Lori Foster
La ragazza della porta accanto
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Bare It All HQN Books © 2013 Lori Foster Traduzione di Barbara Piccioli Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Romance aprile 2014 Questo volume è stato stampato nel marzo 2014 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd) HARMONY ROMANCE ISSN 1970 - 9943 Periodico mensile n. 132 del 25/04/2014 Direttore responsabile: Stefano Blaco Registrazione Tribunale di Milano n. 72 dello 06/02/2007 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
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Alice avanzava verso di lui, i capelli soffici che le ondeggiavano intorno alle spalle. I grandi occhi castani, così innocenti e al tempo stesso così consapevoli, lo scrutavano con l'attenzione di sempre. Sorrideva, un sorriso che scatenava in lui emozioni mai provate prima. Desiderio, certo, ma anche un bisogno intenso che non mancava mai di sorprenderlo. Ora gli stava vicino, così vicino da trasmettergli il proprio calore. Gemette forte. Solo perché lei lo aveva sfiorato. Era assurdo, ma sì, ad Alice bastava davvero poco per eccitarlo. «Reese?» Lui voleva schiacciare la bocca contro quella di lei. Ne percepiva il respiro. La lingua. Calda. Umida. «Oh... Reese?» La sua voce era così esitante che lui sorrise mentre allungava la mano e contemporaneamente sollevava le palpebre. Le sue dita incontrarono pelo folto e morbido, e due espressivi occhi marroni che ricambiavano il suo sguardo, ma non erano quelli di Alice. Non erano nemmeno umani. Cash uggiolò di gioia nel vederlo tornare alla vita. Con un latrato di felicità, prese a leccargli forsennatamente il viso. Di nuovo. Dannazione. Il sogno era stato incredibilmente reale. E altrettanto gradito. 5
Si mosse – e scoprì di essere tutto rannicchiato su un divano. Il divano di Alice. Si guardò intorno. Indossava solo un paio di boxer, che come sempre al risveglio si tendevano sull'inguine. Dove diavolo era finito il lenzuolo? Ah, eccolo per terra. Si sollevò puntellandosi su un gomito – ed ecco Alice, ai piedi del divano, con indosso un paio di pantaloni e una camicetta senza maniche – e sì, i capelli sciolti sulle spalle. Ma in ordine, non arruffati in modo sexy come nel sogno, e i suoi occhi non erano fissi sul suo viso, bensì sulla sua erezione. Fantastico. Scoprirsi a baciare il proprio cane non era abbastanza, dunque. Reese non era abituato a trovarsi in situazioni imbarazzanti. Non con le donne, almeno. Come agente investigativo, gli era capitato di essere sconfitto dai criminali, mai però in boxer e con un'erezione di tutto rispetto. Quanto ad Alice, era molte cose – vicina di casa, enigma, fattore d'irritazione e bomba potenziale e ambigua. E a quanto pareva, attuale oggetto delle sue fantasie erotiche. Si schiarì la voce. «Alza gli occhi.» Attese che lei obbedisse prima di continuare. «Così, grazie. Ora, ti dispiacerebbe voltarti? Non soffro di eccesso di modestia, ma stai diventando rossa e io non sono sicuro...» «Oh. Certo.» Rapida, la donna gli voltò le spalle. Atteggiamento rigido. Incerto. E quegli splendidi capelli fulvi che le ricadevano sulle spalle. «Chiedo scusa.» Lei varcò la portafinestra affacciata sul piccolo terrazzo. Nella stanza entrò la brezza pesante di fine agosto. «Che ore sono?» Reese fece per sollevare il lenzuolo, ma Cash ci si era seduto sopra. Lo guardava, le orecchie pelose ben dritte, sul muso un'espressione speranzosa. L'indagine appena conclusasi aveva fatto sì che loro due passassero quasi più tempo separati che insieme, ma il vincolo che li legava restava forte. Reese sorrise. «Vieni qui, ragazzo.» 6
In un lampo il cane gli fu addosso, straripante d'entusiasmo. «L'una passata da poco.» E non lo aveva svegliato? Da quanto tempo si aggirava silenziosa per l'appartamento? E da quanto lui se ne stava sdraiato lì, senza nulla addosso? Sapeva di avere il sonno leggero, quindi lei doveva essersi mossa in modo incredibilmente silenzioso. Furtivo. Era un pensiero che lo preoccupava e andava a sommarsi ad altre ansietà che Alice gli suscitava. Il suo atteggiamento di costante vigilanza dava vita a ogni sorta di idee sgradevoli. E il modo in cui il giorno prima era entrata nel suo appartamento, impugnando una grossa pistola carica... «Cash ha bisogno di uscire. Ho cercato di portarlo fuori io, ma a quanto pare voleva te, e poi tu hai emesso... un suono.» «Un suono, eh?» Poteva benissimo immaginare di che genere. «Allora ti è venuto vicino e...» «Credevo fossi tu.» Vedendola irrigidirsi ancora di più, Reese non resistette alla tentazione di aggiungere: «Stavo facendo un sogno erotico». Alice dilatò gli occhi. «Sarebbe a dire?» «Tu e io. E cavoli, sembrava così reale.» Grattò la testa pelosa di Cash. «Mi stavi vicinissima. Respiravi su di me.» «Respiravo su di te?» La sua indignazione era inequivocabile. «Mi stuzzicavi l'orecchio, poi ho sentito la tua lingua...» Alice indietreggiò, andando a urtare la portafinestra. Con un'occhiata accusatoria a Reese, controllò che la zanzariera non fosse uscita dal binario e si schiarì la gola. «Per nulla al mondo...» «Mi leccheresti?» Sorpreso, vide le sue labbra – e la sua espressione – ammorbidirsi. «No? Un vero peccato. Ma a quanto pare, Cash sì.» Finalmente lei capì. «Oh.» Sulla sua bocca comparve l'ombra di un sorriso. «Cercava di svegliarti e in sogno hai pensato...» 7
«Già. Che razza di modo di cominciare la giornata. Gli voglio un bene dell'anima, ma...» La guardò. «Non fino a questo punto.» «Ma se è adorabile!» «Sicuro.» Reese aveva trovato il cane da poco, e benché non avesse mai pensato a se stesso come a un amante degli animali, lui e Cash si stavano abituando l'uno all'altro – con l'aiuto di Alice. «È solo che non vorrei che tu fraintendessi la mia...» Indicò vagamente la zona inguinale. «Reazione.» Dalle labbra di lei scaturì una risatina. Era un suono non meno affascinante del suo sorriso. «Continua così e non riprenderò più il controllo» brontolò Reese. Questa volta Alice non arrossì. «Davvero, non mi sembra il caso di parlare di certe cose» lo rimproverò invece. «Non è il caso neanche di esserne imbarazzati.» Eppure in un certo senso lo era. Cosa aveva lei per esercitare su di lui un'impressione così profonda e così intensamente fisica? «Non per sottovalutare la tua capacità di attrazione, ma è quello che succede a quasi tutti gli uomini al mattino. Si chiama erezione mattutina, o, in questo caso, pomeridiana.» «Capisco.» Lei aveva piegato la testa di lato e lo studiava. «Ma stamattina, quando hai bussato alla mia porta, eri sveglio, completamente vestito, e avevi appena finito di lavorare.» E in più era eccitato dalla possibilità di vivere momenti d'intimità con lei. Consapevole di non poterglielo dire – non ancora – Reese si passò una mano sugli occhi stanchi. «Eppure» continuò Alice, «avevi una... hm...» Che lei ne parlasse non gli era di aiuto. «Un'erezione» completò lui stancamente. «Sì.» Alice annuì con un po' troppa disinvoltura. «Proprio come adesso. E mi hai detto di non farci caso.» «So quello che ho detto.» Dio, aveva una gran voglia di baciarla. E se fosse stata un'altra donna, lo avrebbe fatto senza pensarci troppo. Ma la conosceva da poco e quello che sapeva di lei non gli permetteva di affrettare le cose. Non solo; grazie al fiasco del 8
giorno prima, Alice aveva già potuto constatare i rischi del suo lavoro. Perché non capitava tutti i giorni che i criminali e gli assassini su cui indagava si presentassero alla sua porta, e ancora più insolito era che lo cogliessero di sorpresa. Di norma era bravo nel suo lavoro, ma in quell'occasione... sì, lo avevano giocato... e Alice era capitata proprio nel pieno della crisi. Forse era per quello che l'aveva sognata. Lei aveva badato a Cash mentre lui e il suo collega inseguivano la preda, e quando le cose erano precipitate, aveva compreso la pericolosità della situazione e chiamato gli aiuti. Reese osservò quel viso dolce dietro cui si nascondevano coraggio, intuizione e abilità. «Non dovrai mai temere nulla da me» disse. «Lo so. So che sei un uomo perbene.» Assennata Alice. Aveva ragione, naturalmente – era un uomo perbene, soprattutto con le donne. Ma era possibile che la loro breve frequentazione bastasse a rassicurarla a tal punto? No. Decisamente. Lui aveva accolto un cane abbandonato – un cane che lei adorava. E con questo? Era educato, vestiva bene e altrettanto bene si presentava. Ma nulla di tutto questo significava alcunché, e di certo lei se ne rendeva conto. Tuttavia, da quello che aveva potuto vedere, Alice era dotata di un istinto infallibile. Il genere d'istinto che abitualmente si affina lavorando sul campo. Quando aveva acconsentito a lasciarlo dormire sul divano di casa propria, Reese aveva pensato di sfruttare l'occasione per parlarle seriamente. La curiosità che Alice gli ispirava era pari quasi all'attrazione. Poi però la stanchezza aveva avuto la meglio e la chiacchierata chiarificatrice non aveva avuto luogo. Ora però avevano tutto il tempo del mondo. O quanto meno, il resto della giornata. «Alice...» «Dovrei portare fuori Cash. Di nuovo.» Lei sorrise con affetto al grosso cucciolo. «Sappiamo bene che non reggerà ancora a lungo.» 9
Aveva uno splendido sorriso – quelle rare volte che sorrideva. Che diavolo, non fosse stato per il cane e la carneficina nel suo appartamento... Fu nel ricordare quell'episodio, la ragione per cui si trovava sul divano di Alice invece che a casa propria, che Reese gemette. Subito lei gli fu accanto. «Stai bene?» chiese ansiosa. Ieri sei rimasto ferito?» «Sto bene.» Bene, ma frustrato. Il giorno prima, una lunga indagine si era conclusa con un'incredibile parata di gente a casa sua. Amici, sospetti e odiosi criminali. Assassini dall'anima nera. Rowdy Yates, un "testimone" – che razza di scherzo si era rivelato! – che avrebbe dovuto trovarsi in custodia protettiva, si era invece intrufolato nel suo appartamento, ed era stata proprio Alice ad avvertire Reese. Lui era arrivato solo pochi minuti prima del suo tenente, ma i criminali li avevano colti di sorpresa, ammanettandoli al letto mentre tenevano Rowdy sotto tiro. Il tenente Peterson non l'aveva presa bene, e i tentativi di lui di proteggerla si erano scontrati con la sua caparbia resistenza. Invece di godersi la protezione garantita ai testimoni, Rowdy si era volontariamente trasformato in bersaglio e benché estremamente capace, cosa avrebbe potuto contro due sicari decisi a liquidarlo? Le probabilità erano contro di lui, e se lo avessero ucciso, subito dopo sarebbe toccato a Reese e al tenente. Senza l'intervento di Alice, non ci sarebbe stato solo un cadavere nel suo appartamento, ma parecchi. Lei, però, aveva saputo valutare la situazione e chiamato in aiuto l'amico e collega di Reese, il detective Logan Riske. E questi, che possedeva abilità autenticamente letali, aveva avuto la meglio – non senza però beccarsi un proiettile nel braccio. Per qualche minuto era regnato il caos e la camera di Reese si era trasformata in una scena dell'orrore, ma alla fine i buoni l'avevano avuta vinta. Uno degli assassini era stato arrestato, insieme a un complice che fungeva da vedetta fuori 10
dell'edificio. Non solo; poco dopo la liberazione di Reese, Alice aveva fatto la sua comparsa con una grossa pistola stretta nella mano sottile. Era una buona giudice di caratteri, ma lo era anche lo stesso Reese. E l'istinto gli diceva che la sua riservata, timida e terribilmente sexy vicina avrebbe usato l'arma con fatale precisione. Era una consapevolezza che stimolava il suo interesse per lei e il suo passato. Erano talmente tante le domande senza risposta! Sapeva che Alice era buona con il suo cane e che gli piaceva. E sicuro come l'oro, sapeva di volersela portare a letto, ma il loro rapporto era talmente bizzarro che ancora non conosceva neppure il suo cognome. Alice... qualcosa. Assurdo. La guardò avvicinarsi ancora un po'... proprio come nel sogno. «Sei pieno di lividi.» Seguendo il suo sguardo preoccupato, lui abbassò gli occhi e vide gli ematomi sul polso, prova di come avesse tentato di disfarsi delle manette... le sue, maledizione... che lo tenevano prigioniero. «Non è nulla.» Mai più, giurò a se stesso. Non si sarebbe mai più fatto prendere alla sprovvista. Lei esitava ancora. «Ne hai altri?» domandò. Solo sull'orgoglio. «No.» Tutto ciò che voleva era lasciarsi alle spalle quello sgradevole episodio. «E il tuo amico?» «Logan? È un detective, come me.» «Lo immaginavo. Ieri, quando l'ho visto, ho capito che era sicuro.» Sicuro? Sembrava che tutto quello che Alice diceva avesse un duplice significato. «Così come sapevi che gli altri invece erano pericolosi?» «Sì.» Ora il suo sguardo non tradiva la minima esitazione. «Lo capisco sempre.» In che modo? avrebbe voluto chiedergli lui. I criminali non se ne andavano in giro con il marchio di Caino sulla fronte. Come agente investigativo, col tempo aveva sviluppato una 11
sorta di sesto senso, e imparato a cogliere le sfumature rivelatrici. Ma cosa aveva permesso ad Alice di acquisire un'analoga capacità? «Logan sta bene. Hai conosciuto Pepper?» «Sì. È rimasta qui con me mentre Riske veniva in tuo aiuto.» «Chiamalo Logan. Sono sicuro che è quello che vuole.» Reese ripensò al momento in cui aveva capito che l'amico era stato ferito. «Ora è a casa con lei, che senza dubbio lo sta sommergendo di coccole.» Grazie all'intuito e alla pronta reazione di Alice, lui e i suoi amici erano vivi, e uno sgradevole personaggio coinvolto in ogni sorta di reati, fra cui il traffico di esseri umani, non era più di questo mondo. «Sono innamorati?» chiese lei. «Logan lo è certamente.» Non era da lui parlare del suo lavoro, ma si scoprì ad aggiungere: «E questo aumenta la follia di quanto è successo. Gli agenti sotto copertura non si innamorano del testimone chiave». «Perché no?» «Complicazioni, tanto per dirne una. È difficile pensare in modo razionale quando si è coinvolti emotivamente.» «A me non è sembrato per nulla emotivo. Appena gli ho riferito i miei sospetti, ha preso in mano la situazione. Ha lasciato Pepper da me, si è preparato come meglio poteva e ci ha ammonite – superfluamente, devo dire – a non aprire a nessuno.» «Conoscendo Pepper, devono essere volate scintille.» Alice sorrise del suo sarcasmo. «Non ha quasi aperto bocca. Era molto preoccupata» rettificò. «Lo sai, vero, che anche lei è innamorata del tuo amico?» Suonava così sicura che lui poté solo stringersi nelle spalle. «Immagino.» «Rowdy è suo fratello?» «Sì.» Reese si stirò. Aveva le spalle indolenzite e trasalì nel passarsi una mano sulla nuca. Vedere Alice spiare i suoi bicipiti lo rallegrò. Tenne le braccia sollevate ancora per qualche istante... finché non si 12
rese conto della puerilità del proprio comportamento. Al diavolo, lei sapeva sedurre senza nemmeno darsi da fare, e in un modo assolutamente non convenzionale. «Lo hai incontrato?» «Solo per qualche istante.» Gli occhi di Alice scesero dal torace al ventre, e Reese sentì i muscoli addominali contrarsi. «Non sapevo cosa pensare di lui. In un primo momento ero preoccupata; è per questo che ti ho chiamato quando è comparso. Non è spietato come gli altri, però. Ho piuttosto la sensazione che si muova lungo una linea sottile fra la legalità e le regole che soddisfano il suo codice morale.» Era una descrizione così perfetta che Reese provò una sorta di reverente rispetto. «Molto probabile» disse soltanto. «E il tenente?» «L'ultima volta che ho avuto sue notizie, stava bistrattando tutti quelli che le capitavano a tiro, abbaiando ordini come un generale.» Scosse la testa. «Per essere una donna così minuta, ha un autentico pugno di ferro.» «A me è piaciuta.» Alice sembrava irresistibilmente attirata dai suoi muscoli addominali. Reese si alzò a sedere. «Ho bisogno di rimettere in funzione il cervello. Che ne dici di preparare il caffè mentre porto fuori Cash?» Nel sentire il suo nome, il cane, che sembrava essersi addormentato, balzò in piedi. «Se è quello che vuoi.» Non era neanche lontanamente quello che voleva, ma per il momento sarebbe dovuto bastare. «Grazie.» Attese, ma vedendo che lei non accennava a muoversi, con un'alzata di spalle gettò da parte il lenzuolo. Un'occhiata al suo corpo snello, e Alice volò in cucina. Di certo Reese pensava che fosse imbarazzata, si disse, e lo era, un po'. Ma c'era di più, qualcosa di più complesso del semplice imbarazzo, qualcosa che non provava da molto tempo. Troppo. E le piaceva. Tirò due respiri profondi prima di gridare: «Caffè fra dieci minuti». 13
La risposta, di lì a poco, le arrivò vicinissima. «Ottimo.» Si voltò di scatto, rischiando di perdere la presa sul bollitore. Scalzo e a torso nudo, Reese era appoggiato allo stipite della porta. La sottile striscia di peluria bionda sul ventre spariva all'interno dei pantaloni spiegazzati. Ragazzi, se era bello. «Guardami, Alice» disse lui con una sorta di sospiro rassegnato. In silenzio, lei compì l'erculeo sforzo di sollevare gli occhi sul suo viso. Aveva la sensazione che quei richiami sarebbero stati frequenti perché davvero, non guardarlo le riusciva praticamente impossibile. Fin dal loro primo incontro lo aveva classificato come un autentico fuoriclasse, e le era costata molta fatica mantenere il proprio riserbo, ignorare i suoi sorrisi affabili e le cortesi formule di saluto. Era stato vederlo in compagnia del cane a sigillare il suo destino. Alice sapeva bene di avergli donato un pezzo del proprio cuore nel momento in cui aveva osservato la pazienza che mostrava con l'esuberante cucciolo. E il giorno prima, quando lo aveva visto occuparsi dell'amico ferito come se non avesse appena affrontato un'ordalia di quelle proporzioni... no, impensabile per lei mantenere il distacco. Completamente vestito, il detective Reese Bareden era un uomo capace di far girare la testa a qualsiasi donna. Seminudo, la rendeva muta di desiderio. Negli occhi verdi di lui brillava una luce divertita. «Mi piace forte» disse. Cosa? Oh, santo cielo, sorpresa di nuovo a divorarlo con gli occhi. Alice deglutì, sforzandosi di riprendere il controllo. «Il caffè» mormorò debolmente. «Ma certo.» «Cosa c'è?» Ora Reese sembrava preoccupato. «Proprio niente.» Non poteva certo dirgli che era uno dei maschi più stupefacenti che avesse mai conosciuto, e non era poco, dato che ne aveva incontrati di davvero notevoli. Uomini del passato. Uomini buoni... che avevano compensato la depravazione di altri. Il pensiero bastò a procurarle un senso di costrizione al 14
petto, a farle venire voglia di raggomitolarsi su se stessa... «Alice?» La voce profonda, gentile, la strappò a ricordi oscuri. Tirò un respiro profondo. «Sì?» «Tu e io oggi dobbiamo parlare.» Sembrava quasi una minaccia, ma lei non ne fu spaventata. Reese non la impauriva in quel senso. In nessun senso, a dire la verità. «Certo.» Tanta arrendevolezza parve sorprenderlo. Aveva forse previsto un rifiuto? In realtà, c'erano momenti in cui Alice stessa non sapeva come avrebbe reagito. I brutti ricordi avevano un modo tutto loro di riaffiorare quando meno se lo aspettava, e da tempo quasi sempre faceva in modo di stare alla larga dagli uomini. Non aveva previsto di provare per Reese una simile attrazione, ma parlare con lui le piaceva, quindi perché rinunciarvi? Non gli avrebbe fornito le informazioni che lui voleva perché certi segreti erano solo suoi, ma gli avrebbe detto quanto bastava per tenerlo buono. Per qualche tempo, almeno. Cash stava dando strattoni al guinzaglio, impaziente. Il cucciolo era noto per la scomoda abitudine di bagnare per terra quando si eccitava, era curioso o aveva bisogno di uscire... per un bel po' di ragioni, a dirla tutta, e dopo un'ultima occhiata inquisitoria Reese si staccò dalla porta. Alice lo seguì con gli occhi. Capelli biondi arruffati, muscoli tonici, spalle larghe... Lui aprì la porta d'ingresso. E a lei mancò il fiato. «Hai intenzione di uscire così?» alitò. Reese la guardò sorpreso. «Perché no?» Ma era quasi nudo! Non si era nemmeno abbottonato i pantaloni. «Sei... indecente.» «Non starò fuori a lungo.» E un attimo dopo era scomparso.
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