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Susan Mallery

Un bacio a Natale


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Christmas on 4th Street HQN Books © 2013 Susan Macias Redmond Traduzione di Fabio Pacini Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Romance dicembre 2014 Questo volume è stato stampato nel novembre 2014 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd) HARMONY ROMANCE ISSN 1970 - 9943 Periodico mensile n. 144 del 26/12/2014 Direttore responsabile: Stefano Blaco Registrazione Tribunale di Milano n. 72 dello 06/02/2007 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


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Nella vita reale, la neve era molto meno incantevole di quanto non apparisse nei film e nei documentari televisivi, pensò Noelle Perkins quando la sua auto andò a sbattere contro un mucchio di neve al termine di un pauroso testacoda. Era accaduto senza alcun preavviso, mentre risaliva la montagna a velocità moderata. Non aveva fatto nessuna manovra strana, eppure, tutto a un tratto, senza un perché, la sua utilitaria aveva sbandato e il mondo aveva cominciato a vorticarle attorno. Forse aveva anche cacciato un paio di strilli, ma poiché era sola non era necessario che lo ammettesse. Si guardò in giro, notando che il muso della vettura era penetrato per una ventina di centimetri in un consistente cumulo di neve. La buona notizia era che non era lontana dalla sua destinazione. La cattiva era che, dopo aver assolto il suo compito, avrebbe dovuto trovare un altro mezzo di trasporto per scendere dalla montagna. Ogni cosa a suo tempo, si disse mentre spegneva il motore e sganciava la cintura di sicurezza. Prima il cucciolo, poi si sarebbe preoccupata del viaggio di ritorno. Noelle aprì la portiera e, non appena uscì dall'abitacolo, capì perché la macchina era impazzita. La neve, quando gela, diventa estremamente sdrucciolevole. I piedi le scivolarono e fu costretta ad aggrapparsi al tettuccio per non cadere. «Non va bene, non va bene per niente» mormorò, riacquistando l'equilibrio e richiudendo lo sportello. Poi, con grande cautela, si avviò verso la casa che sorgeva alla fine del lungo viale. 5


La neve era arrivata presto a Fool's Gold. Alla fine di ottobre, ne erano venuti giù una ventina di centimetri, che si erano sciolti subito. Ai primi di novembre aveva nevicato ancora e adesso, neanche dieci giorni dopo, questa piccola bufera. Però in paese era diverso, pensò, agitando le braccia nel tentativo di tenersi diritta quando la suola del suo stivale destro slittò di nuovo su una lastra di ghiaccio. In paese c'erano gli spazzaneve e i marciapiedi venivano spalati. Qualcuno ci spargeva sopra una polverina magica e si poteva camminare senza rischiare di rompersi l'osso del collo. Non aveva mai problemi in paese. Certo, crescere in Florida e poi trasferirsi a Los Angeles per lavoro, non l'aveva aiutata a essere pronta ad affrontare un vero inverno. Alzando gli occhi, vide che era a un metro dalla scala della veranda e commise l'errore di allungare il passo. I piedi scivolarono all'indietro e, se all'ultimo secondo non fosse riuscita ad afferrare il corrimano, sarebbe finita lunga distesa per terra. Piantando la punta degli stivali nella neve, si rimise lentamente diritta, ma poi le scappò da ridere. Vista dall'esterno, quella doveva proprio sembrare una scena tratta da Oggi le Comiche. «E io che pensavo che sarebbe stata una cosa da niente» disse con un sospiro. La richiesta di Felicia le era sembrata perfettamente comprensibile. Quel giorno, la famiglia era tutta in giro e Webster, il loro cucciolo di pastore tedesco, era a casa da solo. Noelle, saresti così gentile da portarlo a passeggio? Felicia si era dimostrata una vera amica con lei. Quando, durante il weekend del Labour Day, Noelle aveva inaugurato il suo negozio La Soffitta di Natale, Felicia le aveva dato una grande mano, aiutandola a riempire gli scaffali e prodigandosi in consigli. Quando Noelle aveva voluto iscriversi all'associazione dei commercianti per farsi pubblicità, le aveva fatto da guida nel labirinto dei regolamenti comunali. Quando Noelle si preoccupava perché non riusciva a trovare un uomo per divertirsi almeno un po', la rassicurava, dicendole che prima o poi sarebbe successo. Di conseguenza, offrirsi di por6


tare a passeggio il suo cucciolo, le era sembrato il minimo che potesse fare per sdebitarsi. «Ci riuscirò» sostenne con determinazione, saggiando con cautela il primo gradino. Sorprendentemente, non era per nulla scivoloso. Dovevano aver usato la polverina magica anche lì. Raggiunse i vasi di fiori appesi alla ringhiera e cominciò a tastarli in cerca della chiave di riserva, ma non la trovò. Controllò meglio, certa che Felicia le avesse detto che l'avrebbe messa lì. Niente. Incerta sul da farsi, si avvicinò alla porta di ingresso e dall'altra parte sentì l'inconfondibile rumore di un naso che fiutava sul pavimento. «Ciao, Webster» chiamò. Il cucciolo abbaiò festosamente. Noelle provò la maniglia, scoprì che girava e aprì la porta. A quel punto, un eccitatissimo cucciolo di pastore tedesco di venticinque chili le saltò addosso e lei scorse un borsone di tela nell'ingresso. Noelle abbracciò e carezzò il cane, che dopo averle leccato le mani dimenando freneticamente la coda, partì a razzo lungo la veranda, volò sopra la scala e sparì tra gli alberi del viale per fare i suoi bisogni. «Attento, si scivola» gridò lei, rendendosi conto dell'inutilità di quell'avvertimento solo quando il cane tornò indietro alla stessa velocità con la quale si era allontanato senza slittare nemmeno una volta. «Bravo, piccolo» disse, dandogli delle leggere pacche. Un problema era stato risolto. Restava quello del borsone misterioso e della porta aperta. Il borsone poteva essere di Carter, il figlio tredicenne di Gideon, pensò. Oppure di un malintenzionato che si era introdotto in casa e, mentre lei se ne stava lì a coccolare il cane, era intento a saccheggiare i locali. Entrò furtivamente nell'ingresso, il cane ansante al suo fianco. Dal portaombrelli scelse quello che aveva il manico più grosso e lo impugnò come una mazza. Sono una tipa to7


sta, si disse. Ai primi di ottobre si era iscritta a un corso di difesa personale. Ovviamente, l'istruttore aveva raccomandato a tutti di non andare mai verso il pericolo. «Se sei venuto qui per rubare, ti informo che ho già chiamato la polizia e che sono armata» disse con voce stentorea mentre si inoltrava nel grande spazio aperto formato da salotto e cucina. Le camere da letto si trovavano in fondo al corridoio. Webster le rimase accanto, dimostrando di apprezzare il gioco con ampi movimenti della coda. «Vieni fuori con le mani in alto e nessuno si farà male» continuò lei. Si fermò, tendendo le orecchie. Dal corridoio proveniva un rumore. Si voltò da quella parte e sollevò l'ombrello. Se necessario, avrebbe colpito l'intruso e sarebbe scappata. Tanto, Webster l'avrebbe seguita, convinto che fosse una variante del gioco. All'improvviso, la porta del bagno si aprì per lasciar passare un uomo. Un uomo alto e ben piazzato che indossava solo un paio di jeans. Aveva un asciugamano che stava utilizzando per asciugarsi i capelli. Noelle si arrestò al centro del corridoio, folgorata da una serie di pensieri. Primo, era difficile che un ladro si prendesse la briga di farsi la doccia durante un colpo. Non aveva prove che fosse così, ma le sembrava altamente improbabile. Secondo, pur essendo certa di non aver mai visto quel tizio prima, il suo viso aveva un'aria vagamente familiare. Terzo, era davvero molto bello, con i capelli castano chiaro e i brillanti occhi azzurri e l'ampio torace muscoloso, coperto da un sottile triangolo di peluria che spariva dentro la cintura dei jeans... Rimasero lì a fissarsi e Noelle si ricordò della sua lista. Oh, sì, giusto. Quarto... Abbassò lo sguardo e deglutì. Lo sconosciuto aveva un brutto taglio sulla mano sinistra, si vedeva la carne arrossata, il filo nero dei punti e... «Oh, no» sussurrò quando il suo campo visivo cominciò a oscurarsi. «Il sangue no. Tutto, tranne il sangue.» Per una che aveva passato quello che aveva passato lei, era abbastanza curioso che la vista del sangue le desse le vertigi8


ni, eppure era così. Il suo stomaco si rivoltò, la sua fronte si imperlò di sudore e Noelle capì che stava per svenire. Se fosse successo, non credeva che Webster si sarebbe lanciato in sua difesa. In un disperato tentativo di diminuire la distanza dal pavimento e attutire il possibile violento urto, iniziò a piegarsi. Gabriel Boylan fissò la bionda che gli si stava accasciando davanti come se non credesse ai proprio occhi. «È per questo che odio i posti isolati» disse in tono spazientito, lasciando cadere l'asciugamano e muovendosi verso di lei. «Riesce a sentirmi?» le chiese, scandendo bene le sillabe. Lei fece un cenno verso la sua mano. «La tenga lontana da me.» Aveva la voce debole e faceva fatica a stare in piedi. Imprecando a fior di labbra, Gabriel notò che, anche in quelle condizioni, continuava a brandire quel ridicolo ombrello nella sua direzione. Fantastico, pensò, suo fratello si era innamorato di una pazza. Le strappò di mano l'ombrello e, facendosi avanti, l'aiutò ad adagiarsi sul pavimento. Lei emise un gemito. Era pallida come un cencio e aveva il respiro affrettato. Sembrava sul punto di svenire. La parte più irritabile e menefreghista di Gabriel avrebbe voluto lasciare che accadesse. Perlomeno, priva di conoscenza, non avrebbe dato problemi. Ma il medico che era in lui sapeva che non sarebbe stato giusto. La spostò in modo da metterla con le ginocchia piegate, poi le spinse giù la testa. «La testa più in basso del cuore» disse con calma. «Lunghi respiri profondi. Non si preoccupi, non è niente di grave.» «Questo non può saperlo» bofonchiò lei con voce strozzata. «Vuole scommettere?» Quando capì che non sarebbe svenuta, lui tornò in bagno e si fasciò rapidamente la mano ferita. Il taglio, molto profondo, gli faceva un male cane e continuava a trasudare siero. Era stato fortunato... cioè, era stato uno stupido a conciarsi così, ma se non altro non aveva riportato danni permanenti. Il 9


che era un bene, considerando che aveva bisogno delle mani per guadagnarsi da vivere. Dopo aver bloccato la fasciatura con dei cerotti, si infilò una maglia pulita a maniche lunghe e tornò in corridoio. La donna si era addossata al muro e lo fissava. Per una frazione di secondo, indugiò con lo sguardo sulla sua mano, ma lo rialzò subito. «Grazie per averlo coperto» disse con un filo di voce. Lui diede per scontato che si riferisse al taglio e non al torace. «Non c'è di che.» Il cucciolo si sedette di fianco a lei, appoggiandosi pesantemente al suo braccio, pronto a prendere parte al prossimo round di quel divertentissimo gioco. «Lei non sopporta la vista del sangue» sostenne Gabriel. La donna fece una smorfia. «Lo so. È ridicolo. Sono sempre stata così. Ero convinta che, crescendo, avrei superato il problema, invece no. Stranamente, le iniezioni non mi fanno effetto, a patto che non esca nemmeno una gocciolina di sangue, perché in quel caso sono costretta a chiudere gli occhi.» Tirò il fiato e lo guardò. «Scusi, ma lei chi è?» Gabriel aggrottò la fronte. «Gideon non gliel'ha detto?» «Non gli parlo da tre o quattro giorni.» Noelle fece una pausa, cercando di ricordare quando era stata l'ultima volta che lo aveva visto. «Ci siamo incrociati per strada, ma non ci siamo fermati a chiacchierare.» Adesso lui era confuso. «Lei non è Felicia?» La donna si mise in piedi. Era piuttosto alta, molto bionda, un po' troppo magra per i suoi gusti, ma ugualmente graziosa. Indossava un paio di jeans neri e un buffo maglione decorato con tanti piccoli faccioni di Babbo Natale. «No, sono Noelle. Lei come si chiama?» «Gabriel.» Stava per aggiungere altro, ma lei sgranò gli occhi. «Il fratello di Gideon?» L'uomo annuì, sforzandosi di capire per quale motivo una persona della quale non aveva mai sentito parlare se ne andava in giro a minacciare le persone con un ombrello in casa di suo fratello. 10


Poi lei sorrise e tutto quello che Gabriel stava per borbottare svanì alla vista delle sue labbra che si schiudevano, curvandosi leggermente. All'improvviso, cominciò a sentirsi meglio riguardo a... be', più o meno tutto. Il dolore alla mano diminuì, la stanchezza anche e la valanga di rimpianti che aveva nutrito circa la decisione di venire a Fool's Gold sparì del tutto. Quando si diceva la magia. Il sorriso di lei si allargò. «Oh, wow. Non erano sicuri che saresti venuto. E così tu sei il famoso dottore. Non ti dispiace se ti do del tu, vero? Felicia mi ha raccontato che ti aveva invitato qui per le feste, ma pensavo che tu le avessi detto che eri impegnato. Comunque, piacere di conoscerti. Sono Noelle Perkins. Felicia e io siamo amiche. Ho un negozio in paese e ovviamente conosco anche Gideon. E Carter.» Il figlio che suo fratello non aveva saputo di avere, pensò Gabriel. Un'altra bella complicazione. «Gideon e Carter sono andati a fare shopping a Sacramento. Felicia era bloccata in paese e allora mi ha chiesto di venire qui per far uscire Webster.» Il sorriso si spense. «E io ho tentato di attaccarti. Dio mio. Domando scusa. Sono terribilmente dispiaciuta.» «Non importa» replicò lui. In parte perché era vero, ma soprattutto perché aveva voglia di vedere di nuovo il suo sorriso. «La chiave di riserva non era dove avrebbe dovuto essere e, quando mi sono accorta che la porta era aperta, ho pensato al peggio.» «La chiave l'avevo presa io.» «Naturalmente.» Il sorriso tornò sulle labbra di Noelle e Gabriel si rilassò. Lei si chinò a raccogliere l'ombrello. «Il mese scorso ho fatto un corso di autodifesa. Niente di intensivo, solo un paio di pomeriggi per imparare alcune semplici mosse e capire come bisogna comportarsi in una situazione di pericolo. Il mio istruttore mi ucciderebbe se venisse a sapere quello che ho fatto oggi, quindi, se non ne parlassi troppo in giro, te ne sarei molto grata.» 11


«Sarò muto come un pesce.» Noelle osservò la fasciatura e rialzò subito lo sguardo. «Cosa ti è successo alla mano?» «Sono stato un idiota.» «A volte lo siamo tutti.» «Sì, però io avrei dovuto saperla più lunga...» Lei fece splendere il suo incredibile sorriso. «Perché, noi altri no?» Lui scrollò le spalle e rimase là, incantato dal modo in cui si trasformava il suo viso quando sorrideva. Sembrava che si illuminasse tutto. Lei alzò l'ombrello. «Vado a rimetterlo a posto.» Si avviò lungo il corridoio. «Vuoi un caffè?» «Perché no?» Noelle andò in cucina e, dopo aver tirato fuori le tazze, prese due cialde da una scatola di metallo che si trovava sul bancone. Lui aveva ancora delle difficoltà a digerire l'informazione che suo fratello fosse fidanzato e avesse un figlio. Non che le due cose fossero correlate. La madre di Carter era morta due anni prima. Quanto a Felicia... Gabriel si accigliò, realizzando che non sapeva nemmeno dove e come suo fratello l'avesse conosciuta. D'altro canto, quando uno non si teneva in contatto con i familiari, mai, neppure per telefono, era normale che succedessero cose simili. Webster seguiva i movimenti di Noelle con un'espressione speranzosa. Lei fece del suo meglio per ignorarlo, ma alla fine lo guardò. «È inutile che fai così. Sono sicura che hai già mangiato.» Lui dimenò la coda. Noelle sospirò. «Ti ha mai detto nessuno che sei molto insistente? Okay. Ti darò un biscotto.» Webster abbaiò alla parola biscotto e la tallonò fino alla porta della dispensa, dove c'era un sacco di plastica con dentro dei biscottini a forma di osso. «Soltanto uno, eh?» gli disse, aspettando che si sedesse prima di darglielo. Lui lo prese delicatamente tra i denti e corse via. 12


Gabriel lo seguì con lo sguardo. «Non è un granché come cane da guardia. Mi ha lasciato entrare senza ringhiare neanche una volta.» «È un cucciolo» spiegò Noelle. «E Felicia lo preferisce socievole, piuttosto che aggressivo. In teoria, dovrebbe essere il cane di Carter, ma è lei che lo cura. Lo ha portato da un istruttore per farlo educare, ma non sembra che le lezioni siano state molto produttive.» Indicò il grande tavolo di legno e lui si accomodò sulla sedia più vicina. Ora che la macchina del caffè si era scaldata, lei inserì una cialda e pigiò un tasto, assicurandosi che la tazza fosse ben posizionata sotto. Poi si girò, appoggiandosi al bancone. «E così sei qui per le feste. Per stare con la tua famiglia. È una bella cosa.» «Non li vedo da parecchio» ammise lui, cercando di ricordare quanto tempo era passato dall'ultima volta che aveva trascorso il Natale con i suoi genitori e suo fratello. Dieci anni? Quindici? Ancora di più? Prima di partire per l'università? «Ritieniti libera di dirmi quello che mi sono perso.» «Non ho mai incontrato i tuoi genitori» disse allegramente lei. «In compenso, conosco abbastanza bene Gideon. Lui si è trasferito qui lo scorso anno, mentre io sono arrivata in primavera.» Arricciò il naso. «Prima che cominciasse a nevicare. Dovrei prendere delle lezioni di guida. Si scivola dappertutto. Voglio dire, sapevo che il ghiaccio esiste, ma non avevo idea che fosse così... ghiacciato.» Aveva disegnato delle virgolette a mezz'aria e Gabriel ridacchiò. «Cerca di vedere il lato positivo della situazione. Hai un sacco di cose nuove da imparare.» «In attesa che torni il caldo?» Lei si girò verso la macchina del caffè e tolse la tazza. «Come ti piace?» chiese, partendo già verso il frigorifero. «Nero va bene.» «Tipicamente maschile.» Lei prese dal frigo una bottiglietta di panna liquida, gli portò la tazza e riprese a trafficare con la macchina del caffè. Sapeva come muoversi in quella cucina. Grazie a Felicia, rea13


lizzò lui. Le donne erano capaci di chiacchierare per ore davanti a una tazza di caffè. Gli uomini, invece, preferivano la birra. Lei inserì l'altra cialda, posò la tazza sull'apposito sostegno e premette un bottone. «Sai che Gideon ha comprato una stazione radio, no?» Lui annuì. «Ogni sera, manda in onda una trasmissione di vecchi successi. Una marea di canzoni che non avevo mai sentito, quasi tutte molto belle. Felicia lavora nell'ufficio che gestisce i tanti festival che si tengono in città. Ha un grande talento organizzativo. Carter, ovviamente, studia.» Lei lanciò un'occhiata a Webster, che continuava a fissarla agitando la coda. «E tu, giovanotto? Che piani hai per il futuro?» Il cucciolo abbaiò due volte. «Molto interessante.» Lei guardò Gabriel. «Domando scusa. Parlo a tutti. Anche ai cani e alle piante.» «Capita.» Lei macchiò il suo caffè con un goccio di panna liquida e, dopo aver rimesso il contenitore nel frigorifero, lo raggiunse al tavolo. «Che altro posso dirti?» chiese, inclinando la testa. «Mi sento in colpa per averti aggredito.» «Armata di ombrello.» Lei rise. «Non ho ancora stabilito se questa sia un'attenuante, oppure un'aggravante.» Gabriel rimase affascinato dalla lucina divertita, squisitamente autoironica, che danzava nelle profondità dei suoi occhi azzurri. Avrebbe voluto che continuasse a parlare perché il suono della sua voce lo aiutava a rilassarsi. Era un'affermazione ridicola, priva di qualunque valore scientifico, ma non faceva differenza. Quello che non riusciva a spiegarsi era perché. Perché proprio lei? Sul lavoro, era attorniato da donne. Medici come lui, tecnici di laboratorio, infermiere, soldatesse, impiegate dell'amministrazione. Eppure, per qualche ragione, con Noelle era diverso. «Da quanto tempo Carter sta con Gideon e Felicia?» chiese. 14


«È arrivato la scorsa estate. La sua mamma era morta l'anno prima. Lui era in affidamento presso la famiglia del suo migliore amico. Se ho capito bene, prima di morire, la mamma di Carter si era messa d'accordo con loro. Disgraziatamente, la coppia cominciò ad avere dei problemi e, quando decisero di divorziare, il ragazzo avrebbe dovuto essere seguito dai servizi sociali. Non aveva molto su cui basarsi... solo il nome di battesimo del padre e il fatto che era stato un militare. Ciò nonostante, è riuscito a rintracciarlo e si è presentato qui. Non so se, alla sua età, io sarei stata capace di fare altrettanto.» «Nemmeno io» riconobbe Gabriel. Con la mano sana afferrò la tazza. Il taglio sul palmo della sinistra pulsava a ritmo con i battiti del cuore. Se fosse stato un suo paziente, avrebbe consigliato di prendere qualcosa. Soffrire non accorciava i tempi di guarigione. Tuttavia, sapeva anche che avrebbe ignorato il consiglio. Non gli piaceva il senso di stordimento causato dagli analgesici e non aveva ancora raggiunto il limite della soglia di sopportazione. «Sai che hanno intenzione di sposarsi, vero?» gli chiese lei. «Gideon e Felicia.» «L'ho sentito, sì.» «Non hanno fissato la data. Almeno, a me non l'hanno detta, ma non penso che ci sarà molto da aspettare.» Noelle fece una pausa e alzò la tazza. «Forse dovrei dirti una cosa, riguardo a lei.» «Felicia?» Lei annuì. «È molto intelligente. Più di quanto tu possa immaginare. È oltre il livello del genio, anche se non so se esista quel tipo di categoria. Dice sempre quello che pensa, tratto che io adoro, ma alcune persone lo trovano destabilizzante. Oh, come se non bastasse, è anche incredibilmente bella. Se non fossimo amiche, sarei costretta a odiarla.» L'ultima affermazione venne accompagnata da un sorriso raggiante. «Anche tu sei brava a dire quello che pensi» commentò Gabriel. Lei scosse la testa. «Non veramente. Cerco di essere since15


ra. Sai, per non sprecare tempo prezioso, mio e degli altri, con i giochini psicologici. È un'abitudine difficile da perdere, ma sono convinta che, se tutti si sforzassero di camminare vicino alla verità, il mondo sarebbe un posto migliore.» Rimase un attimo in silenzio e gli angoli della sua bocca si piegarono verso l'alto. «Oh, cielo. Chissà da dove è uscito questo sermone.» Si alzò. «Forse è il caso che vada prima di cominciare ad annoiarti con le mie teorie sul significato della vita.» «Ah, hai una teoria?» chiese lui, alzandosi a sua volta. «Ne ho diverse, ma, fidati, è meglio che tu non le senta. Comunque, devo tornare al negozio anche perché, per risparmiare un po', invece di assumere delle persone normali, ho preso a lavorare con me degli studenti universitari parttime.» «Gli studenti universitari non sono normali?» «Nella mia esperienza, no. Specialmente quando sulle montagne cade neve fresca. Vivo nel terrore di arrivare al negozio e trovare la porta aperta e nessuno dentro. Almeno, nessuno di quelli che pago per starci.» Noelle fece una smorfia. «È strano, perché i ragazzi del liceo sono molto responsabili. Evidentemente, verso i diciannove anni hanno una regressione.» Lui non credeva di aver capito cosa stesse cercando di dirgli, ma non aveva importanza. Starla a sentire era un balsamo per la sua mente agitata. Le era anche grato per le informazioni sulla sua famiglia. Si sarebbe potuto rimproverare di non averle apprese direttamente da loro... bastava alzare il telefono... ma, per una volta, riuscì a evitare la trappola dei sensi di colpa. «Sono contenta di averti conosciuto» disse lei. «Scusa ancora per l'ombrello.» Lui liquidò la questione con un cenno noncurante. «Te la senti di scendere dalla montagna?» Lei batté le ciglia, poi sbarrò gli occhi. «Accidenti. La macchina. Mi era passato di mente. L'auto è bloccata. Mentre stavo per arrivare qui, sono finita dentro a un cumulo di neve.» 16


Accidenti era il suo modo di imprecare? A Kandahar non sarebbe durata nemmeno un'ora, pensò lui, divertito. «Presumo che tu non sia un esperto di guida invernale…» sostenne lei. «Si dà il caso che lo sia. Ho frequentato la Northwestern University e sono stato di stanza in Germania.» «Wow. Che fortuna. Saresti così gentile da rimettere in carreggiata la mia auto? Poi non avrò problemi. Basta puntare verso il fondo valle e si arriva in paese.» Invece di rispondere, Gabriel si avviò verso la porta di ingresso. Incurante del fatto che fosse scalzo, uscì sulla veranda e vide l'utilitaria di Noelle infilata di muso in un mucchio di neve all'imboccatura del viale. Notò anche i segni che lei aveva lasciato nei punti in cui era scivolata e scosse la testa. «Questo è davvero il tuo primo inverno» commentò con una punta di ironia nella voce. Lei, che lo aveva seguito all'aperto, rialzò fieramente il mento. «Ho altri talenti.» Gabriel non aveva alcun dubbio in proposito e, siccome era sicuro che fossero molto più interessanti della sua capacità di guidare sulla neve, pensò di dirle che forse avrebbero potuto esplorarli insieme. Ma Noelle era un'amica della sua futura cognata, Fool's Gold era un paese piccolo e lui si sarebbe fermato solo un mese. Tutti ottimi motivi per limitarsi a borbottare un innocuo: «Ti credo». Poi rientrò in casa e, guardandola da sopra la spalla, aggiunse: «Dammi il tempo di infilarmi un paio di stivali e ti accompagno in città». «Non occorre che ti disturbi.» «Qualcuno deve. Ho la netta sensazione che da sola non andresti molto lontano. Puntare il muso della macchina verso il fondovalle non è così semplice.» Noelle annuì e, quando il bel dottore sparì verso la camera degli ospiti, sospirò, pensando che non era giusto. Lui era single... almeno, le aveva dato l'impressione di esserlo... lei pure. Non sapeva che altro avessero in comune, ma qualcosa l'avrebbero trovata di sicuro. Il guaio era che non aveva l'aria 17


di essere rimasto particolarmente colpito da lei, se non in modo negativo. Oh, be'. C'erano destini peggiori, si disse. Appena terminata la frenesia delle feste, si sarebbe messa in cerca di un uomo intelligente e gentile col quale iniziare una relazione come Dio comanda. Avrebbe potuto iscriversi a un sito di appuntamenti online, oppure vedere se nei paesi attorno a Fool's Gold c'erano dei club per single. In mancanza di meglio, avrebbe sparso la voce tra le sue amiche. Molte delle quali, di recente, avevano avuto la fortuna di innamorarsi perdutamente di un uomo. Forse c'era qualche minerale sciolto nell'acqua, pensò lei, osservando Gabriel che le veniva incontro con ai piedi degli stivaloni a prova di neve. Lui le si piantò davanti e tese la mano. «Chiavi.» Lei gliele tese. «Sono sicura che, una volta fuori dalla neve, riuscirei a cavarmela.» «Ne dubito» affermò lui, infilandosi il giaccone. «Finché non arrivi in pianura, saresti una minaccia ambulante.» «Questo non è molto lusinghiero.» Lui la guardò e nei suoi occhi azzurri c'era qualcosa di inesorabile. «Vorresti dire che non è vero?» «Certo che è vero, ma che necessità c'era di sottolinearlo?» «Credevo che apprezzassi la franchezza.» «Non quando è troppa.» Dopo aver controllato che Webster fosse al sicuro in casa, Noelle chiuse la porta e lo seguì fino alla macchina. Lui le disse di aspettare, si mise al volante e disincagliò l'auto dalla neve con un'unica, fluida manovra. Le gomme non slittarono nemmeno una volta... Gabriel le si fermò accanto e aprì la portiera del passeggero. Noelle si accomodò nell'abitacolo, registrando immediatamente la vicinanza tra i due sedili e l'ampiezza delle sue spalle. Mentre si allacciava la cintura, guardò nella sua direzione. Aveva un viso simpatico, decise. Forse un po' guardingo, ma simpatico. Le ombre sotto gli occhi dovevano dipendere dalla ferita e forse dalla stanchezza del viaggio. In ogni caso, 18


l'istinto le diceva che poteva fidarsi di lui. Non che il suo istinto fosse infallibile. Bastava vedere com'era andata a finire con Jeremy. Forse era meglio non vedere, pensò, riportando lo sguardo in avanti. «Da questa parte?» chiese lui, facendo un cenno con la mano sinistra. Istantaneamente, lei ebbe un capogiro. «Stai attento con quella mano» mormorò. «È come un'arma.» Lui abbassò lo sguardo sulla fasciatura. «Il sangue quasi non si vede.» Lei reclinò la testa sul sedile e chiuse gli occhi. «Comunque sì, vai giù da questa parte per tre o quattro miglia. Poi al tornante, prendi a destra, segui le indicazioni e ti ritroverai in paese.» Si premette una mano sullo stomaco e si impose di pensare a cose allegre. Doveva assolutamente distrarsi. «Hai scelto davvero un bel periodo per venire a Fool's Gold» affermò, sapendo che avrebbe cominciato a blaterare. Blaterare era sempre meglio che svenire. O vomitare. «Il paese organizza un sacco di festival, ma mai come nel periodo natalizio. Quest'anno potrai assistere a ben due parate e ammirare l'imperdibile presepe vivente. Io sono ansiosa di vederlo, perché ci sarà anche un elefante.» «Nel presepe?» «Non giudicare. Che ne sai tu? Forse alla nascita del Bambin Gesù era davvero presente un elefante.» «Se la metti così, sono pronto a scommettere che non c'era.» «Priscilla partecipa a quasi tutte le celebrazioni che si tengono a Fool's Gold. È un membro davvero attivo della comunità.» «L'elefante si chiama Priscilla?» «Conosci qualche altra Priscilla?» Lei sollevò impercettibilmente le palpebre e fu lieta di constatare che nel suo campo visivo non comparivano bendaggi sanguinolenti. «No, solo lei.» «Okay, svolta qui» suggerì Noelle quando arrivarono al 19


tornante. «Questa strada arriva in città. Una volta lì, prendi a destra su Frank Lane.» «Chi è Frank?» «Non ho idea. So solo che è una traversa della Quarta Strada, dov'è situato il mio negozio. Però sì, Frank. Dovrò mettermi a studiare la storia della città.» «Conosci l'elefantessa Priscilla. È già qualcosa.» Era proprio simpatico, pensò lei, cercando un modo disinvolto per invitarlo a bere un caffè. Oppure a cena. Lanciò un'occhiata alle grandi mani che stringevano il volante e si domandò quanto sarebbe potuta peggiorare la situazione se gli avesse chiesto se aveva voglia di passare la notte a casa sua. Indicò il negozio, lui ci si fermò davanti e parcheggiò l'auto. Noelle si girò dalla sua parte preparandosi a offrirgli il suo più sentito ringraziamento, quando si rese conto che c'era un problema. «E adesso come tornerai a casa?» «Pensavo di farmi dare un passaggio da Felicia.» «Te la senti? Non sei troppo stanco?» «Sto bene. Basta che tu mi dica come si arriva al suo ufficio.» Lei lo fissò negli occhi e sorrise. «Ti fidi delle mie indicazioni.» «I miei dubbi vertono unicamente sulle tue capacità di guida.» «Vorrei tanto offendermi per questo, ma ho paura che il mucchio di neve nel quale mi sono infilata mi abbia tolto ogni credibilità.» Scesero dalla vettura e lei gli spiegò dove si trovava l'ufficio di Felicia. Lui le restituì le chiavi. «Grazie per il servizio taxi» disse Noelle, desiderando essere più brava nella dinamica uomo-donna. Una volta non se la cavava male, ora però la mancanza di pratica si faceva sentiva. «Spero di rivederti, magari in circostanze meno ridicole.» «L'idea mi piace.» Lei lo studiò, cercando di capire cosa gli passasse per la te20


sta, ma non riuscì a trarre nessuna conclusione. Lui sorrise, la salutò con un cenno della mano, poi girò sui tacchi e si avviò lungo la strada. Noelle lo seguì con lo sguardo finché non sparì dietro l'angolo, poi si riscosse e si diresse verso il negozio, ma si bloccò alla vista del foglio di carta appiccicato sul vetro della porta. Sono andata a sciare. Torno più tardi.

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Lezioni di nuoto di Mary Alice Monroe Non è stato facile trovare la propria dimensione, dopo le burrasche che la vita spesso impone, ma Toy Sooner ce l'ha fatta e ora si ritiene felice e soddisfatta dell'esistenza che conduce, grazie all'affetto e all'amore della figlia di cinque anni e delle amiche del cuore. Toy ha due grandi passioni: il mare e le tartarughe, e può dedicarsi a entrambi grazie al proprio lavoro presso l'acquario di Isle of Palm. Sembra persino che ci sia spazio di nuovo per l'amore nella sua vita, vista l'attrazione ricambiata per Ethan Legare, che lavora con lei all'acquario. Purtroppo, quando l'affetto tra loro si sta tramutando in qualcosa di più, ricompare nella vita di Toy il suo ex.

Un bacio a Natale di Susan Mallery Il Natale o lo ami o lo odi con tutto il cuore. Per Noelle Perkins è il periodo migliore dell'anno e, ora che il fato le ha concesso una seconda possibilità, ha deciso di aprire un negozio di accessori natalizi, nella splendida cittadina di Fool's Gold, così da poter rivivere le festività con lo stesso spirito di quando era bambina . Si è lasciata alle spalle un periodo davvero difficile, e ora ha intenzione di godere di ogni minimo attimo di bellezza. Non le manca niente, a parte forse l'amore. Ma va bene così! Finché un giorno non si incaglia con la macchina in un cumulo di neve e un aitante sconosciuto la aiuta a uscirne. Solo a guardarlo, Noelle inizia a pensare che forse anche quell'ultimo tassello di perfezione andrà al suo posto.


La voce del vento di Sherryl Woods Gabriella Castle è sempre stata dedita al proprio lavoro più che a qualunque altra cosa. Ora che tutto quello per cui ha tanto lavorato le è stato portato via, Gabriella è disorientata e ha bisogno della serenità che si respira a casa della nonna, a Sand Castle Bay. Ha decisioni importanti da prendere riguardo al proprio futuro, e non ha certo il tempo di perdere la testa per l'affascinante Wade Johnson, a cui, a quanto pare, piace vestire i panni del cavaliere nella sua scintillante armatura. Quale ragazza sana di mente potrebbe resistergli? Gabi, però, rimane un osso duro. Non è il tipo da sciogliersi come neve al sole per un sorriso da svenimento. O forse sì?

Baci alla vaniglia di Christie Ridgway Beach House 9 è il luogo ideale dove passare un po' di tempo in tranquillità in riva al mare. È per questo che il medico militare Vance Smith ha deciso di affittarla per un mese e regalare una vacanza indimenticabile alla bambina di un suo commilitone caduto in guerra. Gli ha promesso di prendersi cura di lei, e così farà. Non aveva certo immaginato che la bambina è a dire il vero un po' cresciuta. Molto cresciuta: è infatti una donna con tutte le curve al posto giusto, capelli di seta, dolci occhi castani e un vago sentore di quei cupcake che sforna per la sua pasticceria ambulante. Non sarà un mese facile, per Vance, perché tenere giù le mani da Layla Parker richiederà tutto il suo autocontrollo.

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Le più belle saghe storiche d’autore, da collezionare. L’atteso ritorno de -La SAGA DEI BECKETfirmata Kasey Michaels

“Quella dei Becket è un saga favolosa. Amore, intrighi e un setting storico ricco di fascino.” Barnes & Noble

Inghilterra, 1815 Il momento dello scontro finale tra Napoleone e i suoi nemici in patria e in Europa è giunto: i giovani rampolli della famiglia Becket, impegnati a chiarire le loro vicende di cuore, si preparano ad affrontare l’antico nemico, lo spietato e avido Edmund Beales, deciso a ottenere l’agognata vendetta... Chi vincerà la sfida? Le vicende dei fratelli delle Romney Marsh ti aspettano anche nei primi tre romanzi de LA SAGA DEI BECKET disponibili su www.harlequinmondadori.it in formato digitale.

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