Questo romanzo è come un bicchiere di tè freddo in una calda giornata di metà agosto. Come una cioccolata calda in una fredda notte d’inverno.
Dakota Cassidy firma il primo romanzo della trilogia
Call Girls Dicono che perdonare sia divino. Ma nessuno hai mai avuto veramente a che fare con te. “Dakota Cassidy, una voce frizzante e fresca come la brezza d’estate.” Carly Philips, NYT Bestselling Author
“Amo profondamente la serie Call Girls.” Goodreads
E non dimenticare il prossimo appuntamento con Call Girls a
Giugno in edicola Ti aspettiamo in edicola e su www.harlequinmondadori.it
SCANDALOSA. RIBELLE. APPASSIONATA. Nella grigia Londra Vittoriana una donna sfiderà ogni convenzione per ottenere ciò che desidera. Lady Oliver vuole il Conte di Somerset, ad ogni costo.
L’ATTESO ESORDIO IN LIBRERIA DI
SIMONA LIUBICICH NUOVO TALENTO DELLA NARRATIVA EROTICA ITALIANA Londra, 1888. Nessuna donna può dirsi al sicuro, mentre le gelide nebbie invadono le strade della metropoli. Olivia Lancaster non fa eccezione. Figlia di un nobile, viene promessa in sposa al più viscido e rivoltante degli uomini, nonostante lei si opponga con tutte le forze. D’altra parte Olivia è una ribelle per natura. Erborista e filantropa, non si considera inferiore in quanto donna ed è disposta a rischiare di persona pur di ottenere ciò che vuole. Anche l’uomo che desidera. Ethan Rowland, Conte di Somerset, è stato il suo sogno proibito fin da piccola ed ora è pronta a incastrarlo per compromettersi con lui e indurlo alle nozze riparatrici. Ma se Ethan si trova d’accordo nel godere delle grazie peccaminose di Olivia, di certo non è uomo che ami essere manovrato.
In libreria dal 14 aprile
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Dakota Cassidy
Parla con me
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Talk Dirty To Me Mira Books © 2014 Dakota Cassidy Traduzione di Maria Claudia Rey Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Romance aprile 2015 Questo volume è stato stampato nel marzo 2015 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd) HARMONY ROMANCE ISSN 1970 - 9943 Periodico mensile n. 147 del 10/04/2015 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 72 dello 06/02/2007 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
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«Ha un aspetto magnifico, tutto considerato» osservò Emmaline Amos. Poi, tirando su col naso, superò l'enorme mazzo di gigli bianchi che stava ai piedi del feretro di Landon Wells e condusse Dixie Davis in una saletta privata, accanto alla camera ardente allestita dalle pompe funebri Tate & Son's, indicandole un divanetto circondato da foto di Landon. Un profumo di pannelli di legno incerato, candele alla vaniglia e colonia Old Spice penetrò nelle narici di Dixie facendo sì che i postumi della sua sbornia di lacrime le pulsassero alle tempie con la forza di un martello pneumatico. Dixie si sfilò gli occhiali da sole respingendo un altro fiotto di lacrime, ma sollevata di aver potuto passare qualche momento sola con Landon senza l'intrusione di tutti quelli che erano venuti a dargli l'ultimo saluto. «Perché la gente insiste a dire così?» borbottò. «Ho sempre pensato che fosse una frase volgare. Landon è morto, e in questo non c'è niente di magnifico.» Em sbuffò, si aggiustò la tesa dell'ampio cappello nero e si sedette accanto a lei, dandole un colpetto per farsi spazio. «Non era volgare, gli stavo facendo un complimento. Trova un altro aggettivo.» Alle orecchie nostalgiche di Dixie il suo lento accento del Sud era invitante come una teglia di maccheroni al formaggio. Un conforto per l'anima. «Grossolano?» 5
«Grossolano è troppo duro, Dixie.» Landon Wells, il migliore amico che avesse mai avuto, era morto. Quello sì, era duro. E ancora più duro era il fatto che Caine Donovan, l'altro migliore amico di Landon, fosse fuori da quella porta. Senza dimenticare che è anche il tuo ex fidanzato. Già. Dixie cominciava a rimpiangere le parole brusche rivolte a Emmaline. Non poteva rischiare di alienarsi la sola e unica – benché riluttante – alleata che le fosse rimasta nella sua piccola città natale, Plum Orchard, Georgia. Forse a renderla scostante era la stanchezza del lungo viaggio in macchina da Chicago. O l'ansia di tornare nella suddetta città natale, dove tutti la conoscevano e tutti sognavano di giocare a freccette con la sua fotografia. O forse, la precarietà della sua situazione finanziaria prossima alla rovina le aveva fatto dire finalmente ad alta voce quel che aveva pensato per due ore, aspettando un momento privato accanto al corpo di Landon, mentre tutti i presenti ripetevano le parole di Em. O ancora la probabilità che una buona parte delle liceali di Plum Orchard, classe 1996, l'aspettasse fuori dall'impresa di pompe funebri armata di paletti intinti nella specialità locale, la grappa di prugne, in attesa che il reverendo Watson officiasse un esorcismo contro di lei. Dopo di che le suddette liceali avrebbero completato la cerimonia conficcando le loro armi nel suo spregevole cuore. E sarebbe stato quel che si meritava. Era stata una persona orribile, al liceo e fuori. E a Plum Orchard, dove il tempo sembrava essersi fermato, nessuno l'aveva dimenticato. Sei stata orribile anche dopo il liceo, Dixie. Con Caine... Infatti. E gran parte della sua ansia era dovuta al fatto che non poteva evitare di rivedere Caine Donovan. Centro, Dixie. La sola idea di rivederlo la faceva sentire debole e stordita. 6
Perché ancora adesso, maledizione, il ricordo di lui ti lascia senza fiato. Verissimo. Notti trapunte di stelle, la ruvida coperta militare nel pianale del pickup di Caine, il profumo delle magnolie nell'aria e sulla loro pelle sudata... Era solo uno dei tanti ricordi – dolci e amari – con cui aveva lottato da quando il suo ritorno a Plum Orchard era diventato realtà. Chiuse con forza gli occhi, poi li riaprì. «Scusa» disse Em strappandola alla sua guerra personale. Gli occhi azzurri ombreggiati dalla tesa del cappello erano colmi di comprensione. «Sono contenta che tu abbia avuto un po' di tempo da sola con Landon prima che i ritardatari si precipitino a rendergli omaggio. Non riesco nemmeno a immaginare quanto tu stia soffrendo...» E le strinse una spalla con fare rassicurante. Dixie emise un sospiro tremulo e infilò il braccio sotto quello di Em. «No, sono io che ti chiedo scusa. Sono stanca e tesa, ma tu sei stata così carina con me in tutta questa faccenda mentre non me lo meritavo per niente...» «Be', sicuro che non te lo meritavi, Dixie Davis!» esclamò Em. Poi abbassò la voce fino a un sussurro, guardandosi alle spalle nel timore che qualcuno avesse notato i suoi modi sgarbati. «Eri una ragazza perfida, e per colpa tua i miei anni di liceo furono una tortura. E ti ricordo che la gente non dimentica – specialmente qui nella cara, vecchia Plum Orchard. Ringrazia che abbia risposto al telefono durante gli ultimi giorni di Landon, sapendo che all'altro capo del filo c'eri tu!» concluse offesissima schiarendosi la gola. Ma Dixie sapeva bene che non doveva prendere sul serio quello sfogo. Em era gentile quanto generosa, e niente, nemmeno un vecchio rancore ormai sfilacciato, avrebbe impedito al suo cuore altruista di battere per gli altri. Nonostante i resti della collera provata al liceo, Em l'aveva chiamata fedelmente per informarla sulle ultime ore di Landon soltanto perché lei le aveva chiesto di farlo. Em 7
agiva sempre nel modo giusto. Ecco com'era fatta. Tuttavia Dixie le diede un'occhiata imbarazzata e le assestò un colpetto sulla spalla nella speranza di addolcire la sua espressione severa. «È per la faccenda della squadra delle cheerleader, vero?» Em si irrigidì e sollevò il mento. «Tu mi dicesti che con il gonnellino della divisa le mie gambe sembravano salsicce, e che perciò non potevo far parte della squadra. Ma facevo i salti con spaccata molto meglio di Annabelle Pruitt, e lo sapevi anche tu!» Era tutto vero, parola per parola. Era stata perfida, una ventina di anni prima. Un commento crudele come quello, uno dei molti che aveva rivolto a Em, affondava nell'anima di una persona e ci restava a lungo. Rivedendo Em dopo tanti anni di lontananza, Dixie aveva capito che l'altra l'avrebbe trattata con molta cautela, e l'avrebbe fatta oggetto di alcuni sfoghi irritati e di molti test volti a controllare che fosse davvero cambiata. Perciò ammise senza esitazione: «Sì, lo sapevo». Poi fece scivolare la mano lungo il braccio di Em, intrecciando le dita a quelle di lei e dando una lieve stretta. «Non sono più quella persona, Em. Davvero. Avevi ragione allora, e ce l'hai anche adesso. Saltavi tre metri più in alto di Annabelle, e io ti mentii solo per gelosia. Le tue gambe erano bellissime e lunghissime.» Era vero: Em era tuttora una donna molto bella. L'altra si passò una mano sulle gambe nude e replicò: «Non cercare di lusingarmi dopo tutto questo tempo. Non dopo avermi fatto spendere i soldi guadagnati in un mese come babysitter per comprarmi un CD di ginnastica per snellire le cosce!». Dixie fece una smorfietta. «Nonostante tutte le cattiverie che ho commesso allora, ricordati che secondo il Signore perdonare è divino...» «Il Signore non ha frequentato il liceo con te.» «Hai ragione.» Dixie chinò il capo, e sotto la forte luce 8
della stanza notò che il rosso delle sue ciocche stava sbiadendo. Em inspirò dilatando le narici, perché Dixie stava effettivamente sgonfiando la sua bolla di irritazione. Poi si ammorbidì un poco e si lasciò sfuggire un risolino. «Non fare tanto la carina con me, Dixie Davis. Non mi bevo al cento per cento la storia che sei cambiata... L'hai già raccontata una volta, dieci anni fa, e ci siamo cascati tutti. Ma questa volta non succederà, perciò tieni per te i tuoi complimenti.» Em cercava di tenere a bada il suo risentimento per una forma di rispetto verso Landon, questo era evidente, e Dixie gliene era grata. Se non fosse stato per Em non avrebbe potuto parlare al telefono con Landon un'ultima volta, mentre lui era ancora in sé, né avrebbe saputo niente dei funerali. Perciò fece un cenno con il capo. «Lo so, non ho alcun diritto.» La tensione sulla bocca scarlatta di Em si allentò un poco, e la sua espressione si fece quasi scherzosa. «E tra l'altro, Lesta-Sue e le Magnolie hanno detto che non ti accetteranno mai nel comitato per la cerimonia dei Padri Fondatori, in caso tu sperassi di intrufolarti di nuovo nelle loro grazie.» Beccati questo, pensò Dixie. Il commento voleva ferirla, e ricordarle che quand'era stata presidentessa delle Magnolie, il famoso e antico club cittadino di cui le ricche ragazze di Plum Orchard facevano parte per tradizione, lei aveva sfruttato quella posizione di prestigio per escludere le altre. Em in particolare. Se Lesta-Sue era già lì, significava che c'erano anche le altre Magnolie. Grandioso. E perciò nemmeno Louella Palmer, presidentessa del club dopo di lei, doveva essere molto lontana. Anche Louella la detestava. Anzi, c'era una forma particolare di odio che Louella riservava solo a lei. Questo perché dieci anni prima lei aveva infranto il codice d'onore dell'amicizia fra ragazze. Già, infranto alla grande! 9
Dixie annuì ancora, e questa volta se possibile con ancor meno esitazione. «Lesta-Sue non mi lascerebbe entrare nemmeno nella toilette di un distributore di benzina, dopo quello che le ho fatto. Rubarle il fidanzatino del liceo promettendogli di andare fino in fondo con lui è stato un gesto orribile. Meno male che sarò già lontana quando loro tireranno fuori la colla e la carta crespata per imbalsamarmi... Non ho intenzione di restare molto, Em. Sono venuta solo per dire addio a Landon.» Il pensiero la rattristò. La sua città natale le era mancata, anche se nessuno degli abitanti aveva sofferto della sua lontananza. Em aggrottò le sopracciglia e con la mano guantata cincischiò il colletto del vestito nero. «Dixie, così mi spiazzi.» «Come mai, Emmaline?» «Sei troppo gentile.» Dixie le scoccò un sorriso affettuoso. «Ehi, grazie.» «Smettila subito! Te l'ho detto, mi spiazzi. Dovrei odiarti come fanno tutte le donne che hanno frequentato il liceo di Plum Orchard.» E si irrigidì nuovamente, come se gli anni di cattiverie sopportate da Dixie al liceo fossero in lotta con la sua natura accomodante. All'epoca Em voleva solo inserirsi nel gruppo, ma Dixie aveva approfittato per respingerla ogni volta che poteva. Non avrebbe mai perdonato a qualcuno che l'avesse trattata come lei aveva trattato Em. Ma se i rimorsi contavano qualcosa, adesso lei ne aveva in quantità. Le scoccò un altro sorriso. «Sì, dovresti proprio odiarmi. Puoi farlo, se ti va. Ma io invece apprezzo molto te e tutto quel che hai fatto. Perciò, vedi, alla fine siamo pari...» «L'unica cosa che mi impedisce di mandarti al diavolo come farebbero le altre è che non riesco a evitare di provare pena per te, Dixie. Al contrario di te, io ho una coscienza, e tu hai trascorso un periodo davvero duro. Tutti 10
abbiamo saputo che hai perso il tuo bel ristorante, e...» «È successo quasi due anni fa, Em.» Due lunghi anni passati a rimettere insieme una parvenza di vita, e a fare lavoretti da poco con le sue capacità molto limitate. Em schioccò la lingua. «Due anni, due giorni... che cosa conta il tempo quando si è in ristrettezze finanziarie?» Dixie fece un cenno di assenso. Contava solo per lei – e per gli investitori che aveva deluso. «Già, e poi il tuo migliore amico mi chiede di aggiornarti – proprio te, fra tutti – sul suo viaggio verso la fine. Sapendo benissimo che non avrei mai rifiutato perché, uno, anch'io mi ero affezionata a lui, e due, per l'amor del cielo, stava morendo! E infine questo amico, probabilmente il solo amico che ti era rimasto, muore...» «Sei una brava persona, Em. Dico sul serio.» L'altra stava cercando di farle perdere la pazienza, ma Dixie non voleva abboccare all'amo. Em insistette. «E come se non bastasse, c'è Caine Donovan... chissà che agitazione all'idea di rivederlo dopo, vediamo, quanto tempo? Dieci anni?» Dixie rimase in uno stoico silenzio. Non avrebbe parlato del suo ristorante fallito, e men che meno di Caine Donovan. «Te lo ricordi, no? Il più famoso rubacuori del liceo, la grande star della corsa campestre, e adesso uno dei più ricchi immobiliaristi di Miami... Oh, già, e l'uomo che dicevi di amare ma su cui scommettesti come su un cavallo da corsa...» Em stava gettando la lenza con un succoso verme appeso all'amo, sperando che Dixie finalmente abboccasse. La scommessa. Dio santo, quella maledetta scommessa. Ma era la pura verità. Il suo ristorante era fallito perché lei era troppo occupata a divertirsi e a dare fondo alle carte di credito per badare a stupidaggini come dirigere il locale che aveva deciso di aprire senza avere un minimo di esperienza, solo perché era il modo migliore di fuggire da 11
Plum Orchard e da tutte le cose orribili che aveva fatto a Caine. Quanto al suo fidanzamento, era andato a rotoli perché all'epoca Dixie Davis non poteva evitare di trasformare tutto quanto in un circo a tre piste. E adesso Caine era un uomo arrivato, e lei no. Tutte scomode verità. Senza contare che in aggiunta a tutto il resto c'era stato anche Mason – l'inizio della sua fine. Dixie sollevò di nuovo gli occhiali da sole e si sforzò di sorridere, guardando Em negli occhi. «Mi spiace deluderti, ma non sono per niente agitata. Vedere Caine fa parte del processo di dire addio al nostro comune amico, e Caine ha i miei stessi diritti... anche lui era affezionato a Landon.» Che bugiarda. Aveva ripassato quelle parole centinaia di volte davanti allo specchio del bagno prima di partire da Chicago, in modo che risultassero cordiali e soprattutto distaccate. E si era quasi convinta che quest'incontro forzato non fosse niente di più: due persone la cui unione non aveva funzionato, che si imbattevano una nell'altra e si scambiavano alcune banalità finché non fosse arrivato il momento di tornare ciascuno alla propria vita. Ma rivedere Caine significava ricordare quant'erano stati pazzamente innamorati per un breve periodo. Significava udire la sua voce, una voce così calda che probabilmente le avrebbe fatto tremare le ginocchia. E se per caso finivano in uno spazio limitato, poteva significare che avrebbe sfiorato per sbaglio il suo torace di marmo, o che lo avrebbe visto sorridere con disinvoltura e sollevare un sopracciglio arrogante. Poteva significare un'onda di desiderio che le artigliava lo stomaco e saliva a soffocarla. Insomma, significava rivivere emozioni che la ferivano ancora, potenti come il giorno in cui erano cominciate. Dopo Caine nessuno l'aveva più toccata nello stesso 12
modo. Caine Donovan era una droga, e lei era una tossica bisognosa di un incontro con i Cainisti Anonimi. Ma decise di ignorare la carota che Em le faceva penzolare davanti al naso. Parlare di Caine voleva dire risvegliare tutto il tormento legato a ciò che era successo anni prima. Oggi, invece, le sue emozioni erano riservate a Landon, e alla gratitudine verso Em. Il solo fatto che Em si fosse offerta di accompagnarla fino all'impresa di pompe funebri, sfidando gli sguardi curiosi e ipercritici di tutta Plum Orchard, era molto più di quanto Dixie si sarebbe mai aspettata. Il bruciore di un nuovo fiotto di lacrime le pizzicò le palpebre. «Sai, anche se sapevo che la morte di Landon era inevitabile, è stato proprio come dicono tutti: non ero preparata.» Em fece un gesto che comprendeva tutta la stanza, colma di foto a grandezza naturale che ritraevano Landon intento nelle sue molteplici attività: dall'equilibrismo su una corda tesa sopra un ghiacciaio in Alaska alla cottura di un manicaretto nella cucina del famoso Bobby Flay. «Be', se anche nessuno era preparato, questo commiato è un segno che lui lo era eccome» osservò. «Sapeva come voleva andarsene, e ha lasciato istruzioni molto precise al riguardo. Non crederai che sia stata sua madre a chiamare il gruppo di drag queen sui trampoli che sta qui fuori, vero? Le signore del club di studi biblici hanno rischiato uno svenimento collettivo quando le hanno viste arrivare.» L'ombra di un sorriso aleggiò sulle labbra di Dixie, screpolate per l'abitudine di mordicchiarle nervosamente. «Non era un tipo timido, eh?» «Landon era l'antitesi assoluta della timidezza.» Sì, lo era stato, pensò Dixie. Sfacciato e orgoglioso di esserlo. Il solo fatto di pensare a lui le faceva venir voglia di sorridere. Eppure, ogni volta che stava per sorridere una nuova ondata di tristezza la sommergeva, ricordandole che non 13
avrebbe mai più riso con lui. «Odio che se ne sia andato» sussurrò. Dio, odiava la sola idea. E odiava ancora di più il fatto di non essere arrivata in tempo per stargli accanto mentre se ne andava. Era successo tutto così in fretta, in una confusione di telefonate dall'infermiera di Landon, Vella, di aggiornamenti avuti da Em, fino all'umiliante rifiuto della sua ultima carta di credito da parte della compagnia aerea. Em le indicò una delle foto di Landon e Dixie poggiata su un tavolo accanto a loro, osservando i loro volti con affetto. «Sicuramente lo odia anche lui» osservò. «Chi non odierebbe essere morto?» E ridacchiò, facendo ridere anche Dixie. Dixie si rilassò e ruotò le spalle sotto la giacca un po' stretta, poi si appoggiò a Em. «Già, e sicuramente è seccato di perdersi tutto lo spettacolo.» Em chinò la testa per ravviarsi i capelli. «Oh, tu sai meglio di chiunque altro com'era fatto Landon Wells. Doveva ficcare il naso dappertutto o impazziva. Sono certa che dovunque sia gli secca moltissimo di perdersi lo show che si svolge fuori della porta. Hai visto quell'elegantissimo signore che sembra uscito dal set di Il principe cerca moglie? E, Dio lo benedica, quei commenti addolorati sulla sua pagina Facebook, provenienti da ogni parte del mondo... quelli mi hanno proprio fatta piangere!» Dixie sorrise con commozione. «Tutta la gente che partecipa al funerale avrebbe soddisfatto il suo desiderio di un pubblico numeroso» commentò riferendosi alla folla di gente che aveva visto arrivando. Il termine eclettico definiva Landon alla perfezione – o invece era stato lui a definire il termine? Comunque fosse, era ciò che faceva di lui quel che era. La sua gioia per ogni avvenimento grande o piccolo, la sua curiosità per le differenze tra i vari popoli e tra le diverse culture, la sua determinazione nel provare tutto quello che poteva e nel goderselo fino in fondo. E la sua capacità di trovare persone in 14
tutti gli strati sociali e trasformarli in amici fraterni. Poco dopo aver finito il college aveva scaltramente investito il denaro del suo fondo fiduciario in alcune compagnie informatiche alle prime armi, e a venticinque anni era già un multimilionario. Quelle imprese gli rendevano tuttora parecchio. Con l'andar del tempo ne aveva acquisite molte altre, spesso tramite scommesse su quasi tutto, dall'esito di una partita a biliardo con qualche monarca deposto a una gara di polo con un uomo politico straniero. Grazie al suo acume finanziario, Landon aveva potuto ritirarsi dagli affari a ventisei anni, e da quel momento aveva cominciato a viaggiare. Era stato in luoghi esotici, a volte così isolati che Dixie non li aveva mai sentiti nominare. Aveva sperimentato l'intera gamma di avventure di chi gira il mondo. Aveva provato di tutto, dal pellegrinaggio fino a un ashram in India alle gare di bob con la squadra olimpica svizzera. Landon aveva vissuto e amato apertamente e liberamente, dividendo la sua ricchezza con tutti, dovunque fosse. Dixie si afferrò al bordo del divanetto, travolta da un'onda di dolore cocente. Le sarebbe mancato tutto di lui: le telefonate notturne con cui la derideva per la sua inesistente vita sentimentale, la preoccupazione per la sua situazione economica, le domande sul suo livello di colesterolo, insomma tutti gli argomenti su cui Landon l'aveva perseguitata o coccolata, spesso facendole da madre, durante la loro lunga amicizia. Tra il dolore e il caldo del pomeriggio d'agosto, la saletta era diventata soffocante. Dixie prese dalla borsa una delle inutili carte di credito e la usò per farsi vento. «Misericordia, che caldo fa qui dentro.» «Ti scottano anche le orecchie, immagino. Perché ho appena saputo tramite un pettegolezzo telefonico che Louella Palmer è seduta nelle ultime file vicino a Caine, e lo sta assordando di chiacchiere. Sai, Caine, l'uomo che non ti fa nessun effetto.» E le mostrò il messaggio ricevuto 15
sul cellulare, nell'ovvia speranza di farla capitolare. Probabilmente pensava che il nome di Louella fosse il fuscello che le avrebbe finalmente spezzato la schiena. Tutti in città pensavano che l'argomento Louella fosse un punto dolente per Dixie, ma in realtà era vero il contrario, e Louella aveva mille ragioni per il suo risentimento. Un tempo era stata il braccio destro di Dixie e l'aveva aiutata a dirigere le Magnolie quasi come se fossero la sezione georgiana di un'organizzazione criminale. Erano state nemiche-amiche per un periodo, e alla fine, poco prima che Dixie lasciasse la città, rivali feroci. Adesso Louella non solo era la presidentessa delle Magnolie, ma era portata per gli intrighi come e più di Dixie a suo tempo. Viste dall'esterno le Magnolie erano decorose e raffinate, e si consideravano l'epitome della grazia e del fascino del Sud. Ma in realtà, come Dixie aveva capito anni dopo, non erano altro che delle snob elitarie dall'accento strascicato. E lei era stata la peggiore di tutte. Naturale che Louella fosse seduta vicino a Caine. Questo le dava ampio modo di ricordargli, una volta di più, che Dixie discendeva direttamente dai lombi di Satana. Caine è qui. Il cuore di Dixie accelerò i battiti come se qualcuno avesse premuto un acceleratore, ma le sue parole non tradirono la bufera che si stava addensando nel suo stomaco. «Sai che ti dico, Em? Spero proprio che Louella gli ricordi quant'è stato stupido a impegolarsi con una come me.» Ecco, beccati questa. Non sarebbe caduta nella trappola rappresentata da Caine Donovan – o Louella Palmer. Tutta la città aveva assistito alla tempestosa rottura fra lei e Caine, Louella ci si era trovata nel bel mezzo, e in una città piccola come Plum Orchard era ovvio che tutti speculassero su quel che sarebbe accaduto quando si fossero rivisti dopo tanti anni. Era naturale. C'era da aspettarselo. Ma allora perché lei era tanto sconvolta? 16
Perché quel che facesti fu imperdonabile, Dixie. E poi scappasti via senza nemmeno una parola di scuse. L'espressione di Em era stupefatta, i suoi occhi erano sgranati per un autentico shock in stile vecchio Sud. «Non posso credere che tu non abbocchi, Dixie» ammise. «Come puoi stare tranquillamente nella stessa stanza con lui, dopo tutto quel che è successo tra voi?» «Tecnicamente non siamo neanche nella stessa stanza. Io sono qui, lui è fuori nel foyer.» Già, a due passi da lei. «E poi, non abbocco più» concluse facendo schioccare i denti. «Certo che per essere una che stava per sposarsi e poi ha avuto la rottura più spettacolare che Plum Orchard avesse mai visto, per giunta nel bel mezzo della piazza principale, sei molto calma e rilassata!» Dixie si irrigidì. Sembrava che Em non riuscisse a decidere se odiarla o amarla, e anche se Dixie capiva di meritarsi quelle punzecchiature, il ricordo della rottura tra lei e Caine era ancora una coltellata nello stomaco, anche dieci anni dopo. C'era stata la pioggia, poi i tuoni, un sacco di urla e di accuse, perfino un piccolo incendio, e infine la morte definitiva della loro relazione, finita in pezzi sul pavimento di legno del gazebo nella piazza principale. Dixie rabbrividì. Non voleva rivivere quella sera orribile. «Scommetto che tua madre sta ancora piangendo per tutto il denaro sprecato in quella lussuosa festa di fidanzamento. E anche la madre di Caine.» E avanti con le punzecchiature. Dixie sapeva per certo che sua madre, Pearl, effettivamente stava ancora piangendo. Glielo aveva detto al telefono dal suo letto di dolore a Palm Springs, quando le aveva fatto promettere di porgere le sue condoglianze alla madre di Landon. Tuttavia le sue lacrime avevano sempre le caratteristiche di quelle del coccodrillo. 17
Pearl Davis non versava lacrime per gli esseri umani. Piangeva per gli investimenti andati male, per il conto in banca che si svuotava, e per essersi persa la fusione tra le due famiglie più in vista di Plum Orchard. Tutto per colpa di Dixie. E ancora adesso la madre di Caine, Jo-Lynne, non parlava con Pearl. Dixie cercò di reprimere un brivido di rimorso, acuto e doloroso come se la rottura con Caine fosse avvenuta solo il giorno prima. Un tempo le madri di Dixie, Landon e Caine erano state grandi amiche, tra le bellezze più rinomate di Plum Orchard e nell'ambito del Club delle Magnolie Senior. Perciò era stato naturale che i loro tre figli venissero, per così dire, nutriti dallo stesso biberon. Landon e Caine, di soli due anni più grandi di Dixie, erano stati i suoi protettori fin dalla nascita. E le loro madri, mentre giocavano a canasta ogni giovedì, organizzavano eventi nella chiesa battista o partecipavano alle riunioni di ogni club sociale che la loro cittadina riteneva essenziale per la buona educazione e la giusta attività mondana, avevano anche programmato che un giorno Dixie avrebbe sposato uno dei due ragazzi. Uno o l'altro andavano altrettanto bene, almeno secondo Pearl, Jo-Lynne o la madre di Landon, Charlotte. Erano come una famiglia, dicevano sempre le signore. Ma le cose non erano andate secondo i loro piani perché da adolescente Landon aveva confessato a tutti che avrebbe sposato Dixie solo se lei avesse posseduto degli attributi maschili. E che d'altro canto, gli attributi maschili di Caine non lo interessavano minimamente. Caine e Dixie sapevano da tempo che i piani delle loro madri erano inutili per quanto riguardava Landon, ma risultò poi che non erano così improbabili quando l'amicizia tra loro prese una svolta romantica al momento del loro ritorno a Plum Orchard, anni prima. «E allora, Mrs. Jo-Lynne ha poi di nuovo parlato con 18
Mrs. Pearl dopo l'incidente, o tra loro non corre ancora buon sangue?» insistette Em con un sorrisetto. Dixie alzò gli occhi al cielo. «Ma guarda un po', Landon, avresti mai pensato di non essere l'unico ficcanaso a Plum Orchard? Sarà Emmaline a ereditare il tuo incarico, non sei contento?» scherzò. Em le diede un colpetto sul braccio con il ventaglio. «Oh, smettila, e non preoccuparti. Ne sentiremo ancora delle belle da Landon, cara la mia Dixie. Davvero delle belle.» E le lanciò un'occhiata misteriosa. La stessa che le aveva rivolto quando Dixie aveva accennato alla telefonata dell'avvocato di Landon che la invitava alla lettura del testamento. Quella telefonata continuava a non avere senso, e per di più avrebbe mandato a monte i suoi piani. Dixie aveva programmato di andare e venire dal funerale di Landon in tutta fretta, perché doveva a tutti i costi evitare di imbattersi in Caine, Louella e le Magnolie, junior o senior. Il piano era di evitarli come una malattia contagiosa o come il rischio di schiantarsi contro un muro di mattoni al volante di una Maserati. Una vana speranza, evidentemente. Doveva pur sapere che Caine non si sarebbe mai perso il funerale di Landon, anche se ormai viveva a Miami. E poi, aveva diritto quanto lei di porgere l'ultimo omaggio a Landon, visto che era rimasto uno dei suoi migliori amici anche dopo che Caine e lei si erano persi di vista. Non farò finta che nessuno dei due esista, Pasticcino. Siete entrambi miei amici. Sarete sempre miei amici, e le cose stanno così, che ti piaccia no. E dopo queste parole dolci-amare, Landon le aveva dato un affettuoso bacio in fronte. Anche lei aveva mantenuto la sua amicizia con Landon, aggirando Caine, e dopo il suo rifiuto di camminare sulle uova, Landon l'aveva sempre aggiornata sulla vita e sui successi del loro comune amico. Dixie non lo avrebbe mai ammesso, tuttavia divorava avidamente quei brandelli di 19
informazioni come avrebbe fatto un randagio affamato con un vecchio osso. Incrociò le braccia sul petto e si voltò a scrutare Em, che ricambiò lo sguardo con occhi speranzosi. «E va bene, mi hai convinta. Ti dispiace spiegarmi che cosa significa Ne sentiremo ancora delle belle? Sei l'assistente dell'avvocato di Landon, perciò devi per forza sapere qualcosa. E mi lanci delle occhiatine strane da quando sono arrivata.» Gli occhi di Em saettarono verso la porta che univa la loro saletta alla camera ardente. «Oh, sono una semplice segretaria. Non so niente che non sappia anche tu.» Insospettita, Dixie drizzò le antenne interne e guardò l'altra socchiudendo gli occhi arrossati. «Oh, sì che sai qualcosa. Ma il mio acume è logorato dal lungo viaggio in macchina e ottenebrato dal dolore, perciò sputa fuori quel che ti opprime al punto che tra un po' scoppi.» «Ti assicuro, non c'è proprio niente» fece Em facendosi una croce sul cuore con la mano guantata. Guardò Dixie in faccia senza batter ciglio. «E adesso dovremmo darci una mossa, prima che ci caccino via per accattonaggio.» Fuori della porta si sentiva il mormorio dei molti visitatori che aspettavano impazienti il momento di entrare a porgere i loro omaggi. Con un profondo sospiro, Dixie diede un'ultima occhiata a uno dei ritratti preferiti di Landon. Con i capelli castani, i grandi occhi grigi e il sorriso che elargiva a tutti come se offrisse i dolcetti di Halloween, Landon era stata la personificazione della parola attraente. Addio, pensò. Ma come poteva dirgli addio per sempre? «Se vuoi davvero evitare l'uomo che non si può nominare e che non ti agita per niente... insomma, hai capito, Caine, sarà meglio che ti sbrighi» le sussurrò Em all'orecchio. «In questo momento è in coda fuori della porta, a quattro persone di distanza da noi – una di loro è una spogliarellista di Glasgow.» E sollevò il cellulare per mostrarle il 20
messaggio che aveva appena ricevuto da Augusta White. Lo stomaco di Dixie si tuffò verso il pavimento contorcendosi. La tentazione di dare un brevissima occhiata a Caine mentre varcavano la porta era così forte che le sembrava di impazzire. Non azzardarti a guardare, Dixie. Non farlo. No, non avrebbe tradito la propria curiosità sbirciando nella folla per cogliere la faccia di lui. Quella deliziosa, bellissima faccia scolpita. Non avrebbe ceduto. Si consolò con l'idea che erano circa dieci anni che non lo vedeva. Ormai Caine aveva quasi trentotto anni, forse aveva la pancetta e un principio di calvizie. Poteva accadere. Invecchiamento precoce, o qualcosa del genere. «Dai, Dixie, andiamo» insistette Em stringendo la sua mano. Con un'ultima occhiata alla faccia sorridente di Landon, Dixie sfiorò la foto. «Ricordatelo, dovunque tu sia» sussurrò. E aggiunse mentalmente le parole di saluto che aveva usato a ogni loro telefonata, prima di riagganciare. Ti amo più della mia stessa milza. È un bel po' d'amore, Dixie Davis, replicava sempre lui con una risatina. L'eco familiare della risposta di Landon alle sue dichiarazioni d'affetto suscitò un altro amaro singhiozzo. Landon Wells, protettore dei deboli, bello, ricco, intelligente, e uno dei migliori amici che una ragazza potesse avere, era morto dopo un rapido ma dolorosissimo cancro al pancreas. E adesso tutto era orribile, il mondo era cupo e insensato, il futuro era nero e solitario. Grosse lacrime sgorgarono dagli occhi di Dixie e le sue spalle sussultarono. «Oh, tesoro...» sussurrò Em cingendola alla vita in un gesto di simpatia. «Lui detesterebbe vederti piangere in questo modo, quasi quanto detesta essere morto. Lo sai 21
bene.» Dixie cercò di deglutire e l'altra aumentò la stretta. «Smettila immediatamente, Dixie Davis. Adesso dobbiamo andare al ricevimento organizzato da Landon, e corre voce che ci sarà Bobby Flay in persona. Non vorrai perderti i suoi bocconcini alla pancetta, vero?» Le parole di Em la convinsero a deporre la foto e a trarre un gran respiro per prepararsi ad affrontare la folla che aspettava fuori. Em aveva ragione. Landon non avrebbe sopportato di vederla così triste, così come aveva detestato che la gente lo compatisse dopo che gli era stata diagnosticata la malattia. E più volte le aveva ordinato di continuare a vivere, e anche di innamorarsi di nuovo. Trova qualcuno e amalo anche se fa male, Pasticcino, le aveva detto durante l'ultima telefonata, con la voce roca per la malattia. E per l'amor di Dio non piangere sulla mia salma. Diventi brutta quando piangi, ragazza mia. Con un altro sospiro, Dixie si volse a guardare gli occhi comprensivi di Em. «Hai ragione. Non vorrebbe vedermi piangere.» Quando Em aprì la porta affacciata sulla camera ardente, Dixie barcollò costringendo l'altra a sostenerla con un braccio attorno alle spalle. «Tu e la tua mania dei tacchi astronomici» osservò. «Un giorno o l'altro ti romperai una gamba!» Ma non erano i tacchi alti che la facevano barcollare, e nemmeno la folla di teste che al loro ingresso nella camera ardente si erano voltate di scatto, ansiose di vedere l'Orribile Dixie Davis dopo tanto tempo. Era Caine Donovan, e il breve sguardo che si erano scambiati mentre Em la trascinava tra due ali di candele accese lungo l'infinito corridoio dell'impresa di pompe funebri. Tra gli occhi azzurri di lui e quelli di Dixie era passata una scoppiettante scossa elettrica che le aveva fatto scorrere nelle vene ondate di calore ardente. Si erano detti tutto e niente in una sola occhiata da togliere il fiato, calda, dolce e infine sprezzante. Le sue preghiere che Caine fosse 22
ingrassato e avesse perso i magnifici capelli bruni non erano state ascoltate dalle autorità preposte all'invecchiamento. Accanto a lui, tronfia ma molto graziosa, stava Louella Palmer in un leggero ma rigoroso abito nero completo di cappello intonato, sotto la cui ala si scorgevano i lisci capelli biondi. Mentre Em e Dixie procedevano verso di loro, Louella infilò una mano possessiva sotto il braccio di Caine e guardò le altre due con il nasino alzato in modo impertinente, come per ricordare a Dixie che un tempo aveva infranto il codice d'onore dell'amicizia. Il colpo andò a segno. «Signore» disse Caine con un cenno, in un'impeccabile imitazione di Sean Connery. Em lo oltrepassò con tale fretta che Dixie dovette correre per tenerle dietro. Ma il significato dell'imitazione non era andato perduto. Un tempo Caine aveva usato quell'accento, e la sua incredibile abilità di imitare qualsiasi voce, in più di un'occasione intima. Sapeva benissimo che l'accento scozzese di Sean aveva un certo effetto su Dixie. E adesso glielo gettava in faccia. Grandioso. Con le guance arrossate, Em cinguettò deliziata: «Ah, quell'uomo... è talmente bravo! Non riesco a credere che non abbia mai usato il suo dono per far fortuna a Hollywood o qualcosa di simile». Ma continuò a camminare tenendo ferma Dixie, in modo che non cambiasse rotta. Dixie la interruppe con un colpetto sul braccio. «Lo so, lo so. È un sogno quando imita Sean Connery.» E Frank Sinatra, Jack Nicholson, Marlon Brando, addirittura Mae West. L'abilità di Caine nell'impersonare non solo le star del cinema, ma praticamente chiunque gli capitasse a tiro, li aveva spesso fatti ridere a crepapelle. Un'onda di nausea travolse Dixie incollandolesi addosso come una coperta bagnata, ma Em continuò a condurla verso la porta. «Già, appunto. E proprio perché è un tale 23
sogno, odiarlo è difficilissimo...» concluse imbarazzata. Finalmente uscirono nel calore di agosto. Il cielo si stava oscurando e incombeva su di loro, pesante come il cuore di Dixie. Brandelli di muschio pendevano dai rami della quercia accanto alla porta, trascinandosi fino a terra. Em ne calpestò qualcuno con i tacchi delle décolleté nere. «Ti chiedo scusa, ma è un uomo talmente per bene che disprezzarlo diventa orribile come uccidere dei cuccioli indifesi. Mi perdoni?» Dixie le fece un sorrisetto avvicinandosi al parcheggio su gambe ancora un po' instabili. «Ti perdono, ma solo se in segno di solidarietà femminile lo insulterai pesantemente. È l'unico modo in cui puoi fare ammenda.» Em premette il pulsante che sbloccava le portiere della sua Jeep, poi guardò Dixie al di sopra del tettuccio rosso squillante. «È la merda più grande che sia mai esistita» sussurrò mettendo le mani ai lati della bocca. «Più di Attila re degli Unni, o di Charlie Manson in un attacco di cannibalismo contro un gruppo di vergini indifese.» Poi fece un inchino scherzoso allargando la gonna del vestito nero. «Allora, sono perdonata?» Dixie sbuffò, poi sorrise. «Direi di sì.» Poi si allentò la cintura della giacca nel tentativo di rinfrescarsi un po', per quanto fosse possibile nel torrido agosto della Georgia. Em le fece l'occhiolino. «Sono stata brava, eh?» Dixie allentò la tensione con un profondo respiro. «Sei una brava persona, Em. Anche quando parli di cannibali e povere vergini.» E assaporò quel breve momento scherzoso. Forse riderci su andava bene. Landon avrebbe voluto che lei lo facesse. Dixie batté un colpetto sulla carrozzeria con un gesto deciso. «E va bene, muoviamoci. Andiamo a questa specie di baldoria prima che mi tocchi assistere alla lettura del testamento. Spero che tu dicessi sul serio a proposito dei bocconcini alla pancetta.» Poi salì in macchina, guardando nello specchietto per 24
un'ultima occhiata all'impresa di pompe funebri in cui riposava il suo unico vero amico. Il suo mentore, la spalla su cui piangere, l'ancora di salvezza a cui si era aggrappata quando tutto era andato a rotoli. E poi vide Caine uscire sul marciapiede. La sua sagoma alta e snella si stagliava sullo sfondo delle nuvole nere che stavano oscurando il sole cocente. Non avrebbe voluto, ma continuò a guardare la figura di lui che si faceva sempre più piccola contro il cielo violetto, finché non scomparve del tutto dalla sua vista. Déjà vu.
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Parla con me di Dakota Cassidy Quando Dixie Davis torna in città per il funerale del suo più caro amico, Landon, sa di avere un passato da farsi perdonare e di dover pagare il suo debito. Quello che certo non si aspetta è che Landon abbia deciso di lasciarle in eredità la sua redditizia attività di hot line, la Call Girls. Ma ci sono delle condizioni che Dixie deve rispettare: vivere a casa di Landon e per di più con Caine Donovan, il suo affascinante ex fidanzato, l'uomo che stava per sposare prima che tutto andasse all'aria. Anche Caine è in lizza per ereditare la società, le volontà di Landon, infatti, sono molto chiare al proposito: chi dei due riuscirà a procurarsi il maggior numero di clienti nuovi diventerà il proprietario della Call Girls.
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