Hr141 quando l'amore arriva

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Susan Andersen

Quando l'amore arriva


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Some Like It Hot HQN Books © 2013 Susan Andersen Traduzione di Marta Donati Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Romance ottobre 2014 Questo volume è stato stampato nel settembre 2014 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd) HARMONY ROMANCE ISSN 1970 - 9943 Periodico mensile n. 141 del 10/10/2014 Direttore responsabile: Stefano Blaco Registrazione Tribunale di Milano n. 72 dello 06/02/2007 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


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Oh, mio Dio. Sta venendo qui? Harper Summerville si stava gustando il suo giorno libero, prima che guardasse fuori dalla finestra e vedesse Max Bradshaw percorrere di gran carriera il sentiero punteggiato dal sole tra i sempreverdi del terreno della locanda. Era divertente fare qualche lavoretto nel delizioso cottage delle dimensioni di una casetta delle bambole, niente più di un monolocale soppalcato, che faceva parte del suo compenso come coordinatrice per le attività estive della Brothers Inn. Lei adorava, letteralmente, gli scorci del fiordo di Hood Canal e i pendii scoscesi della catena delle Olympics alle sue spalle di cui poteva godere da lì. Lo scenario spettacolare era ciò che portava i turisti nella piccola cittadina di Razor Bay, nello stato di Washington. Vedere un uomo alto, senza sorriso sulle labbra e che avanzava minacciosamente, però, mise fine al divertimento di Harper. E il battito del suo cuore aumentò in modo inspiegabile. Sembrava diverso rispetto ai loro due incontri precedenti. Tanto per cominciare, il giorno che lo aveva conosciuto, e in tutte le altre occasioni in cui lo aveva intravisto in città, lui aveva sempre nidossato la divisa da vicesceriffo. Ma era impossibile confondere un uomo così imponente, con un'espressione tanto severa, sempre serio e controllato con chiunque. Harper batté le palpebre, mentre lui d'improvviso lasciava il sentiero e spariva dalla sua vista, poi scosse la te5


sta. Ottimo lavoro, Harper. Un po' presuntuosetta, eh? Perché, sebbene il suo cottage fosse l'unico in quel punto, prima che il sentiero sparisse tra gli alberi, evidentemente non era lì che Bradshaw era diretto. Espirando sollevata – perché quello che provava era sollievo, vero? – Harper si infilò gli auricolari e si voltò verso la coppia di scatoloni che aveva smesso di vuotare. Nel giro di pochi istanti ritrovò la spensieratezza di poco prima. Adorava vedere posti nuovi, adorava incontrare persone nuove e tuffarsi in un nuovo lavoro che non aveva nulla a che vedere con gli altri che aveva svolto. Poiché aveva impostato la sua vita per fare esattamente quello, poteva dire di essere una donna nel complesso felice. Canticchiò insieme ai Maroon 5 che sentiva negli auricolari. Mentre svuotava con cura le scatole di cianfrusaglie che sua madre aveva insistito per spedirle, agitò i fianchi e fece qualche mossa a ritmo di musica. Pensare alle speranze e alle aspettative che sua madre aveva riposto in lei le strappò comunque un sospiro mentre accompagnava la voce di Adam Levine con la propria. Gina Summerville Hardin si rifiutava di credere che sua figlia potesse vivere serenamente senza una fissa dimora o un contenitore di effetti personali, dal momento che riempire una casa era stato il suo modo di affrontare i continui trasferimenti legati al lavoro del marito. Né Gina né Kai, il fratello di Harper, avevano mai amato l'avventura di vedere nuovi paesi e incontrare gente diversa, al contrario di lei e di suo padre. Eppure, Harper doveva ammettere che adorava i cuscini per il divano e le candele che sua madre le aveva mandato. Aggiungevano un tocco casalingo al suo minuscolo cottage. Ammettere una cosa simile non sminuiva certo il modo in cui sceglieva di vivere e di onorare la memoria di suo padre. Tuttavia, quando la canzone terminò, Harper fece scorrere la playlist e selezionò la canzone preferita del genitore. 6


«Papa was a rolling stone» canticchiò insieme ai Temptation mentre si arrovellava per trovare un posto dove sistemare gli altri oggetti che sua madre le aveva spedito, dato che lo spazio era merce rara. «Wherever he...» Qualcosa di caldo le sfiorò il gomito. Il cuore abbarbicato in gola come una scimmia a cavalcioni su un missile, Harper alzò il mento di scatto. Fissò una scarna mano maschile dalle dita grandi che la toccava. E gridò così forte da far tremare la casa. «Merda!» esclamò la voce di Max Bradshaw mentre lei si sfilava gli auricolari dalle orecchie e si voltava per guardarlo in faccia. Lui fece un grosso passo indietro. Le sue grandi mani in alto, i palmi bene aperti, come se Harper gli avesse puntato contro un'arma. «Signorina Summerville... Harper... Mi dispiace» le disse con voce bassa, ruvida. «Ho bussato più volte e ti ho sentita cantare, così ho capito che eri in casa. Ma non avrei dovuto entrare.» Abbassando lentamente le mani, le infilò nelle tasche dei pantaloni e le sue ampie spalle si incurvarono. «Non intendevo spaventarti.» Nonostante l'imbarazzo di sapere che lui l'aveva vista agitare il fondoschiena e cantare senza azzeccare una nota, Harper rimase sorpresa del fatto che probabilmente quello era il maggior numero di parole che l'uomo davanti a lei fosse mai riuscito a mettere insieme in sua presenza. Prendendo un profondo respiro e facendo ricadere le mani che si era portata al petto come la svenevole eroina di un film muto di fronte al cattivo di turno che si liscia i baffi, si ricompose. «Sì, be'... che fosse sua intenzione o meno, vicesceriffo Bradshaw...» «Max» la interruppe lui. «Max» convenne lei. Avrebbe dovuto chiamarlo per nome da subito. Dopotutto, non soltanto erano stati presentati il giorno del suo colloquio per il lavoro alla locanda, ma insieme avevano anche partecipato a un barbecue nemmeno due settimane prima. «Come stavo dicendo...» La porta già aperta sbatté contro il muro del salotto ed 7


entrambi si voltarono di scatto per fissare la persona che era arrivata come una furia. Con la coda dell'occhio, Harper vide Max avvicinare la mano al fianco destro, dove senza dubbio portava la pistola. Con slancio, l'estraneo varcò la soglia ed entrò nel piccolo salotto del cottage, la zanzariera che sbatteva alle sue spalle. Mentre il bagliore accecante del sole proveniente dal portico esterno svaniva, l'uomo si delineò come una persona alta e allampanata sui trentacinque anni. Poi Harper non riuscì più a vederlo per colpa di Max, che si era portato davanti a lei. Si piegò di lato per sbirciare da dietro il vicesceriffo. «Tutto bene, signorina?» domandò l'uomo, guardandosi intorno con fare agitato. Poi, dopo qualche istante, i suoi occhi si abituarono alla luce più smorzata dell'interno, immaginò Harper, perché dal modo in cui si spalancarono d'improvviso era ovvio che doveva aver inquadrato per la prima volta Max. Il suo pomo d'Adamo percorse su e giù la laringe mentre deglutiva sonoramente. E per un buon motivo. Max era alto almeno un metro e novantacinque e probabilmente pesava un centinaio di chili. Ogni grammo di puri muscoli. Harper doveva riconoscere un merito all'ospite del resort. Era nettamente inferiore rispetto a Max eppure, sebbene avesse tutta l'aria di voler uscire al più presto dalla stessa porta dalla quale era entrato, si fece più vicino e intimò con voce ferma: «Si allontani da lei, signore». «Oh, per l'amor di Dio» mormorò Max e una risatina isterica risalì la gola di Harper. Lei la ricacciò indietro mentre osservava il vicesceriffo fare come gli era stato ordinato. Poi guardò l'ospite del resort. «Sto bene» gli disse, in modo da tranquillizzarlo. «Non è affatto quello che pensa.» Scorse il suo database mentale. «Lei è il signor Wells, vero? Credo che sua moglie frequenti la mia classe di yoga al tramonto.» 8


«Sean Wells» confermò l'uomo, sentendo diminuire la tensione che lo faceva tremare. «Questo è il vicesceriffo Bradshaw» gli rispose Harper. «Ho urlato perché avevo gli auricolari e lui mi ha colto di sorpresa.» Sean si sentì ancora più tranquillo, ma rivolse a Max uno sguardo scettico mentre notava i suoi bermuda color kaki, la T-shirt nera aderente e il tatuaggio tribale attorno al braccio destro, dal muscolo della spalla alla fine del bicipite definito. «Non sembra per niente un vicesceriffo.» Lo sguardo cupo che Max gli rivolse lo raggelò. «È il mio giorno libero» gli disse, con lo stesso tono del sergente Joe Friday in Dragnet. Harper non aveva idea del perché trovasse la cosa tanto intrigante. «Ero passato solo a chiedere alla signorina Summerville se avesse voglia di venire a cena con me» aggiunse Max e Harper voltò la testa di scatto per lo shock. Lei rimase a bocca spalancata. «Davvero?» Cavoli. Era la sua voce che si era incrinata? Eppure non si scomponeva mai. Ma, in propria difesa, doveva dire che durante tutti i loro precedenti incontri aveva avuto l'impressione che Max la considerasse un'idiota. Addirittura avrebbe scommesso di non essere stata nemmeno rilevata dal suo fascinometro. «Sì.» Un leggero colorito accese il volto spigoloso del vicesceriffo. «O meglio, mi ha mandato Jake. Jenny dà una festa stasera e vorrebbe che venissi anche tu.» Distogliendo lo sguardo, rivolse a Sean Wells un'occhiata, come a voler dire: Sei ancora qui?. L'uomo farfugliò all'istante delle scuse e si dileguò così come era comparso. «Grazie» gli gridò dietro Harper, poi inarcò un sopracciglio quando Max si voltò verso di lei. «Tu sì che sai come svuotare una stanza in un attimo.» «In effetti.» La spalla con il tatuaggio si sollevò e poi ricadde. «È una delle cose che mi riescono meglio.» Le ri9


volse un'occhiata piatta. «Allora, cosa vuoi che dica a Jenny? Ci sei, o no, stasera?» «Ci sono. Cosa devo portare?» «A me lo chiedi? Io di solito sono quello che si presenta con la birra.» Lei gli sorrise. «Chiamerò Jenny.» Lui non rispose al sorriso, eppure qualcosa nella sua espressione si illuminò. Poteva essere la sua versione di un sorriso. Difficile da dire, dal momento che la sua voce profonda tornò controllata come sempre quando disse: «Bella idea. Allora lascerò che le comunichi personalmente la tua decisione». Le rivolse lo stesso cenno brusco che le aveva riservato nei loro precedenti incontri. «Scusa se ti ho spaventata. Ci si becca stasera, immagino.» Si voltò verso la porta. «Immagino di sì» mormorò lei alla sua schiena che batteva in ritirata. Seguì i suoi movimenti fino alla zanzariera e attraverso le maglie lo guardò scendere i gradini del portico. Harper non si voltò finché lui non sparì alla prima curva. Wow. Niente, nemmeno le foto del dossier che l'investigatore della Sunday's Child Foundation le aveva mandato, poteva descrivere in maniera adeguata l'impatto che quell'uomo aveva in carne e ossa. Poi un piccolo sorriso le incurvò gli angoli della bocca e Harper scosse la testa. «Almeno questa volta non mi ha chiamato signorina.» Max entrò nella stanza al piano di sopra, che suo fratello usava come studio, e sbatté la porta. Arrivato alla lunga scrivania alla quale Jake era seduto, si fermò, batté la mano sul piano e si appoggiò. «Ha detto di sì. Viene.» Ignorò con tutto se stesso il rombo del proprio cuore, iniziato dopo quei brevi attimi insieme ad Harper e non ancora cessato. «Non ho mica capito perché non potevi invitarla tu. È la tua festa di fidanzamento.» «Te l'ho detto, fratello.» Jake staccò lo sguardo dal mo10


nitor del computer che stava studiando. «Sono a casa per quattro miseri giorni e mi hanno fissato una delle scadenze più inderogabili della mia vita.» «Come mai tutta questa fretta?» gli chiese Max, rinvigorito e più che desideroso di sfogarsi sul fratellastro minore. Era così che si erano sempre comportati fino a pochi mesi prima. «E che cavolo, l'ultima volta ci hai messo solo dieci dei venti giorni che ti avevano dato per il lavoro, prima di fare le valigie e tornare a casa. Non dovrebbero avere tempo da vendere?» Spingendosi indietro, incrociò le braccia sul petto e squadrò Jake. «Per uno che non vedeva l'ora di andarsene da Razor Bay, sembra proprio che abbia imparato ad apprezzarla.» «Sì.» Jake sorrise. «E puoi dare la colpa a Jenny e Austin.» «Ci credo bene.» Il fratellastro di Max era tornato quella primavera per rivendicare suo figlio Austin, da poco orfano e all'epoca tredicenne, che aveva abbandonato quando lui stesso era un ragazzino. Il piano di trascinare con sé il figlio a New York era naufragato quando Jake si era innamorato perso di Austin e della direttrice della locanda, Jenny Salazar, che era stata come una sorella per suo figlio. Pensare alla relazione del fratello fece scattare in Max il suo istinto da poliziotto – qualcosa non mi torna – che non aveva mai ignorato. «Allora perché pensi che Jenny abbia deciso di dare la cena, se sa della tua scadenza?» «Mi sfugge proprio.» Difficile da credere, per questo Max rivolse a Jake il suo migliore sguardo da piedipiatti. E provò soddisfazione nel vedere il fratellastro in difficoltà. «Okay» rispose Jake, rivolgendo al monitor un'attenzione esagerata che Max trovò sospetta, considerando quanto in fretta apriva le foto e le riduceva a icona. «Potrei non essere riuscito a farle notare quanto pressante sia la mia scadenza.» 11


«Stai scherzando? Non ci sei riuscito, o non gliene hai parlato proprio?» «Potrei aver omesso di dirglielo.» Jake si cimentò in una distratta alzata di spalle, poi rinunciò a fare finta di lavorare. «Ehi, se Jenny vuole dare una festa, la darà.» Il suo sorriso era così fasullo che Max era imbarazzato al posto suo. «D'accordo. Ma, tornando al tuo viaggio mordi e fuggi, che fretta ha il National Explorer?» «A differenza tua, loro mica si aspettavano davvero che ci mettessi tutte e tre le settimane per finire il lavoro. Ed era chiaro fin dall'inizio che avrei dovuto inviare loro i provini degli scatti in modo che potessero scegliere le immagini entro sette giorni dal mio rientro.» «Allora mi stai dicendo che questa non è la scadenza più inderogabile della tua vita.» Jake si accigliò. «E che cavolo, Max! Hai intenzione anche di mettere la sirena e accendere i lampeggianti?» «Ehi, sto solo cercando di far quadrare i conti. Per esempio: se sapevi della scadenza dei sette giorni, perché sei così indietro?» «Mmh... potrei aver passato tutto il tempo in compagnia di Jenny.» «Per carità, non mi raccontare queste cose!» Max tremò involontariamente. «Mi fanno venire voglia di strofinare il cervello con dosi industriali di candeggina per rimuovere quell'immagine dalla testa.» Finché il suo fratellastro non era tornato in città, lui non aveva mai pensato a Jenny come a un essere sessualmente attivo. Jake sbuffò. «Ti prego. Sei solo geloso, perché non hai una donna con cui rotolarti fra le lenzuola.» La mente di Max andò dritta alla donna nel piccolo cottage nel cuore della boscaglia sul retro del resort. Harper. Con quella sua pelle soffice color caffellatte. Con quei suoi grandi occhi verdi e i boccoli scuri. Quella voce roca. Avrebbe dato il suo braccio sinistro per rotolarsi... Con uno scatto impaziente della testa per cancellare quell'immagine, disse: «Ehi, potrei trovarmi una donna... 12


così!». Schioccò le dita sotto il naso di Jake. Peccato non fosse interessato a nessuna di quelle che poteva avere. Era affascinato da Harper Summerville e lo era da quando aveva posato gli occhi su di lei la prima volta che si era presentata con Jenny alla giornata per la foto di gruppo. Guardò il fratellastro con fare accigliato. «La prossima volta vedi di trovarti qualcun altro per le tue commissioni. Sei un padre, per l'amor del cielo. Perché non hai ordinato a tuo figlio di farlo?» «Lo avrei fatto, se avessi potuto, fratellone. Ma è estate, lui ha quattordici anni ed è andato in giro con la sua barca insieme a Nolan e Bailey. Penso resterà fuori per tutto il giorno. Inoltre...» Jake gli rivolse un'occhiata di traverso. «... non mi sono forse ritagliato del tempo prezioso dai miei impegni per farti il caffè?» «Capirai!» «Ehi, ti ho fatto vedere il mio lavoro. Ho condiviso con te l'estro creativo delle mie foto scattate in dieci giorni. Non lo faccio mica con tutti, sai?» «Ed è stato davvero speciale.» Max rese il suo tono di voce deliberatamente sardonico, ma la verità era che avere un'anteprima del talento del fratellastro... be', era stato davvero bello. Non capita tutti i giorni di vedere immagini in anteprima, scattate in varie zone dell'Africa da un fotoreporter del National Explorer. Max si diresse verso la finestra aperta del Sand Dollar, il lussuoso cottage che Jake aveva preso in affitto alla Brothers Inn da quando era arrivato in città, e finse di mostrarsi interessato al volo di un'aquila, seguita da un gabbiano e diversi corvi, mentre la brezza estiva faceva ondeggiare i grossi rami delle conifere che punteggiavano il territorio. Poi si infilò una mano in tasca e guardò alle proprie spalle, verso il fratello. Mannaggia a lui, anche sotto pressione per una consegna Jake sembrava Mr. Chic, con i suoi capelli castani baciati dal sole, il taglio costoso, e la sua T-shirt verde chiaro da un centinaio di dollari. 13


Max trovava ancora alquanto straordinario che lui e Jake stessero costruendo un rapporto sincero dopo quasi una vita intera passata a odiarsi. Chi lo avrebbe mai detto? Lui no di certo, quello era poco ma sicuro. Eppure il fatto che adesso fossero tanto uniti gli rese più facile voltarsi e ammettere: «È stato davvero una figata spulciare le tue foto». Le sue sopracciglia si congiunsero. «Ma non vuol dire che tu non sia in debito con me.» «Come no» disse Jake, il tono asciutto come il deserto. «Dev'essere proprio una gran rottura rivolgere la parola a una bella donna.» «Non è bella, idiota. Harper è stupenda. E ti sei per caso dimenticato le altre due volte che mi hai visto parlare con lei?» Il modo in cui aveva perso la facoltà di parola quando si era ritrovato in compagnia di Harper non era altro che patetico. Lui era un vicesceriffo, accidenti. Un ex marine, per l'amor del cielo. Di solito sapeva parlare con chiunque. Ma non con le ragazze di un certo livello. «Oh.» Jake rifletté. «Sì, hai fatto proprio pena.» Annuì con vigore. «D'accordo, sono in debito con te.» «Ci puoi scommettere» mormorò Max. «Anche se devo ammettere che oggi non sono andato poi tanto male. Il che è positivo» disse, asciutto. «Mettermi in imbarazzo di nuovo in quel modo non è neanche contemplabile. Non quando ho libero accesso a un intero arsenale che potrei usare per porre fine alla mia triste esistenza.» Jake inarcò sopracciglia scettiche. «Siamo seri. Tu e io sappiamo bene che sei un tipo troppo pragmatico e con le palle – per non parlare del tuo atteggiamento da difensore dell'ordine pubblico che ti piace tanto – per scegliere una soluzione tanto definitiva a un problema temporaneo.» Rivolse a Max un sorriso giocoso. «E guarda il lato positivo, fratellone: puoi solo migliorare.» «Sì, come no» rispose Max, sarcastico, mentre si dirigeva alla porta. «Potrei fare altrimenti, con un incoraggiamento come il tuo? Lavora, va', che anch'io ho delle cose 14


da fare. Non posso mica gironzolare qui tutto il santo giorno. Ci vediamo da Jenny alle sette.» Eppure, mentre scendeva le scale a grandi passi, pensò: Speriamo in bene. Perché i miglioramenti auspicati non sarebbero mai arrivati abbastanza in fretta per i suoi gusti. Uscì dalla porta del Sand Dollar, facendo sbattere la zanzariera alle proprie spalle. Non abbastanza in fretta. Perché lui era davvero stufo marcio di comportarsi come un tredicenne arrapato e incapace di spiccicare parola con la sua prima cotta, ogni volta che incrociava Harper Summerville.

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Quando l'amore arriva di Susan Andersen Harper Summerville è... la donna con la valigia. Ha passato la vita a spostarsi da un luogo a un altro, prima per seguire il padre e poi perché ha sempre trovato piacevole e stimolante conoscere posti nuovi e gente diversa. Ora si fermerà per un po' a Razor Bay, dove ha una missione da compiere: lavora infatti in incognito per la fondazione di famiglia, la Sunday's Child Foundation, e deve valutare l'idoneità di una casa accoglienza per bambini a rischio. Razor Bay è una cittadina meravigliosa, dallo scenario naturale strabiliante, ma a renderla ancora più interessante e mozzafiato è Max Bradshaw, lo sceriffo sexy e un po' ombroso. Non sarà un mago con le parole, ma i suoi baci dicono tutto ciò che c'è da sapere.

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