Jina Bacarr
Bionda Samurai
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Blonde Samurai Spice Books © 2010 Jina Bacarr Traduzione: Andrea Marti/Grandi & Associati Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2010 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Passion maggio 2010 HARMONY PASSION ISSN 1970 - 9951 Periodico mensile n. 31 del 27/5/2010 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 71 del 6/2/2007 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
Prologo
San Francisco 15 settembre 1876 Non è compito facile, cara e nobile lettrice, rispondere ai pettegolezzi malevoli su di me che si sono diffusi nei salotti di Mayfair, dal mio ritorno in Inghilterra. Voci di notti sfrenate in compagnia non di uno, ma di due uomini che mi davano piacere; oggetti misteriosi creati per placare l'ardente desiderio di una donna e colmarla di una beatitudine orgasmica; giochi erotici di dominio, ragazze legate e fustigate sulle natiche ignude. Ho davvero preso parte a fantasie così scatenate, o si tratta soltanto di storie inventate da uno scribacchino infatuato per vendere i suoi racconti e guadagnarci? Voi sarete il giudice; in ogni caso, vi attendono pagine e pagine di piaceri erotici. Quel che è senza dubbio indiscutibile è che sono fuggita da mio marito e sono sparita. Alcuni sostengono che sia uscita di senno e sia stata rinchiusa in manicomio, altri affermano che sia entrata in un convento. Non è vera né la prima né la seconda ipotesi, ma lo scandalo che ho provocato ha sconvolto i canoni di serietà e grigio decoro che i ceti più elevati ostenta5
no e ha dato vita a infinite discussioni in merito a quella che viene considerata la mia condotta vergognosa e sulle azioni da intraprendere. Azioni da intraprendere? Come se loro, e solo loro, vivessero su un livello più alto e regnassero su tutti coloro che vivono di sotto. Io non condivido questa visione della società, e per questo mi evitano. Vi sconvolgerò ancora di più, visto che inizierò la mia storia con una confessione che vi stuzzicherà e vi darà un altro motivo per domandarvi se quanto avete sentito mormorare su di me corrisponda a verità. È un dato di fatto che io, focosa figlia di Erin, passando per l'America nell'estate del 1872, sia giunta a Londra determinata a sposare un uomo in possesso di un titolo nobiliare. Sappiate che ero di aspetto abbastanza insignificante e di carattere piuttosto sfacciato, cosa che creava un certo dissenso tra i miei corteggiatori riguardo alle mie prospettive matrimoniali, sebbene, per motivi che chiarirò più avanti, abbia poi sposato un ottimo partito. Il primo uomo che accolsi nel mio letto dopo la notte nuziale, però, non fu mio marito, né il vostro... fu invece uno degli uomini più misteriosi, sfuggenti ed enigmatici di tutto il Giappone. Era un samurai. Si chiamava Shintaro. Non dimenticherò mai l'istante in cui quel samurai alto, muscoloso, entrò in quella stanza. Il suo passo pesante faceva tremare il pavimento di legno, aveva una presenza imperiosa, elettrizzante, una voce profonda, che mi parlò nella sua lingua esotica di cascate, fiori, dei, come fosse stato un poeta in grado di creare una melodia di parole che 6
infondesse armonia tra di noi. Ardevo talmente di desiderio da non riuscire a trattenere il respiro. Volevo soltanto lui. Era bello, audace e convincente come il vento che con il suo soffio sfiora il convolvolo sul rampicante, lo svela al sole e poi lo alletta ad aprirsi a lui. E a vivere tra le sue braccia i sogni più vividi ma ancora inespressi. Sapevo che Shintaro era dotato di una spiccata sensibilità per tutto quello che aveva carattere artistico e raffinato, compresa la grazia e la compostezza delle stampe erotiche. Provava immenso piacere a mostrarmi gli atti sessuali ritratti in quelle incisioni su blocchi di legno, fin nei dettagli più ricercati e piccanti. Tuttavia, in quanto esponente della classe guerriera, nutriva anche un'intensa passione per la guerra e per l'onore e aderiva a quel loro senso di lealtà personale con la disposizione più assoluta a combattere e morire senza esitazioni, mai; possedeva altresì una disposizione a far l'amore con me con identica, totale dedizione, il suo desiderio di me gli bruciava ardentemente nell'anima. Quando ero insieme a lui, il mio spirito era lieve come il fiore di ciliegio che scende a poco a poco verso il terreno, la sua fragranza pura profumava di fresca innocenza l'entusiasmo della nostra unione e non nascondeva spine al di sotto dei petali, come la rosa inglese. Poi una terribile tragedia si abbatté su di noi e fui costretta a lasciare il Giappone per far ritorno a Londra. Cara lettrice, non si trattò di impresa facile. Una forte incertezza si impossessò di me, sentivo di aver assimilato così tanto, nella mia vita lì, che tornare in Inghilterra sarebbe stato fonte di 7
turbamento e ben poco facile. Avessi saputo quanto disprezzo e quanto scherno mi attendevano non avrei comunque cambiato di una virgola queste memorie, perché io sono destinata a scrivere e a narrare fedelmente la mia storia. Lo ammetto, ho un po' abbellito la narrazione di quel mondo incantato senz'altro debitore delle percezioni e delle fantasie femminili, tuttavia sono più che mai convinta che i miei ricordi susciteranno una reazione, in voi, e conseguenze di una portata ben al di là di un semplice racconto. La mia speranza è che anche voi possiate scoprire un altro lato della vostra natura più intima, com'è stato per me, un lato che sappia tentarvi a deviare dai canoni e dalle aspettative che dominano la vostra vita sentimentale e vi permetta di gustare a pieno l'atto erotico, con Sua Signoria... o con qualsiasi gentiluomo vogliate accogliere nel vostro letto. Perché possiate farlo, ho scelto di trascrivere la mia storia, Compendio erotico per signorine. Un'idea del genere mi è venuta ripensando a un episodio, ben noto a molte potenziali lettrici di questo libro, avvenuto il 25 aprile del 1876 nella residenza londinese del Visconte di Aubrey. Stava avendo luogo una serata divertente e spensierata, finché non feci il mio ingresso nella sala, facendo voltare la testa a tutti. Erano espressioni incuriosite, interrogative, certune anche colme di invidia, visto che ero stata preceduta da pettegolezzi sempre più forti sul mio possente e autoritario amante samurai. Tra le ipocrite dame di Mayfair, le voci si erano diffuse con gran rapidità. È arrivata quella Carlton, mormorarono. Non riu8
scivano a distogliere gli occhi da me, passavano in rassegna il mio abito da sera, la mia figura, i miei gioielli, perché io avevo osato lasciare mio marito e cercare di vivere la mia vita in mezzo ai samurai. Agli occhi dell'aristocrazia britannica, non poteva esserci peccato più infamante. Non vi rovinerò la storia, se non siete a conoscenza delle descrizioni dello scandalo sui quotidiani, ma basti dire che non ho menzionato chi, tra voi che vivete a Londra, non si è reso responsabile di alcuna cattiva azione. E per quanto la classe aristocratica sia senza ombra di dubbio ben rappresentata nella mia narrazione, sappiate che ho modificato i nomi delle persone coinvolte. Questa è una storia piccante, amata lettrice, piena di termini e frasi conosciute e impiegate dai maschi. Prima di iniziare, forse desidererete aprire la vostra reticule ed estrarne la boccetta dei sali. Vi serviranno. Vi avviso, potrete restare sconvolta dalla mia storia, ma mai annoiata. Domani partirò per Yokohama dal porto di San Francisco, a bordo della SS Oceanic. Nel momento in cui leggerete queste pagine, io sarò già a casa, perché questo è quel che è per me, ora, il Giappone: il mio cuore e la mia casa. È lì che ho conosciuto la gioia dell'amore passionale, il dolore di una perdita enorme e l'importanza del dovere, se si vuole sopravvivere. Conto i battiti di cuore che mi separano dal mio ritorno in Giappone, ma prima invierò tramite posta queste pagine conclusive al mio avvocato di Londra, il signor Robert A. Brown, che le consegnerà all'editore. Intendo ringraziarlo per il suo incessante sostegno durante questi lunghi mesi di scrittura, di decisioni e di ri9
pensamenti sull'opportunità di trascrivere o no questi ricordi. Lui mi ha infuso il coraggio di farlo e ha anche fatto in modo di procurarmi un contratto con la più illustre casa editrice londinese. Di qui a qualche mese, questo libro sarà dunque tra le vostre mani. Allora spetterà a voi, cara e nobile lettrice, decidere il suo destino. Capisco che, per voi, il fascino di leggere questi ricordi consiste nel far sì che il vostro cuore batta più velocemente, rievocando i miei interludi romantici con il mio bellissimo samurai. Non temete, a tempo debito farò partire il racconto dello spaventoso incidente avvenuto in Giappone, che mi spinse tra le sue braccia. Ma prima dovrò tracciare uno schizzo dei precedenti atti del dramma che forma la struttura della mia storia, a partire dalla mia notte di nozze e da quel che ne seguì, in modo che voi possiate comprendere tutti gli eventi che ebbero luogo, siano di carattere sensuale, provocatorio o tragico. Se una volta giunta al termine della mia storia riterrete autentiche le mie parole e le accetterete, allora avrò avuto successo: Shintaro non vivrà soltanto dentro queste pagine, ma anche nel vostro cuore, come già vive nel mio. Lady Carlton nata Katie O'Roarke.
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Mayfair, Londra 26 agosto 1872 Il mio straordinario viaggio che mi portò ad abbracciare la via del guerriero ebbe inizio in una lussuosa residenza di città a Mayfair. La notte delle mie nozze. Fu un avvenimento sociale degno di Londra: elegantissimi annunci matrimoniali, cascate di fiori che adornavano le panche della chiesa e regali fastosi il cui luccichio non poteva che essere aureo. E poi c'ero io, con una tiara di diamanti sulla testa ornata di così tante pietre a forma di pera che sentivo scricchiolare il collo, tentando di stare seduta, come un cigno, sebbene fossi più un brutto anatroccolo yankee. Ho già detto che tra il clero officiante avevamo persino un vescovo? Dopo questa descrizione, già mi sembra di sentirvi sbadigliare, pronta a gettare via il libro prima di essere giunte nella serica terra d'Oriente, temendo di esservi imbattuta nei prevedibili ricordi di una giovane dama della buona società, persa nelle sue illusioni romantiche poco prima di mettersi a letto, mentre il marito va a far visita alla sua aman11
te. Vi garantisco che la mia storia è di tutt'altro genere. Sono fuoco e passione quel che raccolsi una volta che osai abbandonare una vita di privilegi e abbracciare la via del guerriero. Cavalcare il vento incontro agli dei, farsi largo attraverso la pioggia battente, le braccia piegate dalla pesante spada di acciaio che tenevo in pugno, un pugnale nascosto tra i seni, accanto al cuore. Ma sto permettendo alla passione per quella vita di farmi salire la febbre e liberarmi da quel che accadde la notte delle mie nozze. In quell'occasione fu un ben diverso strumento di dolore a farmi spasimare e gemere, un oggetto consunto, liscio, privo della punta aguzza della spada, ma ugualmente preciso nel centrare il bersaglio. Un frustino nero da cavallerizzo. Non dimenticherò mai quella che in teoria avrebbe dovuto essere una notte intrecciata di fili di seta e romanticismo, baci licenziosi e sospiri mielati. Invece, rimasi sbigottita nel vedere il mio novello sposo inseguire per le scale una rossa provocante e sferzarle il fondoschiena grassoccio. Corsi a nascondermi dentro a un guardaroba di tek, che sapeva di whisky, tabacco da fiuto e muffa. Uno strano desiderio si impossessò di me, volevo saperne di piÚ su quel mondo sconveniente, misterioso, che mi turbava e stimolava. Siete sconvolta? Vi sentite offesa? Ma voi siete una giovane di buona educazione, mi sembra di sentirvi dire, riservata, timida. Sono americana di sangue irlandese, e me ne vanto. Sebbene troppo spesso la mia stirpe fiera venga liquidata con uno sguardo sprezzante da megere con il volto di pie12
tra, che soffrono della malattia sociale dello snobismo, io le ignoro senza incertezze. Non mi curo della loro roccaforte sociale, con le sue restrizioni di classe, le debuttanti senza sangue nelle vene in crinoline ondeggianti che tengono a distanza di un braccio i loro corteggiatori. Io sono cresciuta cavalcando senza sella, con le mani e la faccia spesso sporche e ferite per aver scavato nelle viscere molli e umide della terra al fine di sfamare le nostre pance vuote, prima che mio padre facesse fortuna. Vengo da una famiglia di gente che lavorava duramente, timorata di Dio, e mai mi sarebbe venuto in mente di vivere in un palazzo dell'aristocrazia. Ma eccomi qua, io, la figlia di Thomas O'Roarke, a nascondermi e a trattenere il respiro mentre osservo la scena che viene recitata a mio esclusivo beneficio, in questa residenza di città a Mayfair. Certo non immaginavo così la vita matrimoniale quando frequentavo l'Educandato femminile di Miss Brown, dove la preside in persona, Miss Herminone Tuttle, mi aveva insegnato i modi e il contegno di una vera signora. Io desideravo compiacere mia madre, che voleva disperatamente che almeno una delle sue figlie facesse un bel matrimonio, per cui mi tuffai in quel delirio di stoffe preziose e corsetti, pettegolezzi e biglietti profumati, lezioni di canto e disegno, tutte le necessità bramate da una ragazza nella mia condizione di figlia di arricchiti per allestire il suo arsenale di doti muliebri. Giorno dopo giorno, Miss Tuttle si lagnava sempre più della mia natura troppo loquace, spronata dalla mia insaziabile curiosità e dall'atti13
tudine a mettere in dubbio qualunque cosa. Disposizione assai poco saggia, scoprii ben presto, per una ragazza nata in una casupola dipinta di bianco nei boschi della Pennsylvania, una ragazza che aveva più cervello che seno e non teneva separati i suoi sogni dalle sue emozioni e dalla sua sensibilità. C'è quindi poco da stupirsi se venni respinta da tutti gli scapoli in possesso dei requisiti approvati dalle matrone della Knickerbocker Society. Ma fu mia madre, da quella cara persona che è, a circondarmi di insegnanti e sarti da donna e a imbarcarsi insieme a me alla volta di Londra, con un solo obiettivo in mente: la caccia al marito. Con i miei corteggiatori, faceva in modo di porre l'accento sul fatto che ero sfacciatamente ricca. Mio padre è un magnate delle ferrovie, un uomo che si è fatto da sé e ha molto più fegato che istruzione. È un ottimo padre, mi ha sempre incoraggiato a essere la fanciulla un po' indiscreta che in effetti sono. Katie, ragazza mia..., come ama dire quando dibattiamo qualche argomento, hai più spirito combattivo di qualunque uomo io abbia mai conosciuto. Quanto lo amo. Ma davanti a me non c'era alcun percorso, nessun reame preparato per l'inseguimento dei miei sogni. Spesso mi chiedevo: Che ne sarà di me? Noi irlandesi sovente ci ritroviamo a intraprendere le professioni meno raccomandabili, come fare la vita dell'attore o, peggio ancora, dello scrittore. È il dono di saper usare le parole, ci è stato dato da chi governa il cielo e io non costituisco eccezione. Il più delle volte mi caccio nei guai, per questo, ma non riesco a tenere per me i miei pensieri, par14
lo prima di pensare, faccio le mie osservazioni con spirito pungente, talora senza il minimo tatto, e questo è il motivo per cui non riuscii a conservare uno spasimante né la fede di mia madre nel fatto che potessi trovare un buon partito. Non esistevano abbellimento o acqua di lavanda in grado di allontanare l'odore di cavalli e di fieno da quella ragazza che aveva attraversato l'Atlantico per trovare un marito appartenente all'aristocrazia britannica. Con sommo sgomento di mia madre, più di un corteggiatore londinese si lamentò del fatto che fossi un po' troppo pronta a snocciolare commenti sfacciati e un po' troppo vivace nell'esprimere le mie opinioni. Mi rimproveravano per la mia sfrontatezza, mettendo in evidenza il fatto che gli uomini erano più interessati agli ondeggiamenti del corpo che al brio delle parole di una fanciulla. Di nuovo, fallii la prova. Ero più alta delle fragili ragazze inglesi che venivano fatte sfilare nei salotti per tre mesi all'anno. Erano sottili come centrini di carta e parevano tutte ricavate dallo stesso stampino. Io avevo i capelli biondi e gli occhi azzurri, una figura piacevole, dalla vita sottile, anche se avevo i fianchi un po' da maschio. Poi la forza della natura prese su di sé l'incarico e mi offrì un garbato rimescolamento del destino, altresì noto come passaggio di mano di un grosso quantitativo di denaro, e ricevetti così una proposta di matrimonio. Come accade il più delle volte in questi matrimoni affrettati, andai all'altare sapendo ben poco di mio marito, se non che aveva un titolo nobiliare e una maniera di guardarmi che faceva ardere di desiderio. 15
La mia brama di romanticismo si rivelò la mia rovina, quando acconsentii a lasciarmi corteggiare da quell'aristocratico pervertito dai capelli neri sempre scarmigliati e con una lieve zoppia. Aveva spalle larghe e un torace muscoloso, teneva la testa alta, come il suo ego. Mi accorsi che, quando sorrideva in modo fosco, la fossetta che aveva nel mento si faceva ancora più profonda. Lord James Carlton era bello come un principe, e ne era perfettamente consapevole. Emanava fascino, per quanto in seguito avessi avuto modo di scoprire che tutta quella esibita sicurezza di sé e quel comportamento dissoluto celavano un lato diverso del suo carattere, un lato che, se sfidato, esplodeva in un animo cupo e decadente. Di tutto ciò non sapevo nulla, però, quando accettai la sua frettolosa proposta matrimoniale. Cercai di nascondere la mia sorpresa, nonché la mia gioia infantile, mi credevo innamorata di lui senza riuscire ad ammettere a me stessa che le mie sensazioni erano il frutto di una semplice infatuazione. Che ne sapevo dell'amore? Nulla. Quel che non sapevo lo attingevo da racconti intrisi di romanticismo che troppo spesso ruotavano attorno a un'eroina idealizzata e melodrammatica. E adesso c'era quell'esibizione di pelle nuda, splendidi seni e natiche tonde davanti ai miei occhi, di traverso, tutto quel che Dio stesso aveva creato per raffigurare la lussuria del diavolo, e mi faceva restare di sasso. Come spiegarvi le emozioni che mi invadevano? Ero molto giovane, avevo appena diciannove anni e, per quanto di rado lo ammettessi, ero piuttosto ingenua quanto a funzio16
namento del mondo, conoscevo solo quel che avevo letto in quei libri allettanti, le loro descrizioni lascive che non avrebbero mai potuto reggere il confronto con quanto si stava svolgendo davanti ai miei occhi. Non riuscivo a distogliere lo sguardo dalle natiche della donna, segnate da righe rosse. Lunghe, dritte. Dentro di me sentivo urgere un desiderio folle, una cosa che non mi sarei mai e poi mai aspettata, come se il fondo più cupo della mia anima stesse godendo di quelle sferzate di piacere. Non avevo mai immaginato che un oggetto così innocente potesse far sorgere una tale espressione sul volto di una giovane donna. Gli occhi chiusi, le labbra color prugna avide, le mascelle rilassate, la testa all'indietro, i magnifici capelli rossi sulle pallide spalle nude, aveva un'espressione che potrei descrivere solo come quella di una santa, quasi che i colpi del frustino le strappassero i peccati dall'anima e lei ascendesse al Paradiso in uno stato di estasi spirituale. Ave Maria, piena di grazia... Le invidiavo la libertà, che lei aveva, di accettare l'ombra del suo lato opposto, cosa che io certo non osavo fare. Per quanto mi vantassi di essere indipendente e di avere una visione moderna del posto della donna all'interno della società, ero, senza merito alcuno da parte mia, Lady Carlton, moglie di Lord James Carlton, Sua Signoria, nato a Braystone House, un gigantesco maniero di pietra calcarea situato chissà dove nelle Midlands e a me del tutto sconosciuto. Come quel lato di mio marito. Dalle labbra mi sfuggì un risolino malizioso. E 17
chi mai avrebbe immaginato che Sua Signoria gradisse un assaggio di frustino, per provare piacere? Insediandomi in quella casa, praticamente non avevo avuto il tempo di abituarmi alla sua persona, visto che ero un'estranea nei confronti di quella nuova realtà , ma una simile esibizione di carne e depravazione mi tolse il fiato ed evocò in me ben diverse sensazioni. Sensazioni che mi lasciavano perplessa e insieme mi donavano piacere. Sorrisi, le accettai come il segno del fatto che mi sentivo pronta a perdere la mia verginità in nome dei piaceri promessi. Mi spostai lievemente e, nel farlo, destai dal loro sonno una palla di polvere. Non potrei certo negare che in quel momento il mio ego era fragile come quel mucchietto di polvere, che schiacciai con i piedi. Era del tutto ovvio che mio marito non provava alcun interesse per il fatto che la sua sposa bramava il suo abbraccio e si era persino abbigliata per risultare quanto mai provocante. Ore prima mi ero infilata in un bozzolo di seta color pesca, mi ero tolta le calze bianche e lo stesso avevo tentato di fare con i divieti della mia noiosa educazione. Ero decisa a godermi quella notte, volevo chiedergli: Toccami qui, mio signore, sÏ, mi piace, fallo ancora. Al momento ero invece del tutto senza parole. Avevo le labbra secche, inaridite, non riuscivo a far altro che fissare la scena che si stava svolgendo in quella stanza fiocamente illuminata del palazzo di cinque piani nel quartiere londinese di Mayfair, vicino a Berkeley Square. Contornato da edifici altrettanto eleganti su ambo i lati, mi aveva colpito il 18
blasone sulla cancellata reso parzialmente invisibile dalla rigogliosa vegetazione che circondava il palazzo. Così come, senza dubbio, occultava il comportamento amorale dei suoi occupanti. Rannicchiata, continuavo a osservare il mio novello sposo brandire il frustino da cavallerizzo con destrezza. Vibrava colpi robusti, calcolati, ognuno dei quali centrava perfettamente il bersaglio e faceva urlare la ragazza. Sulle prime si trattava di uggiolii quasi senza fiato, che poi divennero strilli sempre più forti, accompagnati dallo schiocco rapido e incessante di quello che a me sembrava un comunissimo frustino. Comunissimo? Mi venne da scuotere il capo. Lì dentro, nulla era ordinario. In quel luogo veniva messa in mostra ben più che un'ossessione feticista. Vedevo un uomo roso dalla brama di potere, costretto a sottomettere e dominare. Un uomo che mi stregava, per quanto fossi troppo innocente per cogliere la malvagità che si celava in lui, malvagità che mi avrebbe spinta via dal mio mondo e trascinato fino a un luogo in cui le campane dei templi risuonavano per annunciare che il vento era cambiato, i monaci mormoravano incantesimi per tener lontani i demoni e l'eco di una voce maschile che riecheggiava in una piccola valle appartata mi avrebbe esortata a tornare a casa. Come vedete, mi è difficile distaccarmi da quanto, del Giappone, mi è divenuto familiare, ma devo farlo, perché è importante che comprendiate gli accadimenti di quella notte che mi indirizzò verso un simile viaggio. Comunque, in quel momento, non riuscivo a distogliere lo sguardo. 19
In me, si stavano destando strani turbamenti, la stessa sensazione colma di sensualità che in precedenza avevo provato solo cavalcando tra i boschi con la mia giumenta. Non opposi resistenza al flusso di piacere che mi stava investendo. Immaginai che se qualcuno avesse potuto guardare il mio viso sconvolto mi avrebbe visto prima con gli occhi spalancati dall'incredulità, e poi con un lieve sorriso sulle labbra. Sì, ero eccitata, come mi ero accorta che mi era già capitato in più di un'occasione accanto a Lord Carlton. James, insisteva che lo chiamassi. Quando lo conobbi, mia madre aveva subito incominciato a stravedere per lui, alla scoperta che suo padre era un duca, ma lo aveva prontamente allontanato, quando lui le aveva rivelato di essere il secondogenito. Fu solo quando Sua Signoria la ragguagliò sui suoi contatti nel mondo degli affari che lei convinse papà che si trattava di un buon partito e il nostro matrimonio venne quindi annunciato. Allora non avevo la minima idea del fatto che tale matrimonio avrebbe impostato la rotta di una grandiosa avventura che cancellò l'ingenuità della mia giovinezza e mi fece comprendere che la vita che conducevo era agiata ma sterile, terra fertile senza un aratro che la penetrasse, la nutrisse. In quell'istante, però, nascosta in un armadio a muro come una bambola di pezza appoggiata su uno scaffale, riuscivo a pensare soltanto a quel che mio marito stava facendo alla rossa, e a quanto le piacesse. Questo non è spettacolo per una ragazza della tua posizione, sentivo dire a mia madre. Distogli lo sguardo, Katie, prima che il diavolo in 20
persona venga a reclamare la tua anima. Ma lo aveva già fatto. E che giochi metteva in atto, in quella che io capii essere una sorta di sala per le sculacciate, a giudicare dagli oggetti scellerati che vedevo, gettati sul pavimento, sparsi su un tavolo, di traverso sulle sedie imbottite. Pale di legno, spazzole irsute, un gatto a nove code, diverse cinghie e legacci di cuoio, manette attaccate a travi di legno, una seggiola dallo schienale molto alto, un cappuccio nero, persino sferze di betulla in un vaso di porcellana riempito d'acqua, per mantenerle flessibili e verdi. Da qualche parte avevo letto di oggetti del genere, ma non avevo mai avuto modo di vederne. Lì, io vedevo una donna desiderosa di essere sculacciata, fustigata, sferzata: per me, la sola idea mi scandalizzava. Strabuzzavo gli occhi dalla curiosità, non riuscivo a distogliere lo sguardo. Cercai di deglutire, ma la mia lotta interiore contro quello a cui stavo assistendo e quello che pensieri del genere mi provocavano mi serrava i muscoli della gola e quasi mi soffocava. L'idea del mio novello sposo in qualità di maestro nell'utilizzo di simili oggetti stravolgeva la mia concezione della vita matrimoniale e la mutava da lieve, romantico volo della fantasia e accoppiamento fisico un po' goffo, a oscena unione di carne, ad alto tasso erotico. Anche a me sarebbe toccato il frustino sul sedere nudo? No, non avrebbe osato prendersi una libertà del genere. Io ero la sua sposa, non una donna di strada o una fanciulla esuberante con un debole per i giochi 21
di dominio, una pedina del gioco altrimenti conosciuto come vizio inglese. La fustigazione. Era questo, ciò di cui cinguettavano le due donne di servizio ogni volta che io passavo in prossimità di quella stanza, di quella tana di decadenza? La più giovane, Lucie, e Campbell, la sua controparte più stagionata, non avevano celato in alcun modo la loro curiosità nei miei confronti. Il mio modo di fare da americana, il mio guardaroba proveniente da Parigi, la foggia dei miei capelli biondi. Non avevano fatto altro che fissarmi, mentre i loro robusti scarponcini dal tacco basso risuonavano sui pavimenti di legno avanti e indietro, tutto il santo giorno, per approntare le nostra stanze in vista di quella notte.... Le avevo sentito vociferare qualcosa a proposito di una serata torbida e decadente in cui Sua Signoria avrebbe gradito due o tre colpetti con la cintura sulle belle chiappe di una mott per poi mettersi a cercare la serratura della porta di milady. Le avevo bloccate, chiedendo loro che cosa fosse una mott. Lucie aveva farfugliato che una persona del genere era una prostituta dei quartieri bassi. Venne subito rimproverata e fatta uscire dalla stanza dalla compagna più matura, un donnone corpulento che portava la sua crestina bianca dritta in testa come un sovrano la corona. Il resto fu lasciato alla mia immaginazione. Campbell si scusò per l'insolenza della ragazza e sostenne che era appena arrivata dalla campagna e non sapeva di che cosa stesse parlando, poi si dedicò alla mia toeletta, senza darmi altre spiegazioni. Feci finta di li22
quidare l'incidente, visto che ero sicura che la domestica ritenesse che le mie aspettative nei confronti del matrimonio fossero allineate all'ideale puritano secondo cui la notte delle nozze doveva essere una sorta di stato sognante fatto di bisbigli e fruscii al buio. Non ebbi l'ardire di rovinarle quell'idea, nel timore che scoprisse il mio, di segreto. Quel che avevo trovato nella biblioteca del municipio. Mentre Maman aveva passato tutto il tempo ad agitarsi per il mio abito nuziale di raso della House of Worth, i preparativi per il matrimonio nella chiesa di St. Peter, a Eaton Square, e i servizi sui giornali, che avrebbero seguito ogni mio passo, io bramavo qualcos'altro da leggere che non fosse la rivista di moda English Lady o le guide alla vita domestica che lei riteneva dovessi conoscere a memoria prima del matrimonio. Avevo fame di una letteratura un po' piĂš interessante, per quanto non avessi alcuna ragione di sospettare che nella biblioteca avrei potuto trovare qualcosa di natura piccante. Entrata nell'edificio, notai con piacere che la sala al piano piĂš alto aveva un'atmosfera simile a quella di un club: pennelli di legno, dipinti a olio, poltrone di cuoio e candelabri di vetro veneziano. L'energia sensuale che emanava quasi mi stordĂŹ quando, con mia somma delizia, scoprii che il fondo disponeva di un'interessantissima collezione di libri rari. Molto rari, e decisamente scandalosi. Sottrassi due o tre smilzi volumetti sotto la gonna e li nascosi nelle mie stanze, ove divorai la ristampa del Decamerone, insieme a Gemme lascive 23
e Una notte a St. John's Wood. Erano copie le cui pagine avevano orecchie, piene di macchie di brandy e bruciature di sigaro. Lo studio era quindi un rifugio per gentiluomini che, non avevo dubbi, non aveva mai conosciuto, prima dei miei, i passi delicati di una dama. E su quel pavimento lucido i miei passi li stampai, eccome, più volte. Inalavo la letteratura erotica come fosse stato un profumo potentissimo che schiudeva le porte della vita segreta di un nobile inglese. Lord Penmore. Era sua la casa in cui risiedevamo, sua la biblioteca. Una volta annunciato il nostro fidanzamento, James aveva insistito affinché mia madre e io godessimo della privacy e dei comfort di quell'elegante dimora nel West End, di proprietà di un suo amico e socio che si trovava in Giappone per affari. Curiosando per la biblioteca, scoprii anche un nascondiglio contenente lettere dalla natura quanto mai dubbia, scritte da Lord Penmore a mio marito. Si trattava di resoconti delle sue visite in un quartiere malfamato di Tokyo, noto come Yoshiwara, dalle stradine vivacemente illuminate, piene di gente che mangiava e rideva, mentre dita ossute arpeggiavano un motivo senza inizio né fine: lì le dissonanze della vita venivano obliate in angoli bui in cui giovani fanciulle lo invitavano con dolci sorrisi e i loro corpi snelli avvolti in bianchi kimoni di seta. Scriveva anche di proteste e scontento tra certi soldati, che lui chiamava samurai. Erano soldati robusti, che bevevano forte, a sentire Lord Penmore, brandivano la spada contro chiunque li 24
offendesse. Non confermerò né smentirò i suoi racconti, perché ho il timore che rivelarvi troppo possa suscitare in voi così tanta incredulità da farvi riportare questo libro nella libreria in cui lo avete acquistato, chiedendo indietro i soldi. Mi rifugiai di nuovo nei miei libri: lì mi perdevo nei dettagli più sordidi della vita delle cortigiane e dei nobili francesi impegnati in un'attività piacevole altresì nota come soixante-neuf. Nei miei sogni, mi vedevo praticarla con il mio futuro marito e, man mano che leggevo, ogni parola sembrava colare dalle pagine direttamente nella mia psiche, con la stessa facilità con cui la rugiada mattutina si posa su un petalo assetato. Non ero ancora sbocciata sotto il tocco della mano di un uomo. Avevo speranze così grandi anche perché in quella elegante residenza di città avrei trascorso la mia prima settimana di vita matrimoniale, prima di imbarcarmi per la luna di miele, con meta Parigi. Quindi potrete ben capire perché mi venne da sorridere quando, dopo il fastoso ricevimento nuziale, mia madre mi baciò su ambo le guance e mi bisbigliò in un orecchio che avrei potuto slacciarmi il busto da notte ma non togliermelo. E che se fossi stata completamente immobile, mi garantì con voce piatta, ben presto sarebbe finito tutto quanto. Mio padre guardava nella mia direzione, ma non diceva nulla, anche se sul suo volto si notava un'espressione torva che mi preoccupava, quasi non avesse ancora accettato l'idea che sua figlia era ormai una donna sposata, pertanto soggetta ai capricci erotici del marito. Che avrebbe detto, mi 25
domandai, se avesse saputo che Lord Carlton aveva un debole per i frustini e per le natiche un po' paffute? Rivolsi nuovamente l'attenzione alla scena che si stava svolgendo davanti a me, sapendo di essere praticamente intrappolata dentro al guardaroba, con il profumo di tabacco da fiuto che altro non faceva che aumentare il precario equilibrio della mia psiche. Ero una sposa che stava vivendo le sue fantasie e stava creando un mondo in cui lei era solo una guardona, e non la protagonista. Dentro di me, una vocina mi rammentò che siamo intrappolati dalle nostre azioni solo se scegliamo di esserlo. Non potevo negare di nutrire un'incredibile curiosità di vedere che cosa sarebbe successo, come credo sia anche per voi, a questo punto. Così non fosse, non avreste letto fin qua. E, ve lo garantisco, quando sarete giunta nella terra dei samurai, con i suoi boschi di pini, le foglie cremisi e il sottobosco che sembra cantare all'avvicinarsi del capo del clan dei samurai, sarete molto eccitata, suderete. Quindi vi prego, non fatemi la morale, non ditemi che mi sarei dovuta adagiare dentro all'armadio a muro, farmi un sonnellino nell'attesa che se ne andassero, visto che tutte abbiamo curiosità del genere, anche la dama più prudente. Certo, avrei dovuto. Ma non lo feci, e in seguito avrei pagato il prezzo della mia pazzia. «Ti prego, mio signore, ancora, ancora...!» esclamò la ragazza, ansimando. «Non ti deluderò, fanciulla mia, anche se non vedo l'ora di penetrarti.» 26
Con mio sommo orrore, sebbene gelosia sia una parola che descrive meglio quel che stessi provando, vidi James che le baciava le natiche e poi, tenendo tra le dita il frustino da cavallerizzo, gliele accarezzava. «Sono pronta per voi, milord» disse la ragazza. Udii una risata di donna, anche se non vedevo chi fosse, e poi sentii dire: «Sua Signoria non avrà più abbastanza energia per cavalcare la sua nuova mogliettina, se ci prende entrambe». Chi altro stava a guardare la tresca che veniva messa in scena in quella stanza? «Tieni la bocca a posto, Sally» disse l'altra, quasi senza fiato. «Lord Carlton ha verga a sufficienza per donare piacere a noi due, nonché alla sua nuova moglie.» «E chi ha detto che ho intenzione di portare a letto l'americana?» replicò Lord Carlton, mentre accarezzava la cosce nude della ragazza. «Mi sa che la scema dorma già, anche se forse dovrei svegliarla. Contemplare una bella sferzata potrebbe aprirle gli occhi, in merito a quanto ci si aspetta da mia moglie, eh, Bridget?» Come osa parlare di me a tal modo! «Col permesso di Vostra Signoria, ma chi ha bisogno di lei?» esclamò Bridget, ridendo. «Potete battere il mio sedere finché vi va.» Dimenò le natiche e le mostrò a Sua Signoria, che pareva assai deliziato. «E servirvi di me per il vostro piacere.» Ero a bocca aperta: James intendeva fare lo stesso con me? «Non prima che penetriate me, milord» disse la ragazza che si chiamava Sally, che si spostò ed en27
trò nel mio campo visivo. Vidi una brunetta, alta, che indossava soltanto un corsetto rosso fiamma, con i lacci bianchi. Trattenni il respiro, non posso negare che la vista mi eccitò. Poi restai senza fiato, al vedere il mio novello sposo che serrava le braccia intorno a entrambe le ragazze e stringeva loro i capezzoli, fino a farle gemere. «Lord Penmore aveva ben ragione, nel valutare il talento di due ammaliatrici della vostra bravura...» disse. Lord Penmore. La sola menzione di quel nome mi allarmò. Avrei dovuto capire, dal tono delle sue lettere, che dietro quella bella performance c'era lui. Che, oltre al resto, era anche un brillante uomo d'affari. Lo ricordo fornire al mio futuro marito ampi dettagli di una poco chiara impresa commerciale relativa all'espansione dell'Impero britannico in Giappone, di cui si sussurra e poi si tace subito, diceva. All'epoca, lasciai correre l'argomento, non mi interessava granché, ma qui lo cito perché avrà importanza per gli sviluppi della mia avventura. In quell'istante, poi, ero decisamente più interessata a guardare Lord Carlton occuparsi della brunetta, che stava sospirando nell'attesa. Mandai anch'io un sospiro. Sentivo un gran calore, ma mi sforzai di trattenermi: non intendevo perdermi un istante del loro preludio. Perché questo è quel che mi dicevo: era soltanto un preludio, poi mio marito sarebbe venuto nelle mie stanze, ancora bagnato di sudore, e avrebbe trascorso una torrida notte di passione con la sua consorte. Ero ingenua, sì, come sono certa siate stata anche voi, la prima notte 28
di nozze, ma era come se stessi contemplando quel che vedevo attraverso il pizzo decorato e opaco del mio velo da sposa. Sua Signoria terminò la frase con: «... anche se tutto sommato, per saziare le mie brame, una vergine è gran cosa». «Ho recitato la parte della vergine su un palcoscenico, milord» disse la ragazza dai capelli rossi, ridendo. «Tuttavia, mi va di più trascorrere la prima notte di nozze qua, con voi, mie bellissime fanciulle» aggiunse poi Lord Carlton, ridendo a sua volta. Non riuscivo a vedere granché, ma sapevo che il momento era giunto, che le sferzate e le parole erano solo una gustosa introduzione. Osai sporgermi un pochino in avanti, e vidi la ragazza che avvolgeva le gambe intorno al busto di mio marito, lo tirava a sé e intanto ansimava, sempre più forte, più forte... E in quel momento mi scappò uno starnuto. Forte, anch'esso. Dopodiché, perso del tutto l'equilibrio, ruzzolai fuori dall'armadio, atterrando davanti ai piedi di mio marito. Alzai lo sguardo: ero proprio di fronte alle sue natiche nude.
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Strip Club di Shayla Black Mark Sullivan si tuffa nelle notti bollenti di Las Vegas per incastrare un mafioso con cui ha un conto in sospeso. La sua copertura? Lavorare come spogliarellista in un locale notturno per sole donne la cui proprietaria, Nicki, è una seducente bellezza esotica dai penetranti occhi a mandorla e dal corpo mozzafiato. Ben presto Nicki irretisce Mark con il suo fascino e si trova a sua volta conquistata dai muscoli possenti, dalle movenze feline e dal sorriso ammaliatore del suo ultimo acquisto. Ma i due fanno a gara a chi nasconde più segreti. Nella caccia a un pericoloso delinquente, tra colpi di scena ad alto tasso adrenalinico e incontri piccanti, l’attrazione che divampa tra loro è ancora più incandescente dell’atmosfera torrida dello strip club, più esplosiva delle armi puntate sulla coppia...
Bionda Samurai di Jina Bacarr Siamo alla fine dell’Ottocento, e già si preannunciano sentori di scandalo: a scatenare un vero putiferio sono le memorie di Katie, una fascinosa e spregiudicata signora americana decisa a raccontare ogni dettaglio, dal più elettrizzante al più morboso, della sua vita movimentata da appetiti insaziabili. Poi la scena si sposta in Giappone e non è che l’inizio di un lungo viaggio nei meandri più scabrosi e vibranti dell’erotismo. Ecco l’atteso ritorno della più stuzzicante e provocatoria firma della sensualità. E si tratta di un ritorno di gran classe, perché Jina Bacarr mette in campo, con la consueta maestria che non ha eguali e che ha saputo conquistare milioni di lettori in tutto il mondo, i suoi temi più cari, audaci e suggestivi, le situazioni più scabrose e piccanti venate, però, di romanticismo.
ESCLUSIVO:
ritorna il 9 luglio con 4 romanzi intensi e passionali delle autrici pi첫 amate e apprezzate.
Preparati a una lettura... incandescente!
Questo volume è stato stampato nell'aprile 2010 presso la Mondadori Printing S.p.A. stabilimento Nuova Stampa Mondadori - Cles (Tn)