Hmt14g le quattro lettere

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CANDACE CAMP

LE QUATTRO LETTERE traduzione di Elisabetta Elefante


ISBN 978-88-6183-484-2 Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Swept Away Mira Books © 1999 Candace Camp Traduzione di Elisabetta Elefante Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 1999 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici Special novembre 1999 Questa edizione HM settembre 2014


Le quattro lettere


Prologo

Julia si calò il berretto sul capo per nascondere il più possibile il viso e si avvicinò al muso del cavallo, tenendolo per il morso. Ogni muscolo del suo corpo si irrigidì mentre teneva gli occhi incollati sull'uomo che procedeva sul lato opposto della strada. Non c'erano dubbi: era lord Stonehaven. Avrebbe riconosciuto tra mille il suo incedere sicuro e arrogante. Julia strinse inconsapevolmente le briglie, trasmettendo così il suo nervosismo al cavallo che si mosse appena; cercò di acquietarlo carezzandogli il lungo collo. Non doveva destare sospetti in Lord Stonehaven, bastavano ancora pochi passi e lo avrebbero preso! Spostò gli occhi sull'arco buio alle spalle della loro preda. Nunnelly e Jasper erano appostati lì, nell'ombra. Anche la strada era poco illuminata, in quel punto: il posto ideale per un'imboscata. Attese quasi trattenendo il fiato. Pochi minuti e avrebbero messo le mani sull'uomo che aveva provocato il tracollo di suo fratello. Lord Stonehaven fece un passo, poi un altro, e un altro ancora. All'improvviso, senza modificare l'andatura, scese dal marciapiede allontanandosi. Julia serrò i denti per tenere a freno il moto di frustrazione che la assalì. Accidenti a lui! Perché riusciva sempre a fargliela? Niente da fare: anche questo tentativo sarebbe fallito, come i due precedenti. Nunnelly e Jasper schizza7


rono fuori dall'ombra, ma lord Stonehaven era troppo abile per farsi sopraffare, se non lo coglievano di sorpresa. Nunnelly portava ancora sulla fronte il segno della scudisciata con cui era stato costretto alla fuga in occasione del loro ultimo agguato. Stonehaven si voltò mentre i due uomini gli saltavano addosso e affondò il suo bastone da passeggio nello stomaco di Jasper. Questi si piegò in due per il dolore e il gentiluomo lo scavalcò per sferrare un pugno feroce sulla mascella di Nunnelly. Il corpulento aggressore oscillò all'indietro facendo cadere il sacco che intendeva calare sul capo di lord Stonehaven, vi inciampò e cadde per terra. Stonehaven si chinò prontamente e lo sollevò, afferrandolo per il bavero della giacca. «Luride canaglie!» ringhiò, inferocito. «Si può sapere che diavolo volete da me? Non è nemmeno la prima volta che provate ad attaccarmi!» Per tutta risposta, Nunnelly cercò di colpirlo, ma Stonehaven schivò il colpo e mollò la presa. Jasper, ancora chino su se stesso per via del colpo ricevuto, provò di nuovo a saltargli addosso e l'altro di nuovo fu lesto a spostarsi. Contemporaneamente lo afferrò per il collo e lo atterrò. Julia capì che doveva intervenire. Si arrampicò sulla carrozza, sedette al posto del conducente e serrò saldamente le redini. Fece schioccare la frusta cosicché i cavalli, spaventati, si mossero verso i tre uomini. Persino lord Stonehaven sobbalzò alla vista della carrozza e del tiro di bestie che caricavano su di loro. Nunnelly e Jasper si misero frettolosamente in piedi e cominciarono a correre. Julia strattonò le redini per far arrestare i cavalli e diede giusto il tempo ai due uomini di montare in carrozza, quindi ripartì in tutta fretta. Con sua grande sorpresa, Stonehaven cominciò 8


a rincorrerli e riuscì ad afferrare la sbarra di cui il cocchiere si serviva per montare sulla sua postazione. Nonostante il movimento della carrozza balzò sul predellino, ed era in procinto di sollevarsi quando Julia, in preda al panico, si sporse a sferrargli un gran calcio nel petto e lo fece cadere all'indietro. Mentre i cavalli procedevano al galoppo, Julia arrischiò un'occhiata alle spalle: Stonehaven si stava rialzando, scrollandosi di dosso la polvere e borbottando tra i denti qualche imprecazione. Poté tornare a girarsi e si concentrò sui cavalli: tenere a bada quelle quattro bestie inferocite non era uno scherzo. Pur coi piedi piantati sul predellino e le redini tirate fino allo spasimo, per un istante ebbe paura che i cavalli procedessero senza rispondere ai comandi. Poi le due bestie davanti scrollarono il capo e rallentarono, fino a fermarsi del tutto. Nunnelly si precipitò fuori dalla carrozza. «Gesù, Giuseppe e Maria!» esclamò col suo accento irlandese. «Che diavolo pensavate di fare, miss Julia?» Corse a ispezionare i cavalli per assicurarsi che non avessero riportato ferite o escoriazioni. «Volevo salvarvi quella dannata pellaccia, brutti ingrati» replicò Julia, che era abituata ai modi e ai toni burberi dell'uomo. Si guardò ancora alle spalle. La strada era buia e deserta. Avevano percorso diverse miglia dal punto in cui avevano lasciato lord Stonehaven. «Come no? E ci avete fatto un favore» concesse Nunnelly. «Ma dovevate proprio strapazzare così queste povere bestie? Cerca di sbrigarti, Jasper!» sbuffò, rivolto al suo malcapitato assistente. «Vieni a renderti utile e tienile ferme. Finora non hai combinato niente di buono.» «Perché tu, allora, hai saputo fare di meglio?» replicò il giovane, piccato. 9


«Smettetela, voi due» sospirò Julia. «Abbiamo fallito tutti e tre.» «Non avete tutti i torti, miss» mormorò mesto il cocchiere, mentre tornava a impossessarsi della sua postazione, accanto a Julia. Prese le redini e ordinò a Jasper di montare sulla pedana che si trovava dietro la carrozza. Quindi scrutò Julia, che aveva preso in prestito dal mozzo di stalla un paio di pantaloni, una camicia da lavoro e un berretto. «C'è mancato un pelo, miss. Se fosse riuscito a salire, sarebbe stata la fine.» «Non mi avrebbe riconosciuto» lo rassicurò lei. «Non mi ha mai visto. L'unica volta che è venuto a trovare Selby in campagna, io ero di sopra ad accudire la mamma malata e non sono scesa.» «Può darsi, miss, ma quel travestimento non lo avrebbe ingannato per più di dieci secondi. Avrebbe capito subito che siete una ragazza.» L'uomo scosse il capo. «È stato un azzardo farvi venire con noi.» «E dove sareste voi due a quest'ora, se non ci fossi stata io?» gli fece notare Julia. «Inoltre, sono stata io a organizzare il piano. Dovevo essere presente.» Era una discussione che avevano fatto innumerevoli volte e Nunnelly sapeva di non avere nessuna possibilità di spuntarla. Julia era la persona più ostinata che avesse mai conosciuto. Sospirò e tornò a scuotere il capo. «Si dà il caso, però, che non abbia funzionato.» Anche Julia sospirò. «Lo so, Nunnelly, lo so.» Era la terza volta che tentavano di catturare lord Stonehaven e lui riusciva a fuggire. «Quello ci sa fare coi pugni, miss. Ho sentito dire che si allena con Jackson» disse Nunnelly, nominando il più famoso pugile di quei tempi. «È abile e veloce. Conosco diversi gentiluomini che sanno dare di boxe e 10


poi, all'atto pratico, quando si tratta di difendersi, sono più inetti di Jasper. Ma Stonehaven è capace di stenderti con un pugno, vile marrano che non è altro.» Fece una pausa e aggiunse, pensieroso: «Potrei assoldare un paio di uomini di mia conoscenza: se siamo in quattro o cinque, non ce la farà mai a sopraffarci». «No» disse Julia, escludendo subito quella idea. «Meno persone mettiamo al corrente, meglio è. Per te e Jasper è diverso.» Nunnelly e il mozzo di stalla lavoravano da anni per gli Armiger; erano affezionati come se fossero stati di famiglia. «Ma dover spiegare tutto a degli estranei... no, meglio non rischiare che la cosa si venga a sapere in giro.» «Giusto, miss» convenne il cocchiere. Tacque per alcuni istanti mentre percorrevano alcune stradine buie di Londra. Erano quasi giunti a destinazione quando guardò Julia con la coda dell'occhio e azzardò: «Forse dovremmo lasciar perdere tutto...». Lei non lo lasciò nemmeno finire. Si voltò con gli occhi fiammeggianti. «Come possiamo tradire così la memoria di Selby? Non pensi a lui? Non ti importa che il suo nome venga riabilitato? Non pensi che, se non facciamo qualcosa, Gilbert sarà costretto a vivere tutta la vita all'ombra dello scandalo? Non vuoi giustizia dall'uomo che gli ha fatto tutto questo? O forse hai paura?» Offeso, il cocchiere replicò: «Non c'è uomo al mondo che possa darmi del vigliacco e sperare di farla franca. E non dovete pensare nemmeno per un istante che non mi importi più niente di vostro fratello: ma ora è di voi che mi preoccupo, miss Julia. Forse dovreste dimenticare questa storia e occuparvi d'altro. Dovreste andare avanti con la vostra vita e pensare a maritarvi, a mettere al mondo dei figli e...». «Maritarmi?» ripeté lei, in tono beffardo. «E dimmi, 11


di grazia, come credi che possa procurarmi un marito se tutti pensano che mio fratello era... un ladro?» esclamò, con i lucciconi agli occhi. «Suvvia, ora non cercate di cambiare discorso. Stiamo parlando del nostro piano, non di vostro fratello, che Dio lo abbia in gloria.» Nunnelly si fece il segno della croce e proseguì: «Noi abbiamo fatto del nostro meglio, e abbiamo fallito. Sono tre settimane che seguiamo Stonehaven dappertutto, lo vediamo entrare e uscire da un palazzo all'altro, da qualche casa da gioco o dal suo club. Ma perbacco, è un miracolo trovarlo da solo! È sempre in compagnia di un amico o di qualche bella figliola... uno spettacolo al quale, se mi consentite, non dovreste nemmeno assistere». «Lo so.» L'espressione di Julia si fece pensosa. «Le tre volte che lo abbiamo sorpreso da solo e abbiamo tentato di acciuffarlo, è sempre riuscito a sfuggirci. Se non possiamo chiamare qualcun altro a darci manforte, che altro ci resta? Ormai si è insospettito. Lo avete sentito, cosa mi ha detto prima? Ha capito che eravamo stati noi a tendergli un'altra imboscata, in passato: se dovessimo riprovarci, non crederà a una coincidenza. Ora starà con gli occhi bene aperti.» «Sì, hai ragione. È evidente che questo piano non funzionerà, ma non intendo arrendermi. Non dopo quello che ha fatto a Selby.» Tre anni prima il fratello di Julia, Selby, era stato accusato di aver sottratto del denaro dal fondo fiduciario di cui era curatore. L'uomo che lo aveva accusato e che aveva dimostrato la sua colpevolezza era Deverel Grey, lord Stonehaven per l'appunto. Sebbene Selby si fosse dichiarato innocente, l'opinione pubblica lo aveva giudicato severamente. In effetti le prove contro di lui erano state schiaccianti: avevano convinto tutti, tranne la moglie e la sorella di Selby. Alla fi12


ne il giovane si era recato nel suo capanno di caccia e si era sparato un colpo di fucile. Si era parlato di suicidio e in molti avevano interpretato il suo gesto come un'ammissione di colpevolezza. Persino Phoebe, sua moglie, aveva creduto che la disperazione e l'incapacità di dimostrare la propria estraneità al vergognoso furto avessero spinto Selby a quel gesto inconsulto. Julia era stata l'unica a convincersi che si fosse trattato di un incidente. Un attimo di distrazione, dovuto senz'altro all'avvilimento e alla frustrazione che doveva aver provato suo fratello. In ultima analisi, perciò, Julia attribuiva la colpa di quella tragica morte all'uomo che aveva perseguitato Selby con le sue ignobili accuse: lord Stonehaven. Si voltò verso Nunnelly, determinata. «Dovremo inventarci qualcos'altro.» «Un altro piano?» Il massiccio omaccione irlandese aggrottò la fronte. «Avete già in mente qualcosa?» «Sì. Una mezza idea ce l'avrei.» «E, ditemi, di che si tratta?» Julia guardò il fedele servitore. Ma non avrebbe mai avuto il coraggio di dirgli la verità. «Aspetta e vedrai.» Nunnelly rispose con un grugnito, ma Julia lo ignorò. Si sistemò sul sedile del cocchiere e finse di contemplare le case che li circondavano. Era un piano oltremodo audace, ma l'unico che potesse funzionare. Erano settimane che stavano alle costole di lord Stonehaven e ora conosceva le sue debolezze. Su quelle doveva giocare. Sì, rifletté fiduciosa, avrebbe battuto lord Stonehaven con un'arma infallibile: la seduzione.

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«No, Julia, non se ne parla nemmeno!» Phoebe balzò in piedi, portandosi una mano al petto. «Non puoi fare una cosa del genere. Tu non sai quello che stai dicendo!» Julia sospirò. Sapeva che la sua dolce, soave cognata, avrebbe reagito così, quando le avesse esposto il suo nuovo piano. Era inaudito che, nel 1811, una giovane donna di buona famiglia osasse pensare di sedurre un uomo. «Sì che lo so, mia cara. Ma tranquillizzati: non ho intenzione di andare a letto con lui.» Phoebe emise un grido strozzato e ripiombò a sedere. «Julia!» «Pensavo che ti avrebbe rincuorato saperlo.» «Be', certo, ma... Julia cara, come puoi anche solo parlare di certe cose!» mormorò Phoebe, con le guance in fiamme. «E come altro posso fare a spiegarti?» Julia era abituata a parlare con una schiettezza che molti trovavano sconcertante. La lunga malattia di sua madre l'aveva costretta a rinunciare al suo debutto in società. Poi c'era stato lo scandalo in cui era rimasto coinvolto Selby, a seguito del quale lei e Phoebe erano state messe al bando dagli ambienti a cui, per diritto di nascita, appartenevano. Perciò non aveva mai trascorso una stagione a Londra, le sue parole e il suo comportamento non erano mai stati osservati e criti14


cati dalla gente importante. E questo, agli occhi di Phoebe, spiegava l'assoluta mancanza di rispetto che sua cognata mostrava per le convenzioni. Julia invece sapeva che il motivo di quel suo atteggiamento era un altro. Sua madre, come ora faceva Phoebe, aveva cercato di insegnarle a comportarsi come una signora, ma era stata una donna troppo dolce e perciò incapace di opporsi alla tenace forza di volontà di Julia. Sia suo padre sia suo fratello avevano trovato divertente la sua arguzia e ammirevole il suo spirito indomito. Le avevano sempre permesso di esprimersi liberamente, di allargare i propri orizzonti studiando ciò che la incuriosiva e di cimentarsi in qualunque attività fisica la stimolasse. Di conseguenza, Julia aveva una mente sveglia, una lingua affilatissima, cavalcava come un'amazzone, sapeva usare un fucile bene quanto l'arco e le frecce, e ostentava una baldanza e una sicurezza che poche altre donne della sua età possedevano. Il meglio che sua madre fosse riuscita a fare era stato insegnarle le buone maniere, il ballo e gli obblighi di una signora. In pubblico, Julia aveva imparato a tenere a freno la lingua, ma lo faceva unicamente per non mettere in imbarazzo sua madre o sua cognata. Phoebe si portò le mani sui capelli biondi. «Non puoi, Julia. Non devi! Già la tua idea di rapire Stonehaven e costringerlo a confessare era una follia. Ma questo...» «Ho bisogno del tuo appoggio, Phoebe. Ora più che mai.» Julia attraversò la stanza e si inginocchiò davanti all'altra donna, prendendole le mani. «Anche prima, quando ho voluto partecipare a queste imboscate, hai sempre temuto per la mia incolumità e non mi è mai successo niente, giusto? Sono sempre tornata sana e salva. E lord Stonehaven non ha mai nemmeno 15


sospettato che ci fossi io alla guida della carrozza.» «Grazie al cielo...» «Allora credimi se ti dico che non mi accadrà nulla nemmeno adesso. Quell'uomo non riuscirà a spuntarla con me. Devo solo cercare di incontrarlo, mostrarmi disponibile, tenerlo un po' sulla corda... e incoraggiarlo a parlare, per farmi confessare le sue malefatte.» Phoebe era scettica. «E credi che funzionerebbe, con un uomo come lord Stonehaven?» «Ma certo! Sono tre settimane che lo pediniamo e ora so un paio di cose sul suo conto. La prima è che non riusciremo mai a prenderlo con la forza. Prima non lo conoscevo, pensavo che chiunque avesse fatto una cosa così vile alle spalle di Selby sarebbe stato troppo codardo per opporre resistenza. Invece è un uomo robusto e, devo dire, ha mostrato un grande coraggio perché non solo non è fuggito davanti a due uomini, ma li ha affrontati e li ha stesi! Stasera, quando siamo fuggiti, ci è corso dietro pur sapendo che eravamo in tre. Però...» Fece una pausa significativa. «L'altra cosa che ho scoperto di lui è che ha un debole per le belle ragazze.» «È un donnaiolo, quindi?» «Non mi azzarderei a definirlo tale, e comunque non mi sembra il genere d'uomo che si metta a insidiare la virtù delle povere fanciulle innocenti. Finora l'ho visto in compagnia di signore sofisticate e di... donne di un certo tipo.» «Oh, Julia...» gemette sua cognata. «Ma non capisci che per noi è un vantaggio? L'unico punto debole di quell'uomo sono le donne. Perciò se riuscirò ad avvicinarlo e a parlargli, forse potrò strappargli la verità. Tu stessa mi hai detto, una volta, che quando corteggia una donna, un uomo è estremamen16


te vulnerabile, perché è disposto a tutto pur di compiacerla. E sarà allora, quando lo avrò in pugno, che riuscirò a farmi dire da lui ciò che voglio sapere.» «Non lo so...» mormorò Phoebe, incerta. «Io ho scoperto che i miei corteggiatori sono molto inclini a parlare, soprattutto di loro stessi, di quanto sono audaci, delle loro grandi gesta... è il modo in cui cercano di fare colpo su una donna. Perché per lord Stonehaven dovrebbe essere diverso?» «Forse hai ragione, Julia, ma temo che tu non abbia riflettuto abbastanza sui pericoli che corri. Tu non sei stata ancora introdotta in società e lord Stonehaven è un uomo facoltoso, che vive in città da anni. Di sicuro ha più di trent'anni.» Julia si finse offesa. «Quindi secondo te non sarei capace di attrarre un uomo sofisticato come lord Stonehaven? È questo che stai dicendo?» Sua cognata inorridì. «Santo cielo, no di certo! Mia carissima Julia, non mi permetterei mai. Sei la ragazza più bella che conosca: se avessi avuto l'opportunità di fare il tuo debutto, avresti oscurato con la tua bellezza tutte le altre debuttanti.» Julia sorrise. Non aveva bisogno di sentirsi dire quelle cose: il suo intento era stato solo quello di distrarre Phoebe. Julia Armiger si era sentita dire che era bella da quando era in fasce e dall'età di sedici anni si era vista corteggiare da ogni gentiluomo che abitasse nei pressi della loro casa di campagna, nel Kent, il che non aveva fatto che rafforzare quella convinzione. D'altronde le bastava guardarsi ogni giorno allo specchio per averne conferma: era alta, slanciata, aveva seni morbidi e generosi e un corpo perfetto per i morbidi vestiti a vita alta, che erano tanto in voga all'epoca. I capelli, folti e lucenti, erano castano ramati e gli 17


occhi di un azzurro intenso erano contornati da ciglia interminabili. Tutto nel suo viso, dalla carnagione eburnea all'arco delicato delle sopracciglia scure, alle labbra morbide e carnose, contribuiva a creare una perfezione che sarebbe risultata fredda, se non fosse stato per il calore del suo sorriso o la maliziosa fossetta che le appariva sulla guancia, quando rideva. Julia però non si vantava della propria bellezza. Era, per lei, un dato di fatto, che accettava come accettava la sua capacità di andare a cavallo o di leggere un libro. Per gli altri, aveva invece scoperto, significava molto. Personalmente lei l'aveva considerata quasi d'intralcio quando, conversando con un uomo, aveva desiderato di poter parlare di qualcosa di più interessante del candore della sua pelle o del colore incredibile dei suoi occhi. A parer suo, nella scelta di una moglie, un uomo avrebbe dovuto dare più importanza a una personalità gradevole come quella di Phoebe, che non a una sfolgorante bellezza. «Mi perdoni, cara?» chiese sua cognata, ansiosa. Julia l'avvolse in un abbraccio rassicurante. «Ma certo, stavo scherzando. Mi fai sempre tanti complimenti...» Phoebe si rilassò. «Io volevo solo dire che lord Stonehaven ha molta più esperienza di te. Sono sicura che ti troverà incantevole, ma è quel che potrebbe farti che mi riempie di ansia. Tu intendi provocarlo, ma quell'uomo è pericoloso. Pensa a ciò che ha fatto a Selby, che pure era suo amico da anni. E se non si comportasse da gentiluomo? Se...» Abbassò la voce. «Se dovesse costringerti con la forza a...» «Andiamo, non sono poi così inesperta! E non penso che gli uomini del Kent siano così diversi dagli altri. Non ho mai avuto problemi a tenere a bada i miei corteggiatori, compresi quelli che hanno avuto l'ardire di farmi proposte non proprio da gentiluomini.» 18


Phoebe strabuzzò gli occhi. «Non mi dire. E chi?» «Squire Buntwell, per dirne uno.» «Quel vecchio sporcaccione!» decretò Phoebe, indignata. «Ha cinquant'anni suonati ed è sposato! Come si è permesso?» «Comunque, non credo che si farà più avanti» ridacchiò Julia, con un guizzo divertito negli occhi. «Perché? Che cosa gli hai fatto?» «Gli ho pestato per bene un piede e gli ho sferrato un gran pugno in quel suo pancione rigonfio e, mentre era chino a riprendere fiato, gli ho detto che se ci avesse riprovato, lo avrei detto a sua moglie, al pastore e a tutte le malelingue del paese. Credo che abbia compreso il messaggio.» Phoebe rise. «Lo credo anch'io. Ma non so se funzionerebbe con lord Stonehaven.» «Forse no. Ma posso sempre portarmi addosso la pistola di Selby» disse, adombrandosi. «Sbaglierò, ma secondo me un'arma smorzerebbe all'istante l'ardore di qualsiasi uomo.» «Julia!» esclamò Phoebe scandalizzata, ma non poté trattenersi dal ridere. In quel momento furono interrotte dall'arrivo di un bambino. «Mamma! Mamma! Oh, zia Julia, eccoti qui! Ti ho cercato dappertutto. Guardate che cosa ho trovato!» Aprì la manina, fiero, come se avesse conquistato un trofeo. «Un bruco!» esclamò Julia, mentre sua cognata si abbandonava a un'esclamazione molto meno entusiastica. «Che carino! E non l'hai nemmeno schiacciato...» «No, zia. Mi sono ricordato che quel succo verde dentro è come il sangue, per lui, e non gli ho fatto male.» «Bravo bambino.» 19


«Posso tenerlo?» Gilbert guardò sua madre con gli occhioni spalancati. «Per favore?» Phoebe guardò il faccino angelico e gli occhi azzurri del bambino. Aveva il mento e il portamento fiero di suo padre, già a sei anni, e quei riccioli dorati lo facevano assomigliare a un cherubino. Come poteva negargli qualcosa? «Ma certo, tesoro. Solo assicurati di riporlo in una scatola, per non far spaventare le domestiche.» «Chiedi alla balia di trovarti un barattolo di vetro» suggerì Julia. «Dille di fare un foro sul coperchio e di metterci dentro qualche foglia per nutrirlo.» Annuendo, Gilbert si precipitò fuori dalla stanza, e Phoebe lo seguì con uno sguardo addolorato. «Se Selby potesse vederlo...» Julia si adombrò. «Selby sarebbe qui, adesso, se non fosse per Stonehaven. Devo costringerlo a dire la verità, Phoebe: non capisci?» «Sì...» «Se non facciamo niente, Gilbert si porterà addosso il marchio infamante dello scandalo per tutta la vita. Tutti gli volteranno le spalle, si rifiuteranno di riceverlo e di invitarlo a casa loro.» Come hanno fatto con noi, avrebbe voluto aggiungere. Ma Phoebe conosceva bene quanto lei quella triste realtà. Lo scandalo in cui era rimasto coinvolto Selby aveva relegato sia Julia sia Phoebe ai margini dell'alta società. Phoebe non si recava più a Londra per la stagione mondana e Julia aveva da tempo rinunciato all'idea di poter fare il suo debutto. Il nome della famiglia era stato disonorato: persino nella cerchia delle loro conoscenze erano in molti ad averle messe al bando. 20


Dovunque andassero, anche in chiesa, la gente le fissava in modo strano e bisbigliava al loro passaggio. Da quando erano arrivate ad Armiger House, a Londra, alcune settimane prima, diverse nobildonne avevano girato il capo dall'altra parte, incontrandole per strada. «No» mormorò Phoebe, accigliandosi. L'idea che il figlio dovesse subire quello stesso destino la rese risoluta. «Non è giusto. E non possiamo permetterlo, hai ragione. Non ci arrenderemo finché non avremo dimostrato l'innocenza di Selby. Fa' quello che devi. Qualunque cosa ritenga necessaria.» Julia sorrise. «Sapevo che avresti capito.» Phoebe contraccambiò il sorriso e ricominciò a ricamare. Si arrestò di colpo e alzò gli occhi. «Ma... come farai a incontrarti con lord Stonehaven? Noi non facciamo vita mondana. Anzi, sono sicura che si rifiuterebbero di riceverci, se ci presentassimo in qualche salotto» aggiunse. «In effetti, questo è un problema.» Julia non ritenne necessario dire a Phoebe che intendeva presentarsi al gentiluomo nelle vesti di una di quelle donne che non frequentano i salotti della nobiltà londinese. Non era il caso di turbare la cognata più del necessario. «Ma ci ho riflettuto e credo che chiederò aiuto al cugino Geoffrey.» «Geoffrey Pemberton?» Il viso di Phoebe si illuminò. «Buona idea. È un gentiluomo così garbato e distinto, saprà sicuramente come consigliarti.» «Non ne dubito.» Naturalmente Julia non intendeva rivolgersi al cugino per chiedergli un consiglio. Sapeva già come intendeva presentarsi a Stonehaven e come suscitare il suo interesse, solo aveva bisogno di un complice maschio. 21


«Ma Julia, non pensi che lord Stonehaven potrebbe sospettare dei tuoi motivi, se ti mostrassi ansiosa di conoscerlo? Quando gli dirai che sei la sorella di Selby...» Julia rise, una risata enigmatica. «E chi ha detto che glielo dirò?»

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