Mary Alice Monroe
Lezioni di nuoto
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Swimming Lessons Mira Books © 2007 Mary Alice Kruesi Traduzione di Alessandra De Angelis Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2008 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Romance agosto 2008 Questa edizione Harmony Romance dicembre 2014 Questo volume è stato stampato nel novembre 2014 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd) HARMONY ROMANCE ISSN 1970 - 9943 Periodico mensile n. 143 del 12/12/2014 Direttore responsabile: Stefano Blaco Registrazione Tribunale di Milano n. 72 dello 06/02/2007 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
Prologo
Il mare è torbido, melmoso. Potete vedermi? Sono sospinta in avanti da una spirale di acqua. La corrente mi trasporta mentre serpeggia lungo la costa, si avvolge e si snoda tra le alghe che ondeggiano aggraziate come ballerine in un fluttuante costume di seta verde. La sua immensa forza, quasi sovrannaturale, mi spinge in avanti, sempre in avanti, incessantemente. Ho l'impressione che non mi fermerò mai, che nuoterò all'infinito. Sono una tartaruga marina. Ho percorso in lungo e in largo il vasto oceano sconfinato. Ma ora sento una voce che rumoreggia al di sopra del frastuono della corrente. È la voce dei miei antenati, che ha guidato generazioni e generazioni di madri per duecento milioni di anni. Rispondo alla chiamata e muovo le mie lunghe pinne. Una strana forza mi spinge verso est, sprona la mia anima a non mollare. Sopra di me ci sono bei riflessi di luce che si spengono a poco a poco mentre l'oceano diventa più buio, più profondo. La tinta acquamarina cristallina, limpida, dei flutti s'incupisce, vira sull'indaco e io vado avanti, imperterrita, nella mia odissea. Ignoro la fame che mi serra lo stomaco e nuoto nella brodaglia galleggiante del plancton. Mi spingo in avanti di buona lena, scivolando tra invertebrati e creature dall'aria spaesata, allucinata, che mi passano vicine, facendomi largo tra pesciolini guizzanti, coralli rosa e anemoni variegati. Cavalco la corrente, che è come un fiume che mi porta via, 5
scivolo tra le maree intiepidite dal sole, rese pi첫 possenti dalla rotazione terrestre. Mi libro sospinta da un vento liquido, anelando a raggiungere il luogo in cui sono nata. Nuoto... e nuoto... e nuoto. Sto tornando a casa.
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Toy Sooner aveva sognato ancora la tartaruga. Faceva sempre lo stesso sogno, ed era così vivido che si svegliava sempre tra le lenzuola attorcigliate, disorientata e piena di desiderio, di un'ansia senza nome che la colmava tutta e la lasciava smarrita, in cerca di chissà cosa. Non riusciva ancora a scrollarsi di dosso l'irrequietudine. Era seduta sul pendio sabbioso di una duna da cui si dominava la spiaggia percossa dalle onde. Era la fine di un altro giorno. Il cielo si andava scurendo rapidamente sopra di lei, striandosi di rosa, e la marea si alzava, portando con sé frammenti di conchiglie, pezzi di legno e ricordi che galleggiavano pigri, scivolando verso riva. Un uccello notturno solcava il cielo in lontananza, appena visibile nonostante la sua maestosa apertura alare. Toy s'identificava con la tartaruga marina che era la protagonista dei suoi sogni ricorrenti. Forse era inutile tentare ardite interpretazioni psicoanalitiche: sognava tartarughe semplicemente perché non si occupava d'altro. Scrutò attentamente la vasta distesa del mare che si estendeva a perdita d'occhio sotto il cielo sempre più violetto. I flutti erano irrequieti, in perenne movimento. In mare aperto, tra le onde che si gonfiavano impennandosi e si rincorrevano fino a infrangersi a riva, le tartarughe marine si stavano radunando per cominciare il loro pellegrinaggio 7
verso il luogo in cui avrebbero nidificato e deposto le uova. Toy percepiva istintivamente la presenza delle madri che aspettavano pazientemente finché una specie di radar interno le spingeva ad abbandonare la sicurezza del loro regno liquido e a raggiungere la spiaggia, dove sarebbero state più vulnerabili e, lì, deporre le uova. Per Toy era un periodo particolarmente intenso, in cui si sentiva emotivamente sensibile. A maggio, quando le tartarughe marine tornavano all'Isola delle Palme, Toy avvertiva più che mai la presenza della sua adorata amica e mentore, Olivia Rutledge. Aveva l'impressione che Miss Lovie tornasse all'isola insieme alle tartarughe, affrontando idealmente con loro quel viaggio ancestrale. Piegò di più le gambe e vi avvolse intorno le braccia, stringendosi le ginocchia al petto. La duna di sabbia, il piccolo promontorio che vegliava su quel tratto deserto di spiaggia, era il suo eremo, il suo rifugio. Lì tornava spesso, come in pellegrinaggio a un luogo sacro, per meditare, ricordare, trovare consolazione e acquietare l'animo. Lì si sentiva più vicina a Olivia Rutledge, Miss Lovie, come la chiamavano tutti. La duna era il luogo preferito da Miss Lovie; certe sere, specialmente quando il sole era ormai basso all'orizzonte e il canto degli uccelli attutito, come in quel momento, Toy aveva quasi l'impressione di poter sentire la sua voce portata dalla dolce brezza che saliva dal mare. Erano passati cinque anni da quando l'anziana era morta. Cinque anni abbracciavano un lasso di tempo piuttosto consistente, pensò Toy, per lei che ne aveva ventitré. E lei aveva passato ogni giorno di quei cinque anni a impegnarsi, lavorando sodo, per migliorare la propria vita e quella della piccola Lovie, sua figlia. L'aveva giurato sulla tomba di Olivia, e aveva fatto la stessa promessa anche alla sua bimba appena nata. 8
«Ho fatto del mio meglio per mantenere la promessa» disse ad alta voce, parlando con Olivia, perché quella sera sentiva il suo spirito particolarmente vicino. «Ho finito l'università, ho un bel lavoro e ho dato alla piccola Lovie una bella casetta, pulita e ordinata, con i fiori freschi sempre sul tavolo, come mi hai insegnato tu. Voglio veramente essere una buona madre!» Posò il mento sulle ginocchia e sospirò, sentendo riaffiorare l'irrequietudine che le aveva lasciato il sogno. «Allora dimmi, Miss Lovie, perché ho l'impressione di non essere una buona madre? Perché non mi sento soddisfatta? Sono ancora la tartaruga che mi appare in sogno, e nuoto e nuoto, diretta verso un posto che mi sembra irraggiungibile.» Uno strillo acuto s'intromise nel corso dei suoi pensieri. «Mamma!» Toy spostò lo sguardo verso la spiaggia, dove la sua figlioletta era seduta a una certa distanza dalla riva, circondata da secchielli e palette di plastica colorata. Era china sull'abbozzo sommario di un castello, e i capelli biondi le ricadevano sul viso e sulle spalle in lunghe ciocche rese stoppose dalla salsedine. «Che c'è?» «Mamma, vieni ad aiutarmi a fare il castello!» Toy sospirò di nuovo, tentata. «Sto lavorando, tesorino.» «Ma devi sempre lavorare!» protestò la bimba, imbronciata, prima di tornare a dedicare la sua attenzione alla buca che stava scavando. La risacca sembrò portare a Toy l'eco della voce di Olivia. Smettila e vai a giocare con tua figlia! Toy desiderava moltissimo aiutare la piccola Lovie a costruire il suo castello di sabbia. Voleva assaporare ogni prezioso e fuggevole attimo trascorso con lei, pensò, colta 9
da una familiare fitta allo stomaco, provocata dai sensi di colpa. Con il cuore stretto da un moto d'affetto, guardò la figlia che stava modellando un'altra torre con le manine grassocce. La piccola Lovie era sempre felice quando era al mare. Che raccogliesse conchiglie, giocasse con la sabbia o sgambettasse tra le onde sulla riva, era contenta di stare in spiaggia. Pur avendo solo cinque anni, assomigliava già moltissimo a Miss Lovie Rutledge, tanto che Toy pensava spesso che lo spirito della donna si fosse incarnato nella bambina che aveva preso il suo nome. Toy adorava la figlia, ma era proprio per il suo bene che si sforzava di essere una persona razionale e concreta, per garantirle un futuro stabile e sicuro. Perciò fece appello al proprio senso di disciplina e rispose: «Fammi finire questa relazione, poi verrò ad aiutarti». «Promesso?» «Promesso.» La bimba fece un cenno d'assenso con aria compunta e Toy raccolse il blocchetto per appunti che aveva posato accanto a sé, lo pulì dai granelli di sabbia e prese la penna per completare la relazione che avrebbe dovuto consegnare la mattina dopo. Faceva l'acquarista presso l'acquario della Carolina del Sud; le avevano affidato da poco la responsabilità di un'intera sezione e lei ci teneva a fare bella figura e a dimostrarsi all'altezza dell'incarico. Tra le punture di zanzara e la sabbia che le aderiva alla pelle umida di sudore, Toy non era esattamente a suo agio, ma s'impose di lavorare ancora un po' per sfruttare gli ultimi raggi di sole e finire la relazione. Dopo qualche minuto chiuse il blocchetto e alzò la testa. Il castello di sabbia progrediva: c'era un'altra torre sbilenca accanto alla prima, ma sua figlia era sparita. Atterrita, sentì il respiro bloccarsi in gola mentre perlu10
strava freneticamente la spiaggia con lo sguardo. «Lovie!» gridò, balzando in piedi. «Ehi, mamma, guarda!» Toy si voltò di scatto verso la direzione da cui proveniva la voce. Lovie era ferma sulla riva a poca distanza da lei, con i piedi nell'acqua, e indicava emozionata un punto in mezzo al mare. Toy corse verso di lei e le mise una mano sulle spalle. «Sai che non devi avvicinarti all'acqua senza dirmelo» l'ammonì. «Mi hai spaventato a morte.» Tentò di guardarla severamente, ma dai suoi occhi traspariva l'affetto infinito che provava. Le pulì il visetto sporco di sabbia e le sorrise, ma Lovie tornò subito a fissare le onde con gli occhi sgranati, pieni di stupore ed emozione. «È lì, proprio lì!» esclamò, indicando fremente un punto davanti a sé. «La vedo.» Toy aguzzò la vista e vide una sagoma scura a pelo d'acqua. Poteva essere una tartaruga? Non nuotava, sembrava galleggiare priva di vita. «Stai ferma» ordinò in tono autoritario. Lovie non obiettò. Toy si arrotolò i pantaloni il più in alto possibile sui polpacci, poi avanzò in acqua, sentendo la morsa gelida che le serrava le caviglie e saliva a lambirle i pantaloni mentre si spingeva più avanti, incuriosita. Era veramente una tartaruga!, pensò con un tuffo al cuore. Era enorme e sembrava morta. Era un vero peccato, e lo sarebbe stato ancora di più se fosse stata una femmina diretta a riva per deporre le uova. La sua perdita avrebbe assunto proporzioni tragiche. Un'onda portò la tartaruga più vicina a riva e Toy provò un acuto senso di pena. Doveva essere in quelle condizioni da parecchio, perché aveva il guscio secco e coperto di piccoli crostacei. «Oh, poverina...» mormorò. 11
Negli ultimi anni aveva visto molte, troppe tartarughe morte portate a riva dalla marea. Stava per tornare indietro, pensando che avrebbe fatto recuperare la carcassa la mattina dopo, quando vide l'animale muovere una pinna. «Non può essere!» esclamò, invasa dalla speranza. Strizzò le palpebre e si sporse in avanti, finché vide la pinna muoversi di nuovo. «È viva!» gridò, esultante. La piccola Lovie saltellava contenta, battendo le mani. «Tesoro, avrò bisogno di aiuto» le disse Toy, concitata, tornando di corsa dalla figlia. «Vai subito a casa di Flo e dille di venire qui immediatamente, capito?» «Sì, mamma.» La bimba scattò come un razzo verso le dune, diretta verso la villetta bianca in cui abitava Florence Prescott, il capo delle cosiddette Signore delle Tartarughe. Flo era una donna molto attiva ed era sempre impegnata, ma di solito all'ora di cena era a casa, o almeno Toy lo sperava. Tornò a rivolgere la sua attenzione alla tartaruga che continuava a galleggiare inerte. Sospirò guardandosi i vestiti, rendendosi conto che avrebbe dovuto trascinarla a riva. Ormai era comunque mezza bagnata, si disse. Scivolando sui sassolini mescolati alla sabbia, si ferì un dito del piede su un frammento di conchiglia. Ignorò la fitta di dolore, vedendo che la tartaruga si stava allontanando, portata via dalla corrente. Si tuffò e cominciò a nuotare a lunghe e poderose bracciate verso la sagoma scura. Man mano che si avvicinava, si accorse che l'animale era in condizioni peggiori di quanto le fosse sembrato all'inizio. La fissava con grandi occhi scuri dall'espressione malinconica. «Non avere paura, piccola» sussurrò Toy, commossa. «Ti tirerò fuori di qui.» Cominciò a nuotarle intorno. Anche se l'aveva chiamata piccola, era tutt'altro che minuta. Con gli occhi che le bru12
ciavano per l'acqua salata, si piazzò dietro l'enorme carapace e lo afferrò saldamente, poi cominciò a battere i piedi e a spingersi in avanti a rana, alternativamente, appoggiandosi al guscio come se fosse stato una tavoletta. Stava avanzando di buona lena ed era già abbastanza vicina alla riva quando colse un bagliore argenteo con la coda dell'occhio. Scrutò la superficie dell'acqua che sembrava uno specchio iridescente, illuminato dai raggi del sole al tramonto. Esitò per un istante, ma riprese subito a nuotare, senza lasciarsi ingannare dall'apparente serenità di quel momento della giornata. Toy sapeva che gli squali amavano andare a caccia di prede al crepuscolo e sapeva anche di essere vulnerabile. Il predatore sarebbe stato incuriosito dalla tartaruga agonizzante, che rappresentava un pasto facile, e stuzzicato dal sangue che usciva dalla ferita al dito del piede di Toy. La mossa più saggia per lei sarebbe stata quella di lasciar perdere la sua missione, abbandonare la tartaruga al destino e uscire al più presto dall'acqua. Poi vide di nuovo quel lampo argenteo; stavolta lo riconobbe inequivocabilmente come la pinna di uno squalo, che puntava verso di lei procedendo in un lento zigzag. Toy s'immobilizzò e lo squalo si avvicinò, per poi virare bruscamente. Per istinto, la tartaruga ebbe un fremito e agitò debolmente le pinne. Per fortuna lo squalo si era già allontanato e puntava dritto verso il largo. Toy emise un sospiro di sollievo, si aggrappò al guscio e lo spinse con tutta la forza verso riva. Dovette ripetere la stessa operazione altre due volte prima di sentire la sabbia sotto i piedi. Lo squalo si era riavvicinato e le sorvegliava, disegnando pigramente dei cerchi sulla superficie dell'acqua. Toy non si sentiva ancora al sicuro. Sapeva che l'animale poteva attaccare anche in acque poco profonde. Corse verso il muso della tartaruga e cominciò a tirarla a riva, 13
per metterla in salvo. Dietro di lei, sentì Florence Prescott che la chiamava. «Sbrigati, Flo!» urlò senza voltarsi. Con una grazia atletica incredibile per la sua età, Flo corse in acqua senza neanche togliersi le scarpette da tennis di tela. «Aiutami a tirarla fuori dell'acqua» la incitò Toy, concitata. «Abbiamo compagnia.» Flo alzò lo sguardo e, notato lo squalo, rimase impietrita per un istante. «Santo cielo!» mormorò. Lovie corse verso le due donne e si chinò verso la tartaruga a braccia tese. «Aiuto anch'io!» dichiarò con entusiasmo. «Torna sulla spiaggia immediatamente!» le ordinò la madre. «Voglio salvare la tartaruga!» insistette la bimba. «Fai come dice la mamma» intervenne Flo. «Gli squali arrivano fin quasi a riva e adorano i bambini teneri e polposi... Su, su, forza, vai.» Lovie ubbidì e corse a rifugiarsi sulla battigia mentre Flo, afferrato il guscio, contò fino a tre e tirò con tutte le sue forze contemporaneamente a Toy. Una volta emerso dall'acqua, l'animale era terribilmente pesante. Per le due donne era come cercare di spingere un enorme masso, ma riuscirono a portare la tartaruga in salvo finché videro che le onde lambivano appena le pinne posteriori. La tartaruga era immobile. Toy si accasciò sulla sabbia lì accanto e sollevò il piede per controllare la ferita. Rimase attonita quando vide che aveva un taglio piuttosto profondo all'alluce, da cui sgorgava copioso il sangue. Le faceva un male cane e si rese conto di essere stata davvero imprudente ad avventurarsi in mare con una ferita aperta. Per fortuna lo squalo era scomparso, pensò scrutando, attenta, l'orizzonte. 14
«Fa' vedere» le disse Flo. «È una brutta ferita» commentò. «Non è niente.» «Lo dici tu. Ci sono delle conchiglie affilate come lame sulla spiaggia.» Mentre Flo esaminava la ferita, Lovie guardava affascinata il taglio. «Fa male, mammina?» le chiese, intimorita. «Un po'.» «Non preoccuparti, basterà metterci una pomata antibiotica e guarirà presto» la rassicurò Flo. Toy sorrise alla figlia per tranquillizzarla. «Non posso credere che tu ti sia tuffata in acqua con una ferita» la rimproverò Flo scuotendo la testa. «Sai benissimo che è una delle tipiche imprudenze da evitare.» Toy scrollò le spalle. «Non mi ero accorta di perdere sangue e non avevo visto che c'era lo squalo quando mi sono immersa» si giustificò. «Però l'ho portata a riva» aggiunse con orgoglio. Flo sospirò e aggrottò la fronte con aria perplessa mentre guardava la tartaruga. «Non sono sicura che sia valsa la pena correre un rischio simile. Sembra mezza morta ed è coperta di schifezze.» «Sono solo piccoli crostacei e alghe. Posso ripulirla facilmente. Mi basterà portarla da qualche parte dove possa prendermi cura di lei e rimetterla in sesto.» Prima che Flo potesse replicare, si sentirono delle voci che le chiamavano. Le due donne alzarono la testa e videro una coppia che si avvicinava. «È arrivata la cavalleria» disse Flo. «Cara! Brett! Siamo qui.» I due nuovi venuti indossavano entrambi bermuda beige e magliette verde militare, con lo stemma arancione della Eco Tours, la loro ditta, un'agenzia che organizzava crociere e visite guidate alle isole. La donna era alta e snella e aveva gambe lunghe e morbidi capelli scuri, scompigliati 15
dalla brezza della sera. Dietro le lenti dei sobri occhiali da vista, i suoi occhi marroni scintillavano per l'emozione per il ritrovamento della tartaruga. Era seguita da Brett, suo marito. Alto e imponente, aveva un fisico atletico, con spalle ampie, braccia tornite e torace muscoloso. Nel vederli, Lovie emise un gridolino di contentezza e corse tra le braccia di Brett per farsi prendere. Lui la sollevò in aria, facendola girare. «Vedi? È una tartaruga!» esclamò la bimba. «Vedo» rispose Brett con un sorriso che gli illuminò gli occhi di un azzurro intenso, mentre abbracciava la bambina con affetto. «Cos'abbiamo qui?» mormorò Cara, piegandosi sull'animale per esaminarla meglio. «Probabilmente è una femmina diretta verso la riva per deporre le uova» disse Flo. «È ridotta maluccio. È piena di crostacei e, guarda, anche sanguisughe!» Cara fece una smorfia. «Poverina! Dev'essere andata alla deriva per settimane.» «Secondo me anche mesi» aggiunse Flo, guardando l'animale impietosita. «Chissà da quanto tempo non mangia. Ha il collo magrissimo, tutto pelle. Dubito che ce la farà.» «Dobbiamo essere ottimisti» intervenne Toy, protettiva. «Le tartarughe marine sono molto resistenti. Io non mi arrendo.» «Certo è una bestia bella grossa» commentò Brett, avvicinandosi con Lovie in braccio. Cara tirò fuori un metro a nastro dallo zainetto che aveva sulle spalle e prese le misure, che Flo annotò sul blocchetto mentre Toy scrutava l'animale, rabbrividendo per il freddo ora che la brezza le incollava al corpo gli indumenti bagnati. «Sarà meglio chiamare DuBose del Dipartimento delle Risorse Naturali per far venire qualcuno a prenderla.» 16
«Potrei telefonare all'acquario» propose Toy. Cara guardò l'orologio. «E tardi. Ormai DuBose non sarà più in ufficio.» «No, ma al numero verde risponderà qualcuno» replicò Flo. «Non verranno prima di domani» intervenne Brett. «Al Dipartimento non prestano cure agli animali malati» disse Cara, chiudendo lo zainetto. «Che se ne fanno di una tartaruga viva? Non possono metterla nel museo.» Flo scrollò le spalle. «Hai un'idea migliore?» «Posso chiamare l'acquario» insistette Toy. «Non prendono tartarughe malate» obiettò Flo. «Invece sì, è capitato. Non fanno riabilitazione, ma mi hanno detto che qualche anno fa hanno tenuto una tartaruga finché è stata in condizioni tali da essere trasferita presso un veterinario.» «E comunque non ci sarà nessuno neanche all'acquario a quest'ora» disse Cara. «Possiamo provare.» «In ogni caso bisogna avvertire il Dipartimento» dichiarò Flo. «Le tartarughe sono di loro competenza.» «Chiameremo DuBose» annuì Cara. «Tu stai bene?» chiese Brett a Toy, vedendola zoppicare mentre andava a rimettere i secchielli e le palette di Lovie in una grande borsa di tela vicino all'abbozzo del castello di sabbia, ormai dimenticato. «È solo un graffio.» Lui la guardò calmo e paziente, tenendo in braccio Lovie. Per Toy era come un fratello maggiore, abituato a dare il suo appoggio incrollabile e saldo alle donne che lo circondavano nei momenti difficili, come aveva fatto anche per lei. «Credi veramente che all'acquario possano prenderla?» Toy si strinse nelle spalle. «Onestamente non lo so. Ho sentito dire che vogliono mettere delle tartarughe, ma non 17
è ancora stato deciso niente e di certo non dipende da me, ma almeno è una possibile soluzione. Tentare non nuoce» disse con foga. «Hai ragione. Sai già chi chiamare?» Toy annuì. «Allora che aspetti? Telefona. Non ti serve il nostro permesso e di sicuro è una buona idea.» Toy prese il cellulare dal tascapane che aveva lasciato vicino alla borsa dei giochi, e chiamò l'acquario. Le rispose Jason, il capo della direzione zootecnica. Gli riassunse rapidamente la situazione, poi annuì con entusiasmo e infine chiuse la comunicazione e guardò Brett con aria trionfante. «Jason mi ha detto che possiamo portarla!» esclamò. «La prendono!» «Brava, ben fatto!» si complimentò lui. Toy arrossì compiaciuta e orgogliosa quando Cara e Flo si congratularono con lei. «L'unico problema è che l'acquario è chiuso di notte e non si può entrare in nessun modo fino a domattina.» «Che facciamo della tartaruga per stanotte, allora?» chiese Flo. «Quando ho fatto tirocinio alla clinica per le tartarughe a Topsail, Jean Beasley mi ha raccontato della prima tartaruga malata che avevano soccorso. Avevano trovato anche lei in mare, che galleggiava e andava alla deriva. Era tardi e non sapevano dove ricoverarla per la notte, così l'hanno portata nel suo garage, l'hanno lavata e ripulita, avvolta in asciugamani caldi e umidi e l'hanno vegliata fino al mattino dopo, quando l'hanno portata in una clinica veterinaria specializzata. È così che Jean ha avviato la sua clinica per tartarughe.» «Quindi cosa vorresti fare?» le chiese Flo. «Direi che dovremmo smettere di parlare e portare via la tartaruga. Ormai il sole è tramontato e io sto tremando di 18
freddo, il che significa che anche la tartaruga è infreddolita.» «Va bene, se ce l'ha fatta Jean Beasley possiamo farcela anche noi» intervenne Cara con piglio deciso. «Forza, gente, ognuno afferri una parte.» Brett posò a terra Lovie e prese un lato del guscio. Toy e Cara lo imitarono. «Avete dimenticato un piccolo particolare» chiese Flo, perplessa. «Dove la portiamo?» «E dove potremmo portarla se non a Primrose Cottage?» replicò Cara sorridendo con un pizzico di malinconia nel nominare la villetta sulla spiaggia che un tempo era stata di sua madre, Olivia Rutledge, la mitica Miss Lovie.
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Lezioni di nuoto di Mary Alice Monroe Non è stato facile trovare la propria dimensione, dopo le burrasche che la vita spesso impone, ma Toy Sooner ce l'ha fatta e ora si ritiene felice e soddisfatta dell'esistenza che conduce, grazie all'affetto e all'amore della figlia di cinque anni e delle amiche del cuore. Toy ha due grandi passioni: il mare e le tartarughe, e può dedicarsi a entrambi grazie al proprio lavoro presso l'acquario di Isle of Palm. Sembra persino che ci sia spazio di nuovo per l'amore nella sua vita, vista l'attrazione ricambiata per Ethan Legare, che lavora con lei all'acquario. Purtroppo, quando l'affetto tra loro si sta tramutando in qualcosa di più, ricompare nella vita di Toy il suo ex.
Un bacio a Natale di Susan Mallery Il Natale o lo ami o lo odi con tutto il cuore. Per Noelle Perkins è il periodo migliore dell'anno e, ora che il fato le ha concesso una seconda possibilità, ha deciso di aprire un negozio di accessori natalizi, nella splendida cittadina di Fool's Gold, così da poter rivivere le festività con lo stesso spirito di quando era bambina . Si è lasciata alle spalle un periodo davvero difficile, e ora ha intenzione di godere di ogni minimo attimo di bellezza. Non le manca niente, a parte forse l'amore. Ma va bene così! Finché un giorno non si incaglia con la macchina in un cumulo di neve e un aitante sconosciuto la aiuta a uscirne. Solo a guardarlo, Noelle inizia a pensare che forse anche quell'ultimo tassello di perfezione andrà al suo posto.
La voce del vento di Sherryl Woods Gabriella Castle è sempre stata dedita al proprio lavoro più che a qualunque altra cosa. Ora che tutto quello per cui ha tanto lavorato le è stato portato via, Gabriella è disorientata e ha bisogno della serenità che si respira a casa della nonna, a Sand Castle Bay. Ha decisioni importanti da prendere riguardo al proprio futuro, e non ha certo il tempo di perdere la testa per l'affascinante Wade Johnson, a cui, a quanto pare, piace vestire i panni del cavaliere nella sua scintillante armatura. Quale ragazza sana di mente potrebbe resistergli? Gabi, però, rimane un osso duro. Non è il tipo da sciogliersi come neve al sole per un sorriso da svenimento. O forse sì?
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