Hr134 viaggio a virgin river

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Robyn Carr

Viaggio a Virgin River


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Redwood Bend Mira Books © 2012 Robyn Carr Traduzione di Maria Claudia Rey Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Romance giugno 2014 Questo volume è stato stampato nel maggio 2014 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd) HARMONY ROMANCE ISSN 1970 - 9943 Periodico mensile n. 134 del 13/06/2014 Direttore responsabile: Stefano Blaco Registrazione Tribunale di Milano n. 72 dello 06/02/2007 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


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Dopo essersi licenziata, Katie Malone fece i bagagli e lasciò la sua casa nel Vermont. Gli ultimi anni erano stati difficili, e gli ultimi mesi, lontana dal fratello Conner che era il suo unico altro familiare, erano stati terribili. In quel periodo si era sentita così sola che stava quasi per iscriversi a un sito di incontri – e si era fermata giusto in tempo. Ma il momento peggiore era stato quando aveva cominciato a sperare in una relazione con il suo capo, il dentista pediatrico più gentile del mondo... che però non l'aveva mai nemmeno baciata. E c'era un motivo logico: Keith era gay. Katie era l'ultima persona che avrebbe voluto baciare. Quindi era tempo che dimenticasse gli uomini e si dedicasse invece a rafforzare la propria indipendenza, ritornando in California. Uno dei suoi gemelli di cinque anni, Andy, il giorno prima le aveva detto una frase che le aveva trafitto il cuore, facendole capire ancora di più la necessità di ricominciare daccapo. Stava chiudendo uno degli scatoloni da spedire in California, quando il piccolo le aveva domandato: «Dovremo di nuovo partire al buio?». Katie era rimasta senza parole. Eccola lì a pensare ai baci e alla solitudine, mentre i suoi figli si preoccupavano di dover di nuovo scappare nel mezzo della notte verso una meta sconosciuta... Strinse al cuore il suo bambino e disse: «No, tesoro. Questa volta porto te e Mitch da zio Conner». Mitch – identico al fratellino – sentì le sue parole e si avvicinò di corsa. «Da zio Conner?» esclamò. 5


«Sì» rispose Katie, ormai sicura di ciò che voleva. Doveva riunire la famiglia, fare in modo che i suoi figli si sentissero protetti e sicuri. «Ci andremo dopo una piccola vacanza... che ne dite di Disney World?» I due cominciarono a saltare di gioia gridando: «Evvai! Che fico!». E poi finirono a far la lotta avvinghiati sul pavimento, come sempre. Katie alzò gli occhi al cielo e continuò a preparare i bagagli. L'inverno precedente Conner aveva avuto un'esperienza spaventosa che si era tramutata in una crisi per tutta la famiglia. Un uomo era stato assassinato nel vicolo dietro la loro ditta di forniture edilizie, Conner aveva assistito alla scena e aveva immediatamente chiamato la polizia, diventando così l'unico testimone dell'omicidio. Poco dopo l'arresto del colpevole il loro magazzino era stato bruciato fino alle fondamenta, e qualcuno aveva lasciato un messaggio minatorio nella segreteria telefonica di Conner. A quel punto il procuratore distrettuale aveva deciso che per proteggere la famiglia era meglio separarla: Katie e i bambini erano stati spediti in una cittadina del Vermont, più lontani possibile da Sacramento, mentre Conner si era nascosto in un paesino tra le montagne nel nord della California. Adesso per fortuna era finita. Il sospetto colpevole era stato ucciso prima del processo, Conner non era più l'unico testimone e nessuno correva più alcun pericolo. Adesso potevano pensare a guarire le ferite, a riavvicinarsi. Inoltre, durante il soggiorno a Virgin River, Conner aveva conosciuto Leslie, una donna che amava e con cui voleva passare il resto della vita. Katie avrebbe voluto fare una sorpresa al fratello, ma in quei mesi avevano preso l'abitudine di parlarsi al telefono quasi tutti i giorni, e Conner parlava anche con i gemelli, seppur brevemente. Non avrebbe mai potuto nascondergli il proprio progetto. Se lui non l'avesse indovinato, i gemelli gliene avrebbero parlato di sicuro. «Ormai siamo a giugno, sta per arrivare l'estate» gli disse al telefono. «Possiamo muoverci e andare dove ci pare, visto che non ci sono più pericoli, e io voglio ridare ai miei 6


figli un minimo di stabilità. Loro hanno bisogno di te... e io vorrei trascorrere questi mesi a Virgin River, se per te va bene. Affitterò una casa per noi, naturalmente, ma vorrei che i bambini fossero vicini a te.» «Vengo a prenderti» disse immediatamente lui. «No» rispose Katie decisa. «Prima voglio portare i bambini in vacanza, solo noi tre. Ce lo siamo meritato. Andremo a Disney World per qualche giorno, da lì spedirò la macchina a Sacramento, poi prenderemo un aereo, io ritirerò la macchina e guiderò fino a Virgin River. Sono solo poche ore, e mi piacciono le strade panoramiche.» «Allora vengo a prenderti a Sacramento.» Lei trasse un gran respiro. Conner era sempre stato presente per aiutarla e sostenerla, ma era diventato ancora più protettivo dopo la morte dei loro genitori. Lei lo amava per questo, ma a volte la cosa si faceva esagerata e lei doveva mettere dei paletti. «Non è necessario» disse. «Non sono una bambina, ho trentadue anni e me la cavo benissimo da sola. E voglio passare un po' di tempo con i bambini, che sono stati sballottati qua e là e adesso hanno bisogno di divertirsi.» «Io volevo solo aiutarti!» «Lo so, e te ne sono molto grata. Ma questo voglio farlo a modo mio.» Conner accettò senza protestare. «E va bene. Hai ragione.» Katie rimase senza parole per un momento. «Diavolo» disse infine. «Chi è lei? E che fine ha fatto mio fratello?» «Molto divertente» replicò lui sarcastico. «Con tutto il rispetto che ho per te, credo che Leslie sia la sola responsabile di questo cambiamento. Dille che sono in debito con lei.» Quando a marzo Katie si era rifugiata nel Vermont, aveva lasciato a Sacramento la sua monovolume per non rischiare di essere identificata attraverso la targa. In attesa che fosse venduta, Conner aveva fatto in modo che arrivando nel Vermont Katie trovasse ad aspettarla un SUV Lincoln di ultimo modello, una macchina enorme che lei 7


faceva fatica a parcheggiare. Come tutte le mamme che a turno accompagnavano un gruppo di bambini, lei aveva rimpianto la sua macchina così leggera, facile da manovrare, quasi un prolungamento del suo corpo. Ma in breve si era affezionata al grosso SUV, anche se consumava una quantità di carburante. A bordo si sentiva la regina della strada, vedeva tutto dall'alto e le pareva di essere invulnerabile, perciò non vedeva l'ora di passare un po' di tempo alla guida, in modo da riflettere ed esaminare le varie possibilità. Il solo fatto di vedere i chilometri che svanivano nello specchietto retrovisore era un modo di lasciarsi il passato alle spalle per dare il benvenuto a un nuovo inizio. Così, un lunedì Katie fece ritirare i propri scatoloni da un corriere, telefonò all'asilo dei gemelli e si accordò per ricevere tutti i documenti via e-mail, chiamò il padrone di casa perché andasse a controllare le condizioni dell'appartamento e invitò la sua vicina a prendere dalla dispensa tutto il cibo deperibile che lei non avrebbe potuto portare con sé. Infine prese accordi perché il SUV fosse ritirato a Orlando e spedito a Sacramento mentre lei e i bambini si godevano la loro breve vacanza. Mise in valigia gli abiti necessari e la sua cintura porta attrezzi rosa, un regalo di Charlie che lei non abbandonava mai, e la caricò nel bagagliaio con una borsa termica e un cesto da picnic pieno di spuntini per il viaggio. Infine, con i gemelli armati di lettori DVD portatili, di iPad e delle relative batterie, si mise al volante e si diresse verso sud. Dapprima andò tutto bene; ma dopo alcune ore i gemelli cominciarono ad agitarsi, a frignare e a lamentarsi. Katie si fermò perché uno dei bambini doveva andare in bagno – l'altro no – e dopo un quarto d'ora dovette fermarsi di nuovo per il secondo. Fecero numerosi picnic nelle piazzole di sosta e lei li fece correre un po' per stancarli, anche se alla fine la più stanca era sempre lei. A un certo punto le toccò riparare un lettore DVD che non funzionava, poi diede ai bambini l'ennesimo spuntino e si rimisero in marcia. Guidando si domandava come avevano fatto i genitori di venti, trent'anni prima, senza lettori di film e senza giochi elettronici su iPad. Come avevano viaggiato senza 8


grosse macchine come la sua, senza vassoi pieghevoli su cui appoggiare i giochi e le bibite, senza riscaldamento o aria condizionata? Come avevano fatto quelle mamme pioniere, che magari non avevano a disposizione nemmeno il nastro adesivo? In momenti come quello, molte donne si sarebbero commiserate per la fatica di avere a che fare con una coppia di bambini scatenati: ma Katie non era quel tipo di donna. Odiava compiangersi, e le dispiaceva soltanto che Charlie non potesse godersi i suoi figli. Lo aveva conosciuto e sposato quando aveva ventisei anni, e il loro era stato un matrimonio romantico e pieno di passione, ma troppo breve. Charlie faceva parte delle Forze Speciali dell'Esercito, i famosi Berretti Verdi, e quando lei era incinta dei gemelli era stato mandato in missione in Afghanistan. Era stato ucciso lĂ , prima che i bambini venissero alla luce. Come avrebbe voluto che li vedesse adesso... quando non si cacciavano in qualche guaio erano cosĂŹ divertenti! Forse erano come il loro padre da bambino, e fisicamente gli somigliavano moltissimo. Erano grandi per la loro etĂ , vivacissimi, competitivi, intelligenti, un po' iracondi e possessivi ma in fondo sentimentali. Cercavano ancora le coccole della mamma, e adoravano tutti gli animali, perfino quelli minuscoli. Si sforzavano di non piangere durante film commoventi come Bambi, e se uno di loro era spaventato l'altro lo rassicurava e lo consolava, e viceversa. Quando dovevano stare insieme per forza, come sul sedile posteriore di una macchina, anelavano a un po' di spazio. Ma quando venivano separati volevano a tutti i costi stare insieme. A volte Katie si domandava se avrebbero mai imparato a fare una doccia individuale. Aveva sempre protestato con Charlie perchĂŠ non chiudeva mai la porta del bagno, e adesso avrebbe tanto voluto un po' di privacy, specialmente in bagno. I bambini si infilavano nella vasca con lei fin da quando avevano imparato a reggersi in piedi. Da anni Katie non poteva farsi un bagno in santa pace. SĂŹ, la sua vita non era sempre facile. Ma la loro, lo era? 9


Non sembrava si rendessero conto di non avere una famiglia tradizionale – una mamma, niente papà, solo lo zio Conner... Katie mostrava loro le foto del padre e ripeteva spesso quanto fosse stato felice del loro arrivo. Ma poi era andato con gli angeli... era un eroe, ed era volato in cielo con gli angeli. Perciò Disney World era un'ottima idea. Se lo meritavano tutti e tre. Topolino non fu sufficiente a stancare i gemelli, anzi i tre giorni passati a Disney World parvero aumentare la loro energia. Si agitarono per tutta la durata del volo fino a Sacramento, e dopo essere stati confinati nello spazio angusto dell'aereo corsero su e giù nella stanza d'albergo come pazzi. La mattina dopo si misero in viaggio per Virgin River subito dopo colazione, ma il tempo era cupo e piovoso, perciò non c'era alcun panorama da godere. Katie era molto delusa: avrebbe tanto voluto vedere le bellezze che Conner le aveva descritto, le montagne, le sequoie, i dirupi scoscesi, le vallate verdi. Ma essendo ottimista si augurò che il cielo grigio contribuisse a far dormire i bambini. Però non subito, a quanto pareva. «Andy sta guardando Avatar! Adesso è il mio turno di guardarlo!» «Cristo santo, perché non ne ho comprati due?» borbottò Katie fra sé. «Qualcuno dovrebbe lavarsi la bocca col sapone» disse Mitch il censore dal sedile posteriore. Katie non osava immaginare i problemi che avrebbe avuto se Charlie fosse stato ancora con loro. Non aveva un briciolo di pazienza, e usava un linguaggio così sboccato che perfino i più rudi Marine arrossivano quando lui apriva bocca. D'altronde anche lei in quel momento avrebbe voluto gridare, Vi ho portati a Disney World, porca miseria! Dividetevi quel maledetto film! «Se devo fermarmi tutti i momenti per farvi smettere di litigare» disse invece, «ci vorrà molto più tempo per arrivare da zio Conner. E a 10


quel punto per voi si sarà fatta ora di andare a letto!» I due bambini fecero uno sforzo eroico per calmarsi, ma non senza parecchi grugniti, spintoni e proteste. Non appena Katie lasciò l'autostrada e imboccò la strada stretta e piena di curve che costeggiava Clear Lake, guidare divenne più impegnativo, a tratti addirittura preoccupante. A un certo punto oltrepassò quella che sembrava una capanna di legno caduta nel lago, ma rallentando vide che si trattava invece di una roulotte che era uscita di strada ed era scivolata in acqua. Katie avrebbe voluto fermarsi, ma non c'era spazio, e dietro di lei si udivano già le sirene dei soccorritori. Una volta arrivata nella contea di Humboldt, Katie si lasciò alle spalle la città di Fortuna e svoltò sulla statale 36 che saliva sulle montagne. Era una bella strada larga a due corsie, e la vista era mozzafiato: alberi altissimi che sembravano toccare le nuvole, ampie vallate ricche di fattorie, ranch e vigneti. Ma non si poteva ammirare il panorama, perché non c'erano guardrail né piazzole di sosta. E a mano a mano che si inoltrava su per le montagne gli alberi si infittivano oscurando la poca luce, e la strada diventava sempre più tortuosa, con curve a destra, poi a sinistra, un tratto in salita, un altro in discesa. Nella cortina di pioggia i fari accesi servivano a ben poco. E poi accadde. Katie sentì un urto, poi uno scoppio. La macchina sbandò, si inclinò sulla sinistra e si sentì un tump tump tump. Lei cercò di accostarsi il più possibile al fianco della montagna, ma si trovava su un breve rettilineo tra due curve e il SUV sporgeva ancora sulla carreggiata. In casi come questo avere una macchina così grande era un problema. «Restate seduti dove siete» intimò ai gemelli. Poi uscì con cautela, attenta ai veicoli che potevano arrivare da entrambi i lati. La pioggia cadeva fitta, filtrata un poco dalle fronde degli alberi, che però non erano abbastanza folte da tenerla all'asciutto. Katie rabbrividì. E saremmo a giugno?, pensò. A Sacramento faceva così caldo che lei non aveva pensato di tirar fuori dalle valigie giacche o felpe, dimenticando che in 11


montagna la temperatura sarebbe scesa notevolmente. Si accucciò e guardò disgustata lo pneumatico traditore. Era del tutto a terra, e il battistrada era lacerato. Così non sarebbe andata da nessuna parte, poco ma sicuro. Katie sapeva cambiare una gomma, ma con una macchina di quelle dimensioni poteva essere un'impresa difficile. Risalì in macchina e prese il cellulare dalla borsa; forse era abbastanza vicina a Virgin River perché Conner potesse andare a darle una mano. Guardò il display. Niente barre di campo. Niente telefono. Niente aiuto. Be', questo diminuiva le sue possibilità. Guardò i bambini seduti dietro. «Abbiamo una gomma a terra e adesso io la cambierò, ma ho bisogno che restiate in macchina, seduti e fermi. Senza muovervi, intesi?» «Perché?» «Perché devo sollevare la macchina dalla parte dove c'è la gomma a terra, e se voi vi muovete potrebbe cadermi addosso e farmi male. Siete capaci di restare seduti fermi? Immobili?» Non poteva farli scendere dalla macchina con il rischio che si mettessero a correre nei boschi o lungo quella strada così stretta. I due annuirono gravemente. Katie chiuse la portiera e andò ad aprire il bagagliaio. Per raggiungere il pozzetto dove c'era la ruota di scorta doveva spostare due valigie e la borsa termica, ma cominciò col prendere il cric e la chiave inglese. La prima cosa da fare era anche la più difficile per una donna della sua taglia, e cioè allentare i bulloni della ruota prima di sollevare la macchina sul cric. Ci si appoggiò con tutto il proprio peso, ma non riuscì a smuoverne nemmeno uno. Nemmeno di un millimetro. Ecco lo svantaggio di essere un donnino di un metro e cinquanta e un peso piuma. Riprovò con le due mani e un piede. Niente. Allora si raddrizzò, prese un elastico dalla tasca e raccolse i lunghi capelli in una coda, poi si asciugò le mani sui jeans e provò di nuovo, grugnendo per lo sforzo. Niente da fare. Doveva aspettare che arrivasse qualcuno per... Sentì un rombo che si avvicinava. E poiché quello non 12


era uno dei suoi giorni più fortunati, non poteva trattarsi di un vecchio rancher. Oh, no. Doveva essere una banda di motociclisti. «Merda» borbottò. «Be', non ho scelta.» E fece loro segno di fermarsi. Quattro di loro si fermarono subito dietro il SUV. Il primo scese dalla moto e si tolse il casco, poi si avvicinò a lei mentre gli altri tre restavano in sella con il motore acceso. E naturalmente il tizio era grande e grosso da far spavento. Tutto vestito di cuoio, con un sacco di peli in faccia e una lunga coda di cavallo, camminava tintinnando perché aveva catene dappertutto, attorno ai tacchi degli stivali, appese alla cintura, come decorazione sul giubbotto. Tenendo il casco sottobraccio, l'omone guardò giù verso di lei. «Che le succede?» «Gomma a terra» spiegò Katie con un brivido di freddo. «Posso cambiarla da sola se lei mi dà una mano con i bulloni. Sono forte, ma non posso competere con la pistola ad aria compressa che li ha stretti.» L'uomo la guardò inarcando un sopracciglio, probabilmente stupito che una donna sapesse dell'esistenza delle pistole ad aria compressa. «Diavolo» disse poi osservando la gomma lacerata. «Più a terra di così si muore. Spero che abbia la ruota di scorta.» «È nel bagagliaio. Ma davvero, posso farlo io...» L'altro si raddrizzò senza lasciarla continuare. «Lo facciamo noi. Così i bulloni saranno stretti bene come prima.» «Grazie, ma non voglio farvi perdere tempo. Basta che lei...» L'omone la ignorò e tornò alla sua moto. Mise il casco nel portabagagli, poi estrasse dalle tasca laterale due triangoli pieghevoli e li porse ai compagni. «Stu, metti uno di questi dopo la curva più avanti. Tu, Lang, torna indietro e mettine uno prima dell'altra curva. Dylan, tu aiutami a cambiare la ruota.» Poi tornò verso il punto in cui Katie stava in piedi, con la chiave inglese in mano. Conner era alto e robusto, ma quest'uomo era ancora più grosso, e lei, in piedi sotto la pioggia, si sentiva sempre più piccola. I due motociclisti si 13


avviarono lungo la strada con i loro triangoli, mentre il quarto, Dylan, spense il motore, poggiò la moto sul cavalletto e si incamminò verso di loro togliendosi il casco. E Katie sgranò gli occhi. Allarme!, pensò. Fustacchione in arrivo! L'uomo aveva i capelli neri un po' troppo lunghi, la barba di due giorni, un corpo alto e snello stretto in un paio di jeans con degli strappi su ogni ginocchio. Camminava sicuro di sé, sfilandosi i guanti color cuoio uguali al giubbotto e cacciandoli nella tasca posteriore dei jeans. Katie alzò gli occhi sulla faccia di lui. Una bellezza da cartellone pubblicitario. «Diamoci da fare» gli disse il capo. «Che ne dici di alleggerire un po' il peso?» Poi accostò la chiave inglese al primo bullone e con una lieve pressione lo allentò. Fece altrettanto con il secondo, e poi col terzo. Facile come bere un bicchier d'acqua... per lui. Dylan si avvicinò a Katie, e lei notò di sfuggita degli stupefacenti occhi azzurri. Ma lui la ignorò, aprì il bagagliaio e ne estrasse la prima valigia grande, poi la più piccola e la borsa termica. Nel frattempo il SUV si sollevava lentamente. Evidentemente l'omone aveva già messo in funzione il cric. Dylan si fermò prima di posare a terra la borsa termica, e abbassò gli occhi su di lei. Katie seguì il suo sguardo. Ah, grandioso! La sua maglietta era fradicia di pioggia, il reggiseno di pizzo si vedeva nettamente in trasparenza, e i capezzoli eretti per il freddo erano puntati verso di lui come due proiettili. Dylan rialzò lo sguardo aggrottando appena la fronte, poi depose a terra il frigo portatile, si tolse il giubbotto di cuoio e glielo appoggiò sulle spalle chiudendone i lembi. Perfetto, pensò lei. Uno show da Miss maglietta bagnata su una strada deserta di montagna, a favore di una banda di motociclisti! «Grazie» mormorò imbarazzata, e si fece da parte in modo che l'altro potesse sollevare il coperchio del pozzetto per prendere la ruota di scorta. «Deve aver urtato una buca» disse il capo della banda. «La gomma è completamente andata.» 14


Katie si strinse nel giubbotto e inalò l'odore del proprietario, una piacevole mistura di agrumi, pioggia e foglie bagnate. Stava al caldo lì dentro, anche se fuori era completamente fradicia. E forse quei quattro non erano teppisti o Hell's Angels, dopotutto. Solo degli svitati a spasso in moto sotto la pioggia. Mentre Dylan portava la ruota di scorta al compagno, Katie aprì la valigia e prese una felpa nera con il cappuccio. Si tolse il giubbotto di cuoio, lo depose sul portellone aperto del bagagliaio e infilò la felpa, poi si guardò. Così andava meglio. Poco dopo che si era sistemata, Dylan tornò verso il bagagliaio portando la gomma danneggiata. La sua camicia con le maniche lunghe era incollata al petto dalla pioggia, i muscoli delle spalle e delle braccia erano gonfi per lo sforzo di portare quel peso. Buon Dio, pensò lei, che corpo. Uno così non poteva andarsene in giro sotto la pioggia. Doveva fare il modello, o lavorare in un gruppo di spogliarello maschile come i Chippendale. Piantala, si disse. Bello da guardare, ma io ho chiuso con gli uomini. Devo concentrarmi sul futuro della mia famiglia. Quando Dylan ebbe riposto la gomma sgonfia lei prese il giubbotto e glielo porse. «Ecco qua» disse. «E grazie.» «Ma si immagini. Incredibile che siamo a giugno, eh?» «È quello che stavo pensando anch'io.» E poi lui fece un gesto inaspettato: poggiò il giubbotto nel bagagliaio, si tolse la camicia bagnata e infilò il giubbotto sulla pelle nuda. Katie rimase a bocca aperta, con gli occhi fissi sul torace di lui, finché Dylan non tirò su la lampo. Poi la guardò, sorrise facendole l'occhiolino e si avvicinò alla propria moto per cacciare la camicia fradicia in una tasca laterale. Poi tornò verso il SUV proprio mentre il veicolo si abbassava lentamente sulla gomma appena cambiata. Dylan cominciò a caricare le valigie nel bagagliaio, e per un attimo lei lo fissò di nuovo, ipnotizzata, poi si riscosse e lo aiutò, incontrando di tanto in tanto il suo 15


sguardo. Aveva gli stessi occhi blu di Conner, ombreggiati da folte ciglia nere. Anche lei aveva gli occhi azzurri, ma erano normalissimi occhi chiari, mentre quelli di Conner (e di Dylan!) erano blu pervinca, profondi e intensi. Occhi alla Paul Newman, diceva sempre la loro madre. E questo tale li aveva anche lui! Forse i loro genitori avevano avuto un figlio dell'amore che poi avevano abbandonato sui gradini di una chiesa? No, un momento... lei conosceva quest'uomo. Riconosceva il nome, gli occhi. Era passato tanto tempo, ma lo aveva già visto – non di persona, ma in televisione e sulle copertine delle riviste. Non poteva essere... eppure sì, era lui, il cattivo ragazzo di Hollywood. Era questa la fine che aveva fatto? «Adesso può risalire in macchina» disse Dylan. «E accenda il riscaldamento. Spero che non debba andare lontano.» «No, sono quasi arrivata» rispose lei. Lui mise il frigo portatile nel bagagliaio, poi l'ultima valigia. Prese un fazzoletto dalla tasca, si asciugò la faccia e cercò di ripulirsi le mani sporche di fango. «Vedo che ha due clandestini» osservò accennando all'interno della macchina. Lei guardò dentro e vide due paia di identici occhi scuri che sbirciavano da sopra lo schienale del sedile posteriore. «Sono i miei bambini» spiegò. «Non è abbastanza vecchia da avere dei figli.» «Al momento ho almeno cinquant'anni. Ha mai fatto un viaggio in macchina con due gemelli di cinque?» «Direi proprio di no.» Chiaro che no, perché era una specie di dio greco libero come l'aria che se ne andava in giro a terrorizzare – o salvare – le fanciulle sperdute nella foresta... accidenti a lui. «Tutto a posto, signorina» disse l'omone girando attorno al SUV mentre si rimetteva i guanti di pelle. Decorati da catene anche quelli, Dio santo. «Grazie per il suo aiuto. Con i bulloni ho sempre qualche problema.» «Non potrei mai abbandonare per strada una signora in 16


difficoltà. Mia madre mi ucciderebbe, per non parlare di quel che mi farebbe mia moglie!» «Lei ha una moglie?» esclamò Katie d'impulso. «E... una madre?» Dylan scoppiò a ridere e diede una pacca sulla spalla dell'altro. «In Walt c'è molto più di ciò che si vede, signorina... non ho capito bene il suo nome.» Lei tese una mano gelata. «Sono Katie Malone.» «Io sono Dylan» fece lui stringendogliela. Come fosse riuscito a mantenere le mani calde dopo aver cambiato una ruota in quella pioggia gelida era un mistero. «E ovviamente lui è Walt, il buon samaritano delle strade di montagna.» Poi si rivolse a Walt. «Io vado indietro a prendere Lang. Possiamo raggiungere Stu più avanti.» «Allora buon viaggio, Katie» disse Walt. «Salga in macchina, dica ai piccoli di mettersi la cintura, alzi il riscaldamento al massimo e per strada faccia attenzione.» «Certo. Senta, potrei pagarla per il disturbo? Far cambiare la ruota da un meccanico mi sarebbe costato almeno cento dollari...» «Non dica assurdità» replicò Walt meravigliandola con la scelta di quel termine. Non sembrava il vocabolario adatto a un truce, gigantesco motociclista. «Lei avrebbe fatto altrettanto per me. Si ricordi solo di sostituire la ruota in modo da averne sempre una di scorta.» «Andate sempre in giro sotto la pioggia?» domandò ancora lei. «Eravamo già per strada, ma ci sono momenti migliori per una gita, poco ma sicuro. Se il tempo fosse peggiorato ci saremmo dovuti riparare sotto un albero. Non bisogna rischiare di uscire fuori strada. Stia attenta anche lei!» E con un ultimo cenno di saluto salì sull'enorme Harley dai manubri alti e se ne andò.

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Dall'8 agosto


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