DEBBIE MACOMBER
A... come Amore?
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Friends - And Then Some Silhouette Romance © 1986 Debbie Macomber Traduzione di Giovanna Cavalli Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Pack gennaio 2015 Questo volume è stato stampato nel dicembre 2014 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd) HARMONY PACK ISSN 1122 - 5380 Periodico bimestrale n. 128A del 22/01/2015 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 239 del 15/05/1993 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
1 La pesante vela sbatté sferzata dalla brezza marina mentre Jake Carson manovrava la barca per intercettare il vento. Qualche attimo dopo la Lucky Lady scivolava veloce sulle acque increspate della baia di San Francisco. Soddisfatto, Jake chiuse gli occhi, felice della sua vita e in pace con il mondo. «Credi che io sia terribilmente venale?» gli chiese Lily Morrissey, allungando le gambe e incrociando le caviglie. «Sembra così cinico decidere di sposare un uomo solo perché è ricco. Ma in fondo non pretendo che sia proprio straricco da fare schifo... soltanto quanto basta...» Si interruppe con un pesante sospiro. Ultimamente aveva riflettuto a lungo sulla questione. Era quasi un anno ormai che suonava il pianoforte per i selezionati clienti del Wheaton Hotel. La location ideale per il suo piano d'azione. Solo facoltosi uomini d'affari potevano permettersi di soggiornare in quell'albergo così costoso. E Lily era determinata ad acchiapparne uno. Sfortunatamente finora nessuno si era fatto avanti, il che era assai deprimente. Eppure ogni volta si ripeteva che quella sarebbe stata la Sera X in cui avrebbe conosciuto il suo Zio Paperone. E quella speranza la induceva a ripresentarsi il giorno seguente. 5
«Vorrei soltanto qualcuno ragionevolmente ricco e a cui piaccia l'opera» aggiunse pensierosa. «Certo sarebbe carino se guidasse anche un'auto favolosa, ma non è fondamentale. Quello che mi preme davvero è il suo conto in banca. Deve essere abbastanza sostanzioso da poter mantenere la nonna e me. Non è poi una pretesa così tremenda, giusto?» Un lieve sorriso incurvò le labbra di Jake. «Jake?» lo richiamò lei, un filo indispettita. «Mmh?» «Non hai ascoltato una sola parola.» «Certo che sì. Stavi raccontando di come intendi accalappiare un bel riccone.» «Ma visto che te ne parlo di continuo, potresti aver tirato a indovinare.» Forse era una pazza a sperare che un giorno un generoso milionario l'avrebbe ricoperta di diamanti. «Non ho tirato a indovinare. Ho sentito ogni parola.» Lei socchiuse gli occhi con sospetto. «Sì, certo, come no» borbottò tra sé. E di nuovo riapparve il sorriso sornione di Jake, il suo marchio di fabbrica. Lily si soffermò a osservare il suo migliore amico. Jake faceva il tassista. Si erano conosciuti pochi giorni dopo che aveva cominciato a lavorare al Wheaton come pianista. Era in debito con lui. Non solo le offriva spesso un passaggio da e verso casa, quando era libero – ovvero più o meno tutti i giorni – ma quella volta le aveva tolte dai guai appena in tempo. Lily e sua nonna Gwen. Era lei che l'aveva cresciuta dopo la morte della mamma, quando suo padre si era imbarcato per cercare fortuna. Avendo scoperto che la paga giornaliera di 6
sua nipote era una miseria, meno di quanto le era costata una sola lezione di pianoforte, l'anziana signora si era offesa a morte con il manager del Wheaton. E aveva reagito alla sua maniera, molto teatrale: si era presentata in hotel indossando un autentico costume da sciamano e inscenando un rito vudù di punizione. Per fortuna Lily era riuscita a trascinarla via dall'atrio prima che arrivasse la polizia. Fuori dal Wheaton, appoggiato al suo taxi, Jake aveva assistito a tutta la scena. E aveva spalancato lo sportello dell'auto portandole via appena in tempo. Nei mesi successivi i tre erano diventati buoni amici. Jake in realtà era un aspirante scrittore. Viveva su una barca e si manteneva facendo il tassista. Non prendeva mai niente troppo sul serio. Nemmeno i suoi manoscritti. Lily a volte si chiedeva a quante altre persone offrisse corse gratuite. I soldi non gli interessavano, a lei invece sì. «Me lo sento, l'uomo dei miei sogni sta per arrivare nella mia vita» gli annunciò, con tono serio. «Non ne dubito» bofonchiò Jake, portando la mano alla bocca per coprire uno sbadiglio. «Dico sul serio. Stasera. Scommetto che lo incontrerò stasera.» «Spero che tu abbia ragione, in bocca al lupo.» La sua profezia le riecheggiava ancora nelle orecchie parecchie ore dopo, quando Lily si accomodò sullo sgabello davanti al grande pianoforte a coda che dominava il salone centrale del Wheaton. Con indosso un lungo abito rosso, senza maniche, e un paio di sandali argentati, quasi non sembrava la stessa donna che aveva passato il pomeriggio sulla barca a vela di Jake. 7
Le dita sottili scorrevano veloci sui tasti, mentre la mente era libera di vagare. A volte le sembrava che il suo sorriso fosse finto come le sue ciglia folte e ricurve. Alla duemilasettecentoventesima volta che eseguiva Moon River o un altro dei brani classici in repertorio, Lily non ne poteva davvero più. E poi i giorni passavano, ma il riccone dei suoi sogni non si era ancora materializzato. E a quanto pareva non sarebbe apparso nemmeno quella sera. Sospirando tra sé, continuò a suonare, sconsolata. Cinque minuti dopo, finito il brano, rialzò lo sguardo e si accorse con stupore di avere compagnia. In piedi accanto al pianoforte, un cowboy dalla faccia color mattone, la osservava rapito. Lily gli sorrise. «Salve. C'è una canzone che le piacerebbe sentire?» Il tipo, sui quarantacinque, aveva un inizio di doppio mento e una enorme fibbia turchese che spiccava sullo stomaco prominente. Era ancora un bell'uomo, nel complesso, anche se un po' imbolsito. «Conosce per caso Santa Fe Gal of Mine?» Il lieve accento del Sud non fu una sorpresa. Non per niente portava in testa un cappello Stetson con il laccetto di cuoio, per quanto abbinato a una giacca di lino da almeno mille dollari. Un texano, calcolò Lily. Mmh... Un ricco texano. Forse un petroliere. «Santa Fe Gal of Mine? Be'... non ne sono sicura» rispose, ritrovando di colpo il sorriso più smagliante. «Magari se me ne accenna qualche nota mi torna in mente.» Di solito non riceveva richieste. Gli ospiti del Wheaton erano indaffarati con il check-in o chiacchieravano con gli amici sorseggiando un drink, nessuno sembrava interessato al sottofondo musicale. Il cowboy si appoggiò al pianoforte e chiuse gli occhi per qualche istante, concentrato. «Non ricordo la 8
melodia» ammise impacciato. «Mi spiace, non sono molto bravo con questo genere di cose. Sono un petroliere, non un cantante.» Dunque era proprio come sospettava. Con rapida mossa Lily diede un'occhiata in basso e riconobbe le scarpe che aveva visto pubblicizzate sulle pagine di Gentlemen's Quarterly. Stivali da cowboy, ovviamente, ma d'importazione, in vera pelle e intarsiati d'argento. Un bel paio di scarpe di cuoio, ne era convinta, erano il segno della vera eleganza. «Sa dirmi per caso chi la cantava?» gli domandò raggiante, col cuore che le batteva talmente forte che sembrava sul punto di schizzarle fuori dal petto. Aveva predetto a Jake che quella sera avrebbe conosciuto l'uomo dei suoi sogni. E alla fine lui era apparso! E non portava nemmeno la fede al dito. «No, non saprei.» «Magari c'è un'altra canzone che le piacerebbe riascoltare?» gli chiese speranzosa, mentre le sue mani continuavano a scorrere abili sui tasti bianchi e neri, senza nemmeno bisogno di leggere lo spartito. Intanto osservava il cowboy con il doppio mento dicendosi che l'aspetto fisico non era poi tutto, nella vita. Inoltre non poteva escludere che fosse già sposato e che avesse un figlio più o meno della sua età. L'unico erede dei pozzi di petrolio di papà. «Un giorno troverò una dolce ragazza come lei che conosce quella dannata canzone» bofonchiò lui. «È stata sempre la mia preferita.» Il cervello di Lily era già in fibrillazione. In qualche modo avrebbe scovato quel brano ammuffito, guadagnandosi la sua eterna riconoscenza. «Sarà da queste parti anche domani?» «Dovrei esserci, sì.» 9
«Allora torni a trovarmi e vedrò cosa posso fare per lei.» Il cowboy si toccò la tesa dello Stetson, in segno di saluto. «Lo farò, mia dolce puledrina, buonanotte.» «A domani.» Un'ora dopo Lily era ancora così agitata che le sembrava di aver appena corso i cento metri a ostacoli. Forse per sdebitarsi il suo texano – sì, ormai lo sentiva già suo – avrebbe insistito per portarla fuori a cena. Quella era la svolta che attendeva da mesi. Non era andata proprio come se l'era immaginata, ma era l'occasione che aveva invocato. Già si vedeva seduta in un ristorante chic a ordinare zuppa di zafferano e mandorla e aragosta in salsa. Per dessert, gelato alla vaniglia con noci e caramello. Mmh... Sentì l'acquolina in bocca pregustando tutte quelle ricette meravigliose di cui aveva letto sulle riviste, ma che non aveva mai assaggiato. Il suo texano probabilmente avrebbe ordinato pollo alla brace con patate, pazienza. Poteva regalarle il lasciapassare per una vita da milionaria, se si giocava bene le sue carte. E per la prima volta da parecchio tempo Lily provò l'ebbrezza di aver pescato quattro assi a poker. Jake era seduto nel taxi parcheggiato di fronte all'hotel quando uscì nella tiepida notte d'estate. Agitò la mano e si affrettò verso l'auto. «Jake!» gridò, incapace di contenere l'euforia. «Non ti avevo detto che me lo sentivo? Mi è successa la cosa più fantastica del mondo! Non posso credere di essere stata così fortunata.» Aveva voglia di mettersi a cantare e ballare in mezzo alla strada. Con un gomito poggiato sul finestrino aperto, Jake la studiò con i suoi occhi verdi e seri e un lento sorriso che sollevò un angolo della sua bocca carnosa. «Mi 10
pare di intuire che è arrivato Zio Paperone.» «Sì!» trillò Lily. «Il mio Zio Paperone è qui!» Jake si allungò sul sedile accanto per aprirle lo sportello del passeggero. «Sali e raccontami tutto mentre ti accompagno a casa.» Lily si infilò dentro e chiuse la portiera. Jake si immise nel traffico. «Ero così impreparata che per poco non ho perso la mia grande occasione» ricominciò lei, parlando veloce come una mitragliatrice. «A un tratto, dopo tutti questi mesi, eccolo lì davanti a me, con il cappello da cowboy, gli stivali borchiati d'argento e una giacca da mille dollari, che mi chiedeva di suonargli una canzone mai sentita... Santa Fe qualche cosa... Io però non la conoscevo, ma non importa, lui mi ha chiamato dolce puledrina e Jake, ne sono sicura, è ricco sfondato! Sprizza petrolio da ogni poro.» Si interruppe giusto per riprendere fiato. «È un po' vecchio per me, avrà quarantacinque, forse cinquant'anni, e forse è un po' sovrappeso, ma nel complesso non è tanto male. Ed è gentile. Si vede subito quando un uomo ha un cuore d'oro. Ricordi quando ti ho conosciuto ed ho capito subito che eri una persona fantastica? Ecco, stasera ho avuto la stessa sensazione.» Continuò per un altro minuto buono, prima di rendersi conto che Jake era rimasto sempre zitto. «Oh, scusami, ho parlato sempre e solo io, senza darti nemmeno il tempo di pensare.» «Hai un accento strano.» «Oh, sì, sto facendo pratica. Sono nata in Texas.» «Davvero?» «No, certo che no, ma questo potrebbe fare colpo su di lui.» Di nuovo Jake sfoderò quel suo sorriso sornione. Lily studiò il profilo del suo migliore amico. Jake 11
non era il classico bel ragazzo, come i modelli fotografati su Gentlemen's Quarterly. Però non era niente male. Alto, spalle larghe, magro ma muscoloso, capelli neri. E con due magnifici occhi verde mare. Poteva risultare molto attraente, se ci si fosse messo un po' d'impegno. Ma non gliene importava niente. Indossava quasi sempre jeans sbiaditi e magliette slabbrate. Lily dubitava persino che possedesse una giacca nell'armadio. Mentre era assorta in tali considerazioni estetiche, Lily si rese conto di non sapere molto di lui. Jake parlava di rado del suo passato. Da ragazzo si era arruolato nell'esercito. Poi si era laureato in ingegneria in qualche prestigiosa università della costa est. Da frammenti di conversazione Lily ne aveva dedotto che, prima di fare il tassista, avesse cambiato mille lavori. Sembrava che non ci fosse niente che non avesse provato almeno una volta. In qualche maniera le ricordava suo padre, che in una vita trascorsa in mare, imbarcato sulle navi mercantili, le aveva portato migliaia di oggetti strani da ogni parte del mondo. Jake riusciva a fare bene qualunque cosa si mettesse in testa. Era creativo e intelligente, orgoglioso e pieno di risorse. Lily gli voleva un bene pazzesco, ma solo come amico. Era il suo confidente, un compagno d'avventure perfetto. Ma lo considerava più come un affettuoso fratello maggiore. L'amore vero, quello che c'è tra un uomo e una donna, era un'emozione che Lily conservava per il suo futuro marito. Prima però doveva trovare un milionario a molti zeri, rigorosamente scapolo. E convincerlo che sarebbe stata una moglie fantastica. La sua. Osservandolo così da vicino, notò che Jake era con12
trariato. Lo capiva dal modo in cui ritraeva il mento, come un cobra pronto a colpire. Trasudava impazienza e rabbia repressa. Per esperienza Lily sapeva che, di qualunque cosa si trattasse, ne avrebbe parlato con i suoi tempi. «Be'?» sbottò lui, infine. «Be', cosa?» «Pensi di illustrarmi il tuo piano per acchiappare questo milionario venuto dal Texas oppure no?» «Sei sicuro di volerlo sapere? Dal tuo tono di voce giurerei che tu mi voglia strozzare.» «Dannazione, Lily, uno di questi giorni...» Jake si interruppe e inspirò a fondo per calmarsi. Passarono diversi secondi prima che riprendesse a parlare. «Raccontami tutto, dai.» La sua voce adesso era dolce come il velluto, quasi una carezza. Ma Lily non si lasciò ingannare. Jake era furioso. «D'accordo, dimmi cos'è che è andato storto. Ti hanno fregato di nuovo sul prezzo della corsa? Pensavo che avessi brevettato un sistema infallibile per evitarlo.» «Nessuno mi ha fregato niente.» «E allora cosa c'è?» Lui la ignorò. Sembrava concentrato sul traffico. «Ascolta, ragazzina, devi stare bene attenta a quello che fai.» Lily detestava quando lui la chiamava ragazzina e Jake lo sapeva. «Stare attenta a chi, a cosa? Di che parli? Ti comporti come sei io stessi per maneggiare delle scorie radioattive. Santo cielo, è soltanto un petroliere texano. E non so nemmeno come si chiama.» «Non giocare con il fuoco.» «Non sto giocando proprio con niente, non ancora. A proposito, hai mai sentito una canzone intitolata Santa Fe Gal of Mine?» 13
«Santa Fe Gal of Mine?» ripeté lui, con aria disgustata. «No, mai.» «Devo chiederlo alla nonna» disse Lily fiduciosa. Magari era bizzarra, ma la vecchia Gwen era una miniera di informazioni inutili. Se quella canzone era mai stata in classifica, allora lei la conosceva di certo. Jake accostò davanti a una grande casa a due piani, un po' sgangherata, con un ampio portico. «Vuoi entrare adesso o ripassi più tardi?» «Ci vediamo dopo.» E si allontanò. Lily si incamminò verso la porta, fermandosi sugli scalini, confusa. Jake era strano, quella sera. Freddo, scostante quasi. I suoi impenetrabili occhi verdi sembravano quelli del Buddha di giada che suo padre le aveva portato da Hong Kong. Non era il solito Jake. Forse aveva avuto una brutta giornata, rifletté Lily. Eppure avevano passato la gran parte del tempo in barca, cosa che piaceva a entrambi. Ma in fondo tutti ogni tanto hanno la luna storta, si convinse. Ne aveva diritto anche Jake. Scacciando via la sensazione di disagio, Lily entrò e come prima cosa si fermò a dare un buffetto affettuoso al caro, vecchio Herbie, in bella mostra sul tavolino del salotto. Herbie era l'argomento di conversazione preferito di sua nonna Gwen: una testa mummificata portata dal Sud America. Davanti al camino invece, per terra, c'era una pelle di zebra africana. La tv era accesa nella camera da letto della nonna, ma l'anziana signora russava così forte da superare il sonoro del film d'azione. Con un sorriso affettuoso, Lily spense l'apparecchio e si allontanò in punta di piedi. Le avrebbe parlato l'indomani mattina. Si sfilò il vestito rosso e ispezionò con aria critica il suo ridotto guardaroba, chiedendosi cosa avrebbe in14
dossato se il ricco texano l'avesse invitata a cena. Forse l'abito nero con quella scollatura profondissima. No, meglio di no, poteva dargli l'impressione sbagliata. Quello di chiffon color lavanda, comprato di seconda mano, metteva in risalto i suoi occhi scuri ed era più castigato. Decisamente più adatto per avviare una relazione seria con un potenziale futuro marito. Era seduta accanto al vecchio pianoforte, frugando tra gli spartiti della nonna custoditi nella cassapanca, quando Jake tornò. Appena entrato, appese la sua giacca alle zanne d'elefante che fungevano da attaccapanni. «Ehi, ciao.» «Ciao.» Perlomeno sembrava di umore migliore rispetto a prima. «Mia nonna potrebbe avere lo spartito di quella canzone senza nemmeno saperlo.» «Sei determinata a trovarla a ogni costo, vero?» le chiese con un sorriso stanco. «Devo trovarla. Altrimenti non esaudirò il suo desiderio e lui non mi dimostrerà la sua riconoscenza. E sarà stato tutto inutile.» Jake sedette sul bracciolo del divano, prese un mucchio di spartiti e li sfogliò svogliatamente. Non gli piaceva questo misterioso texano comparso all'improvviso nella loro vita, non sapeva nemmeno dire il perché. Lily era più che mai decisa ad accalappiare un milionario. Conoscendo la sua tenacia, ci sarebbe riuscita. Quando voleva qualcosa, la inseguiva con incrollabile ostinazione. Per lui invece niente era mai così importante. C'erano cose che desiderava, ma niente per cui valesse la pena di rinunciare alla sua vita tranquilla. Invece gli occhi castano scuro di Lily brillavano di eccitazione quando gli aveva raccontato del texano. 15
«Oggi sei riuscito a scrivere qualcosa?» Jake risistemò la pila di spartiti. «Ho finito quel racconto di cui ti parlavo e l'ho spedito per e-mail.» Lily sorrise, distratta al momento dai suoi progetti di conquista. Jake aveva talento, però lo sprecava in racconti brevi che avevano poco mercato, anziché concentrarsi su un romanzo. Era così che si facevano i soldi. «Me lo farai leggere?» Di solito le passava il testo da rivedere, soprattutto per controllare gli errori di battitura. «Sì... magari più in là» le rispose evasivo. Di solito era ansioso di conoscere il parere di Lily, ma in questo racconto c'era qualcosa di autobiografico che finora aveva tenuto per sé. La parte interessante del mestiere di scrittore era che non sempre gli piacevano i personaggi che descriveva sulla carta. Alcuni erano positivi e vitali, altri cupi e pericolosi. Eppure rispecchiavano tutti una parte di lui. «La nonna avrà almeno un'altra tonnellata di questi spartiti» borbottò Lily mordicchiandosi il labbro. «Ti va di accompagnarmi in soffitta?» «Certo.» La seguì su per le scale scricchiolanti fino al secondo piano. In fondo al corridoio, oltre una porta, c'era un'altra scala, ancora più stretta e ripida. Jake la precedette, facendole strada. Lily infilò un dito nel passante della sua cinta dei pantaloni, per sentirsi più sicura. La soffitta era immersa nel buio. «Dov'è l'interruttore?» domandò lui. «Sulla parete, da qualche parte». Una strana inquietudine si era impadronita di Lily. «Ma non importa, tornerò domani, stare quassù mi mette ansia.» «Ormai ci siamo» ribatté Jake, prendendola per mano. «Non avere paura, ti proteggo io.» 16
«Ecco, ora sì che mi sento tranquilla.» Lily si sforzò di scherzare e riuscì a reprimere l'istinto di tornare indietro nel corridoio illuminato e rassicurante. Rabbrividì. «La nonna ci tiene della roba strana qui sopra.» «Non credo che possa essere peggio di quella che espone in salotto» mormorò Jake e ridacchiò mentre avanzava nell'oscurità a piccoli passi, con una mano davanti a sé, per evitare di sbattere contro qualche oggetto misterioso. Piano piano gli occhi di Lily si abituarono al buio. «Mi sembra di scorgere una corda... qui, alla tua sinistra.» Indicò qualcosa che poteva assomigliare al filo della luce. «No. Ti informo che è un cappio.» «Santo cielo, che cosa ci fa la nonna con un cappio?» La soffitta era territorio esclusivo dell'estrosa vecchietta, Lily non ci metteva piede da anni. «Una volta mi ha detto che il suo bisnonno faceva parte della banda di Jesse James. Forse il cappio aveva a che fare con lui.» Mentre parlava il piede di Jake urtò contro una scatola e lui barcollò in avanti per qualche passo, prima di ritrovare l'equilibrio. Lily trattenne il respiro. «Tutto bene?» «Sì, sto bene.» «Che cos'era?» «E come faccio a saperlo?» «Jake, torniamo giù, per favore.» Aveva il terrore di infilare un piede nel nido di un pipistrello o peggio ancora. «Ormai ci siamo. La luce deve pur essere da qualche parte.» «Sicuro, ma nel frattempo non sappiamo...» «Dannazione!» 17
Lily gli stritolò la mano. «Ora cosa c'è?» «Ho sbattuto con il ginocchio contro qualcosa.» «Dai, basta. Torniamo indietro.» Jake poteva restare lì, se voleva, ma lei manco morta. Dal primo istante in cui erano entrati in quel sepolcro aveva avuto una bruttissima sensazione. «Lily, finiscila» le ordinò. Ma lei liberò la mano e fece dietrofront verso le scale. A trovarle, le scale. Buio totale. A quanto pareva la porta della soffitta si era chiusa da sola. Tutto intorno era nero e spettrale. «Io esco di qui» dichiarò Lily ormai in preda al panico, incapace di mantenere la voce ferma. «Questo posto mi sta mettendo addosso una fifa pazzesca.» Nella foga di scappare però si infilò dritta con la faccia in una enorme ragnatela. «Aaghh!» strillò disgustata, mentre tentava di liberarsi dai fili sottili e appiccicosi. Un brivido di paura le salì lungo la spina quando sentì qualcosa che le zampettava sui piedi. Il cuore le martellò impazzito nel petto. In preda al terrore, lanciò un urlo da gelare il sangue. «Jake... Jake!» Lui la raggiunse in pochi secondi, prendendola tra le braccia. Lily gli si aggrappò disperata e tremante, avvinghiandosi al suo collo, il viso affondato nella sua spalla. Jake le cinse la vita sollevandola quasi da terra. «Lily, stai tranquilla» le sussurrò. Il suo abbraccio, caldo e sicuro, scacciò la paura. «Ci sono qua io.» Lei riuscì soltanto ad annuire. Jake le scansò i riccioli vaporosi dalle tempie. «Ti ho detto che ti avrei protetto io.» Il suo respiro caldo le lambì il viso, innescando una spirale di nuove sensazioni. Il suo profumo maschio era incredibilmente inebriante. 18
Soltanto allora Lily si rese conto che il suo corpo era premuto contro quello di Jake, saldo e duro come una roccia. Allentò la presa e si lasciò scivolare addosso a lui, fino a toccare il pavimento. Nel fare questo però, l'orlo della sua camicetta si arrotolò fino al seno e la sua pelle nuda andò a strofinarsi contro il torace muscoloso di Jake, sotto la maglietta. La porta della soffitta cigolò, socchiudendosi appena e lasciando entrare un filo di luce. Come ipnotizzati, i loro sguardi si incrociarono e fu come se si vedessero per la prima volta. Il battito di Lily parve impazzire, quando lo sorprese a fissarle le labbra. «Jake?» La sua voce era un sussurro incerto. I suoi occhi erano diventati verde cupo. Lentamente, come se fosse guidato da una forza a cui non poteva opporsi, abbassò la bocca su quella di lei. Labbra calde contro labbra calde, in un bacio inatteso, gentile e lento. «Lily.» La voce di Jake suonò stranamente roca e incerta, quando si scostò. Lei tenne gli occhi chiusi. «Questo non doveva succedere.» «Vuoi delle scuse?» Jake la lasciò andare e le braccia di Lily le scivolarono lungo i fianchi. «No... sono io che dovrei scusarmi... non so che cosa mi sia preso.» «Hai ragione, però, a proposito di questo posto» ammise lui. «C'è qualcosa di sinistro qui dentro. Scendiamo.» Tornati in salotto, Lily aveva ripreso il controllo di sé e riuscì persino a sorridere della strana avventura in soffitta. «Cosa c'è di così buffo?» lui non sembrava affatto divertito invece. Si andò a sedere sulla poltrona di bambù di solito riservata alla nonna. 19
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