Hr157 le brave ragazze

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Hanno sembianze umane, sono sempre più vicini…

I draghi sono tra noi.

Una serie epica senza precedenti firmata Julie Kagawa. Una guerra millenaria pagata col sangue, l’Ordine di San Giorgio li ha sterminati tutti, uno dopo l’altro. Ma alcuni di loro sono sopravvissuti… ora sono tornati, più forti, sono tra noi sotto il vessillo di Talon, i draghi combatteranno per riprendersi ciò che è sempre stato loro. A qualunque costo. “Un Fantasy moderno intriso di romanticismo, adrenalinico e coinvolgente. Una corsa sulle montagne russe delle emozioni.” School Library Journal

Julie Kagawa vi aspetta a Bookcity il

24 ottobre

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Frenetica, travolgente, adrenalinica. Questa sembra essere la vita all’Eastern Beaches Hospital… basta poco per far scoppiare una scintilla in corsia! Ruby, Tilly, Ellie e Jess sono quattro infermiere giovani, carine e libere, almeno per il momento! Questo è il diario della loro ultima estate da single.

NURSES DIARY La nuova serie medical che vi terrà compagnia fino a Dicembre con quattro irresistibili appuntamenti!

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Victoria Dahl

Le brave ragazze cercano l'uomo giusto (ma poi si innamorano)


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Real Men Will HQN Books © 2011 Victoria Dahl Traduzione di Clementina Vicano Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Romance ottobre 2015 Questo volume è stato stampato nel settembre 2015 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd) HARMONY ROMANCE ISSN 1970 - 9943 Periodico mensile n. 157 dello 09/10/2015 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 72 dello 06/02/2007 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


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Erano sei mesi che Beth Cantrell non pensava a lui. Più o meno. Beth si schiarì la gola e si sistemò sulla sedia, guardandosi intorno come se ogni cliente del birrificio avesse sentito la bugia che si stava raccontando. La verità era che aveva perso il conto delle volte in cui aveva pensato a Jamie Donovan: aveva rivissuto il paio d'ore che avevano trascorso insieme, aveva fantasticato su quello che avrebbe potuto succedere se fosse rimasta tutta la notte in quella stanza d'albergo. Negli ultimi sei mesi, però, non aveva mai considerato l'ipotesi di rivederlo. Mai una volta aveva pensato di chiamarlo, di contattarlo in qualche modo. In fondo, quelli erano stati i termini del loro accordo: una sera, una volta. Niente legami e niente aspettative. Aveva dovuto accettare quel patto, perché altrimenti non si sarebbe mai permessa di incontrarlo in quell'albergo. Non era il suo tipo. Non apparteneva alla cerchia sociale che frequentava. E sicuramente lei non apparteneva alla sua. Beth Cantrell gestiva il White Orchid, la lussuosa boutique erotica di Boulder. I suoi amici erano le sue impiegate, donne cui voleva bene come a sorelle. Erano audaci e forti e sessualmente progressiste. E uscivano con uomini affini: tatuati, traforati da piercing in ogni dove, istruiti e fighi. Assolutamente cool. 5


Beth, invece, non era cool. Lei era solo... Beth. Ma andava bene lo stesso, perché era la loro direttrice e le volevano bene, e facevano del proprio meglio per coinvolgerla nella loro sfera. Le combinavano gli appuntamenti con ragazzi come loro, amici di amici. Uomini che conoscevano e apprezzavano. Uomini che erano fighi e tatuati e progressisti. E con nessuno di quegli uomini era mai scattata l'intesa che era scattata con Jamie. Arrossiva ancora quando pensava a lui con quella polo perfettina e i pantaloni kaki, il suo bel sorriso e le spalle larghe. Sarebbe stato ancora meglio in giacca e cravatta: la personificazione dello studente modello della classe media. E Beth l'aveva desiderato tanto da star male. Non si erano mai visti prima, nonostante le piccole dimensioni della cittadina in cui abitavano. Ma in quella stanza d'albergo, con la promessa che sarebbe successo solo una volta... l'unicità dell'incontro l'aveva reso sicuro. Eppure, non riusciva a smettere di pensare a lui. E proprio nel mezzo del primo appuntamento decente che aveva da anni. «Ehi» la riscosse il suo accompagnatore, agitandole una mano davanti al viso. «Tutto bene?» Le sorrise, privando la domanda di qualunque acidità. «Scusa.» Prima che la sua mente partisse per la tangente in direzione Jamie, lui stava parlando di... qualcosa. Frugò nella propria mente. Qualcosa di artistico e importante a proposito degli esordi di Robert Mapplethorpe. «Scusa, davvero» ripeté. «Non mi ero resa conto di quanto fossi stanca finché il bicchiere di birra non è andato a segno. Di solito non sono così scortese.» Il suo sorriso le fece capire che non l'aveva presa sul personale. «Sono contenta che tu sia voluta venire alla festa con me. Faron e io siamo amici da anni, e non volevo perdermela; ho immaginato che anche tu la conoscessi.» «Sì, abbiamo amici in comune.» Il problema non era la 6


festa, né l'ospite d'onore. Il problema era che Beth non aveva avuto idea che la festa si sarebbe tenuta alla Donovan Brothers Brewery. Non finché il suo accompagnatore era entrato nel parcheggio del locale, e il cuore le era finito sotto i piedi. Da quando erano lì, aveva passato quarantacinque minuti a studiare i clienti e i camerieri, ma nessuna traccia di Jamie. Un bel colpo di fortuna. Jamie Donovan era il proprietario del birrificio, ma era notoriamente anche un amichevole barista. Perlomeno, questo era quanto aveva sentito dire; quando aveva trascorso del tempo con lui, in realtà aveva avuto l'impressione che fosse compunto e intenso. Non voleva rivederlo così. Non voleva che pensasse che lei aveva di proposito portato un altro uomo nel suo birrificio. Temeva che Jamie comparisse da un momento all'altro, ed era una vera tortura. «Faccio un salto alla toilette» dichiarò di punto in bianco. Vide il proprio accompagnatore afferrare una birra dalla cameriera, e regalarle un sorriso caldo e aperto mentre la ringraziava. «Vuoi che ne ordini un'altra anche per te?» domandò a Beth. «No, grazie...» Rimase a bocca aperta per una frazione di secondo. Oddio, si era dimenticata il suo nome! D'accordo, era il primo appuntamento, ma era stato così carino... «No, grazie» ripeté, afferrando la borsa e scivolando giù dallo sgabello così in fretta che rischiò di inciampare. «Torno subito.» Purtroppo, per raggiungere i bagni doveva passare accanto al bancone del bar, e le ginocchia minacciarono di cederle. Scrutò la zona, notando che il ragazzo alla spina era lo stesso giovanotto che aveva visto prima. Lasciò vagare lo sguardo ancora una volta sulla sala, il cuore che batteva un ritmo impossibile e terrorizzato. Non c'era, grazie al cielo. Quando imboccò il breve cor7


ridoio che conduceva ai bagni, quasi si mise a correre. Aprì la porta, ringraziò di nuovo il cielo che la stanza fosse vuota e si premette le mani sugli occhi. «Non è neanche qui» si rassicurò. Quando finalmente il cuore rallentò la corsa impazzita, appoggiò la borsa sul piano del lavabo e si lavò le mani con l'acqua gelida. Lo shock la fece sentire un po' meglio. «Andrà tutto bene» sussurrò, cercando di convincersi di essere pronta a tornare là fuori. Ma non appena incrociò i propri occhi spalancati nello specchio e vide quanto era pallido il viso, capì di aver bisogno di qualche altro minuto. Appoggiò le mani sul lavandino e si chinò in avanti. «Andrà tutto bene» ripeté. Due minuti, e poi sarebbe uscita a testa alta col cuore saldo nel petto. E per tutta la sera non avrebbe più pensato a Jamie Donovan. Che lo salvasse il cielo dagli emancipati sessuali. Eric Donovan incrociò le braccia e corrugò la fronte fissandosi le scarpe, cercando di processare ciò che aveva appena sentito dal proprio mastro birraio. «Wallace, giuro che non capisco. Faron è qui col marito. Suo marito. Come puoi esserne sconvolto? Se l'è sposato!» «È una canaglia libertina!» gridò Wallace, agitando il pugno in direzione della sala, il volto rosso di rabbia. Una canaglia? Eric si passò una mano tra i capelli. «Mi spiace, continuo a non capire. Hanno un matrimonio aperto. In effetti, sei proprio tu a uscire con Faron; come fa suo marito a essere un traditore?» Wallace Hood, un gigante barbuto che aveva tutta l'aria di tornare nel proprio capanno tra gli alberi tutte le sere, rivolse a Eric uno sguardo inorridito. «Io non esco con lei, amico. Io sono innamorato di lei. E certo che suo marito può tradirla, non essere stupido.» 8


Eric probabilmente avrebbe dovuto prendersela per l'insulto, ma era troppo confuso per reagire. Si guardò intorno nella sala fermentazione come alla ricerca di qualcuno che potesse aiutarlo, ma erano soli in mezzo ai serbatoi e ai barili vuoti. Scrollò le spalle e scosse la testa. «Mi spiace. Non ci arrivo.» Il mastro birraio sospirò e si passò una mano impaziente sulla barba spessa. «Ci sono regole di base, nei matrimoni aperti, e quel bastardo di suo marito ha smesso anche solo di fingere di seguirle. La tradisce. Le mente a riguardo. E poi le proibisce di vedere gli uomini che lei vuole vedere, perché non gli piacciono, dice. È quello che ha fatto anche con me, nonostante li conosca entrambi da anni. E poi stasera la porta qui, di proposito.» «Perché?» domandò Eric cautamente. «Mi sta provocando, perché sa che lo vedo per quello che è. Ho cercato di dirglielo, qualche mese fa. Faron è una regina, e lui non è degno neanche di baciarle i piedi. Ma lei è leale e vede sempre il buono nelle persone. Vuole concedergli una possibilità.» «Sembra molto dolce.» E lo era stata, l'unica volta che Eric l'aveva incontrata. In realtà, era rimasto stupito dalla sua voce pacata e dal sorriso timido. La ragazza minuta con gli occhi castani gentili non rispecchiava affatto le immagini che Eric si era creato rispetto a quello stile di vita. «Lei è dolce.» Wallace sospirò. «E si stava innamorando di me. E ora quel bastardo se la porta in California, e ha organizzato la festa d'addio per i suoi amici nel mio birrificio, di proposito.» Tecnicamente, era il birrificio di Eric, ma Wallace era possessivo e appassionato quanto qualsiasi proprietario, perciò Eric si limitò ad alzare gli occhi al soffitto. «Non puoi andartene adesso, Wallace. Ho bisogno...» «Be', non posso certo restare, no?» 9


E che cosa avrebbe dovuto rispondere? Sbirciò in cucina attraverso la parete vetrata della sala fermentazione. Nonostante l'ora tarda, c'erano ancora degli operai che facevano gli straordinari per aprire un foro per la ventilazione nel muro. Fece una smorfia. «Lei è qui, amico» mugugnò Wallace. «So che è un pessimo momento, ma è proprio qui.» Era assolutamente un pessimo momento. Il sistema di imbottigliamento si era messo a fare i capricci per la terza volta in un mese, erano indietro nell'etichettamento delle birre invernali, e la cucina era stata invasa da estranei. Certo, suddetti estranei erano stati incaricati da suo fratello e da sua sorella, tuttavia... Quelle modifiche al birrificio non erano un'idea di Eric, anche se le aveva approvate, e non voleva averci niente a che fare. «Ho proprio bisogno di te, stasera. Hai promesso di fermarti fino a tardi e di spostare quella piccola partita di chiara nei nuovi barili di quercia.» L'espressione di Wallace era così affranta che Eric avrebbe voluto rimangiarsi le ultime parole. «Ma...» Alla fine, capitolò. «Suppongo che si tratti solo di qualche ora.» «Arriverò presto domani mattina. Te lo prometto.» Eric sospirò. «Forse è un bene che si trasferisca in California.» «È una brava donna» ribadì Wallace, la voce sospettosamente roca. «Vuole fidarsi di lui, e non lo lascerà finché non sarà sicura che è veramente finita. Ma lui le spezzerà il cuore.» Eric continuava a non capire quale significato potesse avere il matrimonio per gente che frequentava più persone contemporaneamente, ma d'altro canto non aveva mai capito lo stile di vita del mastro birraio. Nonostante l'aspetto da montagna minacciosa, Wallace usciva con uomini, donne e persone che sembravano scivolare da un genere all'altro. Tuttavia questa era la prima volta che Eric l'aveva visto perdere il controllo. A quanto 10


sembrava, l'amore l'aveva colpito piuttosto duro. Eric si guardò di nuovo intorno, cercando di ignorare il senso di avida anticipazione. «D'accordo. Io mi occupo dei barili, tu...» «Oh, non so se mi piace l'idea che tu...» «Wallace» sbottò allora Eric. «Siamo già indietro rispetto al programma.» Wallace socchiuse gli occhi. Il mastro birraio era molto protettivo nei confronti della sua birra, quasi a rasentare l'ossessione. Ma la birra era anche di Eric, e quell'anno aveva già perso abbastanza controllo sulla propria vita. «Va bene» concesse infine Wallace. «Basta che non me la rovini.» Lanciò i guanti da lavoro sul tavolo e uscì a passo di marcia, sbattendosi la porta alle spalle. «Gesù» borbottò Eric. Di quei tempi, tutte le persone intorno a lui sembravano governate dall'amore e dal sesso. Suo fratello e sua sorella avevano intrapreso entrambi relazioni serie, e ora anche Wallace, un uomo che trattava i rapporti amorosi come uno sport professionistico, era disperatamente innamorato di una donna sposata. Eric si sentiva l'unico superstite immune a quella follia. Non che non l'avesse mai sperimentata. Ci era andato molto vicino solo pochi mesi prima, e persino quel breve assaggio l'aveva lasciato frastornato. Non riusciva a immaginare di dover affrontare ogni giorno una simile intensità emotiva. Forse poteva perdonare il fatto che i congiunti sembrassero aver perso il senno. Eric fece scrocchiare le spalle, cercando di scaricare la tensione. Lo stress di solito non lo turbava, se non altro perché non riusciva a immaginare un'esistenza che ne fosse priva. Quello che non gli piaceva era l'incertezza corrosiva che l'aveva perseguitato negli ultimi mesi. Una successione di incubi, uno dietro l'altro: accordi saltati, furti, frodi e ora quel pasticcio in cucina. Suo fratello Jamie stava trasformando il birrificio di fa11


miglia in un pub-birreria che serviva anche pizza, ed Eric aveva l'impressione di aver perso completamente il controllo. Storse la bocca al vedere l'ennesima nuvola di polvere delle macerie innalzarsi dalla parete della cucina. Avrebbe preferito starsene rintanato nella pace della sala fermentazione, ma purtroppo le botti avrebbero dovuto attendere un paio d'ore. Quando entrò in cucina, tuttavia, la sua espressione si rasserenò, nonostante il ruggito del flessibile: il locale poteva essere caotico e polveroso, ma Jamie se ne stava lì in mezzo a supervisionare con un sorrisetto soddisfatto stampato in faccia. Quello non era il sogno di Eric, vero, ma era il sogno di Jamie, e lui avrebbe fatto qualunque cosa perché si avverasse. Jamie si voltò a guardarlo con quello stesso sorriso. Ultimamente, il loro rapporto era stato più facile. Grazie al cielo. Era ancora instabile, ma Eric era sollevato come non mai che gli anni di lotte continue sembrassero ormai acqua passata. Si avvicinò al fratello e gli batté una pacca sulla spalla. «Come va?» «Alla grande!» gridò Jamie. Eric si soffermò qualche istante a osservare i progressi insieme a lui, ma non sapeva niente di forni o attrezzatura per ristoranti, perciò alla fine gli batté un'altra pacca sulla spalla. «Vado a dare un'occhiata in sala, a vedere che fili tutto liscio.» Mentre si avvicinava, fu investito dal frastuono di risate e chiacchiericcio che si alzava dagli avventori. Aprì la porta a vento e lasciò vagare lo sguardo sulla folla, cercando pigramente Faron e quella canaglia di suo marito. Prima che la porta si fosse richiusa dietro di lui, però, qualcuno gli andò a sbattere contro la schiena. Reagendo d'istinto, afferrò la donna per le spalle per impedirle di cadere; an12


che lei aveva teso le braccia, e la sua mano gli sfiorò il fianco mentre alzava lo sguardo. Il suo viso era così vicino che, per un momento, Eric pensò di avere le allucinazioni. Sorrise, nonostante le terminazioni nervose nelle punte delle dita paressero attivarsi a una a una; la sensazione progredì lentamente lungo le mani, poi le braccia. Ora che lei si era scostata con un sussulto, tutto il corpo di Eric sembrava percorso da una scossa elettrica. Beth. Aveva le mani sulle spalle di Beth Cantrell. E il cervello guizzò attraverso pensieri sbigottiti. Per la miseria. Aveva le mani sulle spalle di Beth Cantrell. Nel suo birrificio. Quando lei cercò di indietreggiare, lui strinse la presa mentre si guardava alle spalle. Jamie era ancora in cucina; purché non uscisse, sarebbe andato tutto bene. Niente danno niente affanno. Non c'era motivo di andare nel panico. Se non fosse che... che diavolo ci faceva lei nel birrificio? Era venuta a cercarlo? «Beth» cominciò, proprio mentre lei interrompeva il contatto. Il prurito alle dita lentamente si spense, ma si era trasferito al cervello. Se Jamie fosse uscito dalla cucina, Beth sarebbe stata terribilmente sorpresa di conoscerlo. Con l'accento su terribilmente. Lei fece qualche passo indietro ed Eric la seguì, sperando che, nel breve corridoio verso il retro, nessuno li notasse. «Ciao» ricambiò Beth sottovoce. «Va tutto bene?» «Sì. Assolutamente.» Era straordinaria quanto gli era apparsa sei mesi prima, altrettanto splendida e sofisticata. Quella sera non aveva raccolto i capelli neri, che le ricadevano sulle spalle in morbide onde. Il suo corpo, tutto gambe lunghe e fianchi generosi, l'aveva stregato fin dal primo 13


momento in cui l'aveva vista, e non era cambiato niente. Si abbeverò alla vista delle sue curve finché lei non lo oltrepassò con lo sguardo. Eric si guardò di nuovo alle spalle, ma non c'era nessuno. Se fosse arrivato Jamie, se qualcuno avesse pronunciato il suo nome... Dio, forse avrebbe semplicemente dovuto dirglielo. Magari non sarebbe stato tutto quel problema. Sai qual è la cosa divertente? Quando mi hai chiamato Jamie, alla fiera, avrei dovuto correggerti. In effetti il mio nome è Eric. Assurdo, eh? E lei si sarebbe messa a ridere e avrebbe scosso il capo e gli avrebbe detto che non aveva comunque importanza perché il loro era stato solo l'incontro di una sera. Già. Come no. Sarebbe stato fortunato se non l'avesse accoppato lì su due piedi, con uno di quei tacchi a spillo che portava. Al di là dell'adrenalina che gli scorreva nelle vene, a Eric fremeva ancora la pelle all'idea di esserle di nuovo vicino. Perché riusciva a vedere perfettamente quella sera, nella propria mente. Il suo corpo nudo. Le sue labbra socchiuse in un gemito. Il suo sedere fermo e sodo, i muscoli che si flettevano mentre la prendeva da dietro... Fu sopraffatto da un'ondata di calore. «Che cosa ci fai qui?» Anche lei sembrava accaldata; le guance si erano fatte purpuree. Era venuta a cercarlo? Nonostante l'ansia, Eric sperimentò un'improvvisa, feroce speranza. Voleva toccarla di nuovo. Voleva sentire quelle scintille. La bramosia. Il bisogno. Si avvicinò, tanto da toccarla. Quando Beth chiuse gli occhi, strinse i pugni per fermarsi quando ancora era in grado di farlo. Beth riuscì quasi a convincersi di averlo immaginato. Aveva lo stesso odore. E sembrava proprio lui: alto, capel14


li scuri, sopracciglia inarcate per l'ansia, come se non riuscisse mai ad accantonare le preoccupazioni, a prescindere dal mese o dal giorno o dall'ora. «Beth?» tentò di nuovo lui, e tutt'a un tratto lei ebbe la sensazione di avere nel petto un cuore troppo grande per la propria cassa toracica. Scosse la testa e aprì gli occhi. Lui si guardò alle spalle prima di riportare l'attenzione su di lei. «Come stai?» «Bene» riuscì a rispondere. «Molto bene. Sono qui per la festa.» «Oh.» Infilò le mani in tasca. «Conosci Faron?» «Sì! Io...» Spostò la borsa nell'altra mano, poi la riprese con la prima. «Esatto. Conosco Faron.» Non era del tutto una bugia: avevano amici in comune, negli anni erano state presentate un paio di volte. Il corridoio era troppo stretto, nonostante il metro e cinquanta di larghezza. Le sue spalle erano così ampie, e i ricordi di Beth troppo invadenti, e lo spazio sembrava non fare altro che rimpicciolirsi. Lui si schiarì la voce, evidentemente a disagio quanto lei. «Mi dispiace» si scusò quindi. «Non sapevo che la festa fosse qui, quando ho accettato l'invito. Sinceramente non avevo intenzione di...» «Certo che no» la interruppe in fretta. «Passa pure quando vuoi.» Ma i suoi occhi grigiazzurri saettarono di nuovo nervosamente verso il fondo del corridoio. Forse aveva una ragazza. Magari una delle cameriere. Beth pregò che la terra si aprisse e ingoiasse lei e il suo cuore martellante. «Sarà meglio che vada» tentò ancora. Eric fece un passo indietro. «Ottimo. Voglio dire, sicuro. Certo. Va bene. Divertiti.» Mortificata, gli girò intorno e tornò in fretta alla festa. «Bentornata!» la salutò il suo accompagnatore quando la rivide al proprio fianco. «Grazie.» 15


«Stai bene?» «Benissimo!» Sorrise e lui le porse la birra che non aveva ancora finito. Quando vide quanto le tremava la mano, Beth si sedette al tavolo più vicino e posò cautamente il boccale. Lui la raggiunse, e lei dovette nascondere una smorfia. Jamie li stava guardando? Bevve un sorso di birra per bagnare la gola secca. Guardò verso il bar, ma non lo vide da nessuna parte. «Mi spiace» offrì, poi però esitò di nuovo sul suo nome. «Io...» Davis! Ecco come si chiamava. Non David, ma Davis, da Miles Davis, e questo l'aveva reso automaticamente cool quando i genitori gli avevano dato il nome. Beth si sentì in colpa per il pensiero sarcastico, ma la sensazione svanì in un istante quando sentì una ragazza chiamare: «Jamie, eccoti qua!». Sollevò la testa talmente di scatto che la voce di Davis si interruppe come se lei avesse tagliato le sue parole con un coltello. «Beth? Sei sicura che vada tutto bene?» No, decisamente no. Ispezionò di nuovo la folla vicino al bar, non lo scorse. Mentre guardava, un bel ragazzo biondo con la maglietta del birrificio fece un cenno di saluto a una ragazza che si liberò da un capannello e gli riservò un forte abbraccio. «Ascolta, magari una festa d'addio piena di gente che non conosci non è il massimo per un primo appuntamento.» «No, non è questo.» Cercò qualcosa di spiritoso da dire. Cercò di concentrarsi su quell'uomo. D'accordo, era trendy e fin troppo cortese, ma era anche un bravo ragazzo. E aveva un sorriso che avrebbe sciolto il burro in un giorno gelido. Infatti, quando l'aveva incontrato aveva pensato che si sarebbe divertita, al loro appuntamento. Che avrebbe anche potuto essere tentata di toccarlo, di baciarlo. 16


Per la prima volta in sei mesi, Beth aveva pensato che forse aveva trovato un altro uomo capace di eccitarla. E come un genio del male evocato da quel pensiero, Jamie Donovan era ricomparso nella sua vita, ricordandole com'era stato con lui. Già, con Jamie non aveva dovuto chiedersi se il sesso sarebbe stato bello. Era riuscito a eccitarla solo offrendole il dessert: il modo in cui l'aveva osservata, lo sguardo incollato alla sua bocca mentre lei schiudeva le labbra. Aveva desiderato... Davis posò la mano sulla sua per un istante. «Vado a salutare Faron, poi possiamo andare.» «No. Mi dispiace, non voglio rovinarti la serata.» «Nessun problema. Dai, cerchiamo Faron.» Davis la prese per mano e la condusse attraverso la sala affollata fino alla donna minuta ai margini di un grosso gruppo di persone. Beth si chiese quanto fosse alta senza quell'afro perfettamente sferica, perché persino con quell'acconciatura non raggiungeva il metro e cinquantacinque. Un tipo smilzo coi capelli lunghi aveva il braccio sulle sue spalle, il sorriso possessivo in volto. Faron non stava sorridendo mentre si avvicinavano, ma quando vide Davis la sua espressione si illuminò. Abbracciò lui e Beth prima dell'addio. Il marito aveva accettato un lavoro a Santa Barbara, e nessuno avrebbe voluto lasciarla andare via. Nessuno, tuttavia, sembrava altrettanto triste per la partenza del marito. «Pronta?» le domandò Davis. «Sì» rispose, e si rese conto che era la cosa più sincera che avesse detto in tutta la serata. Prima di uscire dal locale, si guardò indietro un'ultima volta, ma non c'era traccia di Jamie. Lo shock delle fredde gocce di pioggia sul viso la riportò al presente. «Corri!» la incitò Davis, trascinandosela appresso. Beth 17


corse, e ora che ebbero raggiunto l'auto stava ridendo talmente tanto per il sollievo che faticava a respirare. Davis le aprì la portiera e la aiutò a salire in macchina prima di correre dall'altra parte e mettersi al volante. «Ho i piedi zuppi!» annaspò lei sfregando le scarpe sul tappetino. «Credo che una di quelle pozzanghere in realtà fosse un lago.» «Sei completamente zuppa» la corresse però lui. Le sfiorò la guancia, spostandole verso la tempia una ciocca di capelli bagnati. Un rivolo di acqua gelida le scivolò sul mento, e poi Davis si chinò su di lei e la baciò. Beth inspirò di scatto e sentì il suo sorriso sulla propria bocca. Quando le sfiorò di nuovo le labbra, Beth si sforzò di rilassarsi, di godersi il momento. Non c'era alcun motivo per cui non dovesse farlo. Lui aveva un buon odore; aveva socchiuso le labbra giusto per invitarla a fare altrettanto; e la sua mano era un tocco gentile sul viso. Beth sospirò e si impose di non pensare a Jamie Donovan: lui non aveva voluto rivederla, proprio come lei non aveva voluto rivedere lui. Ma poi Davis si tirò indietro e il bacio ebbe fine prima che avesse modo di convincersi ad apprezzarlo. «Sono davvero felice che Cairo ci abbia presentato» mormorò dolcemente lui. «Anch'io.» Ed era la verità. Se non pensava a Jamie, riusciva a immaginarsi di avere Davis come amante. Sapeva per esperienza che il primo bacio rispecchiava il comportamento di un uomo a letto. Per esempio, il tizio con cui era uscita due anni prima le aveva immediatamente infilato la lingua in bocca... e quello era stato il suo livello di sottigliezza e controllo durante il sesso. I preliminari erano consistiti in qualcosa del tipo: Preparati, tesoro, sto arrivando! Ma Davis... poteva essere davvero piacevole. «Comunque sia, devo ammettere» riprese avviando la 18


macchina e voltandosi verso di lei, «che non sei esattamente come mi aspettavo.» I suoi caldi pensieri si raggelarono. «Che cosa vuoi dire?» «Be', col negozio, la rubrica, e... lo sai. Cairo e il resto delle sue amiche sono...» Beth sapeva esattamente dove stava andando a parare. Si lisciò la gonna con una mano e nascose un sorriso di rassegnazione. «È solo che è da un pezzo che non esco con una donna che non sia piena di tatuaggi. Sei un po' una rarità, qui a Boulder.» A quelle parole, si lasciò andare a una risata genuina. Quantomeno era diretto. Si voltò a guardarlo e lasciò scorrere gli occhi sul suo corpo. Era più vecchio della maggior parte degli amici di Cairo, e un po' alternativo senza essere trascurato. Jeans scuri e una maglietta dall'aria costosa sotto una giacca di pelle tagliata su misura. E anche se riusciva a intravvedere qualche tatuaggio sbucare dai vestiti, non aveva nemmeno gli orecchini. Certo, c'erano sempre posti nascosti per i piercing... «Sono in molti a pensarlo» commentò lei alla fine, offrendogli la stessa onestà. «Non sono quella che la gente si aspetta che sia, immagino.» E anche se il suo tono era leggero, le parole le strinsero comunque il cuore in una morsa dolorosa. «Non mi dispiace essere sorpreso» replicò Davis. Era la risposta giusta, e Beth lo apprezzò, ma quando uscì dal parcheggio del birrificio in direzione di casa sua, il cuore le sprofondò nel petto. Non era quella che lui si era aspettato. Non lo era mai. E già poteva vedere come sarebbe andata a finire: gli piaceva a sufficienza, lo intrigava – dopotutto, gestiva il White Orchid, una boutique erotica di un certo livello. Poteva avere l'aspetto di una qualsiasi donna d'affari, ma trascorreva le giornate a ven19


dere articoli erotici e costosa lingerie. E passava le serate a dare lezioni di educazione sessuale e a scrivere consigli su un giornale come esperta di sesso. La facciata era affascinante, ma se si andava in profondità... Beth aggrappò le mani alla maniglia della borsa e cercò di non pensare. Rimuginava sempre troppo. L'unica volta in cui era riuscita a spegnere il cervello era stata con... lui. Era stato facile gestire il ricordo di Jamie negli appuntamenti che aveva avuto prima di quella sera con Davis; dopotutto, non era stata attratta da nessuno degli uomini con cui era uscita da sei mesi a quella parte, pertanto aveva trovato normale pensare a Jamie. Ma ora le rovinava anche gli incontri che avrebbero potuto portare a qualcosa, e Beth cominciava a perdere la speranza. «Sono contento di non essere venuto a prenderti in moto» stava dicendo Davis. «Correre sotto l'acqua è una cosa, ma in moto può essere davvero fastidioso.» Immaginò Davis col giubbotto di pelle, appoggiato a una moto, e lei che lo abbracciava. La fantasia avrebbe dovuto suscitarle un brivido – avrebbe avuto quell'effetto su qualsiasi altra donna a sangue caldo. Davis imboccò il suo vialetto e spense il motore per scendere ad aprirle la portiera. Poteva anche essere stato educato dagli hippy di Boulder, ma aveva imparato il galateo degli appuntamenti. Non c'era niente che non andava, in lui. E sicuramente non c'era niente di sbagliato nel modo in cui la baciò quando furono al riparo della tettoia d'ingresso. «Sei di nuovo bagnata» mormorò, la bocca che scivolava sulle gocce di pioggia sulle sue labbra. Magari avrebbe potuto esserlo, se si fosse concessa di cedere. Perciò, quando la sua bocca le domandò accesso, Beth socchiuse le labbra per sfiorargli la lingua. Ed era una gran bella lingua, la sua, calda e dolce contro la propria. Beth lo baciò e pensò di invitarlo a entrare. Aveva un 20


buon sapore, era alto e carino e, da quel che poteva intuire, avrebbe fatto un figurone da nudo. Lui le posò la mano sul fianco, le dita che si allargavano sulle sue curve mentre il bacio si faceva più ardente. Sì, poteva permettergli di toccarla. Sarebbe stato piacevole. Probabilmente anche per lui. Ma Beth non aveva tatuaggi, e non aveva piercing nascosti, e nonostante ciò che scriveva nei propri articoli, quello che le piaceva a letto era acqua e sapone proprio come tutto il resto di lei. Perciò per lui sarebbe stato gradevole, ma ne sarebbe rimasto anche perplesso. Finiva sempre così. La direttrice di una boutique erotica non avrebbe dovuto essere... erotica? Non avrebbe dovuto essere un tantino spregiudicata, a letto? O meglio ancora, molto spregiudicata? Non avrebbe dovuto essere più brava delle altre donne? Beth serrò gli occhi e cercò di disattivare il cervello, ma non funzionò. Non funzionava mai. Era troppo consapevole del modo in cui Davis stava serrando le dita sui suoi fianchi, segno della sua eccitazione, mentre lei stava solo... pensando. Di nuovo. Interruppe il bacio e prese un profondo respiro. «Grazie, Davis. È stata davvero una bella serata.» La sua mano rimase dov'era. «Anche per me.» Attese un battito, poi due, dandole la chance di invitarlo. Ma Beth non poteva farlo, non quella sera, con il pensiero di Jamie così a portata di mano. Non aveva alcun dubbio su come sarebbe andata a finire: avrebbe pensato tutto il tempo, paragonandolo a Jamie, paragonando se stessa alla donna che era stata quella sera, sei mesi prima. Doveva ritrovarla, ma non sarebbe successo adesso. Non con Davis. «Grazie» ripeté. Finalmente lui ritirò la mano e fece un passo indietro, la delusione appena leggibile nella sua espressione. «Ti chiamo. Magari la prossima volta osiamo di più. Cena?» «Magari» rispose maliziosa, regalandogli un veloce ba21


cio sulla guancia prima di rifugiarsi in casa. Appoggiò la borsa sul tavolo, quindi appese l'impermeabile nel guardaroba. Il suo appartamento era cosÏ silenzioso e tangibilmente solitario che si stava già pentendo di aver mandato via Davis mentre entrava in cucina per versarsi un bicchiere di vino. Gli aveva mentito, a riguardo; un boccale di birra non era stato sufficiente: avrebbe dovuto berne tre, e allora forse avrebbe avuto il coraggio di lasciarlo entrare. Avrebbe potuto cercare di lasciarsi andare. Non era impossibile. Ce l'aveva dentro di sÊ, da qualche parte, e non poteva venire allo scoperto soltanto con un uomo in particolare. Beth non l'avrebbe permesso.

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ne così scompigliato. Era sexy. E probabilmente suo fratello l'avrebbe preso in giro, e si sarebbero tutti messi a ridere, e lei adorava vedere Eric felice. «Sei pronta?» le domandò lui. E Beth lo era. Finalmente era pronta.

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Le brave ragazze cercano l'uomo giusto... di Victoria Dahl Spesso un solo assaggio non basta. Dopo quell'unica notte di bruciante passione ognuno avrebbe dovuto andare per la propria strada. È per questo che il serio e razionale Eric Donovan ha mentito riguardo alla sua identità. Si è spacciato per l'intraprendente fratello minore e Beth Cantrell ci ha creduto. Responsabile di un negozio di oggettistica erotica, lei è l'opposto di quello che ci si può aspettare. Seria e poco incline alle avventure dopo una brutta esperienza adolescenziale, Beth si è lasciata trascinare dal viso volitivo e dal corpo statuario di quell'uomo che ha saputo sorprenderla ed eccitarla al tempo stesso, almeno finché non scopre che...

Un'altra volta tu di Susan Andersen La prima notte di Tasha Riordan con Luc Bradshaw è stata la migliore della sua vita. Le due successive, quando lui è stato arrestato con false accuse e gettato in una prigione delle Bahamas, di sicuro le peggiori. Da quei tre giorni memorabili sono trascorsi ormai sette anni e Tasha tutto si aspetta tranne di vedere l'agente sottocopertura rientrare nella sua vita, nel suo ristorante e soprattutto nelle sue fantasie. Lei non può fidarsi di uno come Luc che deve mentire per lavoro, ma non riesce a fidarsi nemmeno di se stessa perché la chimica tra loro è ancora esplosiva e incontrollabile.


Romantiche vacanze a Virgin River di Robyn Carr La vita a Virgin River scorre come in un'altra dimensione, avvolta nell'abbraccio protettivo dei boschi che la circondano. Il luogo ideale per trovare rifugio e rigenerarsi. I fratelli Riordan hanno la reputazione di cattivi ragazzi, ma Patrick fa eccezione. Di indole gentile, in quest'ultimo periodo la sua vita è stata messa a dura prova a causa del lavoro super impegnativo come pilota della Marina. Se a questo poi si aggiunge l'incontro con Angie, l'affascinante nipote di Jack Sheridan, la situazione diventa davvero complicata e i suoi nervi rischiano davvero di saltare. Angie Le Croix è venuta a Virgin River per trascorrere un periodo di vacanza lontana da...

Il vero Natale di Julia Williams Catherine ama il Natale. Nel suo ruolo di "casalinga felice" questo periodo dell'anno è sempre stato per lei il perfetto happy ending familiare, ma la realtà dei fatti non potrebbe essere più diversa. Con un matrimonio che fa acqua da tutte le parti e la madre sempre più smemorata, il suo momento magico sembra del tutto offuscato. In più, suo marito Noel nasconde un segreto. La speranza di un Natale sereno riaccende anche il cuore di Marrianne che sta cercando di rimettere insieme i pezzi della sua vita dopo che Luke l'ha lasciata. Quando conosce Gabriel, che si sta preparando ai soliti festeggiamenti nascondendo la tristezza per il bene di suo figlio, questo incontro sembra riaccendere una luce nuova sulla sua esistenza, ma...

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