Robyn Carr
Tra i boschi di Virgin River
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Moonlight Road Mira Books © 2010 Robyn Carr Traduzione di Maria Claudia Rey Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Romance ottobre 2012 Questo volume è stato stampato nel settembre 2012 presso la Mondadori Printing S.p.A. stabilimento Nuova Stampa Mondadori - Cles (Tn) HARMONY ROMANCE ISSN 1970 - 9943 Periodico mensile n. 110 del 19/10/2012 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 72 dello 06/02/2007 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
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Aiden Riordan era arrivato a Virgin River da due settimane, aveva ormai percorso un centinaio di miglia arrampicandosi su per i boschi e si era lasciato crescere una folta barba rosso scuro. Abbinata ai capelli nerissimi e agli occhi verde smeraldo, questa eredità degli avi gli dava un aspetto alquanto selvaggio. Rosie, la nipotina quattrenne che aveva gli occhi verdi come i suoi ma folti riccioli rossi, aveva esclamato: «Tio Aid! Sei anche tu una Osa Sevvaggia d'Illanda!». Aiden era a riposo per la prima volta da anni, e questo periodo di ozio gli piaceva parecchio. Fin da quando aveva cominciato la facoltà di medicina, non gli erano mai mancate mete difficilissime da raggiungere. Adesso, a trentasei anni, dopo quattordici passati in Marina, era disoccupato, non sapeva che avrebbe fatto in futuro, e si sentiva felicissimo. Non aveva motivazioni, non aveva obiettivi immediati; di una sola cosa era certo, e cioè che non avrebbe lasciato Virgin River prima dell'autunno. Suo fratello Luke e sua cognata Shelby aspettavano il primo figlio, e per niente al mondo lui si sarebbe perso un evento del genere. L'altro fratello, Sean, stava per tornare dall'Iraq e aveva in mente di passare un po' di tempo nella zona prima di trasferirsi nella nuova sede con moglie e figlia; e anche per questo Aiden voleva restare dov'era per un po'. Il sole di giugno era piuttosto forte quella mattina, e 5
Aiden era molto sudato. La sua maglietta color tabacco aveva tracce scure sotto le braccia, lungo il torace e sulla schiena, e probabilmente puzzava un bel po'. I capelli erano già troppo lunghi, e il sudore li faceva arricciare sotto l'orlo del berretto da baseball. Oltre allo zaino in cui aveva messo una bottiglia d'acqua e delle barrette energetiche, portava un machete assicurato in vita, per liberarsi da eventuali rami che gli bloccassero la strada, e un grosso bastone a cui appoggiarsi nelle salite. Dopo l'incontro con un puma troppo curioso, portava anche un arco e una faretra colma di frecce. Certo, se avesse incontrato un orso poco amichevole sarebbe stato spacciato. Dal basso aveva visto un crinale di roccia, e per raggiungerlo imboccò un sentiero in salita. Poteva essere l'accesso a una casa abitata, o un percorso abbandonato dai taglialegna anni prima. Non era facile capirlo. Alla fine del sentiero giunse davanti a quella che sembrava una capanna abbandonata. L'esperienza gli aveva insegnato a distinguere i segnali: se il percorso fino al gabinetto esterno era invaso dalle erbacce – e se la baracca era mezza crollata – la capanna doveva essere disabitata. Ma non c'erano garanzie: giorni prima Aiden era arrivato a quella conclusione, e poi era apparsa una vecchia che gli puntava contro un fucile intimandogli di levarsi di torno. Perciò decise di girare alla larga dalla capanna e prese ad attraversare il bosco in direzione del crinale di roccia. Naturalmente non c'era traccia di sentiero, e Aiden dovette usare il machete più di una volta per tagliare arbusti e rami bassi. Quando arrivò al limitare del bosco si trovò di fronte a un panorama stupefacente. Una donna in short color cachi molto corti stava piegata di fronte a una veranda, con il didietro puntato verso di lui. Aiden era un esperto, ma non riusciva a darle un'età precisa. Però quello era un sederino eccezionale, su due splendide gambe lunghe e abbronzate. Sul pavimento della veranda c'erano una collezione di 6
vasi di terracotta e un innaffiatoio: era evidente che la donna stava invasando delle piante. Sulla balaustra, proprio sopra la testa della donna, stava in equilibrio un vaso pieno di piantine fiorite. La donna stava riempiendo di terra un grosso vaso, prendendola dal terreno attorno alla veranda. Due cose erano chiare: quel sedere e quelle gambe appartenevano a una persona sotto i cinquanta – e non c'erano armi in vista. Perciò Aiden si fece strada attraverso gli ultimi arbusti con l'intenzione di avvicinarsi e salutare amichevolmente. Piegata com'era, la donna lo vide attraverso la V delle gambe. Aveva i capelli biondo miele, notò lui. Una bella bionda... Poi lei cacciò un urlo da gelare il sangue, si raddrizzò di botto e urtò con la fronte la balaustra. Il vaso cadde, le diede un'altra botta in testa, e lei andò lunga e tirata per terra. «Oh, diavolo» borbottò Aiden. Corse verso di lei lasciando cadere il machete e il bastone. La donna era a faccia in giù, svenuta, perciò lui la girò delicatamente sulla schiena... e vide che era un vero schianto, con un viso bello come il resto. Le tastò il collo. Il polso era forte e regolare, ma la fronte sanguinava. Il vaso di fiori le era caduto sulla testa, ma la donna doveva aver urtato con la fronte lo spigolo tagliente del corrimano perché all'attaccatura dei capelli c'era un taglio che sanguinava copiosamente, come spesso accade con le ferite alla testa. Aiden prese dalla tasca il fazzoletto, che per fortuna era pulito, e lo premette sulla ferita per fermare il sangue. Lei gemette ma non aprì gli occhi. Con il pollice Aiden sollevò le palpebre, prima una e poi l'altra, e vide che le pupille erano normali e reagivano bene alla luce. Buon segno. Continuando a premere sulla ferita, si sfilò dalle spalle lo zaino, l'arco e le frecce, sollevò la donna fra le braccia e la portò in casa entrando dalla vetrata aperta. «C'è nessuno?» chiamò. Non ebbe risposta, e ne dedusse che la 7
donna viveva da sola e che il grande SUV parcheggiato poco lontano era suo. Doveva farla stendere, pensò. Il divano di pelle sembrava la soluzione migliore – meglio di un letto o del tappeto che sembrava nuovo e molto costoso. Probabilmente la padrona di casa avrebbe preferito non macchiarlo di sangue. Aiden la adagiò cautamente sul divano, con la testa un po' sollevata, e poi si guardò intorno. Dall'esterno lo chalet appariva piuttosto vecchio, con l'unica aggiunta di una veranda coperta e dipinta di fresco. Ma l'interno era riccamente arredato e molto elegante. Aiden le sollevò il fazzoletto dalla fronte e vide che il taglio aveva quasi cessato di sanguinare. Adesso bisognava trovare del ghiaccio, e poi provvedere a una fasciatura di qualche genere. Il soggiorno/sala da pranzo/cucina era illuminato da una grande vetrata, da cui Aiden poteva vedere il panorama che aveva cercato attraversando il bosco. Era stato talmente distratto dal bel sederino della ragazza da non notare che lo chalet era costruito proprio sull'orlo del crinale. Aiden cercò un telefono, ma non lo trovò. Poi si lavò le mani, prese del ghiaccio dal freezer e lo avvolse in due strofinacci da cucina, che recavano ancora l'etichetta con il prezzo. Applicò una borsa di ghiaccio sulla nuca e una sulla ferita, ma nemmeno il freddo del ghiaccio risvegliò la donna. Così lui decise di cercare un cerotto e una benda. La zona cucina si trovava alla sinistra dello chalet, e dall'altro lato c'erano due porte. Una si apriva su una grande camera da letto, l'altra sul bagno, il posto più ovvio in cui trovare un nécessaire di pronto soccorso. Il bagno era collegato alla camera da letto da un'altra porta interna. Nell'armadietto sotto il lavabo Aiden trovò una busta di tela blu con la scritta Pronto Soccorso, la prese e tornò dalla donna. Applicò rapidamente un po' di crema antibatterica sulla ferita, poi la chiuse con un cerotto a farfalla, lo 8
coprì con un altro cerotto più grande e riapplicò la borsa di ghiaccio. Adesso bisognava trasportarla in ospedale per una radiografia. La perdita di conoscenza dopo un colpo in testa poteva essere molto pericolosa. Più a lungo la donna restava in stato di incoscienza, più aumentava il pericolo: ma lui si era mosso molto rapidamente, e non erano trascorsi più di due minuti da quando lei era caduta. Sulla credenza della cucina c'era una borsa. Aiden ci frugò dentro alla ricerca di un cellulare, di un documento, qualsiasi cosa. Rovesciò il contenuto sulla credenza senza tanti complimenti, ed era assorto nella sua ricerca quando sentì alle spalle uno strillo penetrante. Sollevò la testa di scatto e urtò contro il pensile che era appeso proprio lì sopra. «Ah!» gridò a sua volta massaggiandosi la testa. Poi strinse forte gli occhi per tenere a freno il dolore lancinante. La donna continuava a strillare. Aiden si voltò e vide che si era ritratta in fondo al divano, il più possibile lontana da lui. Gli impacchi di ghiaccio erano finiti sul pavimento. «La smetta!» intimò Aiden. «Se non la pianta finiremo entrambi con dei danni permanenti al cervello!» Lei tacque di botto coprendosi la bocca con la mano, poi si riebbe ed esclamò: «Fuori di qui, o chiamo la polizia!». «Ottima idea» ribatté lui alzando gli occhi al cielo. «Dov'è il telefono? Perché questo...» Sollevò un cellulare per mostrarglielo, «qui non ha campo.» «Che ci fa qui? Perché è entrato in casa mia e sta frugando nella mia borsa?» Lui si avvicinò al divano tenendo in mano la borsa vuota. «Ho visto che picchiava la testa, allora l'ho portata in casa e le ho messo un cerotto e del ghiaccio sulla ferita, ma adesso bisogna che...» «Mi ha picchiata in testa?» strillò lei puntando i calca9
gni sul divano nel tentativo di ritrarsi ancora di più. «Ma certo che no! Devo averla spaventata quando sono uscito dal bosco, lei ha sobbalzato e ha battuto la fronte contro la balaustra della veranda. Poi uno dei vasi le è caduto in testa, e lei è finita a terra. Allora, dov'è il telefono?» «Oh, Dio...» fece lei portandosi una mano alla fronte e tastando il cerotto. «Il telefono me lo installano domani. Mi metteranno anche un'antenna satellitare, così potrò usare Internet e vedere qualche film.» «Il che adesso non ci serve a molto» osservò Aiden. «Senta, il taglio è piccolo, sanguinava molto ma con le ferite alla testa succede. Non credo che le rimarrà la cicatrice. Ma perdere conoscenza è pericoloso...» «Le darò del denaro, basta che non mi faccia del male.» «Ma le ho bendato la testa, santo Dio! È chiaro che non voglio farle del male, e non voglio nemmeno il suo denaro!» Aiden le mostrò la borsa. «Stavo cercando le chiavi della macchina, perché deve fare una TAC. Magari anche farsi mettere un paio di punti.» «Perché?» domandò lei con voce tremante. Aiden sospirò. «Perché ha perso conoscenza, e non è un buon segno. Allora, dove sono le chiavi?» «Perché?» ripeté la donna. «Perché così posso accompagnarla in ospedale a farsi visitare!» «Lo faccio io, posso guidare per conto mio. Lei può andare. Se ne vada.» Aiden fece due o tre passi verso di lei, poi si accucciò accanto al divano in modo da non guardarla dall'alto in basso, ma senza avvicinarsi troppo. Quella donna gli sembrava un tantino instabile – o forse aveva paura di lui. Cercò di mettersi nei suoi panni. Si era svegliata con la fronte insanguinata e un estraneo che frugava nella sua borsa... «Come si chiama?» domandò gentilmente. Lei lo guardò dubbiosa. «Erin» disse dopo una pausa. 10
«Bene, Erin, non è il caso che guidi. Con una ferita alla testa può perdere di nuovo i sensi, o magari avere dei capogiri, la nausea, un calo della vista o la visione appannata, tutta una serie di sintomi. Non si agiti. La porterò al Pronto Soccorso, e una volta là potrà avvertire un parente o un amico. Io chiamerò qualcuno che mi riporti a casa.» «E crede sia il caso che io salga in macchina con un vagabondo senzatetto?» Aiden si rialzò, indignato. «Non sono un senzatetto. Stavo facendo un'escursione nel bosco!» «Be', la sua escursione dev'essere durata parecchio, perché lei sembra uno che nei boschi ci vive!» Lui si accucciò di nuovo accanto al divano. «Numero uno, deve tenere gli impacchi di ghiaccio che le ho messo, uno sulla fronte e uno sulla nuca, e non vedo come potrebbe farlo mentre guida. Numero due, è troppo rischioso che lei guidi – come le ho già spiegato. Numero tre, la smetta di fare tante storie e salga in macchina con me anche se sono sudato e puzzo, perché mentre parliamo il suo cervello potrebbe gonfiarsi e lasciarla disabile per il resto della vita. Allora, dove diavolo sono le maledette chiavi?» Lei accennò alla parete accanto alla porta. C'era un gancio e le chiavi erano appese lì. «Come fa a sapere la faccenda del cervello che si gonfia?» «Ho lavorato come paramedico durante il college, anni fa» rispose lui. Il che era la pura verità: ma chissà perché non aggiunse che era un dottore. Forse perché al momento non ne aveva l'aspetto... come lei aveva sottolineato, sembrava un vagabondo. E c'era anche il fatto che la sua specializzazione riguardava un'area ben lontana dalla testa, e lui non voleva addentrarsi in quei dettagli. La donna era già abbastanza spaventata. Lo spavento non le impediva di essere sgradevole e tirannica, però. Anche Aiden aveva mal di testa, e stava perdendo la pazienza. «Coraggio, raccogliamo strofinacci e ghiaccio e andiamo.» «Se lei è un maniaco omicida, sappia che il mio fanta11
sma la perseguiterà e sarà molto arrabbiato» ribatté lei chinandosi a raccogliere gli impacchi. Si raddrizzò barcollando, e lui le fu subito accanto. «Ehi, piano...» disse cingendola alla vita per sostenerla. «Ha preso una brutta botta in testa, ragazza mia. Ecco perché non deve guidare.» La sostenne fino alla macchina, afferrando le chiavi mentre passava e chiudendo la porta d'ingresso con un calcio. E solo allora si rese conto che la facciata dello chalet dava sulla strada. Sollevò la donna fino al sedile del passeggero, le sistemò le borse di ghiaccio, e così facendo notò che lei arricciava il naso. Già, probabilmente il suo odore non era dei migliori. «Ho bisogno della borsa» disse lei. «Per i documenti e la tessera dell'assicurazione sanitaria.» «La prendo io. Devo comunque chiudere la vetrata che si apre sulla veranda.» Si portò dietro le chiavi della macchina per sicurezza, in cucina spazzò dentro la borsa tutti gli oggetti sparsi sulla credenza, poi tornò fuori e le mise la borsa in grembo. Dopo salì al volante. «Dovrà darmi delle indicazioni» disse mettendo in moto. «Non sono di qui.» Lei sbuffò e appoggiò la testa allo schienale. «Nemmeno io sono di qui!» «Lasci perdere, torniamo a Virgin River e la statale 36 la trovo da lì. Che ci fa quassù, se non è di queste parti?» «Mi sono presa una vacanza e cercavo di godermi la solitudine» ribatté lei esasperata. «Poi dai boschi è sbucato Charles Manson brandendo un machete lungo un metro, e addio pace e tranquillità.» «Ma andiamo! Mi sono lasciato crescere la barba, tutto qui. Sono in vacanza e non mi andava di radermi. Mi quereli!» «Guarda caso, potrei farlo. Mi è capitato di querelare qualcuno, di tanto in tanto.» «Avrei dovuto immaginarlo» rise lui. «Un avvocato! E per sua informazione mi porto dietro il machete per taglia12
re gli arbusti, così posso passare attraverso i boschi quando non c'è un sentiero.» «E lei perché è qui?» domandò Erin. «Sono in visita da mio fratello, che vive a Virgin River. Lui e sua moglie aspettano il primo figlio e io... ehm...» Aiden si schiarì la gola. «Diciamo che mi trovo tra un lavoro e l'altro.» Lei rise sprezzante. «Cioè, disoccupato. Non mi stupisce. Scommetto che è tra un lavoro e l'altro da un bel po' di tempo.» Adesso cominciava davvero a irritarlo. Avrebbe potuto spiegarle che era un dottore, e che stava programmando il suo prossimo incarico. Ma quella donna aveva la puzza sotto il naso, si dava un sacco di arie, e lui non aveva nessuna voglia di dirle la verità. «Quanto bastava per farmi crescere la barba» rispose. «Sa, se si ripulisse un po' un lavoro lo troverebbe» consigliò lei in tono saccente. «Ne terrò conto.» «Quella sua barba è un po' troppo strana... probabilmente scoraggia i potenziali datori di lavoro.» Poi, a mezza voce, aggiunse: «Per non parlare dell'odore». «Lo terrò presente, anche se a mia nipote piace.» Aiden le gettò un'occhiata. «La barba, intendo.» «Credevo avesse detto che suo fratello aspetta il primo figlio.» «Lei è figlia di un altro fratello.» «Sicché ha più di un fratello. E solo per curiosità, che pensano i suoi fratelli di questo stile di vita... tra un lavoro e l'altro?» «Adesso credo che dovrebbe stare un po' tranquilla» fece lui senza rispondere alla domanda. «Risparmi le cellule cerebrali che le sono rimaste. L'ospedale di Grace Valley è a circa quaranta minuti di strada da qui, perciò le conviene riposare. In silenzio.» «Ma certo» sibilò lei. «Benissimo!» 13
Già. Che cosa pensavano i suoi fratelli della sua decisione? Che fosse pazzo, ecco cosa. Per anni era stato completamente devoto alla Marina. Amava la Marina. Ma l'ambiente militare con una mano dava e con l'altra riprendeva... Quando Aiden era un dottorino appena laureato grazie a una borsa di studio della Marina, aveva avuto come primo incarico un posto di medico generico a bordo di una nave. L'incarico prevedeva un periodo di due anni in mare, con un paio di mesi a terra ogni sei. Durante gli scali Aiden poteva sentire la terraferma sotto i piedi, ma solo per poche ore: la sua vita si svolgeva a bordo. L'ufficiale medico viveva sotto pressione ventiquattr'ore su ventiquattro, perché era l'unico del suo staff ad avere il comando in campo sanitario – e l'unico ufficiale che poteva sostituire il comandante della nave in caso di emergenza. Aiden aveva capito di essere arrivato al massimo della pressione quando si era reso conto che si portava il telefono anche nella doccia. Avevano anche passato un lungo periodo nel Golfo Persico, prestando cure di emergenza ai feriti civili – nella maggior parte dei casi pescatori o marinai di navi mercantili che non parlavano una parola di inglese. La sua ricompensa per quei due anni era stato l'internato in un ospedale militare, nel reparto di ostetricia e ginecologia che era la sua specializzazione. Significava un ulteriore impegno con la Marina, ma ne era valsa la pena. Aiden curava il personale femminile e le mogli di ufficiali in servizio o in pensione: un lavoro che gli piaceva, nella base di San Diego, e senza trasferimenti per un lungo periodo. Poi era arrivata la promozione, e con questa la richiesta di imbarcarsi di nuovo. Ma questo significava fare di nuovo il medico generico, perché un ginecologo non era così necessario su una portaerei. Ad Aiden non dispiaceva essere in mare per lungo tempo, ma aveva ormai trentasei anni e sentiva che nella sua 14
vita mancava qualcosa. Una moglie e dei figli, tanto per fare un esempio. Ma era chiaro che non avrebbe facilmente trovato moglie su una portaerei. Per questo doveva stare sulla terraferma. A volte si domandava se questo dettaglio importasse davvero – perché finora essere sulla terraferma non aveva funzionato granché. Subito dopo il suo primo incarico in mare, a ventotto anni, aveva conosciuto e subito sposato Annalee, che si era rivelata una pazza pericolosa. Erano rimasti sposati per ben tre mesi, durante i quali lei aveva demolito ogni oggetto fragile che possedevano. Annalee cambiava umore più rapidamente delle nuvole spinte dal vento, era instabile, gelosa e fuori di testa; e quell'esperienza lo aveva scottato. Per un po' si era tenuto sulle sue, ma due anni dopo si sentiva più vecchio e più saggio ed era pronto a rimettersi in gioco. Però non riusciva a trovare la candidata giusta per il ruolo di moglie e madre dei suoi figli – e di sicuro non l'avrebbe trovata a bordo di una nave. La verità era semplice: Aiden non se la sentiva più di dedicare interamente il suo tempo alla Marina. I suoi fratelli pensavano che fosse pazzesco andarsene adesso, dopo quattordici anni di servizio e a soli sei anni dal momento in cui avrebbe cominciato ad avere una pensione decente. Ma per lui questi erano i suoi anni migliori. Era ancora abbastanza giovane per essere un buon padre e marito, se avesse incontrato la donna giusta. Aspettare di averne quarantadue significava tirare in po' troppo la corda. Gettò un'occhiata a Erin. Aveva gli occhi chiusi e teneva gli impacchi di ghiaccio premuti sulla fronte e sulla nuca. Gli sarebbe piaciuta una donna con il suo aspetto, pensò – ma avrebbe dovuto essere dolce e gentile, non così arrogante. Cercava qualcuno che fosse tenero e amorevole, lui. Non scegli una dura come madre dei tuoi figli – e questa donna lo era. Che doveva aspettarsi? Era un avvocato! 15
Ridacchiò tra sé. Probabilmente si occupava di cause per malasanità. Sentendosi in parte responsabile per la botta che Erin aveva preso in testa, Aiden rimase in ospedale per un po'. Non accanto a lei, naturalmente. Dopo averla registrata al Pronto Soccorso e aver spiegato al medico di guardia come si era ferita e perché aveva perso i sensi, gli aveva lasciato le chiavi del SUV in modo che Erin potesse tornare a casa una volta ristabilita, e poi era uscito per non infastidire nessuno col suo odore sgradevole. Rimase seduto su una panchina per quasi un'ora, e stava per entrare di nuovo al Pronto Soccorso per aver notizie, prima di chiamare Luke per farsi riportare a casa, quando dall'ospedale uscì il pastore Kincaid. «Aiden» esclamò Noah tendendogli la mano, «che ci fai qui? Hai per caso avuto un incidente?» «No, ma temo di averne causato uno. Tu stai tornando a Virgin River?» «Sì. Ma dimmi, che è successo?» Aiden spiegò rapidamente l'accaduto e disse che stava per chiamare il fratello. «Ma prima di andarmene volevo sentire i dottori. Spero mi dicano che va tutto bene, dopo di che me ne andrò prima che lei mi veda.» «È stata fortunata ad aver l'incidente mentre c'era un dottore nei paraggi» osservò Noah. «Be', non sa che sono un dottore» precisò Aiden con un po' di imbarazzo. «E perché non gliel'hai detto?» «Vuoi la verità? Perché è odiosa. Mi ha dato del vagabondo e del maniaco omicida, ha detto che assomigliavo a Charles Manson e ha insinuato che puzzassi.» Noah sorrise. «Stava flirtando con te, eh?» «Se avessi avuto la minima intenzione di farle del male, a quest'ora sarebbe già ridotta a pezzettini. Una donna davvero irritante. Ma prima di lasciare l'ospedale vorrei 16
sapere se ha avuto dei danni cerebrali. Puoi aspettare dieci minuti e poi darmi un passaggio?» «Ma certo» disse Noah. «Anzi, ti accompagno. Hai detto chi sei al personale del Pronto Soccorso?» «Più o meno. Ho descritto l'incidente, i sintomi e la sua reazione alla ferita, e l'infermiera mi ha domandato se avevo una preparazione medica. Le ho detto di sì, e poi ho aggiunto che la vittima aveva deciso che ero un barbone senza chiedermi conferma, e che per quanto mi riguardava non c'era bisogno che qualcuno le dicesse la verità.» «Ah» osservò Noah. «Così si sentirà una perfetta idiota quando la scoprirà.» «Noah, tu non capisci...» I due entrarono nella sala del Pronto Soccorso e si avvicinarono all'infermiera. «Come sta la donna con la ferita alla testa?» domandò Aiden. «Il pastore mi dà un passaggio, ma prima di andarmene volevo avere sue notizie.» «Si rimetterà prestissimo» spiegò l'infermiera, «ma il dottore vuole tenerla in osservazione questa notte. Sa, per prudenza.» «Buona idea. Ci sono già i risultati della TAC?» «Sì, tutto a posto. Ma potrebbe avere una leggera commozione cerebrale.» «Ho sentito bene?» strillò una voce indignata da dietro una tenda. «Ha appena detto a quel vagabondo che casa mia stanotte sarà vuota?» Noah scoppiò a ridere. Aiden guardò l'infermiera e disse a voce molto alta: «La botta in testa non le ha danneggiato l'udito, a quanto pare. Appena si è ripresa le dica che me ne vado, ma che ho intenzione di usare la sua vasca da bagno e poi di rotolarmi nelle sue lenzuola di raso». L'infermiera ridacchiò. «Non voglio mettermi in mezzo, dottor Riordan» sussurrò. «È una faccenda tra di voi.» Lui le fece segno di tacere con un dito sulle labbra. «Mi creda, tra me e la signora non c'è niente – e mai ci sarà. Andiamo, Noah.» 17
Una volta salito sul pick-up di Noah, Aiden domandò: «Hai fretta?». «Be', non ho tutto il giorno a disposizione ma non devo correre. Vuoi fermarti da qualche parte?» «Possiamo passare da quello chalet, se riusciamo a trovarlo? Ho lasciato là tutte le cose che mi servono per le escursioni.» «Sicuro. E come vanno le escursioni?» «Oh, be', sono una mia debolezza. Devo aver percorso centinaia di miglia, e ho visto molte delle montagne qui attorno. Non ho mai avuto tanto tempo a disposizione... A volte mi limito alla zona intorno a Virgin River, altre volte prendo la macchina e vado sulla costa per cambiare un po'. E non mi sono mai sentito meglio di così, te lo assicuro.» «Buon per te. Sembra una vacanza perfetta. Ma prima o poi dovrai tornare al lavoro, eh?» «Ho mandato una quantità di e-mail ad amici e colleghi per esaminare le varie possibilità, ma finora ho evitato tutte le offerte di lavoro che mi propongono di cominciare subito. Comunque non mi tratterrò qui oltre il mese di agosto.» Aiden non ebbe difficoltà a guidare Noah nella direzione giusta, e trovò facilmente tutto quello che aveva gettato a terra per correre in aiuto della bella ragazza piena di arie. Il machete e il bastone stavano a terra, nello spazio tra lo chalet e il bosco, e quando Aiden li raccolse notò che qualcuno aveva tracciato un quadrato scavando un piccolo solco nel terreno come se volesse ricavare un giardino. Ma all'interno del quadrato il terreno era ancora tutto erbacce e sassi. Poi raccolse lo zaino e vide un altro scavo, come una striscia più stretta lungo la base della veranda. Forse il quadrato era troppo ambizioso per Erin, e lei aveva deciso di tentare con qualcosa di meno impegnativo. Anche lì il 18
terreno era roccioso e compatto, ma lei aveva seminato alcune piantine di pomodoro semicomatose, delle margherite ormai ridotte a cartapesta e altre piante non ben definite e dal futuro altrettanto incerto. In equilibrio sulla balaustra c'era ancora un innaffiatoio di plastica, e a terra erano sparpagliati alcuni arnesi da giardinaggio che sembravano creati per la casa delle bambole. Sul pavimento della veranda, per chissà quale ragione, c'era anche una pesante padella di ferro. Aiden gettò le proprie cose nel pick-up di Noah e gli disse: «Dammi ancora un secondo». «Che succede?» «Credo che stesse cercando di rianimare il peggior giardino che io abbia mai visto in vita mia. Voglio innaffiare quelle povere piante mezze morte, ci vorrà solo un minuto.» «Va bene» assentì Noah. «Ma non vedo nessun giardino.» «Lo so... è proprio questo il problema. Torno subito.» Aiden prese l'innaffiatoio, appoggiò gli arnesi sulla veranda e diede un po' da bere alle povere piante. Poi andò a riempire l'innaffiatoio al rubinetto esterno e notò a terra una busta mezza vuota di concime Crescita Miracolosa. Ci sarebbe voluto davvero un miracolo, pensò con ironia. Irrigò a dovere quella specie di giardino, poi lasciò tutto sulla veranda e risalì in macchina – pensando che la faccenda fosse alquanto misteriosa. «Com'è che si è fatta male, esattamente?» domandò Noah rimettendo in moto. «Stavo camminando nel bosco quando l'ho vista. Volevo solo avvicinarmi e salutare educatamente, ma non appena sono uscito dal bosco lei ha cacciato un urlo, ha fatto un balzo e ha battuto la testa contro la balaustra della veranda. Io ho lasciato cadere tutto a terra per correre ad aiutarla, machete, arco e frecce, zaino, insomma tutto quanto.» 19
Noah gli gettò un'occhiata. «Sei uscito dal bosco con un machete? E ti sei offeso perché lei era un po' diffidente?» «Be', sì, capisco che vuoi dire...» «Già» replicò Noah ridendo. «Forse dovresti darle un po' di tregua.»
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