LESLEY TRUFFLE
HOTEL DU BARRY traduzione di Cristina Ingiardi
ISBN 978-8-86905-157-9 Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Hotel Du Barry HarperCollins © 2016 Lesley Truffle Traduzione di Cristina Ingiardi Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con HarperCollinsPublishers Australia Pty Limited Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2016 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione HarperCollins novembre 2016
Dedica
Lo champagne! Nella vittoria, lo si merita. Nella sconfitta, se ne ha bisogno. Napoleone Bonaparte
1
L'INTRICO DELLA CULLA
Alcuni bambini abbandonati vengono scaricati sulla soglia delle opere pie. Altri vengono ritrovati in tetri grandi magazzini, o sulle banchine di sudicie stazioni ferroviarie. Ma la piccola nota come la bimba del du Barry venne trovata appesa alla corda del bucato. E non una corda del bucato qualsiasi, dal momento che l'oggetto in questione era ubicato nel cortile della lavanderia di quel magnifico edificio conosciuto con il nome di Hotel du Barry. Un albergo tanto maestoso e versato nell'arte di coccolare da comparire con regolarità nelle fantasie segrete dei londinesi più poveri. Bene assicurata, la piccina dondolava nella brezza del mattino. Le umide lenzuola sbatacchianti la riparavano dal primo sole, ed è probabile che le dessero una sensazione di contenimento e tranquillità. Invero, il contegno allegro lasciava intendere che se la stesse spassando. Ora, le menti avide di sapere si staranno ponendo una domanda: di preciso, come si può umanamente stendere un bambino? Semplice. Presti attenzione, signora, in caso un bel giorno le punga vaghezza di mollare il suo strepitante moccioso. Prima di tutto, è necessario acquistare un enorme paio di mutandoni da donna. Deve essere quel genere di brache che una signora di una certa età, e di una certa taglia, potrebbe procurarsi di nascosto nei migliori empori. Preferibilmente di buon cotone, con appena un accenno di pizzo color crema; capaci, comode e morbide al tatto. 7
Il tipo di indumento intimo che tanto amano la nonna e l'attempata zia nubile. Si noti bene: l'insoddisfazione sessuale è spesso all'origine dell'informe corsetteria beige. Tornando al procedimento. È sufficiente introdurre il pargolo ignudo nelle voluminose culotte e legare il tessuto in eccesso in due nodi, uno per lato. Le gambe del piccolo devono penzolare libere, mentre il nido triangolare di stoffa provvede a tenere diritta la creatura. Un esubero di spille da balia fisserà il tutto. L'ideale sarebbe far passare a modino la coulisse sotto le ascelle del bebè concedendogli comunque un certo grado di libertà. Perché la fasciatura dei nanerottoli è proprio come quella dei piedi femminili: crudele e non necessaria. A questo punto l'indumento verrà allacciato saldamente, tramite la stoffa annodata, alla corda del bucato, e l'insieme verrà fermato con mollette di legno così da garantire la sicurezza e l'ancoraggio della culla improvvisata. E adesso basta. Perché chi diamine vuole stare a leggere di orfani quando invece potremmo tuffarci a capofitto nella storia? Oltretutto Charles Dickens si è già accaparrato l'intero mercato degli orfanelli coraggiosi quando Oliver Twist ha dichiarato con garbo: «Per piacere, signore, ne vorrei un altro po'». Oh, tesoro, non è forse così per tutti? La cameriera che per prima notò la piccola abbandonata si era nascosta tra il bucato dell'Hotel du Barry per fumare pigramente una sigaretta. Invero, Mary Maguire si era appartata tra i panni in cerca di una qual certa privacy in cui rendere i propri servigi al capofattorino, un giovanotto di allarmante bellezza, con riccioli neri e occhi languidi. La paglia entrò in gioco dopo che ebbe finito di soddisfare gli appetiti sessuali di Sean Kelly. Leccandolo tutto. Come un gatto. A diciassette anni, Sean era poco più grande di lei, ma era evidente che la sapeva lunga. Era addirittura scafato quanto lei. Si noti bene: privata dell'infanzia, Mary era molto più matura della sedicenne media. Come lei stessa confidò alla dispensiera quella sera: «Sean è un viscido mascalzone, ma non mi mente mai. Fa furore tra le riccastre che alloggiano nelle suite, però per le sue necessità private preferisce ricorrere a me. Gli intrallazzi con quelle tipe gli procurano un mucchio di grana, ma diciamocelo, si guadagna ogni stramaledetto penny. E mi paga profumatamente. Ma la verità è 8
che comunque lo scoperei anche gratis». Eh, già. Gli ingranaggi del mercimonio giravano implacabili nei primi decenni del ventesimo secolo. In un esercizio delle dimensioni dell'Hotel du Barry sarebbe stato semplice trovare un letto libero, ma, come Sean si era premurato di spiegarle: «Sgroppo già tutta la settimana tra raffinate lenzuola di prima qualità, per cui con te preferisco darci dentro nello sgabuzzino delle scope, in piedi contro un muro, nel sottoscala o fuori, nel cortile della lavanderia. Aiuta a liberarmi del tanfaccio costoso di quelle debuttanti. Non significa che non ti rispetti, Mary. È che, dopo giorni e notti a leccarla, non ho altro modo per levarmi dal naso quel cavolo di Mitsouko. Gesù, quel profumo, lo sento pure in bocca!». Mary non aveva ragione di dubitarne. L'intero albergo puzzava di quella roba. A volte una vera e propria nebbia di Mitsouko stantio saliva dai montacarichi e dagli ascensori e saturava i corridoi. L'igiene personale non era una priorità per i luridi parvenu che alloggiavano al du Barry, e così compensavano annegandosi in fragranze costosissime. Esattamente come nell'Inghilterra elisabettiana e nella Versailles di Luigi XIV. Ma torniamo alla corda del bucato. La seconda persona a sopraggiungere sulla scena fu Bertha Brown, la prima governante. Dirigeva la lavanderia dell'albergo come un reggimento scelto ed era uscita nel cortile per controllare che le lavandaie stessero facendo il proprio dovere. Gli anni di faticoso servizio durante la Grande guerra non erano andati sprecati, con lei. La signora Brown ignorò Sean, intento a coprirsi il membro in tutta fretta, e non badò nemmeno alle nudità di Mary. Ebbe occhi solo per l'infante. «Oh mio Dio, cos'abbiamo qui, eh?» chiocciò. «Mary, renditi presentabile. Sean, metti via quel coso. Mi sorprende che non si sia ancora consumato. Va' a chiamare il signor Blade. Rapido, scattare, scattare!» Ma Jim Blade era già arrivato. Quell'uomo aveva la capacità di manifestarsi senza produrre il minimo rumore. La sua figura corpulenta gettò una grande ombra. La vista di un bebè appeso in un paio di mutandoni da donna gli fece brillare gli occhi. Da vero professionista, non si lasciò sedurre dall'allettante visione dei capezzoli di Mary, rosei e tumidi. Tirato fuori il taccuino da detective dell'albergo, leccò una matita e prese a scrivere. 9
Bambino abbandonato. Vivo e vegeto. Due o tre mesi. 7.02 antimeridiane, 14 giugno 1919. Appeso alla corda del bucato dell'Hotel du Barry. Posizione: cortile dell'Hotel du Barry. La creatura è... «Piantala, Jim.» Eh, già, la signora Brown andava per le spicce. «Dammi una mano a sganciare questo angioletto. Nel frattempo, Sean, vedi di renderti utile e va' a chiamare il dottor Ahearn. Per l'amor del cielo, tutti quanti, datevi una mossa! E vediamo di non far trapelare la voce fino ai grandi capi, eh?» In seguito, la signora Brown avrebbe raccontato a ogni piè sospinto che nell'istante in cui aveva sfiorato la bimba, quella aveva smesso di piangere per rivolgerle un sorriso che grondava fiducia incondizionata. «È stato amore a prima vista, vi dico. Quel dolce scriccioletto. Proprio non capisco come si possa abbandonare un affarino tanto tenero. E quegli occhi! Mai visto una bimba tanto bella in vita mia, né prima né dopo. Non avrei certo permesso che qualche zelante impiegatuccio la scaricasse all'orfanotrofio.» Nessuno dubitò mai della sua storia, nemmeno per un secondo. Se anche la piccola fosse stata Satana in persona, Bertha l'avrebbe trovata adorabile. Un'impopolare teoria psichiatrica afferma che il motivo per cui i bambini sorridono a perfetti estranei è che vengono al mondo dotati di istinto di conservazione. I bambini ci sorridono perché sono subdoli. Vogliono ottimizzare le loro chance di non venire divorati vivi dai predatori. Mentre noi stiamo lì a pensare: Uh, ma che belle risatine allegre, loro in realtà stanno facendo smorfie come pazzi nella speranza che ci lasciamo distrarre dal loro fascino. Quei falsoni sanno che, se li prendiamo a cuore, è probabile che li risparmieremo. Ebbene, la bimba in questione non fu solo risparmiata, ma anche coccolata e viziata. In quattro e quattr'otto venne trasferita nel confortevole tepore della cucina dalle cameriere, dove il dottor Ahearn la esaminò per dritto e per rovescio e annunciò: «Femmina. Tra le sei e le otto settimane. In perfetta forma, nessun segno di disidratazione o maltrattamenti. Le hanno fatto il bagno di recente. Posso ipotizzare che finora sia stata accudita come si deve. Ovviamente dovrò consegnarla alle autorità». La signora Brown puntò i piedi. «Dovrai passare sul mio cadavere. Ricordi quel bimbo maltrattato che abbiamo trovato cinque anni fa nello scivolo della lavanderia? Ci avevi detto che era stato molestato. Non fu mai reclamato. Svanito in quell'orfanotrofio. E 10
non ne abbiamo più saputo nulla finché non l'hanno tirato fuori dal fiume. Morto. Non me lo sono mai perdonata.» «Qui l'unica pista che avrebbe la polizia è il braccialetto d'oro» notificò Jim con grande autorità. «Un gingillo da nababbi, a occhio. Potrebbe averla mollata una qualunque di quelle debuttanti. Magari una puttanella altolocata che cerca di proteggere il nome della famiglia.» Sean era alquanto sulle spine. Lui e i profilattici non erano esattamente in grande intimità. Il medico scosse il capo. «Bertha, non possiamo limitarci a nascondere la piccola e stare a sperare per il meglio. Non è un cucciolo randagio.» «Non sono stupida, Doc. Però penso che dovremmo tenerla con noi almeno mentre Jim indaga un poco. E poi la consegneremo alla polizia, ma solo se la madre non si fa avanti.» Mary, fin lì insolitamente silenziosa, volle dire la sua. «Io concordo con lei, signora Brown. I brefotrofi sono zeppi fino alle orecchie di orfani di guerra. È un vero schifo, e se c'è qualcuno che lo sa, sono io. A nessuno è mai fregato un fico secco di noi. Questa piccoletta finirebbe a vendersi per strada appena raggiunge l'età. Santa patata, è proprio uno zuccherino. Talmente dolce da mangiarsela col cucchiaino, eh?» Gli altri la fissarono a bocca spalancata. Istinto materno, Mary?! Quella furbetta di un'intrusa aveva già alterato il loro mondo. Il dottor Ahearn finse di pensarci su, ma sapevano tutti che era già fregato. Persino Sean era favorevole a tenere la bambina. In seguito avrebbe ammesso con Mary: «L'ho controllata ben benino. Avevo una fifa blu che saltasse fuori qualche tratto di famiglia. Sudavo freddo, giuro. Non mi era mai venuto in mente che rischiavo di mettere al mondo qualche figlio indesiderato. Che imbecille, vero?». In ogni caso il ragazzo la superò in fretta e quella notte gli affari procedettero come sempre. Non era certo da lui tenere l'uccello fuori dal mercato. Anche perché in segreto si stava riempiendo le tasche per preparargli il nido, con l'idea di fare di Mary Maguire una donna onesta. Ah ah. La bimba del du Barry era nata in un'epoca straordinaria. La guerra aveva finalmente mollato il colpo l'anno precedente, e i ricconi erano in piena modalità fiesta. La miseria continuava a es11
sere il pane quotidiano delle classi inferiori. E non c'era gioia per le migliaia di defunti militi ignoti o per i loro commilitoni vivi e vegeti ma affetti da psicosi traumatica. Al rientro in patria, molti eroi di guerra si erano ritrovati disoccupati ed emarginati. Gli impieghi all'Hotel du Barry erano molto ambiti, e chi era riuscito a ottenerne uno era ferocemente orgoglioso del suo albergo. Inaugurato nel 1907, era un inno allo sfarzo opulento eppure intimo: lampadari di cristallo, stucchi elaborati, scalinate ricurve, ferro battuto d'importazione, voluminosi tendaggi in broccato, massicce colonne in marmo e tutte le dorature e bronzature che era stato possibile inzeppare tra specchi pannellati, palme, statue e affreschi. L'edificio si ergeva superbo in una delle più prestigiose vie londinesi e dominava diversi palazzi prospicienti il Tamigi. La sera era illuminato e splendente, una fiammeggiante accozzaglia di stili italianeggianti e veneziani, con l'aggiunta di qualche eccentrico elemento rinascimentale e della Grecia classica. Come una torta nuziale, era un capolavoro architettonico di proporzioni temerarie. I suoi nove piani si libravano leggiadri verso una teoria di comignoli fuligginosi. Dal tetto a padiglione, massicce gargolle di rame verde sbirciavano concupiscenti i passanti, che a loro volta sbirciavano verso l'alto. La sua arroganza metteva in ginocchio tutte le altre costruzioni della strada. I pesanti lastroni del pianterreno erano in granito norvegese e in quanto a solidità strutturale rivaleggiavano con Stonehenge. L'esterno era in pietra di Portland ed eclissava gli altri alberghi con il loro stucco spellato. Putroppo, alcuni non si sarebbero più ripresi. Il personale residente, per lo più gli scapoli e le nubili o i giovanissimi, dormiva nelle camerette degli abbaini, direttamente sotto il cornicione del tetto. Più vicino di te al Signore, per citare un verso di Lorna Dee Cervantes. Durante il giorno, la maggior parte dei dipendenti popolava un vasto mondo sotterraneo. L'albergo era stato costruito in origine su un doppio basamento. In quello superiore c'erano sale per banchetti, cantine, sale da pranzo private, enoteche e griglierie, oltre a locali di servizio, cucine, bagni, laboratori e impiantistica varia. Quello inferiore ospitava la cucina principale nonché una serie di sale da pranzo per i diversi gruppi di lavoratori: valletti e camerieri personali, camerieri di sala, impiegati, portieri, fattorini e uomini di fatica. 12
Tra i domestici il sistema classista sopravviveva arzillo, e nessun factotum avrebbe mai avuto l'impudenza di mettere piede nella sala da pranzo dei camerieri personali. Anche la maggior parte dei magazzini era situata al livello inferiore. C'erano vani diversi per la porcellana fine, l'argenteria, la posateria e la cristalleria. I cuochi si erano premurati di far sapere all'intera Londra che avevano a disposizione ben due locali solo per gli antipasti, così come due celle frigorifere separate per la carne e la selvaggina. L'autostima del maggiordomo del proprietario volava ancora più alta grazie al fatto che aveva libero accesso alla sua riserva privata di vini e champagne d'importazione. Si diceva che il contenuto valesse migliaia di sterline. L'attuale uomo in carica, Sebastian, portava la chiave della cantina del signor du Barry al collo. Legata a un nastro di velluto nero. La divisione in caste era talmente rigida che fu semplice per la piccola trovatella dissolversi nel dedalo sotterraneo e sfuggire alla pubblica attenzione. Nella nuova dimora non le mancava nulla. Certo, i suoi pannolini erano invero solo panni di lino, però si trattava del miglior lino irlandese, oltretutto impreziosito dallo stemma dell'Hotel du Barry: due gargolle lascive che rosicchiavano una tibia. La credenza diffusa era che il motto latino che vi era istoriato, MORS VINCIT OMNIA, significasse: Viviamo per servire. Tradotto letteralmente, però, in realtà diceva: La morte vince ogni cosa. Eh, sì, il defunto fondatore dell'albergo – il Molto Onorevole Maurice du Barry – aveva un senso dell'umorismo un filo perverso. Sapeva che la sua clientela aveva più denaro che cultura ed era incapace di decifrare il menu del ristorante, in francese. Figuriamoci un'astrusa iscrizione latina La culla della piccola era un'enorme zuppiera ovoidale Luigi XVI d'argento. Si reggeva spavalda su quattro zampe rachitiche ma riccamente lavorate ed era arrivata dritta dritta da Christofle & Cie di Parigi. Come gli altri duecentonovantanovemila pezzi in silver plate, recava impresso lo stemma dell'albergo. La signora Brown l'aveva abilmente adattata imbottendola con un paio di stole di visone rubate e la piccola pareva gradire parecchio. Le instillò anche un gusto precoce per gli articoli di lusso, così che già in assai tenera età acquisì una predisposizione naturale verso gli oggetti più raffinati. Il suo primo sonaglino consistette in tre cucchiaini d'argento istoriati legati da un nastro di satin rosa. Nessu13
na meraviglia se in seguito avrebbe faticato a far quadrare i conti. Mentre Jim Blade passava al setaccio Londra nel tentativo di localizzare la madre recalcitrante, la piccola trovatella veniva trattata come un'ospite d'onore nel mondo sotterraneo di coloro che vivevano per servire. Di rado si ritrovò a corto di petti morbidi su cui poggiare la subdola testolina. Si fece amare da tutti. O ti mangiano con gli occhi o ti mangiano punto e basta. Non ci volle molto prima che la giostra dei pettegolezzi cominciasse a girare. Come Sean Kelly raccontò ai compagni di bevuta presso il Dirty Duck: «È stata quella strega bugiarda di una dispensiera a cominciare, Shirley Smith. Si era messa a dire in giro che la piccola era la figlia dell'amore di Mary Maguire. Povera Mary, lei è stata davvero coraggiosa. Ha affrontato la storia con molto spirito, proprio come sopporta con spirito tutte le mie stronzate. E il maggiordomo del nono piano, una primadonna che non vi dico, proclamava che la bambina era stata appesa alla corda del bucato da un sicario prezzolato che non aveva avuto il fegato di farla fuori». A quel punto, Sean si era fatto un sorso di Guinness. «Poi c'è stata la storia secondo cui la madre veniva dal bel mondo. Probabilmente per via del bracciale della piccola, oro zecchino lavorato a regola d'arte. Nessun orafo di Londra lo riconobbe come suo. Secondo loro veniva da lidi stranieri. Comunque, le settimane passavano e la pista si raffreddava. Sapevamo che ormai mancava poco al momento in cui l'avremmo dovuta consegnare alle autorità.» Un giorno, il fato ci mise lo zampino. Era una storia che Mary non si stancava mai di raccontare. «Toccava a me occuparmi della bambina, me lo ricordo come fosse adesso. Perciò, eccomi lì che me ne vado in giro per l'albergo a sbrigare le mie faccende e intanto me la porto a zonzo sul carrello. Mettevo sempre la zuppiera – cioè, la culla – sul ripiano inferiore, e poi allargavo una tovaglia inamidata su quello superiore. A quel punto ci appoggiavo sopra gli asciugamani, le saponette e tutto il resto. Ci stava comoda come un topolino nel formaggio. La maggior parte del tempo dormiva sodo. Quando si svegliava, la passavo a una delle puttanelle della cucina. Non vedevano l'ora di dedicarsi al loro turno di maternità, quelle. Davanti a un bambino si rincitrullivano. Grazie a quella strega di Shirley Smith, cani e porci erano convin14
ti che la piccola fosse mia. Ah ah. Non ho mai negato. In fondo era anche lusinghiero, visto quant'era bella e brava. Quella mattina, però, successe un disastro. Il carrello era tutto per aria, e lei era sparita. L'ho cercata ovunque. Ho pensato che qualcuno se la fosse fregata e ho cominciato a immaginare storie terribili sulla prostituzione minorile, non vi dico che spavento! Succedono di quelle cosacce nei vicoli intorno a pub come il Pig and Thistle... E poi Sean viene a dirmi che un fattorino mi sta cercando per mare e per terra, e indovina un po'? Ero stata convocata nella suite privata del signor du Barry! Mai avuto tanta fifa in tutta la mia cavolo di vita, giuro!
15
Questo volume è stato stampato nell'ottobre 2016 presso la Rotolito Lombarda - Milano