Ogni sfumatura del desiderio. È sbagliato desiderare due uomini allo stesso tempo? Hailey Anderson lo scoprirà sotto il sole cocente delle Hawaii, dove vivrà l’esperienza più elettrizzante di tutta la sua vita. Si chiama SAMANTHA KING, ma è la nuova REGINA del passion: “Peccato che è il suo debutto. Vorrei già avere una sua intera backlist tutta da leggere…” Novel Thoughts & Book Talk
Tre giorni in un cottage isolato, lontano da tutti. Un uomo e una donna che non si sono mai dimenticati. Un piacevole gioco di sottomissione. BETH KERY è tornata ed è pronta a lasciarvi ancora una volta senza fiato. “La Kery non può mancare nella libreria di chi ama la narrativa passion: irrinunciabile!” Manic Readers
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Diana Palmer
Il colore del fuoco
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Noelle HQN Books © 2009 Diana Palmer Traduzione di Sabina Di Luigi Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Romance aprile 2013 Questo volume è stato stampato nel marzo 2013 presso ELCOGRAF S.p.A. stabilimento di Cles (TN) HARMONY ROMANCE ISSN 1970 - 9943 Periodico mensile n. 116 del 26/04/2013 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 72 dello 06/02/2007 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
Prologo
La strada era ampia e polverosa, ed essendo tardo pomeriggio, a Terrel, cittadina nel Territorio del Nuovo Messico, c'era un gran movimento. Molti calessi e carri coperti, tuttavia, si erano fermati a guardare lo scontro dai toni sempre più accesi in corso davanti al tribunale, una costruzione di mattoni di creta e paglia, dove il giudice itinerante si era appena pronunciato contro un gruppo di piccoli proprietari di ranch. «Ci avete tradito!» urlò un cowboy furioso a un uomo alto e distinto, con un elegante completo scuro. «Avete aiutato quell'insaziabile figlio di Satana di un inglese a cacciarci dalla nostra terra! Come facciamo, ora che arriva l'inverno e non abbiamo né un posto dove vivere né cibo per i nostri figli? Dove andiamo, visto che ci avete preso i terreni? E a Hughes non servono nemmeno. Perdiana, possiede già metà del paese!» Jared Dunn, l'uomo alto ed elegante al quale si rivolgeva, lo guardava senza battere ciglio, immobile. Aveva gli occhi di un azzurro pallido e lo sguardo, affilato e intenso, era minaccioso, ma il cowboy era troppo distante per vederlo. «È stato un processo giusto» disse l'uomo, con accento raffinato e solo un lieve accenno di pronuncia strascicata. «Avevate i vostri avvocati.» «Non come voi, Mister Principe del Foro di New 5
York!» disse l'altro, sul viso un'espressione sempre più furiosa. Portava un'arma, al fianco. Era una cosa comune a molte persone, nel 1902, sebbene non nei centri cittadini, dove nella maggior parte dei casi vigevano regolamenti contrari alle armi da fuoco. Ma quella piccola località era rimasta uguale a com'era stata una quindicina di anni prima, e la legalità cominciava appena a farvi breccia. Si trovava in quello che era ancora un Territorio, non uno Stato. Il cowboy furioso si era presentato con la pistola, e Jared Dunn lo aveva previsto. Lo sceriffo del posto era un omino mite, eletto per il suo carattere solare, non per la fermezza, perciò l'avvocato non poteva aspettarsi nessun aiuto da parte sua. A dirla tutta, lo sceriffo si era opportunamente dileguato quando il cowboy aveva cominciato a inveire dall'altro lato della strada. Il cowboy si portò lentamente la mano al fianco, tenendola sospesa sopra il calcio della pistola. «Non fatelo» lo ammonì Jared, con voce profonda, chiara e stentorea. «Perché? Avete paura delle pistole, Mister Principe del Foro?» chiese il cowboy, con un lieve tono di scherno. «Non sapete sparare, voi ragazzi di città?» Jared si sbottonò piano la giacca elegante senza distogliere gli occhi dal suo avversario, ne spostò indietro un lembo e... scoprì una malandata fondina di cuoio portata sui fianchi magri. Dentro, c'era una rivoltella con l'impugnatura nera, malandata anche quella. Il fatto che l'arma fosse consumata sarebbe dovuto bastare a mettere in guardia la maggior parte di quegli uomini. Ma anche il gesto calmo della mano con cui aveva tirato indietro la giacca aveva lanciato un segnale. Jared Dunn rimase tranquillo e non disse nulla, con la sua postura elegante, apparentemente rilassata, gli occhi fissi soltanto sul cowboy. «Ed, piantala» consigliò uno degli amici del cowboy. 6
«Non si può sparare agli avvocati, purtroppo. Troveremo altri terreni, e la prossima volta ci assicureremo che chi vende abbia dei documenti validi.» «La terra è mia. Al diavolo i documenti! E non me ne vado solo perché qualcuno con tanti soldi ha pagato un avvocato di città per sottrarmela!» Cominciò ad acquattarsi; la mano strinse il calcio della pistola. «In guardia o siete morto, amico.» «Proprio come ai vecchi tempi» mormorò Jared tra sé. Socchiuse gli occhi azzurri, fissi, impassibili, e sorrise, freddo. «In guardia!» gridò il cowboy. Jared, però, non si mosse. Rimase come stava. «Vigliacco!» Nonostante tutto, Jared tenne duro e aspettò. Aveva imparato che a vincere questo genere di scontri non era la persona più veloce, ma quella che prendeva tempo e assestava il colpo con precisione. D'un tratto il cowboy mise mano alla rivoltella. Riuscì a estrarla e persino a sparare un colpo, ma non prima che la pallottola di Jared gli fracassasse un osso del braccio con cui teneva l'arma. La scossa violenta gli strattonò la mano e fece esplodere un colpo mentre lui cadeva sulla strada polverosa lanciando un grido di dolore. La pallottola vagante colpì Jared alla gamba, proprio sopra la rotula, ma lui non cadde né urlò. Mantenne lo sguardo fisso sull'avversario, si avvicinò adagio alla figura prostrata del cowboy che gemeva e lo guardò dall'alto con la pistola fumante ancora spianata contro di lui, stretta nella mano scarna. Le persone presenti rimasero impressionate dal luccichio di quei suoi occhi azzurri imperturbabili. «Vi basta o ci volete riprovare?» domandò, senza il minimo accenno di compassione. Aveva l'indice ancora sul grilletto e la pistola puntata sull'avversario sconfitto. Era chiaro a tutti che se il cowboy avesse cercato di prendere 7
la pistola che aveva accanto, dal lato dove non era stato ferito, Jared gli avrebbe perforato la mano con un'altra pallottola, senza esitazione. Il cowboy alzò il viso impallidito e davanti a sé vide la morte in completo scuro. «Dite» riuscì a bisbigliare con voce roca, «vi conosco?» «Ne dubito.» Il cowboy rabbrividì per il forte dolore. «Ma sì» insistette. «Vi ho visto... a Dodge. Ero a Dodge City, agli... inizi degli anni Ottanta. C'era un pistolero del Texas. Uccise un altro pistolero. Non gli vidi muovere la mano, non lo vidi nemmeno sparare, proprio come ora...» L'uomo era appena cosciente, per via della perdita di sangue che lo aveva indebolito, mentre intorno a lui le persone si muovevano frenetiche in cerca di un dottore per i feriti. Un signore dagli occhi scuri con una borsa da medico si intrufolò in mezzo alla folla. Guardò prima la gamba sanguinante di Dunn, poi il braccio inondato di rosso del cowboy a terra. «Siamo nel 1902» fece presente a Dunn. «Dovremmo essere civilizzati ormai. Mettete via quella dannata cosa!» Dunn rimise la pistola nella fondina con una destrezza che non sfuggì al dottore, ma non indietreggiò. «Lo avete disarmato fracassandogli la mano, vedo.» Esaminò il cowboy e chiamò con un cenno del capo due delle persone che erano con lui. «Portatelo nel mio studio.» Si voltò e guardò la gamba sanguinante dell'avvocato, intorno alla quale lui stesso si stava annodando in tutta calma un fazzoletto bianco che diventò subito rosso. «Potete venire anche voi. Credevo foste un avvocato.» «Lo sono.» «Non si direbbe, da come maneggiate la pistola. Riuscite a camminare?» «Mi hanno solo sparato, non sono mica morto» disse Jared, seccato. I suoi occhi incontrarono quelli del dottore, 8
ancora gelidi per via della tensione dovuta allo scontro. «Non è la prima volta che mi sparano.» «Un avvocato deve metterlo in conto.» «Ah. Un anarchico, presumo.» Il dottore fece cenno agli amici del cowboy, in qualche modo rabboniti, di seguirlo con il ferito. «No, non sono un anarchico» rispose. «Ma ritengo che il mondo non dovrebbe essere nelle mani di pochi.» «Che ci crediate o no, lo penso anch'io.» Jared camminò da solo, anche quando uno dei presenti gli offrì una mano in modo amichevole. Guardò dritto davanti a sé e seguì il dottore e la vittima nello studio. Fu divertito nel vedere gli amici del cowboy andare rapidamente nella sala d'aspetto, lanciandogli sguardi che tradivano il loro nervosismo. Negli anni si era abituato a quel tipo di reazione. Quando aveva lasciato il Texas per esercitare la professione forense a New York, dieci anni prima, aveva pensato che lame e pallottole fossero ormai acqua passata. Ma molte delle sue cause lo avevano portato nel West. E, anche se la frontiera era ormai chiusa, c'erano moltissimi uomini che erano cresciuti in tempi difficili e continuavano a pensare che per risolvere una controversia servisse la pistola. Le sparatorie c'erano ancora, perfino in posti civilizzati come Fort Worth. Lo aveva letto nel giornale locale che sua nonna gli aveva spedito a New York. A Fort Worth esisteva un'ordinanza contro le armi, ma a quanto pareva erano in pochi a rispettarla, malgrado le imponenti forze di polizia della città. A Terrel lo sceriffo sperava di essere rieletto, perciò non promuoveva direttive impopolari sul controllo delle armi. Uno sceriffo del genere non sarebbe stato tollerato in Texas. Jared si lasciò cadere pesantemente su una sedia, in attesa che il dottore si occupasse del cowboy ferito con l'aiuto di un giovane assistente. 9
Aveva la mente concentrata sulla causa appena conclusa, non sulla ferita. Durante i tempi duri aveva imparato a ignorare il dolore. Aveva ormai trentasei anni, e la lezione gli era tornata assai utile. Gli avevano fatto credere con l'inganno che il possidente fosse la vera vittima, in quella città. Soltanto alla fine del processo si era accorto di quanto fosse errata quella convinzione. Aveva con lealtà difeso il proprio assistito, e studiando gli atti si era reso conto che i piccoli proprietari dei ranch non avevano di fatto nessun diritto sui terreni in questione. Il che, certo, non lo aveva fatto sentire meglio quando il giudice aveva disposto che venissero sfrattati dalle fattorie dove avevano seminato e avevano fatto pascolare il bestiame per cinque anni, prima che il proprietario assenteista del ranch si accorgesse della loro esistenza. Ma, secondo la legge, non c'erano elementi per far valere il diritto di usucapione. Il fatto che la terra fosse stata venduta loro da uno speculatore senza scrupoli, e senza un parere legale, non c'entrava. Il venditore se l'era svignata ed era introvabile. «Ho detto, diamo un'occhiata a quella gamba» ripeté il dottore, stizzito. Jared alzò lo sguardo assente e si accorse che lui e il dottore erano rimasti da soli, poiché l'assistente, dopo aver provveduto alle fasciature, aveva aiutato l'uomo ferito a tornare dai suoi amici. L'avvocato si sedette sul tavolo e osservò il medico che tagliava la stoffa del pantalone per arrivare alla ferita. La esaminò con attenzione, applicando dell'antisettico prima di esplorarla con un lungo strumento. Trovò la pallottola e cominciò a estrarla. Guardò insù per verificare se stesse facendo male al paziente e vide in quegli azzurri occhi d'acciaio uno sguardo inflessibile, lo stesso di chi leggeva un giornale. «Siete un duro, eh?» mormorò il dottore dopo che ebbe 10
estratto la pallottola e la ebbe gettata in un recipiente. «Sono cresciuto durante i tempi duri» spiegò Jared a voce bassa. «Anch'io.» Applicò dell'altro antisettico e bendò la ferita. «Avete subito qualche danno. Non ci sono ossa rotte, ma avete almeno un paio di legamenti lacerati. Cercate di non caricare il peso sulla gamba e fatevi dare un'occhiata dal vostro medico, quando tornate a casa. Non credo che ci siano danni permanenti, ma avrete difficoltà a camminare per alcune settimane. Tenete la fasciatura finché il vostro medico non vi visiterà. Vi verrà un po' di febbre. Fate controllare che non vi sia un'infezione quando sarete a New York. Non si può escludere che vada in cancrena.» «Ci farò attenzione.» «Mi spiace per i pantaloni.» Jared si strinse nelle spalle. «Succede, in guerra.» Concentrò lo sguardo sul viso del dottore. «Penserò io a entrambi i conti, il mio e quello dell'uomo che ho ferito. Per pochi spiccioli, sfiderei Hughes e vincerei in modo schiacciante. Mi ha mentito. Credevo che la violazione di proprietà fosse recente.» Il dottore lo guardò con sorpresa. «Non sapevate che coltivavano quella terra da cinque anni?» «Fino a oggi no.» L'altro emise un sibilo. Jared si rimise in piedi e prese il portafogli. Estrasse diverse grandi banconote, una a una, e le porse al dottore. «Se vi capita di rivedere l'uomo che ho ferito, ditegli che ha dei validi argomenti contro chi gli ha venduto la terra. È possibile scovare chiunque. Conosco un ex agente della Pinkerton che vive a Chicago, di nome Matt Davis.» Prese una matita e un blocchetto di fogli dalla tasca e scarabocchiò un nome e un indirizzo. «È un brav'uomo, e ha un debole per le cause giuste. Ho lavorato spesso con lui, negli ultimi dieci anni.» 11
Il dottore prese il foglietto. «Ed Barkley vi sarà grato. Non è cattivo, ma ha vissuto ai margini per anni prima di sposarsi e farsi una famiglia. Ha investito fino all'ultimo centesimo in quella terra, e ora ha perso tutto.» Si strinse nelle spalle e abbozzò un sorriso. «Ai vecchi tempi ci si sarebbe fatti giustizia da soli in un attimo, a torto o a ragione. La civilizzazione è un percorso difficile.» Jared sollevò il sopracciglio. «A chi lo dite.» Uscì dallo studio del dottore e si incamminò verso il proprio albergo. Addosso aveva ancora il cinturone. Lo sceriffo lo avvicinò, schiarendosi la gola: «Credo che dovremmo parlare di questa sparatoria...». Dolorante, e furioso per il fatto che l'ufficiale non avesse nemmeno cercato di fare il proprio dovere, Jared aprì di nuovo la giacca con atteggiamento di sfida distaccato e insolente. «Come no, parliamone» lo provocò, brusco. Lo sceriffo, al contrario di Ed Barkley, diede il giusto peso a quella fondina e all'impugnatura consumata della pistola. Si schiarì di nuovo la gola e sorrise con un certo nervosismo. «Autodifesa, certo...» borbottò. «Che guaio, questi uomini che hanno un brutto carattere... Il processo è stato giusto. Voi, ehm, lasciate la città?» «Sì.» Jared lo guardò torvo. «Oggi qualcuno poteva rimanere ucciso.» «Stavo sbrigando un'altra faccenda, in quel momento! Cosa ne sa un tipo di città come voi di che cosa vuol dire fare lo sceriffo?» rimarcò l'uomo. Gli angoli della bocca sottile di Jared si piegarono all'insù, ma gli occhi erano fiammeggianti. «Più di quanto avrete il tempo di venire a sapere.» Si sistemò la giacca sopra la pistola e riprese a camminare, l'andatura zoppicante più pronunciata a ogni passo. Eppure, conservava un aspetto minaccioso. 12
Andò in albergo, preparò la valigia, liberò la camera e prese il primo treno per St. Louis, dove avrebbe trovato dei collegamenti per tornare a New York. Mentre il treno lasciava la città la gente lo guardava ancora. Da non crederci, un vero scontro a fuoco proprio lì, in strada, stavano commentando animatamente due ragazzi, e loro l'avevano visto!
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«Dannazione!» L'imprecazione risuonò per tutto l'elegante studio legale. Alistair Brooks, il socio anziano dello studio Brooks e Dunn, alzò lo sguardo dalla memoria che con cura stava redigendo a mano sullo scrittoio di quercia. «Che succede?» domandò. Jared Dunn, con un gesto enfatico della sua mano lunga e abbronzata, mise giù la lettera che aveva ricevuto da Fort Worth, in Texas, da parte di sua nonna. «Dannazione» ripeté sottovoce, e si sedette a meditare, gli occhiali da vista sul naso dritto, raffinato, davanti a quegli occhi capaci di coprire l'intero spettro del blu, dall'azzurro cielo al grigio canna di fucile. «Una causa?» domandò Brooks distrattamente. «Una lettera da casa» rispose Jared in tono grave. Si appoggiò allo schienale e incrociò le lunghe gambe, accompagnando il movimento con una smorfia di dolore. Evitò di sforzare la gamba destra, perché la ferita causata dalla pallottola ricevuta a Terrel, essendo ancora recente, gli faceva male. Il suo medico lo aveva visitato in modo meticoloso e gli aveva fatto una nuova fasciatura, raccomandandogli di non toglierla finché la ferita non fosse del tutto guarita. La febbre era scomparsa in quei pochi giorni da quando era a New York, e sebbene la ferita gli procurasse dolore e lo facesse sentire debole, i tratti duri 14
del suo viso scarno non lo davano affatto a vedere. «Dal Texas?» ripeté Brooks. «Sì, dal Texas.» Non era facile per lui considerare quel posto come casa propria, anche se qualche volta gli sembrava che lo fosse. Si voltò sulla sedia girevole a guardare il socio che era dall'altra parte dello studio, un ambiente con mobili di quercia, un raffinato pavimento in legno e finestre alte e strette che lasciavano entrare la luce attraverso delle sottili tende. «Sto pensando di trasferirmi, Alistair. Se lascio, Parkins sarebbe contento di prendere il mio posto nello studio. Ha una buona preparazione in diritto penale ed esercita la professione da tempo, perciò ha un'ottima reputazione nell'ambiente, ormai.» Brooks posò la penna a inchiostro e sospirò forte. «È stata quella controversia sui terreni, nel Territorio del Nuovo Messico, ad avvilirti» ipotizzò il socio. «Non solo» replicò Jared. «Sono stanco.» Si passò la mano snella tra i neri capelli mossi. Aveva ormai qualche filo d'argento alle tempie. Sapeva bene che le tensioni dovute alla sua professione gli avevano solcato il viso con nuove rughe. «Sono stanco di lavorare dalla parte sbagliata della giustizia.» Brooks inarcò le sopracciglia con aria di disapprovazione. Jared scosse il capo. «Non fraintendermi. La professione forense mi piace. Ma ho appena espropriato a delle famiglie la terra che lavoravano da cinque anni e sulla quale avevano in qualche modo un diritto, e questo mi fa venire la nausea. Mi sembra di passare più tempo a lavorare per i soldi che per la giustizia. Non mi piace. Le cause che quando ero più giovane e più ambizioso mi appagavano ora non fanno che mettermi a disagio. Sono deluso dalla vita.» «Da come parli, dai l'impressione di voler sciogliere la società» disse Brooks. 15
Jared annuì. «È così. Sono dieci anni e più che faccio l'avvocato. Ti sono grato per l'impulso che hai dato alla mia carriera e per l'opportunità di lavorare a New York. Ma mi sento irrequieto.» Brooks socchiuse gli occhi scuri, sospettoso. «Non sarà che questa decisione improvvisa è dovuta piuttosto alla lettera che hai appena letto, e non alla causa nel Territorio del Nuovo Messico?» osservò, pungente. Jared apparve contrariato. «In effetti, sì. Mia nonna ha preso in casa una cugina del mio fratellastro Andrew. Sembra sia in ristrettezze.» «Già, i tuoi familiari vivono a Fort Worth e sei tu a mantenerli» ricordò Brooks. Jared confermò annuendo. «Mia nonna è l'unica parente in vita della mia povera mamma. È una persona importante per me. Andrew...» Gli uscì una risata amara. «Andrew fa parte della famiglia, pure lui, per quanto io lo disapprovi.» «È ancora molto giovane.» «Andare in guerra nelle Filippine lo ha fatto sentire importante in modo esagerato» osservò Jared. «Cammina impettito e si atteggia per fare colpo sulle donne. E scialacqua il denaro» aggiunse con irritazione. «Ha comprato dei cappelli per la nuova ospite, prendendo i soldi di mia nonna destinati alla gestione della casa. Secondo me, l'idea di accoglierla in casa è stata sua.» «E a te non va.» «Mi piacerebbe almeno sapere chi sto mantenendo» rispose Jared. «E forse dovrei riprendere confidenza con le mie radici. Non vivo in Texas da molto tempo, eppure credo di averne nostalgia, Alistair.» «Tu? Non posso crederci.» «È iniziata a Beaumont, quando rappresentavo i Culhane nel processo sul sito estrattivo.» I suoi occhi azzurri divennero pensosi. «Avevo dimenticato come ci si sente 16
a stare con i texani. Quelli del Texas occidentale, naturalmente, perché loro erano di El Paso. Ho passato un po' di tempo al confine, da ragazzo. Mia madre è vissuta insieme al mio patrigno a Fort Worth fino alla fine, e ora ci vivono mia nonna e Andrew. Però ho un debole per il Texas occidentale...» «Il Texas è il Texas.» Jared sorrise. «Già.» Alistair Brooks lisciò il legno lucido della sedia sulla quale era seduto. «Se proprio devi andare, allora prenderò in considerazione l'idea di sostituirti con Ned Parkins. Non che sia davvero possibile sostituirti» disse abbozzando un sorriso. «In questi anni ho conosciuto pochi altri con una personalità così eclettica.» «Credo che sarei molto meno eclettico se la gente fosse più civile durante i processi» replicò Jared. «A ogni modo, i giudici di New York sono affascinati dall'alone di mistero che ti circonda. Il che spesso ci dà dei vantaggi.» «Ne troverai altri, non ho dubbi. Sei un eccellente avvocato.» «Come te. Bene, metti a punto i tuoi piani e fammi sapere quando pensi di andare» disse Alistair, mesto. «Cercherò di renderti le cose il più possibile facili.» «Sei stato un buon amico e un bravo socio» tenne a precisare Jared. «La professione mi mancherà.» Quelle parole gli tornarono in mente quando si sedette nella vettura passeggeri di un treno diretto a ovest, una settimana dopo. Guardò la prateria scorrergli lenta davanti agli occhi, ascoltò lo sbuffare cadenzato del motore a vapore e osservò il fumo e la cenere aleggiare vicino al finestrino mentre le ruote di metallo con il loro ticchettio sembravano intonare una melodia. «È davvero una terra molto arida» osservò una donna 17
con accento britannico rivolgendosi al suo vicino di posto. «È vero, signora. Ma non lo sarà sempre. Vedrete, vi sorgeranno delle grandi città nel giro di pochi anni, proprio come nell'Est.» «Ditemi, ci sono pellerossa da queste parti?» «Gli indiani sono tutti nelle riserve, di questi tempi» disse l'uomo. «Per fortuna, perché i Kiowa e i Comanche erano soliti assaltare gli insediamenti qui intorno negli anni Sessanta e Settanta, e alcune persone sono state uccise in modo davvero barbaro. E non c'erano solo gli indiani. C'erano i trasferimenti di mandrie, e cittadine in zone dedite all'allevamento come Dodge City ed Ellsworth...» Alle orecchie di Jared il suono della voce dell'uomo divenne confuso e si estinse mentre lui tornava con la mente agli anni Ottanta. Era stato un periodo molto importante nel West. Nell'autunno del 1881 a Tombstone, in Arizona, c'era stata la sparatoria tra gli Earp e i Clanton, che era finita sulle prime pagine nazionali; nelle Grandi Pianure e in Arizona c'erano state le ultime rappresaglie dopo la sconfitta di Custer del '76 in Montana. Quel periodo aveva visto anche la fine della libertà per le tribù indiane del West e il tentativo di Geronimo di conquistare l'indipendenza... e poi la sua cattura da parte del generale Crook in Arizona. L'ultima grande transumanza era finita con il devastante inverno dell'86, che era costato ai mandriani la metà dei loro armenti e aveva distrutto quasi per intero gli allevamenti nei ranch. Nel 1890, nello stesso periodo, c'erano stati lo spaventoso massacro di donne e bambini indiani a Wounded Knee e la chiusura della frontiera. La vecchie cittadine che si reggevano sull'allevamento erano sparite. I pistoleri e gli sceriffi di frontiera, le bande di guerrieri dai copricapi pennuti dediti allo scalpo e la cavalleria sempre a 18
caccia di indiani che cercavano di ripristinare i vecchi metodi: tutto era svanito dalla faccia della terra. La civilizzazione era una cosa positiva, Jared rammentò a se stesso. Si stava andando verso il progresso perché questo rendeva la vita più semplice, più facile, più salubre per la generazione di americani a venire. I progetti per l'abbellimento delle città e l'assistenza sociale, per i diritti dei bambini e delle donne, per l'aiuto agli oppressi stavano prendendo piede, anche nei centri più piccoli. La gente stava cercando di migliorare il proprio stile di vita, e ciò non poteva che essere positivo rispetto ai vecchi tempi in cui regnava l'anarchia. Malgrado il vestito elegante, c'era un che di selvaggio insito in Jared, e si risvegliò al ricordo dell'odore del fumo della pistola, della sua polvere nera e densa che gli irritava gli occhi mentre affrontava un avversario e vedeva le persone del posto darsi alla fuga. All'epoca era solo un ragazzo poco meno che ventenne, senza padre, e moriva dalla voglia di azzuffarsi per dimostrare di essere bravo quanto i figli di genitori sposati. Sua madre di certo non aveva colpe se in una serata buia a Dodge City, in Kansas, era stata aggredita da un uomo e non aveva mai saputo che faccia avesse. Alla fine, la donna aveva fatto la scelta giusta: aveva tenuto il bambino e lo aveva cresciuto e amato, anche quando aveva sposato in seconde nozze un uomo d'affari di Fort Worth, il quale gli aveva addossato la responsabilità di un fratellastro che al ragazzo non era mai andato a genio. La madre, morente, aveva tentato di salvare Jared dalla vita turbolenta che conduceva. Quando era andato a trovarla a Fort Worth, sul letto di morte – prima di seguire il suo adorato marito nella tomba, uccisa dal colera come lui – la donna aveva stretto forte la mano minuta intorno a quella di Jared, supplicandolo di andare a scuola nell'Est. C'era del denaro, gli aveva detto, giusto quel poco che era riuscita a guadagnare 19
facendo lavori di cucito e vendendo uova. Gli avrebbe permesso di andare a scuola, e poi magari lui avrebbe potuto lavorare per pagarsi gli studi superiori. Doveva prometterglielo, lo aveva supplicato, per darle la speranza che si sarebbe salvato. Poiché la strada che stava percorrendo lo avrebbe portato senz'altro alla dannazione eterna. Dopo il funerale, lui aveva preso a cuore quelle parole. Aveva lasciato il fratellastro, Andrew, alle cure della nonna afflitta, ed era andato nell'Est. Aveva una mente pronta, analitica, grazie alla quale aveva ottenuto una borsa di studio e si era laureato con lode all'Harvard Law School. Poi un amico del college lo aveva aiutato a trovare lavoro in uno studio legale di prim'ordine, quello degli omonimi Alistair Brooks, padre e figlio. Il suo principale interesse era stato il diritto penale, e se ne era occupato con grande successo negli ultimi dieci anni, da quando si era laureato. Ma insieme al successo erano arrivati anche i problemi, e il più delle volte il motivo era Andrew. Aveva avuto un'adolescenza inquieta; il compito di tenergli testa era stato lasciato alla sua povera nonna. Jared aveva offerto il proprio aiuto facendolo entrare nell'esercito poco prima che scoppiasse la guerra ispano-americana. Andrew era andato nelle Filippine e aveva scoperto di essere bravo in qualcosa... nell'esagerazione. Aveva preteso di essere un eroe di guerra, calandosi del tutto nella parte. Era così pieno di boria e così arrogante che Jared preferiva starsene a New York e non vederlo. A casa tornava di rado perché Andrew lo irritava molto. Quanto avrebbe voluto che sua madre non avesse mai sposato Daniel Paige e portato in famiglia suo figlio, il giovane Andrew. Andrew non sapeva nulla del passato di Jared. Nonna Dunn non ne parlava mai, e nemmeno della famiglia d'origine di Jared. Erano cose che riguardavano un tempo 20
lontanissimo, in Kansas, e non c'era più relazione tra allora e la vita che Jared si era ricostruito. Per quel che poteva saperne la gente a Fort Worth, Jared era un avvocato di New York che non faceva nulla di più pericoloso che sollevare una penna. Per fortuna, le rare liti su questioni di diritto che lo avevano visto protagonista con controparti violente non erano finite sulla stampa locale. Per prima cosa Jared tendeva a intimorire i giornalisti curiosi, e poi gran parte dei suoi avversari non ci tenevano a far vedere quanto erano stupidi, tirando fuori una pistola e puntandogliela contro. C'era stato solo qualche scontro, presto dimenticato, da quando negli anni Ottanta aveva riposto la pistola. Era ancora un tiratore infallibile, e si esercitava quanto bastava per conservare quell'abilità, nel caso ne avesse avuto bisogno. Ma negli ultimi anni non aveva ucciso nessuno. Socchiuse gli occhi pensando alla vita burrascosa che aveva avuto da ragazzo e a quanto era stato spericolato e incurante delle conseguenze. Doveva essere stata fonte di preoccupazione per sua madre quell'irrequietezza, quel suo lato oscuro che si era sviluppato a dismisura prima che lei morisse. La donna non aveva idea di chi fosse il padre di suo figlio, e doveva esserselo chiesto molte volte. Anche Jared lo aveva fatto, ma a Dodge City non c'era nessuno che gli somigliasse abbastanza da poter fare luce sulle sue origini. Suo padre poteva essere stato un cowboy ubriaco capitato in città durante il trasferimento di una mandria, o un soldato di ritorno dalla guerra. In fondo non aveva importanza, diceva Jared a se stesso. Ma gli sarebbe piaciuto sapere. Guardò fuori dal finestrino, alla distesa monotona di praterie. La notizia di quella donna che era stata accolta nella famiglia lo turbava. Era lui a provvedere alle spese di sua nonna e, per forza di cose, di Andrew. Sarebbe stato il caso di chiedergli se gli dispiaceva avere un'altra 21
bocca da sfamare, prima di piazzargliela in casa. Non sapeva nulla di lei, e si chiedeva se anche loro la conoscessero abbastanza. A quanto pareva, farla arrivare era stata un'idea di Andrew; si trattava di una sua lontana cugina, pertanto non aveva nessun legame di parentela con Jared. Ricordava perfettamente come si era espressa sua nonna nella lettera: ... Andrew ritiene che starebbe molto meglio qui con noi che a Galveston, soprattutto perché quel posto per lei è legato a ricordi terribili. Non ci tornerebbe per niente al mondo, ma sembra che lo zio insista perché vada lì con lui, ora che ha di nuovo un lavoro e la città è stata ricostruita. Sebbene sia passato un anno e mezzo dalla tragedia, la povera ragazza ha il terrore di vivere così vicino al mare. Temo che l'insistenza di suo zio abbia rievocato dei ricordi spaventosi per lei... Jared si meravigliò di quell'osservazione sul perché la ragazza avrebbe dovuto avere paura di andare a Galveston. C'era stata una devastante inondazione nel settembre del 1900. Era una superstite? Gli tornò alla mente che erano morte circa cinquemila persone, quella mattina, quando il mare aveva inghiottito la cittadina nel giro di pochi minuti. Non ricordava che solo poco tempo addietro sua nonna gli aveva scritto di Andrew che era andato sulla costa del Texas? La sua mente cominciava a fare delle associazioni. Era pronto a scommettere che quella cosiddetta cugina di Andrew altro non fosse che una sua nuova amica che non riusciva a togliersi dalla testa. Se fosse stato così, Jared non aveva nessuna intenzione di mantenerla mentre il fratellastro le faceva la corte. Prima l'avesse costretta a far fagotto, meglio sarebbe stato. Mentre il treno arrancava percorrendo le vaste pianure, Jared cercò di immaginarsi quella giovane. Conoscendo 22
Andrew, doveva essere carina e navigata, e brava a ottenere ciò che voleva. Probabilmente aveva una pietra al posto del cuore e occhi capaci di contare un mazzo di banconote da lontano. Più pensava a quella donna più si innervosiva. Sua nonna stava proprio dando segni di demenza senile se aveva permesso una cosa simile. Non si poteva certo dire che quella donnina energica, che quando Jared era partito per New York era andata a stare a casa loro con il suo fratellastro, fosse una persona ingenua. Andrew doveva averla ingannata. Ma con lui non ci sarebbe riuscito. Il treno arrivò in stazione nella tarda serata. Jared scese sulla banchina portando con sé solo la valigetta, e dispose che il baule gli venisse recapitato a casa la mattina seguente. Nonostante l'ora tarda, riuscì a prendere a nolo una carrozza per arrivare alla grande casa vittoriana affacciata sulla strada principale nella quale vivevano sua nonna e Andrew. Sentì il peso degli anni quando finalmente arrivò davanti alla porta, con la valigetta in mano. Non aveva telegrafato per preannunciare il proprio arrivo. A volte, aveva pensato, era meglio fare un'improvvisata. Zoppicava vistosamente per via della costrizione patita dal ginocchio ferito durante il lungo viaggio da New York. Sugli scuri capelli mossi aveva una bombetta, portata sulle ventitré. Il completo blu scuro era impeccabile, sebbene un tantino impolverato, come le scarpe di pelle nera fatte a mano. Si incamminò lungo il vialetto bordato di fiori che conduceva al portico. Era il ritratto perfetto di un gentiluomo di città. Nonostante fosse buio, riuscì a vedere che l'elegante casa era ben tenuta. La luce proiettata fuori dalle ampie e lunghe finestre dava il benvenuto, illuminando la grigia veranda dove c'erano un divanetto e delle sedie a dondolo 23
con i cuscini. Non aveva mai vissuto in quella casa, ma qualche volta ci era andato, da quando l'aveva comprata per farci stare la nonna. Gli piacevano quei cuscini ordinati sulle sedie e sul dondolo con le loro guarnizioni di pizzo bianco intagliato. Conferivano all'abitazione un'eleganza pacata che si accompagnava bene con i pretenziosi dettagli di legno mirabilmente intarsiato tutt'intorno al cornicione del tetto. Jared si fermò per aprire la porta a zanzariera e bussare con il batacchio di ottone, a forma di testa di leone, della porta d'ingresso. In risposta a quel rumore, udì delle voci provenire dall'interno. «Ella, per favore, andresti ad aprire la porta? Ella! Oh, accidenti! Dov'è la signora Pate?» «Non vi preoccupate, signora Dunn. Vado io a vedere chi è.» «Non tu, Noelle. Non è appropriato...» La voce sommessa di sua nonna si attenuò mentre l'ammonizione veniva evidentemente ignorata. Jared intravide dei folti capelli dai riflessi ramati raccolti all'insù, poi la porta si aprì e vide un viso grazioso, ovale, con occhi verdi contornati da ciglia folte, sollevarsi a guardarlo con aria interrogativa. Lui socchiuse gli occhi azzurri al punto che all'ombra della falda del cappello non era possibile nemmeno vederne il colore. Percorse con lo sguardo la donna, che indossava una semplice camicia bianca con un alto colletto di pizzo e una gonna scura che le arrivava alle caviglie. «Cosa desiderate?» domandò con una voce che, per quanto gradevole, sapeva di remoto entroterra del Texas meridionale e aveva in sé un'ostilità che a Jared fece subito rizzare i peli della nuca. Si tolse il cappello, mosso da un'innata cortesia, e si appoggiò di peso al bastone. «Sto cercando la signora Dunn» disse con freddezza. 24
«È davvero troppo tardi per ricevere qualcuno» lo informò. «Dovrete ripassare in un altro momento.» Lui sollevò il sopracciglio. «Santo cielo, come domestica siete piuttosto insolente, signora» disse lui con pungente sarcasmo. Lei avvampò. «Non sono una domestica. Sono un membro della famiglia.» «Neanche per sogno!» replicò lui in modo brusco e guardandola con occhi divenuti scintillanti, fissi, impassibili... minacciosi. La giovane rimase spiazzata da quegli occhi, come pure dall'imprecazione, che proprio strideva con il tono pacato della voce. Un gentiluomo non usava un simile linguaggio in presenza di una signora! «Signore, chiunque voi siate...» attaccò lei, altezzosa. «Andrew dovrebbe avervi informato su chi sono» proseguì lui, distaccato. «Soprattutto perché sono quello che paga i conti in questa casa. Mia nonna dov'è?» Lei si rese conto tardivamente di chi fosse la persona con cui stava parlando. Andrew aveva accennato al suo fratellastro, certo. Non aveva detto, però, che era Satana nei panni di un uomo elegante. Era un uomo molto avvenente, malgrado i capelli brizzolati sulle tempie, ma era alto e incuteva timore, aveva occhi del colore dell'acciaio... su un viso che dell'acciaio aveva grosso modo anche la flessibilità. «Non mi avete fatto vedere il vostro biglietto da visita» ribatté lei, nel tentativo di giustificarsi mentre gli apriva con prontezza la porta per farlo entrare. «Non ne ho mai sentito la necessità, a casa mia» replicò Jared irritato. La gamba gli faceva male ed era sfinito. Poi la giovane notò il bastone e la bocca tirata in un'espressione sofferta. «Oh... siete zoppo» disse senza riflettere. Lui inarcò le sopracciglia. «La delicatezza della vostra 25
osservazione mi lascia interdetto» ribatté lui, sarcastico. Lei a quel punto divenne tutta rossa, in parte per la collera. Jared era alto e lei dovette reclinare parecchio il capo per guardarlo in viso. Non le piaceva affatto, si risolse, ed era stata una sciocca a dispiacersi per lui. Non era improbabile che si fosse fatto male alla gamba dando calci a dei poveri cani... «La signora Dunn è in salotto» lo informò lei, e chiuse energicamente la porta. «La mia valigetta è rimasta fuori» fece notare lui. «Be', può entrare» disse lei, e gli passò rapidamente accanto diretta in salotto. Lui la seguì, restando sul momento senza parole. Sarà stata pure una parente indigente, ma quella giovane alzava un tantino la cresta. «Jared!» esclamò in tono allegro la donna minuta sul divano, facendo voltare il nipote, e sollevò il viso per ricevere un bacio. «Mio caro, che magnifica sorpresa! Sei di passaggio o ti fermi per un po'?» Mentre rispondeva alla nonna, Jared si voltò dall'altra parte a guardare la donna dai capelli ramati. «Be', sono tornato a casa» disse, e osservò gli occhi verdi della giovane cambiare espressione. «Ho deciso che avevo bisogno di cambiare aria.» «Bene, sono proprio contenta di averti qui» disse la signora Dunn. «E sono sicura che anche Andrew lo sarà. Questa settimana è fuori, sai, per lavoro. Si occupa delle vendite per una ditta locale di mattoni. Di recente è stato a Galveston a prendere degli ordini. È stato lì che ha trovato la nostra graziosa Noelle.» Lui lanciò un rapido sguardo alla ragazza. Era più giovane di quanto gli fosse sembrata all'inizio... probabilmente non aveva nemmeno vent'anni. «Questo è mio nipote Jared, Noelle. E, Jared, lei è la giovane cugina di Andrew, Noelle Brown.» 26
Lui la guardò in silenzio. «Com'è che ha scoperto questa parentela?» domandò infine. «Ce l'ha fatta notare una conoscenza comune» disse Noelle, e intrecciò le mani in grembo. «Qualcuno dotato di spirito d'osservazione, non c'è dubbio, perché all'apparenza non avete nessun tratto in comune con il mio fratellastro, che è biondo con gli occhi scuri.» «Sua madre aveva i capelli rossicci» sottolineò la signora Dunn, «e i parenti di sua madre facevano di cognome Brown ed erano originari di Galveston. E così, quando lui ne ha parlato, una conoscenza del posto gli ha detto dell'esistenza di Noelle, e della sua situazione difficile.» «Capisco.» «Ragazzo mio, che ti è successo?» chiese la donna, indicando il bastone. Lui ci si appoggiò, un po' affaticato. «Un piccolo incidente.» «E nient'altro?» si informò Noelle, premurosa. «Ah, meno male, pensavo vi avessero preso a legnate, signore.» Lui drizzò il capo e le rivolse uno sguardo pungente. «Parlate in modo schietto, Miss Brown.» «Ho sempre dovuto farlo» rispose lei. «Avevo quattro fratelli, signore, nessuno dei quali si è mai mostrato indulgente con me per la mia mancanza di forza fisica.» «Non aspettatevi che sia indulgente con voi perché siete giovane» ribatté lui con un tono minacciosamente pacato. Gli occhi di lei si posarono sui capelli grigi alle tempie di Jared. «E non dovreste aspettarvi che io lo sia con voi per via della vostra età.» Lui sollevò un sopracciglio scuro. «La mia età?» «Be', siete alquanto vecchio.» 27
Lui dovette trattenersi per evitare di risponderle per le rime. A una ragazza nemmeno ventenne, in effetti, doveva sembrare vecchiotto. Lasciò cadere quell'ultima frecciata e tornò a rivolgersi alla nonna. «Come state?» domandò, cambiando tanto drasticamente il tono che Noelle ne fu sorpresa. La signora Dunn gli sorrise in modo affettuoso. «Piuttosto bene, ragazzo mio, per una signora della mia età. E tu? Sembra che te la passi bene.» «New York è stata generosa con me.» La donna abbassò lo sguardo sulla gamba. «Non del tutto, da quel che vedo.» Lui sorrise. «Mi è successo nel Territorio del Nuovo Messico. Un incidente.» «Non sarai stato di certo disarcionato da un cavallo» provò a ipotizzare la donna, essendo quello il primo genere d'incidente che le venne in mente. Noelle lo guardò con la convinzione che un uomo ben vestito, per di più avvocato, che viveva in una grande città dell'Est non sapesse nemmeno da dove cominciare per salire a cavallo. «I cavalli sono pericolosi» rispose Jared, volutamente evasivo. Si stava divertendo a osservare come la loro ospite manifestava l'opinione che aveva di lui. Riusciva quasi a leggerle le parole, in quegli occhi verdi: rammollito; damerino; sfaccendato; dandy... Noelle incrociò il suo sguardo e si schiarì la gola, come se quelle parole le avesse pronunciate ad alta voce. «Vi andrebbe forse qualcosa da bere, Mr... ehm, Mr. Dunn?» «Magari del caffè, grazie. Viaggiare in treno è davvero stancante» disse lui, e simulò uno sbadiglio, assumendo di proposito l'aspetto di un innocuo signore di città. Noelle si girò in tutta fretta e lasciò la stanza prima di scoppiare a ridere. Se era quello il fratellastro di Andrew 28
che incuteva timore, allora non correva alcun pericolo di essere buttata fuori di casa. Anche se, in un primo momento, aveva intravisto qualcosa che l'aveva molto turbata in quegli occhi freddi, nel suo atteggiamento. Forse si era lasciata andare troppo alla fantasia, pensò, e proseguì verso la cucina. «Allora» disse la signora Dunn quando Noelle ebbe chiuso la porta e si udirono i suoi passi lungo il corridoio, «che cosa è successo?» «Ho avuto qualche dissapore con un cowboy armato, in un piccolo centro chiamato Terrel» spiegò lui, sedendosi di fronte alla nonna. «L'ho colpito e gli ho rotto un braccio, solo che una pallottola vagante mi ha preso alla gamba. Mi fa ancora un po' male, ma tra qualche settimana sarò come nuovo. E anche il cowboy, per fortuna» aggiunse con un'espressione accigliata. «Forse, d'ora in poi, prima di tirare fuori la pistola guarderà meglio chi ha davanti.» «Ancora sparatorie, in un'epoca ormai civilizzata» commentò freddamente sua nonna. «Per l'amor del cielo, è proprio ciò che Edith voleva evitare! È il motivo principale per cui ti disse di andare a scuola nell'Est.» «Ho evitato... il più delle volte» disse lui, appoggiando il bastone accanto a sé. «Esistono posti non ancora civilizzati... e uomini che mettono mano alla pistola ben prima di rivolgersi a una persona in divisa. Durante i processi in tribunale gli animi si infiammano.» «Allora dev'essere per quello che hai scelto la professione forense» disse la signora Dunn, seccata. «È un lavoro pericoloso.» Lui sorrise. «Lo è, a volte. Ho intenzione di aprire uno studio qui a Fort Worth. New York non mi attrae più.» L'espressione negli occhi azzurri della donna, così simili ai suoi, si ammorbidì. «Davvero, Jared? Sarebbe una gioia grandissima averti sempre qui.» 29
«Anche voi mi siete mancata» le confessò. La donna si morse il labbro, preoccupata. «Nessuno sa del tuo passato, qui» gli disse con calma. «Non l'ho mai detto a nessuno, meno che mai ad Andrew. Ma queste brutte situazioni in cui ti cacci... E se qualcuno dei tuoi nemici si facesse vivo?» Lui ridacchiò. «Che potrebbe mai succedere? Le sparatorie appartengono al passato, avvengono solo nei saloon e nel corso delle rapine. È molto improbabile che io sia il bersaglio di giovani pistoleri, se non in certi romanzi da due soldi» aggiunse, ironico. «Non me lo ricordare» mormorò lei, rammentando che era apparso in uno di quei romanzi dalle copertine orrende, con sei pistole nelle mani... ridicolo, anche perché aveva sempre portato una sola pistola, anche negli anni difficili della sua giovinezza. «Sono un rispettabile avvocato.» «Sei un osso duro» disse in breve la signora Dunn. «E né tu né io siamo rispettabili quanto vogliamo che si pensi. Insomma, quando tua madre ti ha avuto lavoravo in un saloon a Dodge City. E ora faccio parte dell'Associazione Femminile della Carità, dell'Unione della Temperanza, del Circolo del Cucito e del gruppo di preghiera. Come mi guarderebbe la gente se sapesse la verità sul mio passato?» «Esattamente come vi guardano ora, solo più affascinati, cara la mia nonna ribelle» le bisbigliò, ironico. Lei rise. «Non credo proprio.» Poi scosse il capo. «Oh, Jared, da giovani si imparano lezioni dure. E gli errori di gioventù ci seguono come ombre fino alla vecchiaia.» Lui le scrutò intenerito il volto segnato e stanco. La vita di quella donna era stata ben più dura della sua, sebbene anche lui ne portasse i segni indelebili. Malgrado non avesse mai ucciso senza motivo, la violenza del suo passato talvolta lo risvegliava con immagini terribili, e per 30
allontanare gli incubi era costretto ad alzarsi e a camminare su e giù. «Anche tu hai i tuoi demoni» disse lei, accorgendosi della fugace ombra di dolore che gli oscurò lo sguardo. «Non ce li abbiamo tutti?» Sospirò a fondo. «Che mi dite della nostra ospite dai capelli rossi?» proseguì Jared. «Raccontatemi di lei.» «È molto gentile» rispose la donna. «In cucina se la cava, quando ce n'è bisogno, e lavorare sodo non la spaventa.» «Non era questo che volevo sapere.» Sul viso della donna comparve una smorfia di disapprovazione. «È cotta di Andrew, e lui di lei. Ne è stato attratto da subito. Quando ha saputo delle sue vicissitudini ha insistito per farla venire qui. La sua famiglia è stata vittima dell'inondazione che ha distrutto Galveston nell'autunno del 1900, perciò la ragazza ha vissuto a Victoria con un anziano zio, che in seguito ha trovato un buon lavoro a Galveston, ma lei aveva il terrore di tornarci. Può anche darsi che lo zio volesse liberarsene. Allora Andrew l'ha invitata a venire a vivere con noi.» La signora Dunn rimboccò un lembo fuori posto dell'abito. «Sapeva che tu non avresti gradito, ma ha detto che in fondo contribuisce ai conti della casa e che si sarebbe assunto lui la responsabilità di mantenere la ragazza.» «Contribuisce con dieci dollari al mese» osservò Jared. «Il resto lo spende in stivali nuovi e livree per la sua carrozza.» «Sì, lo so. Ma suo padre era buono con Edith.» «E con voi. Me lo ricordo. Andrew è la croce che dobbiamo sopportare per la bontà di suo padre.» «Questo non è gentile né generoso da parte tua.» «Non sono una persona gentile» disse, e per un attimo negli occhi ebbe lo sguardo tempestoso dei vecchi tempi. «Potrei dire che è così se non ti conoscessi meglio. In 31
realtà sei gentile con le persone a cui vuoi bene.» «E sono sempre state soltanto due... voi e mia madre.» Lei gli sorrise teneramente. «Magari un giorno troverai una donna che ti amerà e la sposerai, Jared. È giusto che tu abbia una famiglia tua. Io non vivrò per sempre.» «Andrew sì, però» borbottò lui, cupo. «E di certo mi ritroverò a essere responsabile di lui fino alla morte.» «Questo cinismo non ti si addice.» «Negli ultimi tempi non riesco a scrollarmelo di dosso» ribatté Jared, con le gambe incrociate e tamburellando con le dita sullo stivale. «Quando ho iniziato a esercitare la professione di avvocato volevo stare dalla parte della giustizia. Ma di recente mi trovo sempre più spesso dalla parte dei soldi. Sono stanco di aiutare i ricchi a diseredare i poveri. Ogni ambizione è svanita per me, negli ultimi mesi. Ora voglio agire per il bene delle persone oneste.» «Sono certa che l'hai già fatto. Comunque qui troverai delle persone che necessitano di assistenza legale e meritano di averla.» «Sì, credo che le troverò.» Socchiuse un occhio, con aria interrogativa. «Andrew fa sul serio con Noelle?» Lei fece una smorfia. «Chi può dirlo? Andrew è volubile. Per un po' ha cercato di corteggiare Amanda Doyle... Non so se ricordi suo padre, Jared. Ha una grande casa in città e tre figlie. Era nella cavalleria e ha combattuto nelle guerre indiane.» «Sì» rispose lui, e l'immagine di un uomo anziano di tutto rispetto gli balenò davanti agli occhi. Proprio come Jared, Doyle aveva vissuto i tempi difficili, ma le figlie erano state protette da tutte le cose spiacevoli del mondo, e la moglie era un personaggio in vista dell'alta società. «Ma Miss Doyle non ha voluto saperne di Andrew» proseguì la nonna. «È stato proprio in quel periodo che è andato a Galveston e ha incontrato Noelle.» 32
«E l'ha sconvolta con la sua spavalderia, certo» borbottò Jared, sarcastico. «Quel caro ragazzo fa proprio colpo con i suoi racconti di guerra esagerati, il suo bell'aspetto, biondo com'è, e l'aria altezzosa.» «E la sua giovane età» aggiunse Jared ridacchiando. «La vostra ospite sembra avermi classificato tra i vecchi e gli infermi.» «Non sa niente di te» gli rammentò lei. «E mi pare che tu la stia incoraggiando a mantenere l'impressione sbagliata che si è fatta.» «Lasciate che sia così» disse lui. «Non sembra niente di più di una bambina dal carattere difficile, ma se è venuta qui pensando di trovare qualcuno che la mantenga a vita, resterà molto delusa.» Sua nonna avvampò. «Non ho mai pensato all'impegno economico che avrebbe comportato per te, facendola venire qui» ammise la donna, imbarazzata. «Siete stata costretta» tagliò corto lui. «Conosco Andrew, ricordate. Però di questa ragazza non sappiamo nulla. Potrebbe essere chiunque.» «Andrew ha detto che lo zio era ben conosciuto, e che la sua era una famiglia rispettabile» disse lei. Jared non voleva saperne di quella ragazza. Lo aveva già irritato abbastanza. «Mi era anche venuto in mente che Andrew potesse averla portata qui perché stava pensando di sposarsi» aggiunse la nonna. A Jared la cosa non piaceva. Rise freddamente. «Andrew non è pronto per mettere su famiglia» sottolineò, più per il proprio bene che per quello della ragazza. Si appoggiò allo schienale e si massaggiò la gamba dolente. «Intendi chiederle di andarsene?» gli domandò la signora Dunn, calma. «Può darsi» rispose lui. «Dipende da quello che verrò a 33
sapere di lei. Diciamo che, visto che la maggioranza vuole così, resta; finché non avrò preso una decisione.» Sorrise alla donna. «Ditemi di più di queste nuove organizzazioni che stanno nascendo a Fort Worth, quelle di cui mi avete scritto. Cos'è di preciso questo Programma di Miglioramento Civile?»
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