persone le sfilavano davanti come sfocate: lo sposo nella sua uniforme militare; la sposa, elegante e raffinata nel suo abito tempestato di perle, ancora alla ricerca affannosa del suo bouquet; i gentiluomini riuniti attorno al Presidente, in attesa di attirare la sua attenzione e la first lady, attorniata dalle sue amiche, tutte intente a spettegolare sull'ultima gaffe della figlia del senatore Cabot. Nonostante la folla degli invitata si aprisse al suo passaggio come il Mar Rosso dinanzi a Mosè, Abigail non poté fare a meno di pensare che si trovavano tutti lì con l'unico scopo di assistere al suo ennesimo passo falso. Lei attraversò in fretta la sala con tutti gli occhi puntati addosso, sperando di riuscire a raggiungere la grande porta a vetri prima di un altro attacco di allergia. Abigail era mortificata per aver dato spettacolo di se stessa al matrimonio della sua cara amica. Non avrebbe voluto nemmeno parteciparvi e aveva anche tentato di sottrarsi ricorrendo ai soliti pretesti... che non sapeva ballare, che era troppo timida, che la folla la faceva sentire a disagio, ma naturalmente, come sempre, aveva prevalso l'insistenza di suo padre. Il senatore Franklin Rush Cabot otteneva sempre quello che voleva, soprattutto per quel che riguardava 6
la sua figlia minore, che nutriva un unico desiderio, quello di compiacerlo. Abigail continuò a camminare a testa bassa, procedendo a zigzag tra gli invitati e i camerieri. Sentendo ormai prossimo un altro starnuto, prese un fazzolettino di pizzo dalla manica dell'abito e se lo premette contro le narici, riuscendo così a stento a reprimerlo. Di tanto in tanto, le giungevano ancora alle orecchie spezzoni di conversazioni sussurrate. Scandaloso, vero? A quest'ora dovrebbe ormai essere sposata. Se la sua povera mamma fosse ancora qui, sarebbe devastata da dolore... Era questo il tono dei commenti delle ospiti della Casa Bianca, pensò Abigail con disgusto. Donne ben vestite, dai modi e dal linguaggio raffinati, l'élite della capitale, mogli di senatori, di politici, di industriali... Possibile che non trovassero argomenti più interessanti di cui discutere? Abigail mantenne lo sguardo dritto dinanzi a sé. La portafinestra si apriva su una notte autunnale, su un cielo buio come l'eternità, punteggiato da un'infinità di stelle. Abigail procedeva a piccoli passi risoluti, la sua statura minuta non le permetteva altro. Era sempre stata poco agile, piuttosto impacciata nei movimenti, solo di notte, esplorando il cielo, si sentiva librare in aria, leggera come una gazzella. Aveva ormai quasi raggiunto il silenzio rassicurante della veranda, era quasi libera. Aprì la portafinestra e si ritrovò sul patio deserto. L'aria era fresca e umida. Con un sospiro, Abigail si appoggiò alla balaustra in pietra. Probabilmente si sarebbe sporcata i guanti, ma in quel momento non le importava 7
nulla. Quella sera di certo nessuno si sarebbe azzardato a chiederle un ballo. Anche quella notte, come in tante altre occasioni precedenti, Abigail aveva infilato il suo carnet nella piccola borsetta di pizzo e se n'era completamente dimenticata. Non ne aveva mai riempito uno, né aveva mai sperato che accadesse. Con mani tremanti, sfilò il fermacapelli che si era allentato e risistemò la treccia. Poi si mosse lungo la balaustra, mentre l'abito in taffettà frusciava a ogni suo passo. Come sempre, il cielo notturno ebbe il potere di rilassarla. Spesso la foschia che si alzava dall'oceano e le luci della città impedivano una chiara visuale, ma quella sera il cielo era insolitamente terso. Si poteva distinguere Andromeda, la Principessa Incatenata, sospesa nella sua eterna prigionia e più a sud, Pegaso, il grande cavallo alato. Anche Saturno era ben visibile, entro un mese sarebbe scomparso per lasciare il posto a Giove. Il lento, infinito vorticare delle stelle distrasse per qualche istante Abigail dalla vergogna provata poco prima. Il cielo, nella sua gloria, non badava alle insignificanti preoccupazioni dei comuni mortali. Poi, però, inevitabilmente tornò alla realtà. Nascondendosi, stava eludendo i suoi doveri. Quello non era un matrimonio qualsiasi, la festa di nozze si teneva alla Casa Bianca e lei e Nancy Kerry Wilkes, la sposa, avevano frequentato insieme il Miss Blanding's Lyceum. Abigail aveva affrontato quella serata spinta dal desiderio di compiacere suo padre, ma fino a quel momento era riuscita solo a rendersi ridicola con quell'inopportuno attacco di allergia. La notte, però, era ancora giovane, si disse raddrizzando le spalle, e si apprestò a rientrare a testa alta nel salone. 8
I pesanti tendaggi di velluto oscuravano la festosa allegria che regnava all'interno. Alla luce dei candelieri in stile Baccarat, la scena che le si parò davanti le rammentò un dipinto ad acquerello. Gli abiti color pastello delle signore svolazzavano frusciando, mentre si lasciavano guidare nel ballo dai loro cavalieri in smoking nero. I militari erano ancora più affascinanti nelle loro uniformi blu notte. Erano tutti così eleganti e perfetti, non vi era nulla che stonasse. Gli invitati danzavano come satelliti intorno alla coppia di sposi, allacciati in un romantico walzer. Per fortuna, il mondo sembrava essersi dimenticato di lei. Come una principessa delle fiabe, Nancy Kerry aveva sposato l'attraente diplomato di West Point, il cui pedigree era impeccabile quanto i suoi modi. Formavano una coppia perfetta, guardandoli sembrava così facile essere felici! Il padre di Abigail era in piedi vicino al tavolo del buffet, impegnato in un'animata conversazione con il vicepresidente Butler. Con i loro eleganti frac e gli sparati inamidati, rammentavano due boriosi pinguini. Abigail perlustrò la sala in cerca della sorella, ma non riuscì a scorgere Helena. Se fosse stata presente, l'avrebbe notata subito, non era certo tipo da passare inosservato. E in un certo senso era meglio che non avesse ancora fatto la sua entrata in sala, a un matrimonio non era educato offuscare l'immagine della sposa. Di solito, ci si aspettava che fosse Abigail a mantenere un comportamento irreprensibile, eppure, essendo più grande di lei di tre anni, sarebbe stato più logico che fosse Helena a dare il buon esempio, pensò con una punta di risentimento. 9
Ma ora basta con tutte quelle elucubrazioni, era giunto il momento di riprendere il suo posto in società. Non appena posò la mano sulla maniglia, però, un movimento in fondo al patio attirò la sua attenzione. Abigail guardò più attentamente. Un vialetto in ghiaia, costeggiato da panchine di pietra, si perdeva nell'oscurità e su una di queste panchine scorse la sagoma di due persone abbracciate. Lei trasalì, portandosi il fazzoletto alle labbra. Ignari della sua presenza, l'uomo e la donna si stavano baciando con passione. Una morbosa curiosità la spinse ad avvicinarsi cautamente, in silenzio. La donna aveva le gambe appoggiate sopra a quelle dell'uomo, l'abito sollevato. Abigail riuscì persino a distinguere le giarrettiere scure che trattenevano le calze. La sua curiosità si acuì ancora di più quando la donna con un gemito, gettò la testa all'indietro, rivelando il profondo décolleté e i seni dalla pelle candida. L'uomo si chinò a baciarla e Abigail si sentì percorrere da uno strano, intenso brivido. Appoggiandosi alla balaustra, non poté fare a meno di chiedersi che cosa avrebbe provato lei se un uomo l'avesse baciata in quel modo, accarezzata con l'avidità con cui le mani di quello sconosciuto percorrevano il corpo della donna, stringendola a sé come se non avesse voluto lasciarla mai più. «Oh...» La donna gemette di nuovo, la voce arrochita dal desiderio. «Oh, Jamie, Jamie...» E si voltò di profilo, lasciando che la luce illuminasse il suo volto. Abigail fece ancora qualche passo, incantata da quella scena. Un ramo di glicine le sfiorò il viso e lei lo scostò per poter osservare meglio la donna che ora ave10
va il capo riverso all'indietro, gli occhi chiusi e le labbra dischiuse nell'estasi. Riconoscendola, provò un tuffo al cuore. Si trattava, infatti, di Mrs. Caroline Fortenay, la sorella del Presidente, rimasta da poco vedova. Abigail si sentì pizzicare il naso. No.. oh, no, ti prego, pensò, non ora, non qui!, e si portò il fazzoletto al naso, allontanandosi in tutta fretta. Ma, nonostante tutti i suoi sforzi, non riuscì a reprimere un gigantesco starnuto, che eruppe con forza vulcanica, scuotendola. L'uomo e la donna si staccarono di scatto. L'uomo pronunciò una parola che Abigail non aveva mai udito, ma il tono della sua voce era inequivocabile. Abigail attraversò di corsa il patio per rientrare nel salone al più presto. Il fazzoletto le scivolò di mano, cadendo a terra, ma lei non vi badò, non aveva tempo per chinarsi a raccoglierlo. Augurandosi che nessuno avesse fatto caso al suo precipitoso rientro, Abigail si appoggiò contro la parete e chiuse gli occhi un attimo per riprendere fiato. Quando li riaprì, si rese conto con sollievo che intorno a lei tutto era rimasto immutato, la gente rideva, danzava, si divertiva, nessuno sembrava aver notato la sua presenza. Chi avrebbe mai pensato che un innocente starnuto potesse cacciarla in un simile guaio? Forse qualcosa di fresco avrebbe placato la sua agitazione. Avvicinandosi al tavolo del rinfresco, si lisciò l'abito con le mani guantate e, guardandosi intorno, si rammaricò di non aver seguito il consiglio di Helena e di non aver ordinato un nuovo abito da sera, invece di limitarsi a sostituire il pizzo a quello che già possedeva. Abigail non seguiva la moda e considerava l'acquisto di un nuovo abito una perdita di tempo e di denaro, ma 11
ora che si trovava a quella festa, si rammaricava di non averlo fatto. Sembrava la parente povera di qualche invitato importante, la classica zia zitella venuta dalla campagna. «Signorina... avete perso qualcosa.» La voce maschile la immobilizzò. I muscoli della schiena le si irrigidirono e avvertì uno strano prurito alla nuca. Lentamente, Abigail si voltò e si trovò a faccia a faccia con un uomo molto alto. Osservandolo intimorita, notò che aveva penetranti occhi grigio acciaio, capelli biondi e le labbra piene atteggiate in un sorrisino ironico e sfrontato. Era lui. L'uomo del giardino. Oh, Jamie, Jamie... L'uomo che aveva sedotto la sorella del Presidente le stava porgendo il suo fazzoletto, tenendolo con due dita. Abigail lo prese, avvampando fino alla radice dei capelli. «Grazie» mormorò, desiderando sprofondare. «Prego» rispose lui con una voce calda e carezzevole che la fece fremere. Oh, Jamie, Jamie... «Molto gentile» aggiunse Abigail con il viso in fiamme. Fare conversazione le riusciva già abbastanza difficile con qualsiasi estraneo, ancora di più con un uomo che aveva appena sorpreso a fare l'amore con la sorella del Presidente. «Mi stavo giusto chiedendo dove fosse finito...» «Be', ora lo sapete.» Il suo sorriso insolente le fece intendere di aver capito perfettamente chi fosse lei e che cosa avesse visto. «Merito vostro... e ora, se volete scusarmi...» L'uomo si schiarì la voce. 12
«Signorina, forse vorrete utilizzare il fazzoletto per...» E le indicò il viso, poco sopra lo zigomo. Oh, no! Abigail si pulì il viso, poi guardò il fazzoletto e vi vide sopra ancora qualche residuo di polvere gialla lasciata dalle gardenie del bouquet. «Tutto a posto, ora?» L'uomo le si mise davanti, voltando le spalle alla sala, e le indicò discretamente altre due punti sul viso. Abigail si ripulì in fretta, imbarazzata, fino a quando non lo vide annuire con un cenno d'approvazione. «Allora, grazie ancora e... addio.» Nello spazio di pochi attimi, quell'uomo era riuscito a farla sentire un'idiota. Doveva allontanarsi prima che qualcuno se ne accorgesse e ricominciasse a spettegolare sul suo conto. Abigail fece scivolare il fazzolettino di pizzo al di sotto della fusciacca che le stringeva la vita e se ne andò. Non aveva ancora riacquistato il completo controllo, quando si trovò davanti l'unica persona al mondo che le piacesse guardare più delle sue stelle: il tenente Boyd Butler III. La prima volta che si erano visti, lui era un ragazzino con i pantaloni corti e le gambe magre e sembrava essere contrariato quanto lei dalle lezioni di ballo. Anche allora ad Abigail era parso dolce e meraviglioso. Poi le lezioni di ballo si erano concluse e non si erano più rivisti. Gli anni e l'accademia militare lo avevano trasformato in un uomo attraente e affascinante. Era la prima volta che lo rincontrava in società, ed era emozionata. «Signorina Cabot...» Il figlio del vicepresidente la salutò con un compito inchino. «Buonasera, tenente Butler.» Abigail si guardò frettolosamente alle spalle per assicurarsi che lo sconosciuto non l'avesse seguita, ma vide 13
che, fortunatamente, si era mescolato agli invitati. Come richiedeva l'etichetta, offrì la mano destra a Boyd Butler. Troppo tardi rammentò di aver sporcato i guanti sulla balaustra in pietra del patio. Stava quasi per ritrarla, imbarazzata, quando lui le prese la mano e se la portò alle labbra, dedicando solo una rapida occhiata alle striature scure che le rigavano i guanti bianchi. Fu così che vennero sorpresi dal senatore Cabot e dal vicepresidente Butler. «Vedo che avete fatto amicizia... bene, bene...» osservò il signor Butler. «Ci conosciamo dalla scuola di ballo» replicò il tenente. «La signorina Cabot fu così gentile da rammentarmelo quando ci incontrammo all'Osservatorio Navale, mentre ero in servizio.» Boyd Butler aveva educatamente edulcorato il fatto. Le cose, in realtà, erano andate diversamente. Ad Abigail era stato rifiutato il permesso di entrare all'Osservatorio e lei, ben decisa a osservare le stelle in quella magnifica notte, aveva minacciato di riferire l'accaduto al Presidente in persona. A quel punto, Boyd era intervenuto per perorare la sua causa e ora gentilmente non aveva rammentato quanto in quell'occasione si fosse mostrata battagliera. «Infatti, stavo proprio per chiedere alla signorina Cabot l'onore di un ballo» proseguì il tenente Butler. Un ballo! Mio Dio! Abigail lanciò a suo padre un'occhiata disperata. Lui le restituì uno sguardo duro, severo. Il senatore Cabot amava sua figlia, ma non era tipo da dimostrare il suo affetto gratuitamente senza ricevere nulla in cambio. E ciò che lui si aspettava in cambio era semplicemente irrealizzabile. 14
Ma Abigail era intenzionata a provarci comunque, avrebbe fatto del suo meglio per assumere quell'atteggiamento affascinante e civettuolo che alle altre ragazze riusciva così naturale. Alzò gli occhi verso Boyd Butler III e gli sorrise affabile. Non è che fosse particolarmente alto, lo era accanto a lei, pensò Abigail con disappunto, considerando la sua statura minuta l'ennesimo dei suoi fallimenti personali. Il senatore e il vicepresidente non sembravano intenzionati ad allontanarsi. «Devo dire che il tenente Butler si mostrò davvero molto gentile con me quella sera all'Osservatorio» rammentò Abigail. Suo padre la ricompensò con l'accenno di un sorriso. «Signor Butler, vostro figlio dev'essere particolarmente paziente, in caso contrario non sarebbe riuscito a tollerare l'entusiasmo sfrenato di mia figlia per l'astronomia.» Abigail si sentì punta nel vivo. Se il tenente avesse preso le sue difese in quel momento, lo avrebbe amato per sempre. «Considero l'interesse delle donne per le scienze sconcertante quasi quanto il loro interesse per il ricamo» replicò Boyd. I tre uomini risero, mentre Abigail cercava di capire se lui avesse inteso assumere le sue difese con quella battuta. Ma era così bello che decise di concedergli il beneficio del dubbio. Del resto, non avrebbe potuto contrastare apertamente il senatore, era evidente. «Signorina Cabot, posso avere l'onore di questo ballo?» le chiese con un inchino. Abigail si sentiva come un coniglio, nascosto al sicuro, ma consapevole della presenza di un lupo lì vicino. 15
Apparentemente era impassibile, incapace di muoversi, ma dentro il suo cuore sembrava come impazzito. Suo padre la osservava, in attesa. La promessa di un sorriso di approvazione aleggiava nel suo sguardo, pronta a svanire. Non poteva deluderlo, non doveva. Lo aveva già messo in imbarazzo quella sera con l'episodio del bouquet. Se avesse rifiutato l'invito del figlio del Vicepresidente, come avrebbe potuto poi tollerare la disapprovazione di suo padre? Abigail si voltò verso Boyd con i movimenti legnosi e rigidi di una marionetta. «Con piacere, tenente Butler.» La sua risposta suscitò la reazione desiderata. Boyd le sorrise, porgendole il braccio. Butler senior annuì in un cenno di approvazione e gli occhi del padre di Abigail si riempirono di orgoglio e di affetto, riscaldandole l'anima. Ora non le restava che ballare senza commettere troppi errori. Nascondendo l'ansia dietro a un sorriso, lei accettò il braccio del tenente Butler e si lasciò guidare verso il centro della sala. Che suonino qualcosa di lento, pregò, di classico. L'acuto lamento di un violino diede il via alle danze. Il tenente Butler eseguì un inchino perfetto e Abigail rispose con una breve riverenza. Poi lui le cinse la vita e con l'altra mano racchiuse quella di Abigail. La sua precisione e cortesia le infusero sicurezza. Il ritmo fortunatamente era lento. I passi di danza le erano familiari, perché spesso restava sveglia la notte, immaginandosi mentre ballava con invidiabile grazia. Ma la realtà era ben diversa. Mentre danzavano, Abigail gli strinse con forza il braccio, sforzandosi di con16
centrarsi. Il tenente Butler non poteva supporlo, tuttavia per lei quel ballo rappresentava una dura prova. Ma... oddio, lui le stava parlando, le stava chiedendo qualcosa! «...sembra un'alleanza, non credete?» «Sì, certo, un'alleanza» si affrettò a rispondere lei. «Non posso dire che la cosa mi sorprenda.» Il tenente Butler appariva del tutto inconsapevole dell'effetto che suscitava nelle donne presenti. La maggior parte delle ragazze in età da marito si voltava a guardarlo al loro passaggio, per abbassare poi subito lo sguardo arrossendo. Con i capelli corvini resi lucidi dalla brillantina e l'uniforme impeccabile, Boyd rappresentava il sogno di qualsiasi ragazza. Abigail si ritrovò a osservare le sue splendide labbra ombreggiate da un paio di baffi abilmente incerati. E se lui l'avesse baciata? Arrossendo al solo pensiero, Abigail si compiacque del fatto che Boyd avesse scelto proprio lei. Sapeva di non essere attraente quanto le sorelle Parks di Albemarle County, né brillante e disinvolta come la ricca ereditiera di New York o graziosa quanto la moglie di quel suo cugino di Baltimora. Ma era più intelligente di tutte loro. Non che questa fosse una grande virtù. «Perché non siete sorpreso?» chiese, concentrandosi sui semplici passi di danza. Non aveva capito esattamente a che cosa si stesse riferendo, ma Boyd non se n'era ancora accorto. «Be', mio padre è Presidente del Senato e il vostro è a capo del Ministero dei Trasporti, insieme in pratica controllano l'intero Congresso.» 17
Abigail abbassò gli occhi, a disagio, quando si vide volteggiare accanto una coppia di ballerini. Si trattava infatti della signora Fortenay, ora composta e impeccabile, e dell'uomo che aveva visto insieme a lei nel patio. Suo malgrado, rabbrividì. «Vi turba la cosa?» le chiese il tenente Butler. «No, affatto» si affrettò a rispondere lei. «Il Congresso non potrebbe essere in mani migliori, non siete d'accordo anche voi?» Lo sconosciuto colse il suo sguardo e le strizzò l'occhio. Le strizzò l'occhio! Dapprima Abigail pensò di essersi sbagliata, eppure no, lo aveva fatto davvero e in modo sfacciato, inequivocabile. Inequivocabile quanto il brivido che le aveva percorso la schiena. «Chi è quell'uomo?» chiese senza riflettere. Boyd si voltò impercettibilmente. «Ah, quello.» «Sembra che lo conosciate.» Abigail ora riusciva a osservarlo meglio. Era molto alto, ben oltre il metro e ottanta. Indossava un completo di sartoria. I capelli biondi erano forse un po' troppo lunghi e, a differenza della maggior parte degli uomini presenti, non portava né baffi impomatati, né basette. «Ho sentito parlare di lui» disse il tenente Butler. «Si chiama James Calhoun, è un giovane deputato della Virginia. Ha la reputazione di essere una persona piuttosto rissosa e intemperante.» «James Calhoun» ripeté lei, assaporando il suono di quel nome tutto sommato abbastanza convenzionale, ma nella sua mente aveva ancora vivo il ricordo della sorella del presidente che tra i gemiti sussurrava: oh, Jamie, Jamie... 18
Quell'uomo aveva più l'aria di un Jamie che di un James. «Sembra che i suoi genitori lo abbiano costretto ad andare a studiare in Europa.» «E chi sono i Calhoun?» «Suo padre, Charles Calhoun, possiede un allevamento di cavalli da corsa e sembra che il figlio sia molto abile nell'acquisto di cavalli arabi e che abbia affrontato viaggi lunghi e pericolosi per acquistarli. E ora si è dato alla politica» concluse Butler con una risatina amara. «Qualcosa non va?» gli chiese Abigail. Sicuramente la considerava una partner insulsa e noiosa. «Parlare di politica mi ha rammentato i miei doveri, a volte ho la sensazione di avere tutti gli occhi puntati addosso.» In realtà, Abigail non pensava che questo gli dispiacesse, ma non fece commenti. Non era un segreto per nessuno il fatto che il senatore Butler ambiva a una brillante carriera politica per il figlio. Forse persino alla Presidenza, un giorno. «A volte è pesante doversi mostrare sempre all'altezza, a volte avrei bisogno di...» «Di che cosa, tenente Butler?» Oh, ti prego, pensò Abigail, di qualsiasi cosa si tratti, fa' che io sia in grado di offrirgliela! «Non importa, non vorrei apparirvi stupido.» «Ma no... ditemi...» «A volte, vorrei che nella mia vita non ci fosse che amore e poesia» mormorò lui infine, abbassando gli occhi a terra. Abigail quasi non perse l'equilibrio e, solo stringendo 19
i denti per sopportare il dolore al piede, riuscì a non cadere. «Un bisogno umano e comprensibile.» Oh, Boyd... Boyd! Sarò io a darti amore e poesia, tutti i giorni della vita, per sempre. «Per voi è facile dire così, signorina Cabot, provo un tale conforto in vostra presenza, quando sono con voi, ho l'impressione che sia tutto più semplice.» Abigail si sentì quasi mancare per la gioia. Eccola l'occasione propizia, il momento giusto per confessargli ciò che aveva nel cuore da quando entrambi erano adolescenti. «Tenente Butler, anch'io provo lo stesso bisogno» mormorò, timorosa. Boyd fu improvvisamente attratto da qualcosa alle spalle di Abigail. Smise persino di ballare. «Qualcosa non va?» chiese lei, terrorizzata all'idea di averlo inconsapevolmente offeso. «Chi è quella creatura?» Boyd non la guardò, sembrava avesse addirittura dimenticato la sua esistenza. «Una dea...» Abigail seguì il suo sguardo e all'improvviso tornò alla cruda realtà. Il tenente Butler, come del resto tutti gli altri uomini presenti nella Sala Est della Casa Bianca, sposo incluso, fissavano a bocca aperta verso l'entrata. Abigail non dovette chiedersi chi avesse suscitato un simile scompiglio, ormai vi era abituata. Conosceva solo una donna in grado di far voltare tutti gli uomini, di far perdere loro la testa, e quella donna era sua sorella Helena. Helena apparve sulla soglia del salone come Venere dalla schiuma del mare. Come sempre, era abbigliata secondo gli ultimi dettami della moda. Quella sera, in20
dossava un fluttuante abito verde mela che metteva in evidenza la sua figura perfetta. Il bel viso era incorniciato da una gran massa di riccioli color rame che le ricadevano morbidi sulle spalle. Abigail guardò il suo cavaliere, il quale si era chiaramente dimenticato della sua esistenza e forse non aveva nemmeno udito le sue parole. Per cinque minuti era stata davvero felice di ballare con il tenente Butler. Aveva osato sperare che fosse attratto da lei e forse, per quei breve attimi, lo era anche stato. Ma ora, naturalmente, lo aveva perso. «È mia sorella, Helena» rispose, pronta ad affrontare l'inevitabile. «In ritardo, come sempre...» Abigail sapeva cosa sarebbe accaduto. Boyd avrebbe insistito per conoscerla e si sarebbe sprecato in galanterie di tutti i tipi per ottenere le attenzioni di Helena. E lei avrebbe fatto le presentazioni con il sorriso sulle labbra e si sarebbe fatta da parte, accettando che Boyd si innamorasse perdutamente di sua sorella. Boyd l'aveva inavvertitamente sospinta verso il tavolo del buffet, forse per avvicinarsi all'affascinante Helena. E purtroppo accadde. Nell'indietreggiare, Abigail provò un acuto dolore alla gamba, si aggrappò a lui, ma mancò la presa e perse l'equilibrio. Alle sue spalle, c'era il tavolo con la torta nuziale, il fine servizio di porcellana cinese, i bicchieri di cristallo, le coppe per lo champagne. E lei ci stava cadendo inesorabilmente sopra e non poteva fare nulla per impedirlo. Il tenente Butler aprì la bocca, inorridito. Fece per agguantarla, ma non vi riuscì. Poi accadde un miracolo. Due mani forti l'afferrarono da dietro e Abigail si ritrovò stretta contro un uomo. «Ora siete in salvo, signorina» le sussurrò una voce 21
maschile dal dolce accento della Virginia, che Abigail aveva ormai imparato a riconoscere. «Non vorrete diventare la portata principale del banchetto.» Era sempre lui, Jamie Calhoun, e con la sua prontezza le aveva impedito di fare l'ennesima, disastrosa, brutta figura. Lui le prese la mano, passando pensieroso il pollice in un punto in cui il guanto bianco si era macchiato. Abigail la ritrasse subito, arrossendo. «Vi ringrazio infinitamente, signore, e ora, se non vi dispiace...» «Venite, il ballo non è ancora terminato.» E così dicendo, la prese per mano, come se fosse stata una bambina, e la condusse di nuovo dal tenente Butler, che sembrava essersi ormai completamente dimenticato della sua esistenza. «La vostra distrazione stava per costare caro alla signorina, non avreste dovuto allentare le briglie. Lo sapete che cosa si dice delle donne e delle cavalle?» aggiunse con quel suo sorrisino ironico. «Lasciale libere e di certo si cacceranno in qualche guaio.» E si allontanò, divertito della propria battuta. Abigail era paonazza per la vergogna e ancora più a disagio ora che il tenente Butler aveva notato il suo rossore. Disprezzava James Calhoun, disprezzava le sue battute dozzinali, il suo crudo cinismo. Eppure, non aveva potuto fare a meno di notare un fatto molto insolito. Mentre tutti gli altri uomini presenti nel salone stavano fissando Helena, come se fossero rimasti stregati dalla sua bellezza, James Calhoun era l'unico a non averla degnata di un solo sguardo.
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vi dĂ appuntamento a marzo 2014 con altri 4 imperdibili romanzi!