Robyn Carr
Un'ereditĂ a Virgin River
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Promise Canyon Mira Books © 2011 Robyn Carr Traduzione di Maria Claudia Rey Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Romance febbraio 2013 Questo volume è stato stampato nel gennaio 2013 presso la Mondadori Printing S.p.A. stabilimento Nuova Stampa Mondadori - Cles (Tn) HARMONY ROMANCE ISSN 1970 - 9943 Periodico mensile n. 114 del 22/02/2013 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 72 dello 06/02/2007 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
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Clay Tahoma si immise sulla Statale 36 in direzione della contea di Humboldt. Le curve si susseguivano una dopo l'altra, e secondo il navigatore la successiva deviazione sulla sinistra portava a Virgin River, il paese più vicino alla Clinica Veterinaria Jensen dove Clay era diretto. Stava avvicinandosi alla curva quando notò alcuni pick-up fermi lungo il ciglio della strada. Rallentò e si fermò a sua volta, incuriosito: scese dal furgone e si avvicinò a un grosso camion senza sponde. Alcuni uomini stavano osservando un elevatore a forca munito di un grosso cavo d'acciaio, posizionato sul ciglio della strada. «Che è successo?» domandò Clay a un uomo alto quanto lui, in camicia di flanella a quadri, jeans e scarponi da lavoro. «Un abitante di Virgin River è uscito di strada, ma per fortuna la sua macchina si è fermata contro un grosso albero e lui è riuscito a risalire.» «E chi sta recuperando la macchina?» «Uno dei nostri amici ha un'impresa di costruzioni e perciò possiede le attrezzature necessarie.» L'uomo tese una mano robusta. «Sono Jack Sheridan. Lei vive da queste parti?» «Mi chiamo Clay Tahoma e sono originario di Flagstaff, nella Nazione Navajo, ma ultimamente ho vissuto a Los Angeles. Sono qui per lavorare con un vecchio amico, Nathaniel Jensen.» 5
Jack si illuminò. «Nate è anche amico mio. Sono lieto di conoscerti!» Poi presentò Clay ad alcuni degli altri uomini presenti: un omone di nome John, che tutti chiamavano Preacher; Paul, proprietario del camion e dell'elevatore; Dan Brady, caposquadra di Paul; e Noah Kincaid, il pastore del paese, a cui apparteneva il pick-up che era finito fuori strada. Noah strinse la mano di Clay con un sorriso imbarazzato. Nessuno di loro batté ciglio alla vista di un nativo americano con una coda di cavallo che arrivava oltre la vita e una piuma d'aquila infilata nel nastro del cappello. E in quel momento il vecchio furgone Ford di Noah venne issato sulla strada. «In questi casi non potreste chiamare la Forestale o i Vigili del fuoco?» domandò Clay. «Ci farebbero aspettare tutto il giorno» spiegò Jack, «perciò da queste parti preferiamo cavarcela da soli. Ma il vero problema è la banchina troppo fragile. La Forestale la rinforza ogni volta che si verifica un incidente, ma avremmo bisogno di una strada più ampia con un guardrail solido e robusto. Ne abbiamo fatto richiesta più volte, ma questa strada non è molto trafficata, perciò la nostra richiesta viene sempre ignorata.» Accennò al tratto di strada in questione e continuò: «Un paio di anni fa uno scuolabus slittò giù per la collina. Ci furono solo pochi feriti, ma il danno avrebbe potuto essere terribile. Adesso trattengo il fiato ogni volta che su questa strada si forma il ghiaccio.» «E come mai vi negano un guardrail?» Jack scrollò le spalle. «Probabilmente perché siamo un paese piccolo, con pochi abitanti, e la contea ha altri problemi economici più importanti. E quindi ci arrangiamo come meglio possiamo.» «Però in agosto non c'è ghiaccio» osservò Clay. «Che è successo alla macchina del pastore?» «Una cerbiatta» spiegò Noah. «Sono sbucato dalla curva e lei era in mezzo alla strada. Ho sterzato appena, ma basta avvicinarsi troppo al ciglio ed è fatta. Oh, il mio povero 6
furgone!» esclamò guardando il suo veicolo. «Non è peggiorato così tanto» rise Jack. «Davvero» confermò Preacher con le mani sui fianchi. «Ma che dite?» protestò Noah indignato. «Ci sono parecchie nuove ammaccature!» «Come fai a capirlo? Quella macchina è tutta un'ammaccatura...» fece Jack. Poi si rivolse a Clay. «Mi raccomando, fai attenzione alle curve e saluta il dottor Jensen da parte mia.» Clay guidò cautamente lungo il resto della strada e finalmente arrivò di fronte alla Clinica e Scuderia Jensen. Scese dal pick-up, che portava a rimorchio un furgone per il trasporto dei cavalli pieno dei suoi effetti personali, e si guardò intorno. Lo studio veterinario era annesso a un grande fienile, poi c'era un recinto coperto per le visite, alcuni pascoli, un grande recinto erboso per l'addestramento dei cavalli e alcuni recinti più piccoli per l'addestramento individuale. Se infatti i cavalli non conoscono i loro compagni, non possono essere addestrati tutti insieme perché possono diventare aggressivi. Di fronte allo studio, sull'altro lato di un'ampia area di parcheggio, c'era una grande casa, e tutta l'area era circondata da alberi frondosi appena mossi dalla brezza estiva. Clay annusò l'aria. Sapeva di fieno, cavalli, terra, fiori, pace. Avvertì il profumo penetrante di un caprifoglio poco lontano e si accucciò a terra, toccando il terriccio con le lunghe dita abbronzate. Sentiva una grande quiete. Quello era un bel posto, pensò. Un luogo pieno di promesse. «Stai eseguendo un antico rito navajo?» domandò una voce. Nathaniel era sulla soglia dello studio e si puliva le mani con un fazzoletto. Clay rise e si alzò. «Stavo ascoltando l'arrivo della cavalleria.» Nate infilò il fazzoletto in tasca. «Com'è stato il viaggio?» 7
«Lungo» disse Clay stringendo la mano dell'amico, «e noioso finché non sono arrivato nei paraggi. Della gente di Virgin River stava recuperando il pick-up del pastore, che era uscito di strada per evitare una cerbiatta. Ma nessuno si è fatto male. Allora, come vanno i lavori?» «Benissimo. Adesso beviamo qualcosa e poi ti porto a fare un giro.» Nate batté una mano sulla spalla dell'amico e aggiunse: «Mi dispiace molto per Isabel». Clay sorrise tristemente. «Se non avessimo divorziato non sarei qui... e poi tra noi non è cambiato molto, a parte il fatto che ho lasciato Los Angeles.» «Un divorzio che non cambia le cose?» domandò Nate stupito. «No, lascia perdere, non dirmi niente. Potrebbe essere più di quello voglio sapere.» Clay rise, anche se la frase non era così divertente. Isabel era la donna sbagliata per lui, ma questo non aveva impedito loro di innamorarsi. Non avevano niente in comune a parte i cavalli, e anche in quel caso erano su due fronti opposti: lei era una ricca allevatrice e cavallerizza di origini svedesi, una splendida bionda vissuta tra i privilegi, mentre lui era un maniscalco navajo cresciuto in una riserva. Tra loro era scattata una fortissima attrazione: si erano sposati e poi avevano dovuto far fronte a prevedibili difficoltà di comunicazione e scelte di vita. La famiglia di lei, convinta che Clay la sposasse per il denaro, era stata sempre contraria. Così, quando Isabel aveva suggerito il divorzio, lui non si era stupito e aveva accettato le sue condizioni. Non avevano smesso di volersi bene né di andare a letto insieme, ma probabilmente il padre di Isabel dormiva sonni più tranquilli sapendo che la sua ricca figliola non era più legalmente sposata con un Navajo senza un centesimo, per giunta legato alle tradizioni della sua gente. Nemmeno il fatto che Clay avesse già un figlio era piaciuto troppo al suocero. Gabe viveva nella Nazione Navajo con i genitori di Clay e i numerosi parenti, ma padre e figlio erano molto legati e ovviamente la famiglia di Isabel 8
non aveva mai gradito questo particolare. Nate Jensen e Clay avevano lavorato insieme a Los Angeles anni addietro, prima che Nate rilevasse lo studio veterinario del padre a Virgin River, così, quando il suo assistente era andato in pensione, Nate aveva chiamato l'amico perché gli raccomandasse qualcuno di sua fiducia. «Mi vengono in mente parecchi nomi» aveva detto Clay. «Ma sono in vena di cambiamenti e ho dei parenti dalle tue parti. Non mi prenderesti in considerazione?» Clay era bravissimo nel suo lavoro, e molto richiesto. Nate non si era lasciato sfuggire l'occasione e aveva accolto immediatamente la proposta dell'amico. «In casa ho della limonata e del tè freddo» disse Nate. «Vuoi che ti aiuti a scaricare le tue cose?» «Per il momento lascerò tutto sul rimorchio» rispose Clay. «Sicuro che posso occupare la stanza dove dormiva il tuo assistente?» «È a tua disposizione per tutto il tempo che vuoi, ma ci sono altre possibilità. Puoi vivere in casa con Annie e me, c'è una quantità di spazio, o se preferisci posso aiutarti a trovare un appartamento. Fai come vuoi, amico. Sono solo felice che tu sia qui.» Clay sorrise con calore. «Grazie, Nathaniel, quella sistemazione andrà benissimo. Adesso offrimi una limonata e poi facciamo un giro.» «Ceni con noi stasera?» «Ne sarò felice. E non vedo l'ora di conoscere la donna che è disposta a sposarti!» «Annie è fantastica» rise Nate. «Ti piacerà.» Clay aveva trentaquattro anni, e tra gli uomini navajo che lo avevano cresciuto c'erano dei nomi leggendari: capi, anziani, decrittatori di codici che avevano lavorato durante la seconda guerra mondiale, mistici e guerrieri. I Navajo erano persone spirituali e intimamente legate alla natura. A volte, durante l'infanzia, Clay aveva mal sopportato i con9
sigli e gli insegnamenti del padre e degli zii, ma con il tempo aveva finito per apprezzare il valore delle loro lezioni. Spesso la famiglia era venuta in suo aiuto, unendo le forze per permettergli di dare una svolta alla sua vita, e non fosse altro che per questo, Clay le doveva rispetto e gratitudine. Era cresciuto sulle montagne attorno a Flagstaff, in un grande ranch. C'era parecchia povertà nella riserva, ma alcune famiglie se la cavavano un po' meglio. I Navajo non costruivano casinò, ma la loro splendida terra era una ricchezza e la famiglia Tahoma era benestante a paragone di altre. I membri della famiglia vivevano semplicemente, risparmiavano, poi investivano in altri terreni e si ingrandivano gradualmente. Non erano mai stati ricchi, ma Clay e sua sorella erano cresciuti in una casa confortevole, circondati da numerosi parenti. A sedici anni Clay conobbe una ragazza a una partita di football, e i due si innamorarono. Ma in seguito alle pressioni dei genitori lei lo lasciò. Clay la rintracciò qualche mese dopo e scoprì che era incinta e, benché lei negasse, lui sapeva bene di essere il padre del bambino. Si rivolse così ai propri genitori e agli zii e spiegò loro l'imbarazzante verità: naturalmente loro andarono a parlare con i genitori della ragazza. Costoro avevano già preso contatto con una ricca famiglia dell'Arizona per dare il bambino in adozione, e dichiararono che Clay non aveva niente a che vedere con le condizioni della figlia. Ma la famiglia Tahoma disponeva di un avvocato, e nessuna tribù di nativi americani abbandonava facilmente qualcuno dei loro. Quando capirono che i Tahoma avrebbero fatto l'impossibile per tenere con sé il figlio di Clay, si arresero. La legge stabiliva che i nativi americani non potessero essere adottati al di fuori della loro tribù contro la volontà della famiglia di origine, e il figlio di Clay era troppo simile a lui per dubitare del loro legame di sangue. Così venne portato a casa. 10
Clay allevò personalmente il figlio finché visse nella Nazione Navajo, e anche dopo essersi trasferito a Los Angeles continuò a fargli visita appena poteva e a parlargli al telefono ogni giorno. Ma quel che avrebbe desiderato era avere Gabe con sé. Adesso che aveva divorziato da Isabel, e l'intollerante famiglia di lei non poteva più interferire, forse avrebbe potuto portare il figlio a vivere con sé. Sua sorella Ursula si era spesso offerta di accogliere Gabe in casa sua, ma il padre di Clay e Ursula insisteva perché lei si concentrasse sulla sua famiglia e sui suoi figli e sosteneva che Gabe stava benissimo a Flagstaff, con i Tahoma. Adesso, però, Clay poteva essere un vero padre per lui e Gabe avrebbe tratto vantaggio dalla vicinanza dei cavalli della scuderia, come lui stesso aveva fatto fin da bambino. Clay aveva imparato molto presto a conoscere e amare i cavalli: li capiva, e loro capivano lui. Sembrava logico che finisse per lavorare nell'ambiente equestre, ma non era lì che aveva cominciato. Si era iscritto all'università dell'Arizona per studiare economia, e spesso i compagni gli domandavano perché non avesse scelto la facoltà di Storia dei Nativi Americani. «State scherzando?» rispondeva lui. «Sono un Navajo, perciò sono praticamente cresciuto studiando questa materia!» Dopo un paio d'anni aveva cominciato a lavorare come maniscalco, mettendo a frutto ciò che aveva imparato dal padre e dagli zii. Lavorava nei rodeo, nelle scuderie, nelle fattorie, e aveva finito per interrompere l'università per seguire dei corsi di veterinaria. Nel corso degli anni aveva avuto dei periodi difficili, ma aveva continuato a lavorare qua e là guadagnando abbastanza bene. Infine, a ventotto anni, gli era stato offerto un buon lavoro stabile in California, presso un allevatore di cavalli da corsa. Doveva dirigere la scuderia, con l'aiuto di parecchi inservienti che lavoravano per lui. A Clay dispiaceva lasciare Gabe, ma l'occasione era davvero interessante e lui sperava di rima11
nere in California per un bel po' di tempo, in modo da trovare una casa in cui vivere con suo figlio. Solo che poi si era innamorato di Isabel, la figlia dell'allevatore... e il resto era storia recente. La telefonata di Nathaniel, che cercava un assistente per la sua clinica veterinaria, non lo aveva sorpreso più di tanto. Nate aveva sempre sperato di possedere una scuderia in cui allevare cavalli da corsa e da competizione. In origine la clinica del padre si era occupata degli animali da lavoro, compresi i cavalli, e Nate l'aveva rilevata quando suo padre era andato in pensione. Con l'aiuto di un assistente esperto poteva allevare cavalli e continuare a curare gli altri animali, e per ingrandirsi stava costruendo un secondo fienile che era già a buon punto. La fidanzata di Nate, Annie, era una provetta cavallerizza che poteva dare lezioni di equitazione, e lui era un ottimo veterinario già conosciuto nella zona. La clinica era un po' fuori mano e per il momento si occupava soprattutto degli animali delle fattorie vicine, ma Nate era sicuramente destinato ad avere successo nella sua impresa. Anche Clay era molto noto nell'ambiente, e riceveva continuamente offerte di lavoro e richieste di aiuto. Proprietari, allevatori e veterinari lo cercavano spesso, e gli avevano offerto stipendi al cui paragone quello proposto da Nate era una miseria. Ma oltre alle sue capacità, giravano delle voci che lui evitava di confermare e cioè che sapesse comunicare con quei possenti animali, che leggesse nella loro mente e che loro facessero altrettanto. Si diceva che Clay Tahoma fosse un uomo che sussurrava ai cavalli. Forse lo era e forse no... certo sapeva come trattarli, non li sforzava mai e non dava per scontato che agissero in un certo modo, e loro sembravano apprezzarlo. Clay, tuttavia, aveva accettato l'offerta di Nate senza esitare, per tre ragioni. Sua sorella Ursula viveva nelle vicinanze. Era sposata con Tom Toopeek, capo della polizia di Grace Valley, e aveva cinque figli a cui Clay era molto af12
fezionato. Seconda ragione, Nate era una persona molto capace e corretta che Clay rispettava, che avrebbe sicuramente avuto successo e contava sulle capacità effettive di Clay e non sulle sue eventuali qualità mistiche. E infine, era giunto il momento di allontanarsi da Isabel. Clay conosceva l'amico da anni, ma non aveva mai visitato la clinica. Conosceva però la regione, poiché aveva fatto spesso visita alla sorella nella sua casa di Grace Valley. Tenendo in mano i loro bicchieri di limonata, Nate e Clay fecero un giro della proprietà. La nuova stalla in costruzione prometteva di diventare bellissima. La stanza dell'assistente era piccola ma funzionale. Era stata ricavata all'interno della stalla già esistente, per le occasioni in cui bisognava passare la notte vicino a un animale malato: conteneva un frigo-bar, due pensili da cucina e un letto a scomparsa in una parete attrezzata a guardaroba. Dietro una porta a soffietto c'era un bagno con doccia e sotto l'unica finestra era sistemata una scrivania. Virginia, l'assistente che era andata in pensione da poco, aveva aggiunto alle suppellettili un forno a microonde e una piastra elettrica per scaldarsi una tazza di tè o prepararsi un po' di popcorn, e li aveva generosamente lasciati al suo successore. Nella stalla c'erano una lavatrice e un'asciugatrice di tipo industriale, ma Nate invitò l'amico a usare la lavatrice di casa in modo da non contaminare i suoi abiti con secrezioni o sangue animale. «Ne avrò parecchio sugli abiti in ogni caso» rise Clay. «Sì, però...» obiettò Nate, «è una questione psicologica. E temo che non resisterai a lungo in questa camera.» «Come puoi dirlo?» domandò Clay inarcando un sopracciglio. «È troppo piccola, non ci sono comodità, non c'è nemmeno un televisore o un lettore di DVD, e non vorrei che tu finissi per licenziarti perché stai troppo stretto. Se non 13
vuoi vivere in casa con noi possiamo affittare un camper. C'è moltissimo spazio per parcheggiarlo. Oppure, quando le nuove stalle saranno finite, possiamo abbattere una parete di questa e ingrandire il tuo appartamento. » Clay ridacchiò. «Prima di licenziarmi perché il posto in cui vivo non è abbastanza lussuoso ci penserò. Non hai idea del modo in cui vivevo quando viaggiavo per seguire i rodeo – eppure non ricordo di essere mai stato più felice.» «Questo accadeva tempo fa... adesso è adesso.» Sicuramente, pensò Clay, perché a un certo punto un uomo doveva trovare la stabilità, se non addirittura mettere radici. Lui aveva vissuto nella lussuosa casa di Isabel, dove una donna di nome Juanita si occupava giornalmente delle pulizie e della cucina aiutata dalla figlia. La casa era magnifica, ma lui non si era mai sentito del tutto a proprio agio. Isabel aveva molte conoscenze nell'ambiente ippico, e la casa era arredata elegantemente per ricevere in modo formale piuttosto che per viverci ogni giorno. Clay e Isabel si conoscevano da sei anni. Lui era andato a vivere con lei cinque anni prima, e l'anno dopo si erano sposati. Dopo due anni e mezzo avevano divorziato e Clay aveva affittato un piccolo chalet dall'altro lato della grande proprietà, ma era spesso invitato in casa di Isabel e nel suo letto. A volte era lei ad arrivare fino allo chalet. C'erano troppe differenze fra loro perché il matrimonio funzionasse, ma l'attrazione era rimasta. E per Clay l'unico modo di metter fine a tutto ciò era trasferirsi a miglia e miglia di distanza. «Questa sistemazione andrà a meraviglia» rise Clay uscendo dalla stalla. «Dammi il tempo di acclimatarmi, e poi può darsi che cerchi qualcosa di più grande. E non preoccuparti, ho portato una TV a schermo piatto e ho il mio iPod, la chitarra e un flauto. Starò benissimo.» «Fammi sapere se hai delle difficoltà» insistette Nate. «Oh, ecco Annie!» E attraversò il recinto avvicinandosi a 14
una giovane donna alta e snella che stava spazzolando un magnifico purosangue. Clay lo seguì e guardò con un pizzico di invidia l'amico che cingeva la vita della fidanzata e le dava un bacio. Quando il bacio finì, Annie guardò Clay con un gran sorriso, spostò la striglia nella mano sinistra e gli porse l'altra. «Tu devi essere Clay. Finalmente!» esclamò con calore. «Sono molto felice di conoscerti!» Quanto era attraente, pensò lui. Annie aveva una bellezza semplice e naturale: era alta, sottile, aveva lunghi capelli rossi, grandi occhi verdi e una carnagione chiara punteggiata di efelidi. La stretta della sua mano era forte e genuina come il suo sorriso. «Anch'io sono felice di conoscerti» rispose Clay. «Dimmi, come ti ha convinta a sposarlo?» Annie si limitò a ridacchiare. «Non vedevamo l'ora che arrivassi. Nate mi ha raccontato tante delle esperienze che avete vissuto insieme, e da quel che ho capito tu hai un rapporto molto particolare con i cavalli. Ne abbiamo un paio a cui servirebbe qualche lezione di galateo, forse dovresti fargli un discorsetto...» Clay la guardò in silenzio, con un accenno di sorriso. «Non preoccuparti» aggiunse lei. «So che preferisci non diffondere troppo la voce.» «Se fosse vero che ho questo dono, forse ne parlerei un po' di più, ma alcuni animali sono più restii di altri, e non vorrei deludere le aspettative di nessuno. Ho altre capacità.» «Mi hanno detto anche questo. So che sei un eccellente maniscalco, e che hai un sistema digitale per diagnosticare problemi nell'andatura di un cavallo, nell'allineamento e nelle capacità di corsa. Non vedo l'ora di assistere a una dimostrazione.» Il sorriso di Clay si allargò. «È un software chiamato Ontrack Equine. Te lo mostrerò molto volentieri.» «Io però voglio sapere dell'altra tua abilità» ammise lei 15
abbassando la voce di un tono. «Del sussurro.» Clay la guardò chinando la testa da un lato. «Fai giardinaggio?» domandò. «È nata in una fattoria» rispose Nate al posto suo. «Può far crescere qualsiasi cosa.» Clay continuò a guardare Annie. «Parli alle piante?» domandò. Lei annuì. «E loro crescono più alte e più robuste?» «A volte sì. Ho sentito dire che è per via dell'ossigeno che aliti su di loro.» Lui scrollò la testa. «Respirando emetti più diossido di carbonio che ossigeno. Forse è il suono della tua voce a farle crescere, o le tue buone intenzioni o magari una forma di ipnosi. Quale che sia la ragione, funziona dalla prima volta che il sole ha scaldato il terreno. A volte è meglio non farsi domande e accettare semplicemente quel che accade, compreso il fatto che non ci sono garanzie di nessun genere.» La giovane donna gli si avvicinò. «Ma se prometto di non propagandare troppo questa tua magia che a volte funziona, mi dirai qualcosa di più? Mi racconterai le tue esperienze, da amico ad amica?» «Sì, Annie, lo farò. Ti racconterò qualcosa, purché tu prometta di ricordare che non si può sapere se il cavallo e io abbiamo davvero comunicato, o se lui ha solo deciso di smetterla con i capricci e di attenersi al programma.» «Prometto» rise lei. «Adesso sarà meglio che vada a fare la doccia. La cena sarà pronta tra un'ora e mezza circa, ma nel frattempo ti occorre qualcosa?» «No, grazie» rispose Clay. «Nate mi mostrerà dove posso parcheggiare la macchina e il rimorchio, poi scaricherò un po' di bagaglio e magari farò anch'io una doccia prima di cena.» Così Nate si preoccupava per le scarse comodità del suo alloggio, pensò Clay poco dopo. L'unico problema che gli 16
veniva in mente era la dimensione del letto, dato che lui era più alto della media. Anche il getto della doccia era un po' troppo basso, ma si era trovato a dormire nel pick-up o nel rimorchio, sul divano di qualcuno, su una balla di fieno in una stalla. La caratteristica migliore della casa di Isabel era l'enorme letto extra lungo, piacevole anche soltanto per dormirci da solo. Non c'erano stati accordi economici nel loro divorzio. Lui non voleva niente da Isabel, e lei non aveva osato chiedere del denaro a un semplice maniscalco, quando disponeva di una ricchezza personale così cospicua. Stranamente non avevano siglato alcun accordo prematrimoniale, il che dimostrava che lei si era fidata di Clay nel matrimonio e nel divorzio. Si domandò se avesse ricordato di ringraziarla per questo, dato che per lui la fiducia contava assai più del denaro, ma adesso rimpiangeva di non averle chiesto il letto. Era un ottimo letto, solido come la terra, non troppo duro come l'asfalto ma appena cedevole, come un buon terreno. Spazioso. Generoso. Lungo. Dopo la doccia Clay prese dalla sacca un paio di jeans puliti e una camicia di denim, spazzolò gli scarponi e riannodò i lunghi capelli umidi in una coda di cavallo. Data la pelle color bronzo, gli zigomi scolpiti e i capelli neri e lucenti, non doveva sottolineare la sua natura di nativo americano con affettazioni superflue, ma nel nastro del cappello portava sempre una penna d'aquila. Anche quando il cappello cadeva a pezzi e lui doveva comprarne un altro, spostava la penna d'aquila nel nastro nuovo. Trovare una penna d'aquila era un segno di buona fortuna. Sentì il rombo di un motore e l'abbaiare distante di un cane, e pensò subito che si trattasse di un paziente in arrivo. Si calcò il cappello in testa e uscì, in tempo per vedere un vecchio pick-up Ford che si avvicinava in retromarcia alle porte del fienile già aperte. Il pianale era carico di balle di fieno e sacchi di foraggio. Una giovane donna con la pelle abbronzata e i capelli neri scese in fretta dall'abita17
colo, corse sul retro del pick-up infilandosi un paio di guanti da lavoro, abbassò la sponda e afferrò una balla di fieno da venticinque chili. Era minuta e piuttosto piccola, non più di un metro e sessanta per una cinquantina di chili, eppure si caricò la pesante balla sulla schiena e la portò nel fienile come niente fosse. Clay tornò in casa, prese dei guanti da lavoro dalla sacca e si avvicinò alle porte del fienile. Uscendo, la ragazza lo vide e si fermò di botto sgranando gli occhi azzurri, come se avesse visto un fantasma. «Nate non mi aveva detto di avere un nuovo inserviente» disse. «Mi chiamo Clay» si presentò lui. «Ti do una mano.» «Ce la faccio» rispose lei salendo di nuovo sul pick-up e afferrando un'altra balla di fieno. Clay ignorò il suo rifiuto e sorrise vedendola sollevare quel carico pesante. Immaginava che sotto il giubbotto di jeans avesse dei muscoli che molte atlete le avrebbero invidiato – e anche il sederino sodo stretto nei jeans era interessante. Forse non raggiungeva nemmeno il metro e sessanta, pensò. Ma era solida, ben fatta. E giovane. Prese due balle e la raggiunse all'interno del fienile, e lei sussultò sorpresa vedendolo con quei due pesi sotto ciascun braccio. Esitò come se cercasse le parole giuste, poi disse: «Ti ringrazio, ma ce la faccio benissimo da sola». «Lo vedo» fece lui. «Fai le consegne tutti i giorni?» «Il lunedì e il giovedì» rispose lei abbassando lo sguardo e tornando rapidamente al pick-up. Prese l'ultima balla di fieno lasciando solo alcuni grossi sacchi di foraggio. Clay la seguì. «Hai anche un nome?» domandò audacemente. «Lilly» rispose lei brusca, issando sulla spalla la balla di fieno. «Lilly Yazhi.» «Sei Hopi? Una Hopi con gli occhi azzurri?» Lei esitò di nuovo prima di rispondere. Per avere gli occhi azzurri come i suoi bisognava che entrambi i genitori 18
avessero quei geni nel DNA. Lilly non aveva mai conosciuto il padre, ma sapeva che sua madre si era sempre considerata una Hopi al cento per cento. «Almeno per metà, sì» concesse. «E tu di dove sei?» «Di Flagstaff.» «Nella Nazione Navajo?» Clay sorrise. «Sissignora.» «Le nostre tribù sono storicamente nemiche.» Il sorriso di lui si allargò. «Io l'ho superato» commentò. «Tu ce l'hai ancora con noi?» Lilly alzò gli occhi al cielo e tornò verso il fienile. E così la ragazzina non aveva voglia di scherzare, pensò lui osservando di nuovo le spalle robuste e le gambe tornite strette nei jeans. «Non bado a queste cose» disse lei dopo un minuto. Clay ridacchiò, poi prese due sacchi di foraggio e se li gettò su una spalla. «Dove li metto?» domandò entrando nel fienile. «Laggiù, accanto al fieno. Da quanto lavori qui?» «Ho cominciato proprio oggi. E tu è da tanto che fai le consegne?» «Da alcuni anni. Lo faccio part-time per conto di mio nonno, che è proprietario del magazzino di foraggio. È un vecchio Hopi legato alle tradizioni e vuole che l'azienda resti in famiglia. Il problema è che di famiglia non ce n'è molta.» Clay capiva bene la faccenda delle tradizioni familiari. Quasi tutti i nativi preferivano essere chiamati con il nome della tribù, e per loro la famiglia era la cosa più importante; si fidavano assai poco della gente al di fuori della loro razza, della tribù o della cerchia di parenti. «Anch'io in famiglia ho due nonni anziani» disse in tono comprensivo. «Ed è bello che tu aiuti il tuo.» «Se non lo facessi non la smetterebbe più di brontolare!» Nel frattempo Clay continuava a osservarla, notando al19
tri tratti molto interessanti. I suoi capelli lucidi avevano un taglio moderno, corto sulla nuca e un po' più lungo sulle guance. Le sopracciglia disegnavano un arco perfetto, gli occhi azzurri scintillavano, le labbra erano morbide e rosate. Lilly non portava un filo di trucco, la carnagione era naturalmente abbronzata e liscia come la seta. Era una vera bellezza, ma non doveva avere più di vent'anni. «E quando non consegni balle di fieno al martedì e venerdì, che cosa fai?» «Il lunedì e il giovedì» corresse lei. «Non sei stato attento. Lavoro nel magazzino.» «A fare cosa, sacchi di foraggio?» insistette lui, incuriosito. Lei si mise le mani sui fianchi. «Tengo i registri. Dare, avere e così via.» «Ah. E sei sposata?» «Senti, io non...» «Lilly! Come va?» esclamò Nate uscendo di casa e avvicinandosi. Lo seguivano tre border collie. «Non ti ho sentita arrivare, ma vedo che hai già conosciuto il mio nuovo assistente.» «Il tuo assistente?» domandò lei. «Maniscalco, aiuto veterinario, un po' di tutto» spiegò Nate. «Mentre finiamo di costruire le nuove scuderie, Clay avrà parecchi ruoli.» «Sicché Virginia se n'è proprio andata?» «Una volta saputo che Clay stava arrivando ha messo in atto la sua minaccia ed è andata in pensione, per passare un po' più di tempo con il marito e i nipotini. Io avrò parecchie esigenze in più con l'ingrandimento delle scuderie, e lei proprio non se la sentiva. Clay invece è un vecchio amico, abbiamo lavorato insieme anni fa, a Los Angeles, e conosco bene la sua reputazione.» «Ho visto Virginia qualche giorno fa» osservò Lilly. «Non sapevo che fosse così vicina al pensionamento, credevo che ci volessero ancora dei mesi.» 20
«Lo pensavamo anche noi, Virginia e io, ma per fortuna ho convinto Clay a partire da Los Angeles nel giro di pochi giorni. Non appena ha saputo che lui aveva accettato, Virginia ha sospirato: "Grazie a Dio", e se n'è andata. Si è anche offerta di tornare per qualche giorno per dare una mano a Clay, se necessario, ma credo che avesse davvero bisogno di un po' di riposo. Parlava di andare in pensione da un paio d'anni almeno, ma finché non è arrivata Annie non se l'è sentita di lasciarmi qui da solo.» Nate rise. «Temeva che senza di lei mandassi tutto all'aria.» «Però credo che ti mancherà» commentò Lilly. «Oh, so dove trovarla, e lo sai anche tu. Falle visita qualche volta, le farà piacere. Ha promesso di rifornirci regolarmente di biscotti.» «Sì, lo farò di sicuro. Adesso ti prendo gli integratori vitaminici.» Lilly prese dalla cabina del pick-up un grosso flacone di pillole, lo porse a Nate e poi gli fece firmare la bolla di consegna. «Tra due o tre giorni mi arriverà uno stallone arabo» la informò Nate. «La padrona me l'ha affidato per un po' perché lo addestri, ma credo che sia lei ad aver bisogno di addestramento più del suo cavallo. Nella prossima consegna aggiungi due sacchi di foraggio in più. E saluta tuo nonno da parte mia.» «Oh, certo. Ci vediamo.» E Lilly saltò a bordo del pickup e mise in moto. «È sempre così di corsa?» domandò Clay quando si fu allontanata. «È molto efficiente e sempre puntuale. Suo nonno Yaz conta molto su di lei, e a quanto ne so Lilly è tutta la famiglia che ha. È l'unica altra Yazhi a occuparsi del magazzino.» «E c'è un nuovo cavallo in arrivo?» domandò ancora Clay. «Come mai?» «È stato un incarico dell'ultimo momento. Una donna che non capisce niente di cavalli, ma sfortunatamente ha 21
un'enorme quantità di denaro, si è comprata un cavallo arabo di ottimo lignaggio, ha imparato quanto basta a non farlo morire di fame, ma non riesce ad avvicinarlo. Il suo stalliere si azzarda appena a mettergli una cavezza, ma sellarlo è fuori questione. Se lo convincerà a salire nel rimorchio, lo stalliere me lo porterà qui in modo che possiamo lavorarci. La signora vorrebbe montarlo, ma se non si riesce ad addestrarlo pensa di venderlo per sostituirlo con un animale più docile. È convinta che questo abbia dei difetti irrimediabili.» Clay corrugò la fronte. «È un puledro giovane?» «No, è uno stallone di due anni, figlio del campione nazionale Magnum Psyche. L'ho visto, e mi è sembrato difficile da gestire anche per persone assai più esperte di lei.» «Non capisce niente di cavalli e si è comprata uno stallone?» fece Clay con un fischio incredulo. Nate gli batté un colpo sulla spalla. «Già. Ti ho detto quanto sono felice che tu sia qui?» «Non ho neanche disfatto i bagagli e hai già un incarico speciale da affidarmi» protestò Clay cercando di nascondere la soddisfazione. Nate sorrise a sua volta. «Guarda che non ci casco. Temevi di annoiarti e adesso sei felicissimo di avere un progetto difficile, te lo vedo scritto in faccia. Vieni, andiamo a cena. Annie ha cucinato un arrosto, quando lo assaggerai ti sembrerà di essere in paradiso.»
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Se mi baci, ti sposo di Susan Andersen Quando Jenny Salazar viene a sapere che l'irresistibile e irresponsabile Jake Bradshaw sta per tornare nella tranquilla Razor Bay, teme due cose. La prima è che Jake voglia portarsi via il figlio, di cui pare essersi ricordato tutto d'un tratto e a cui lei è affezionata come se fosse suo. La seconda è di cedere all'attrazione che prova per lui. E il fatto che l'attrazione sia reciproca non fa altro che rendere più complicata la situazione. Ma Jake, magari, potrebbe scoprire che anche Razor Bay è un buon posto per mettere radici, in fondo casa è dove vive chi amiamo.
Un'eredità a Virgin River di Robyn Carr Clay Tahoma, assunto come assistente alla clinica veterinaria del paese, lo accettano tutti con gioia a parte Lilly Yazhig, che a causa di una brutta esperienza passata reagisce con rifiuto all'attrazione che prova per lui. Intanto su Virgin River piove un'inaspettata eredità, che sulle prime crea un po' di scompiglio. La magia dell'amicizia, dell'amore e del rispetto, che fanno di questo posto tra i monti un paradiso in terra, aiuta come sempre a superare incomprensioni, difficoltà e paure.
Magnolie a mezzanotte di Sherryl Woods Ogni matrimonio ha le sue incomprensioni, anche quando l'amore non viene messo in discussione. Sono passati ormai due anni dall'unione tra Elliott Cruz e Karen Ames e scoprire per caso che il marito ha in progetto di aprire una palestra non è affatto incoraggiante per lei. Anzi, improvvisamente si sente spaventata, sia per il timore di perdere tutto sia per il fatto di essere stata esclusa da una decisione tanto importante. Quando però scopre che la cognata Adelia ha problemi coniugali, i suoi disaccordi con Elliott perdono d'un tratto importanza. L'amore aiuta a superare qualsiasi ostacolo. O no? Soprattutto se si ha il sostegno di amiche sincere.
Il colore del fuoco di Diana Palmer 1902. Noelle Brown ha perso tutto nell'inondazione che ha devastato la sua città, Galveston, ed è stata accolta dalla nonna dell'affascinante e irresistibile Jared Dunn, fratellastro del suo benefattore Andrew Paige. Tra Noelle e Jared si crea subito un forte attrito, che nasconde un'intensa attrazione. Quando Noelle rifiuta l'invito di Andrew a un ballo, con la motivazione di non possedere abiti adeguati, lui scommette di riuscire a trasformarla in una vera dama di società. La rivalità tra i fratellastri aumenta ogni giorno di più, finché, per evitare uno scandalo, Jared impone a Noelle il matrimonio. Finalmente la passione che li tormenta trova libero sfogo, ma il fuoco che li divora alimenta le incomprensioni che rischiano di dividerli.
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Ogni sfumatura del desiderio. Protagonisti a cui è impossibile resistere, eroine belle e determinate, trame travolgenti: l’atteso ritorno di SARAH McCARTY, autrice rivelazione della narrativa erotica. “Piccante, sensuale. Ma soprattutto, una grande storia d’amore”. RT Book Reviews
Cosa succede quando una stressatissima donna in carriera incontra un muscoloso massaggiatore, esperto di sesso tantrico? Un nuovo irresistibile romanzo della serie SEX 4 THE CITY, le quattro amiche più frizzanti e sexy di tutta Vancuover. Tutte le fan di Sex & the City lo adoreranno.
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