HIS406_I PECCATI DEL CONTE

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Barbara Cartland I peccati del conte


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Saint And The Sinner © 1978 Barbara Cartland Traduzione di Graziella Reggio Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2011 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony History agosto 2011 Questo volume è stato impresso nel luglio 2011 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd) HARMONY HISTORY ISSN 1124 - 7320 Periodico quindicinale n. 406 del 10/08/2011 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 624 dell'11/10/1996 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


1 Inghilterra, 1819 Pandora ricucì la fodera, dopo averla lavata e infilata sul cuscino. Nel frattempo pensava che sarebbe stato difficile scegliere un motivo più triste e tinte più sgradevoli: una sorta di rosso fegato, ricamato in verde bile. Spesso suo padre notava che le persone erano associabili ai colori; quelli del cuscino sembravano essere il caso della zia Sophie. Sospirò piano, riflettendo sulla propria infelicità nel palazzo vescovile di Lindchester. Era una costruzione immensa, opprimente e, ai suoi occhi, brutta. Questo aggettivo descriveva bene anche la sua esistenza, da quando si era trasferita dagli zii. Pandora era tanto contenta nella piccola canonica di Chart, con il giardino pieno di rose e le scuderie che ospitavano i cavalli di suo padre, e cioè, come affermava ridendo la madre, i membri più importanti della famiglia. Il padre non aveva mai desiderato essere pastore ma, in quanto terzo figlio di genitori devoti, non aveva avuto altra scelta. 5


In compenso era stato abbastanza astuto da farsi assegnare una parrocchia poco impegnativa, in un luogo dove poteva cavalcare e andare a caccia a suo completo piacimento. Gli abitanti della zona lo soprannominavano il curato cacciatore. Spesso dimenticavano che la domenica predicava al tempio e lo vedevano invece come un uomo cordiale e di bell'aspetto, amico di tutti nei boschi e ovunque andasse. Come si stava bene con lui!, pensò Pandora, trattenendo il pianto, che le inumidì all'istante gli occhi. Quando aveva saputo dell'incidente che aveva ucciso i genitori, si era abbandonata a un pianto così disperato e incontrollabile da convincersi di non avere più lacrime da versare. Eppure, dopo avere abitato per oltre un anno insieme allo zio, vescovo di Lindchester, trovava sempre più difficile non piangere, poiché era terribilmente sola e tutto le sembrava tetro e desolato. Pandora non sopportava nemmeno il ricordo della sciagura che le aveva strappato i genitori. Poiché il padre non poteva permettersi cavalli già addestrati, di solito provvedeva lui stesso a domarli. Per provarne due ancora un po' selvatici, era andato con la moglie a godersi una giornata di caccia dall'altra parte della contea. Il giorno precedente, Charles Stratton aveva mandato i cavalli alla scuderia di un amico, in modo che fossero riposati al loro arrivo in calesse. Come lui stesso ammetteva, si trattava di un vecchio veicolo un po' sgangherato, che però lo portava dove desiderava: questo era l'importante. Dopo avere lasciato alla scuderia il calesse e i ca6


valli che lo trainavano, aveva cavalcato a lungo insieme alla sposa, come gli piaceva tanto. Al tramonto, mentre percorrevano le stradine di campagna per rientrare a Chart, erano entrambi stanchi e soddisfatti. Era stata una giornata fresca e serena, ma ormai iniziava a calare il gelo. Piuttosto dispiaciuto, Charles Stratton aveva affermato: «Temo che non potremo andare a caccia per il resto della settimana». «Magari nevicherà» aveva risposto la moglie, con un certo ottimismo. «Ne dubito. Hai abbastanza caldo, cara?» «Sì, sto bene» lo aveva rassicurato lei, rannicchiandosi al suo fianco. Quando avevano raggiunto la cima di un colle che digradava verso il fiume, Charles si era accorto che c'erano lastre di ghiaccio sulla carreggiata e che bisognava condurre con prudenza. Aveva quindi tirato le briglie per rallentare l'andatura. D'improvviso, però, un cervo aveva superato d'un balzo uno steccato e attraversato la strada proprio davanti a loro. I cavalli, spaventati, si erano lanciati in un galoppo sfrenato, discendendo il pendio a velocità folle. A Pandora era stato riferito con precisione l'accaduto: il vecchio calesse si era fracassato contro il parapetto di un ponte e i suoi genitori, scaraventati oltre il ripido argine, erano piombati nel fiume. Il padre si era spezzato il collo, mentre la madre, dopo avere perso i sensi, era caduta in acqua a testa ingiù ed era affogata. Spesso lei si doleva di non essere morta insieme a loro. Quando era stata accolta dallo zio vescovo, 7


con evidente riluttanza e una buona dose di ipocrita generosità, le era sembrato impossibile tornare a sorridere. In effetti, la compagnia dello zio e della consorte non era affatto divertente. Non erano crudeli con lei in senso fisico, ma, senza alcun dubbio, non gradivano la sua presenza e non le risparmiavano alcuna critica. Pandora non riusciva mai a ottenere la loro approvazione, per quanto si sforzasse. Dopo un certo periodo, essendo intelligente, si era resa conto che a irritare la zia era soprattutto il suo aspetto. Lei somigliava alla madre, con viso grazioso a forma di cuore e grandi occhi viola. Creava un tale contrasto con la figura tozza e il volto rugoso della parente acquisita, da capire i motivi di tanta ostilità. Aveva sempre una gran quantità di faccende da sbrigare e, per quanto s'impegnasse, non otteneva mai i risultati richiesti dalla zia. Era sicura che sarebbe stata rimproverata anche per il cuscino: lo aveva cucito troppo stretto o troppo allentato, oppure non lo aveva premuto a sufficienza; in ogni caso, con ogni probabilità avrebbe dovuto rifare il lavoro. Poi però, con un sospiro di sollievo, si rammentò che gli zii sarebbero partiti per Londra a mezzogiorno. Erano stati invitati a un ricevimento in giardino dall'arcivescovo, a Lambeth Palace. La zia aveva atteso con ansia quell'occasione. Per tre settimane, Pandora non aveva fatto altro che aggiungere pizzi e nastri al suo abito migliore, ammodernare il cappellino e ornare di gale e fronzoli il parasole che avrebbe portato con sé. 8


Tuttavia, comunque si agghindasse, la zia Sophie appariva sempre goffa e sgraziata. Forse proprio per questo motivo, a colazione aveva osservato con evidente malanimo il fisico snello della nipote, che non poteva essere nascosto dalla tenuta sobria, quasi monacale. Come al solito, avevano mangiato in silenzio, poiché al vescovo non piaceva parlare al mattino presto. Leggeva invece The Times, che teneva aperto davanti a sé su un sostegno d'argento, lustrato con assiduità dal maggiordomo. Due domestici in livrea avevano servito generose quantità di cibo, che avrebbero sostenuto durante il viaggio Augustus Stratton e la moglie. Pandora aveva mangiato ben poco ed era stata quasi contenta quando la zia le aveva consegnato tre elenchi, scritti con fitta calligrafia su altrettanti fogli di carta. «È quello che devi fare durante la mia assenza, Pandora» le aveva spiegato in tono severo. «Non è il caso di diventare sciatta e indolente solo perché io e lo zio siamo lontani. Spunterai ogni voce man mano che svolgerai il compito. Venerdì, al ritorno, mi aspetto di trovare tutto eseguito a puntino.» «Farò del mio meglio, zia Sophie.» «Allora speriamo che il tuo meglio sia migliore del solito» le aveva risposto in tono acido. Pandora aveva preso i fogli, si era alzata da tavola e, dopo un rapido inchino, si era allontanata. Chiusa la porta, si era rifugiata di corsa nel salottino dove teneva il cesto da cucito e altri oggetti personali. Tuttavia, invece di leggere le liste come avrebbe 9


dovuto, era andata alla finestra a contemplare la luce del sole, pensando con gioia che era libera. Libera, almeno per tre giorni, dalle critiche e dai rimbrotti, dalle allusioni velate riguardo ai genitori, dai commenti malevoli su di lei e il suo aspetto. Cosa potrei fare? Come occupare il tempo?, si era domandata, e subito aveva trovato la risposta: dopo la partenza degli zii, avrebbe cavalcato fino a Chart per parlare con gli abitanti del villaggio, che erano sempre stati affezionati a suo padre e a sua madre. Avrebbe però evitato la canonica, poiché non avrebbe sopportato la vista di estranei in quella che ancora considerava casa sua. In compenso, molti l'avrebbero accolta con piacere, poiché era figlia di Charles Stratton e la conoscevano sin dalla prima infanzia. Infine Pandora ripose il cuscino sulla sedia, commentando tra sé la sua bruttezza. In quel momento la porta accanto al caminetto d'angolo fece un lieve scatto. Si era socchiusa per lo spostamento d'aria, perché qualcuno era entrato nell'attiguo studio dello zio. Subito dopo, si sentì la voce della zia. «Prima di partire, Augustus, dovrai ordinare a Pandora di non cavalcare nei pressi di Chart Hall.» «Stavo proprio pensando a lei» rispose lo zio. «Non avevo ancora avuto occasione di riferirti, Sophie, che ieri Prosper Witheridge, mentre partiva per andare a trovare il padre, mi ha chiesto il permesso di renderle omaggio.» «Vuoi dire che desidera sposare Pandora?» domandò sbalordita Mrs. Stratton, come se un'idea 10


tanto bizzarra non le avesse mai sfiorato la mente. «Afferma di stimarla e ammirarla. Tuttavia, com'è giusto, non le ha ancora rivolto la parola e ha invece domandato il consenso a me.» «Allora ammetto di averlo giudicato più sensato» ribatté con acidità lei. «Ma è ovvio che tua nipote si deve ritenere fortunata se un brav'uomo esprime la volontà di prenderla in moglie.» «Pandora è molto giovane» commentò il vescovo in tono pensoso. «Mi parrebbe più opportuno se aspettasse un po', prima di assumersi le responsabilità del matrimonio.» «Non riceverà mai una proposta migliore. Certo, Lord Witshaw ha due figli più grandi, ma Prosper ha il titolo di onorevole, il che significa qualcosa... anzi molto!» «Non stavo tanto pensando all'aspetto mondano» notò il vescovo. «A cosa, allora?» lo interrogò in fretta la consorte. Dopo una breve pausa, aggiunse: «Come puoi esitare ad accordare il permesso, se è ciò che hai fatto?». «Gli ho risposto che avrei riflettuto» ammise lui, «e che gli avrei comunicato la decisione al ritorno da Londra.» «Sarà un sì, Augustus, senza ombra di dubbio. Ti assicuro che sarebbe un sollievo liberarci di Pandora. Mi auguro soltanto che Prosper Witheridge sia abbastanza determinato da domare la sua disdicevole tendenza alla sregolatezza, senz'altro ereditata dalla famiglia materna, non certo dalla tua.» Seguì qualche istante di silenzio, finché Mrs. Stratton aggiunse: «A proposito, ti stavo spiegando 11


perché devi vietare a Pandora di andare a Chart. Quell'uomo è a casa, credo». «Il conte?» «Chi altro? Mi è giunta voce che è arrivato due giorni fa, e sai quanto me che cosa significhi.» «Direi!» confermò il vescovo in tono grave. «E non posso fare nulla, dopo che ha risposto a quel modo alle mie rimostranze.» «È una vergogna per il suo nome e per il vicinato» dichiarò la moglie. «A Lindchester non vedranno l'ora di chiacchierare su tutto quello che succede a Chart Hall.» Emise un verso di disgusto e irritazione. «Lady Henderson mi ha riferito» riprese abbassando la voce, «che le signore ospitate dal conte non sono altro che sgualdrine e attrici teatrali. Nessun uomo rispettabile frequenterebbe donnacce simili!» «Lady Henderson non dovrebbe sporcarsi la bocca parlando della feccia di Londra!» ribatté il vescovo. «Spero proprio, Sophie, che non incoraggerai chi diffonde pettegolezzi riguardo a Chart Hall. Sai bene che le dicerie sono spesso esagerate e nuocciono soprattutto a chi le ascolta.» «Sarebbe difficile ingigantire quello che si racconta di Sua Signoria. Devi assolutamente proibire a Pandora di avvicinarsi al villaggio. È più probabile che obbedisca a te che non a me.» «D'accordo» concesse lui. «E Prosper Witheridge, che rientrerà stasera, potrà senz'altro tenerla d'occhio.» «Meno viene a sapere dei parenti di Pandora, meglio è! Magari potrebbe riconsiderare la proposta 12


di matrimonio» affermò con disdegno la zia Sophie, sbattendo la porta dello studio. Pandora, che era rimasta immobile ad ascoltare, sentì i passi pesanti dello zio aggirarsi per la stanza accanto, come per radunare carte e documenti. Poi il battente si aprì e si richiuse. Lei si rese conto di avere trattenuto il fiato tanto a lungo da rischiare di soffocare. Prosper Witheridge! Com'era possibile concepire l'idea di averlo come marito? Era il cappellano del vescovo da tre mesi; d'istinto, Pandora si era accorta delle sue occhiate lascive, poco adatte a un religioso, e lo aveva evitato il più possibile. Eppure, se la zia avesse imposto la sua volontà, l'avrebbero costretta a sposarlo! Avendo soltanto diciotto anni ed essendo sottoposta alla tutela dello zio, Pandora non aveva la facoltà di opporsi a nessuna decisione riguardo al suo avvenire. Ma Prosper Witheridge! Il semplice pensiero le faceva accapponare la pelle. Vedendola in quello stato, il padre le avrebbe chiesto ridendo se avesse visto un fantasma. «Non posso sposarlo! No e poi no!» dichiarò ad alta voce. «Lo detesto! Ha qualcosa che mi... ripugna, come nessun altro uomo.» Tuttavia si rendeva conto che, se il vescovo avesse benedetto il fidanzamento, sarebbe stato molto difficile, se non impossibile, sottrarsi al matrimonio. «Lo odio! Lo odio!» ribadì. Provò un brivido gelato ripensando allo sguardo lascivo di Prosper Witheridge e alle sue mani, che 13


sembravano sempre calde e sudaticce. Aveva l'impressione che il palazzo fosse un carcere, che la teneva prigioniera. Lasciarlo per andare in sposa a Prosper Witheridge sarebbe stato come trasferirsi da una prigione spaziosa a una angusta. Mai più avrebbe goduto della libertà. «Non potrei sopportarlo!» sussurrò tra sé. Si sentì chiamare dalla zia. Percorse in fretta il corridoio e andò nell'atrio. Qui trovò i coniugi pronti a uscire, mentre i domestici caricavano i bagagli nella carrozza da viaggio. «Dov'eri, esasperante ragazza?» le domandò Mrs. Stratton. «Non ci sei mai quando si ha bisogno di te. Eppure sapevi che lo zio e io saremmo partiti alle dieci e mezza.» «Perdonatemi, zia Sophie. Mi ero dimenticata dell'ora» le rispose in tono umile. «Dimenticata, dimenticata! Non ricordi mai niente. Come ho già notato, hai il cervello pieno di lacune. Ti prego di comportarti bene durante la nostra assenza. Mrs. Norris verrà a dormire al palazzo, ma non può essere qui prima delle sei di sera; dunque dovrai prenderti cura di te stessa fino al suo arrivo.» «Sì, zia Sophie.» «Tuo zio ha qualcosa da dirti» aggiunse la signora, lanciando al marito un'occhiata significativa. «Già, certo» confermò lui con una certa esitazione, quasi avesse scordato cosa le dovesse raccomandare. «Pandora, finché non torniamo, non andare a cavallo nei pressi di Chart Hall. Intesi?» «D'accordo, zio Augustus.» «Allora, per favore, tienilo presente» l'ammonì con durezza la zia. «Se disobbedirai, sarai punita.» 14


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