Hrc12 natale da carrington

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ALEXANDRA BROWN

NATALE DA CARRINGTON traduzione di Vera Sarzano


ISBN 978-88-6905-055-8 Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Christmas at Carrington's HarperCollins Publishers Limited, UK © 2013 Alexandra Brown Traduzione di Vera Sarzano Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione HM novembre 2015


Natale da Carrington


Prologo

Non credevo al colpo di fulmine, che si potesse davvero provare quella sensazione di vuoto allo stomaco, che il cuore potesse battere all'impazzata tanto da balzare fuori dal petto, proprio come nei cartoni animati, per lanciarsi in una danza improvvisata in mezzo alla stanza. Adesso invece ci credo eccome. E già, perché è esattamente ciò che ho provato la prima volta che ho posato gli occhi su Tom. E tra cinque minuti lui sarà qui, alla porta del mio appartamento. Credo davvero che possa essere l'uomo della mia vita. Lo spero. Suona e io vado in fibrillazione, ho il battito a mille. È arrivato. In orario. Il mio ex ha molto da imparare, questa sì che è puntualità. Mi precipito al citofono e quasi demolisco l'intero corridoio, ma prima di rispondere inspiro profondamente dal naso ed espiro a lungo dalla bocca. «Ciao» sussurro cercando di assumere un tono sofisticato, composto, alla Angelina Jolie per intenderci. Non credo che lei abbia mai rovesciato i mobili del corridoio correndo alla porta elettrizzata per l'arrivo di Brad. Oh no, decisamente no. «Sono io» dice Tom. Mmh, semplice e spontaneo. Mi piace. Per un nanosecondo sono tentata di chiedere Chi?, solo per darmi un'aura di mistero, ma lascio perdere. Non sono il tipo che fa di questi giochetti, nem-

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meno all'inizio di una relazione, quando ancora si deve imparare come comportarsi l'uno con l'altra. E poi non voglio che mi prenda per una panterona con una sfilza di uomini alla porta. «Ciao, Tom.» Guardo lo schermo e sorrido quando mi accorgo che sta cercando di domare i suoi folti ricci neri. Con quegli occhi nocciola e la perenne abbronzatura mediterranea è semplicemente meraviglioso e, se devo essere onesta, mai avrei osato pensare, nemmeno nei miei sogni più audaci, di avere la benché minima possibilità con lui perché con il suo aspetto e la sua posizione potrebbe uscire con una top model. Eppure, a differenza di quello che spesso capita alle persone come lui, non è un tipo arrogante. A volte devo darmi un pizzicotto... lui vuole me, la normalissima Georgie Hart di MulberryOn-Sea, taglia 46 nei giorni buoni, caschetto castano che spesso e volentieri ricorda più le orecchie di un cocker, soprattutto quando non gli do un po' di volume dormendo con i miei bigodini giganti. «Georgie, puoi scendere per favore?» «Certo» rispondo. E mentre prendo il cappotto mi domando che cosa abbia in mente. Avevamo deciso di rannicchiarci stretti stretti sul divano e guardare un film. Ho preso pop corn e gelato Häagen-Dazs. «Cambio di programma. È una sorpresa. Sbrigati, devi scendere subito.» Un bambino su di giri, ecco che cosa sembra, e io adoro questo suo lato del carattere così diverso dal solito atteggiamento serioso di quando è al lavoro. Anche Tom lavora da Carrington, il grande magazzino dove io gestisco il reparto accessori donna. In realtà lui è il proprietario del negozio; è il direttore generale, nonché azionista di maggioranza, quindi dobbiamo essere discreti. Non che agli altri membri dello

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staff dispiaccia, anzi a dire il vero lo adorano tutti, ma ovviamente nessuno vuole vedere il proprio capo abbandonarsi a effusioni sul posto di lavoro. Non credo sia appropriato per uno nella sua posizione, un capitano d'industria in ascesa, così è stato definito da un giornalista del Financial Times. Prendo le chiavi, mi chiudo la porta alle spalle, mi precipito giù per le scale e raggiungo il piccolo atrio. Tom è appoggiato alle cassette della posta, con un sorrisetto impertinente che gli illumina il viso. Mmh, mmh... un sogno! Potrebbe recitare in una commedia romantica, sarebbe il protagonista perfetto. Mi alzo in punta di piedi per baciarlo e lui mi attira a sé, mi stringe contro il suo fianco sinistro e mi avvolge con il suo delizioso profumo che sa di cioccolato. Un brivido mi percorre, voglio sentire il suo corpo contro il mio, ma appena mi avvicino fa uno scatto indietro. «Attenta. Non vorrai mica schiacciare il mio amichetto?» Strizza l'occhio. «Amichetto?» chiedo perplessa. «Esatto. Mr. Toast.» Tom mi guarda con un'aria da santarellino. «Mr. Toast?» ripeto guardando la giacca di Tom e, oh, mamma mia!, abbassa la cerniera e salta fuori un batuffolo peloso con una testolina nera. «Georgie, ti presento Mr. Toast. Si chiama così perché ha una gran bella faccia tosta.» «Un gattino! Hai un gattino?» Wow, ma quanto è dolce? Non solo è sexy da paura e ha un incredibile senso dell'umorismo, ma ama pure gli animali... è praticamente perfetto. «Come mai non me lo hai mai detto?» gli chiedo accarezzando delicatamente Mr. Toast. «E perché l'hai portato qui?»

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«Ehm, be', questo gattino non è proprio mio...» Tom mi guarda con due occhioni imbarazzati. «E di chi è, allora?» «Tuo?» Abbozza una sorta di sorriso e solleva un sopracciglio. «Non essere sciocco! Non puoi comprarmi un gatto.» Non ho mai avuto un animale in vita mia. «Certo che posso. Posso fare tutto quello che voglio. Non è dolcissimo?» Tira fuori Mr. Toast dalla giacca e se lo mette nell'incavo del gomito. «Povero piccolo, trema tutto.» «Direi che è il minimo.» Tom sospira e scuote la testa con aria preoccupata. «Perché dici così?» «Andiamo di sopra e ti racconto tutto.» Mr. Toast è un randagio, a quanto pare. Si è presentato nel cuore della notte alla porta di Tom, miagolando disperatamente, tutto tremante e ricoperto di fango. Tom l'ha portato in casa, gli ha preparato del pollo, gli ha fatto il bagno e poi gli ha permesso di dormire nel lettone con lui. «Allora, Mr. Toast può venire a vivere con te?» Siamo seduti sul divano e il gattino è ancora raggomitolato nell'incavo del suo braccio. Mr. Toast è molto timido e sembra quasi che la giacca di Tom sia la sua copertina di Linus. Tom si volta verso di me, mi scosta una ciocca di capelli dalla fronte e avverto un fremito. «Be'... è un amore.» Tentenno. «Ma non posso, non posso davvero. Io lavoro e lui dovrebbe rimanere da solo tutto il giorno.» «Si abituerà in fretta, vedrai... e scommetto che andrà in giro per il quartiere a fare il gradasso, o quello che di

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solito fanno i gatti, insomma. E se dovesse soffrire di solitudine, sarei felice di pagare una cat-sitter» mi propone mentre intreccia le sue dita alle mie. «Ma perché non lo tieni tu, scusa? Mi sembra che si sia già affezionato a te...» «Mi piacerebbe, ma casa mia non è adatta. Non con tutte le tele e i dipinti: ha già graffiato quello con i canali di Venezia.» «Ahi!» Mi ricordo quel quadro, è meraviglioso. La prima volta che sono andata da lui, Tom aveva appena iniziato a dipingerlo. Il suo è un vero talento, anche se lui minimizza: lo faccio solo per rilassarmi, sostiene. «E poi lo sai anche tu che sono sempre in viaggio per incontrare i fornitori o per le riunioni del consiglio d'amministrazione a Londra. Non sarebbe giusto. E comunque sono convinto che a fine giornata preferirebbe di gran lunga acciambellarsi su di te... ha i miei stessi gusti.» Tom sorride e mi attira dolcemente a sé prima di baciarmi in fronte. «Piantala.» Lo allontano mettendogli una mano sui pettorali compatti. «So benissimo che cosa vuoi fare.» «Cosa?» domanda con finta aria innocente. «Non ho forse detto la verità, Mr. Toast?» Prende le zampine del micio e le appoggia sul mio braccio. «Guarda che musetto... e che occhietti verdi e vivaci. Non ha nessuno, è un povero orfanello. E poi, oh, guarda...» Tom si interrompe e mi indica il gattino che ha appoggiato il suo minuscolo mento sul mio braccio. «Visto? Ti adora già.» Tom sorride e guarda Mr. Toast come un padre orgoglioso: il tempismo del cucciolo è stato perfetto. «Non è vero. È te che adora.» «Mmh, non lo so. Aspetta un attimo.» Lo prende, se lo avvicina all'orecchio e finge di ascoltarlo. «Come dici,

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piccoletto?» chiede a Mr. Toast. Si volta poi verso di me e prosegue: «Dice che se ti bacio, poi vorrai prenderlo con te». «Ah davvero?» Mi impongo di rimanere seria. «Sì.» Tom posa Mr. Toast sul tappeto, poi mi solleva il mento e mi fa sdraiare sul divano. Però non mi bacia. No, mi solleva le braccia sopra la testa, le tiene ferme sotto il cuscino e inizia a farmi il solletico finché non esplodo. «Bastaaaa! Ti prego» ansimo. Ho un disperato bisogno di sentire le sue labbra sulle mie. Avere il suo viso così vicino al mio è semplicemente divino, ma se non posso toccarlo è una vera e propria tortura. Alla fine riesco a liberare le braccia da sotto il cuscino del divano e mi aggrappo alla sua schiena. «Allora, può venire a stare da te?» Tom si solleva su un gomito. È sdraiato accanto a me e mi guarda con due occhioni da cucciolone. «Mi accollerò io tutte le spese. Veterinario, vaccini, cibo... tutto» mi supplica e io non riesco a non pensare a che persona meravigliosa sia. Gentile, divertente e amorevole verso i gattini randagi. Siamo onesti, avrebbe potuto far finta di niente. Sono convinta che molti uomini, svegliati nel cuore della notte, l'avrebbero semplicemente ignorato, ma Tom no. No, lui alle quattro di mattina ha accolto quella creaturina scheletrica e inzaccherata e le ha fatto un bel bagno. Questa sì che è vera tenerezza... «Okay, ma a una condizione.» «Qualunque cosa. Non posso sopportare l'idea di abbandonarlo in un gattile. Non ora, non dopo tutto quello che ha dovuto sopportare, e poi si è già abituato a un certo stile di vita. Sarebbe troppo crudele. Potrebbe diventare il nostro gatto. Così almeno quando sono via

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per lavoro so che lui è al sicuro.» Tom mi fa di nuovo il solletico. «Oh, adesso non esagerare» dico allontanando la sua mano e ricomponendomi. «Okay, allora, qual è questa condizione?» «Devi fare tutto quello che ti ordina Mr. Toast.» «Mmh... okay» risponde Tom ammiccante mentre con l'indice disegna dei cerchi sul dorso della mia mano. Mi piego verso Mr. Toast e faccio finta di ascoltarlo. «Dice che innanzitutto devi baciarmi.» Tom ubbidisce. Sento una vertigine nello stomaco mentre mi sdraio su un fianco e mi abbandono tra le sue braccia. Non credo di essere mai stata tanto felice in vita mia. Mai. E adesso abbiamo anche un gatto. Una responsabilità che ci assumiamo insieme, e si sa che cosa significa... sarà troppo presto per dirgli le due paroline magiche?

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Otto settimane a Natale È lunedì sera a Mulberry-On-Sea e a giudicare dal suo sorriso raggiante è evidente che Sam deve comunicarmi qualcosa di veramente importante. La faccio entrare in casa e lei si precipita nel mio salotto formato scatola di scarpe, portandosi dietro una folata di gelido vento invernale. Le prendo la mantella di pelliccia ecologica e la sistemo su un termosifone perché rimanga calda. «Fa un freddo pazzesco fuori.» Sam si sfila i guanti, si sfrega le mani e batte i denti come se fosse ibernata. «Mancano solo cinquantaquattro giorni a Natale, scommetto che quest'anno nevicherà. Te lo immagini? Un vero, bianco Natale, un Natale con la neve, non sarebbe magico?» «Assolutamente.» Le do l'ultimo numero della rivista I love tv. Sam adora le soap e i reality show. Come me. E in questo numero c'è uno speciale dedicato ai programmi di Natale. Stavo facendo la spesa da Tesco quando Sam mi ha mandato un messaggio chiedendomi di prendergliene una copia. «Grazie, Georgie.» Mi sorride e prende la rivista. «Sarà come trovarsi dentro un'enorme palla di vetro, di quelle in cui scende la neve quando le agiti. Potremmo

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anche andare a pattinare sul ghiaccio. L'altro giorno Mandy, quella che lavora in comune, è venuta a prendere un cupcake di cioccolato e arancia e un caffè aromatizzato al caramello e mi ha detto che installeranno una pista di pattinaggio in centro, in Market Square. Pare che porteranno delle renne vere e che ci saranno chioschi dove prendere la cioccolata calda con una montagna di panna montata e una spolverata di cannella... be' a dire il vero non si è dilungata in questo genere di particolari, ma insomma hai capito che cosa intendo. Di solito è così, no? E venderanno anche caldarroste e oggetti di artigianato totalmente inutili e assolutamente perfetti come regali di Natale.» Si ferma per prendere fiato e i suoi riccioli biondi rimbalzano sulle spalle. «Anzi, cercherò anch'io di avere uno stand. Potrei proporre tazze di vin brûlé fumante e panini con la salsiccia, quelli tutti unti, e magari anche delle torte alla frutta, a strati, altissime, con decorazioni natalizie e la copertura di morbido marzapane che si scioglie in bocca. Sì, le torte piacciono a tutti.» Sam è una vera buongustaia, nonché la proprietaria del Carrington Caffè, il bar al quinto piano dei grandi magazzini Carrington. È anche sempre aggiornata su tutti i pettegolezzi più succulenti che le raccontano i suoi clienti abituali: impiegati che lavorano in centro, vicino a Market Square, i dipendenti degli alberghi sul lungomare e praticamente tutti quelli che vivono o lavorano nel raggio di dieci chilometri da Carrington. Quando nella sala di yoga di Felicity Ashbeck-Smith, una cliente abituale che gestisce quello che può essere definito il tempio della filosofia olistica di Mulberry-OnSea, fu trovata una pianta di cannabis, Sam è stata la prima a saperlo. Il bar di Sam, comunque, è il miglior

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locale della città per gli amanti del tradizionale tè delle cinque. Cupcake e scone dolci ripieni di marmellata di fragole e ricoperti di panna, deliziose tartine artigianali farcite con prosciutto nostrano e chutney fatto in casa... non c'è niente di meglio dopo una dura giornata di shopping da Carrington, negozi e ozi, come recita il nostro slogan. «Ma chi se ne frega della panna montata alla cannella. Voglio sapere qual è la novità.» La spingo fino al divano e mi accascio sul mio pouf. «Mamma mia. Sono qui da cinque minuti e non te l'ho ancora detto, non posso crederci. Sto letteralmente esplodendo. L'ho saputo ieri sera, ma volevo dirtelo di persona. Georgie, appena te lo dico, muori.» Sam si avvicina e mi stringe il braccio. «Forza allora, dimmelo» la incoraggio. «Okay, te lo dico... al tre, però. Lo sai che lo desidero da tutta la vita, non sono nemmeno sicura di riuscire a dirlo ad alta voce perché ho paura che sia solo un sogno.» «Santo cielo, me lo vuoi dire, per favore?» Muoio dalla curiosità di scoprire di cosa si tratti. «Okay, respiro profondo. Uno, due, tre... sono incinta!» urla battendo le mani come una bimba emozionata. Sprizza gioia da tutti i pori e io ci metto un attimo ad assimilare la notizia. «Oh Sam, ma è fantastico, sono felicissima per te. Vieni qua.» Mi sollevo a fatica dal pouf a sacco e mi avvicino per abbracciarla stretta stretta. Da quando la conosco, e sono più di quindici anni, Sam ha sempre desiderato una famiglia numerosa. Abbiamo frequentato la stessa scuola privata, almeno finché mio padre non si è giocato tutti i nostri risparmi e io non sono stata cac-

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ciata. Ha venduto informazioni riservate della banca per cui lavorava e ha passato cinque anni e mezzo in prigione, ma questa è tutta un'altra storia. Io e Sam eravamo in camera insieme e lei spesso passava le notti rigirandosi nel letto a domandarsi che fine avesse fatto sua madre, Christy, un'arredatrice di interni fuggita a Los Angeles con una famosa rock star che l'aveva assunta quando Sam aveva solo cinque anni. È stato un trauma e, sebbene siano anni che Sam non ne parla più, credo che ancora oggi non riesca a spiegarsi il perché di quell'abbandono. Non la si può certo biasimare. Quella di sua madre è stata una fuga in piena regola. Era accanto a lei per la favola della buonanotte prima di sparire a colazione. «Congratulazioni! Anche a Nathan, chissà come sarà felice.» Mi riprometto di correre subito al negozio per bambini al quarto piano, lo farò domani prima di entrare in servizio. Poppy, la commessa, mi ha detto che la scorsa settimana le sono arrivate delle tutine a forma di coniglietto. Hanno anche le orecchie lunghe sul cappuccio e una codina vaporosa che si può attaccare sul sederino. Ne prenderò una rosa e una azzurra, per entrambe le eventualità. Ma se Sam volesse fare come Belinda e scegliere capi neutri? Belinda è un'altra cliente abituale e i suoi due bambini, un maschietto e una femminuccia, sono sempre vestiti allo stesso modo, con camiciole e pantaloni al ginocchio verdi o gialli. Una presa di posizione contro gli stereotipi di genere o almeno credo. Mmh, forse è meglio prendere anche una tutina giallo limone, non si sa mai. «Lo sai che Nathan è scoppiato a piangere? Dei bei lacrimoni virili, è al settimo cielo» mi confida Sam. «Ovvio che sia felice: stravede per te e adesso state

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per diventare una famiglia. È la notizia più bella del mondo. Posso dirlo a mio padre?» le chiedo, sapendo quanto sia affezionata a lui. Alfie Palmer, il meraviglioso papà di Sam, il carismatico e straricco proprietario della Palmer Estate, una delle più importanti agenzie immobiliari del paese, è morto all'inizio di quest'anno lasciandole in eredità tutti i suoi milioni. Ovviamente Sam e Nathan non hanno badato a spese per l'organizzazione del romanticissimo matrimonio in cima a una collina con vista sul Lago di Como. Ma senza Alfie non era la stessa cosa, e allora mio padre ne ha fatto le veci e io sono stata davvero fiera di lui. I genitori di Nathan vivono in Italia, quindi quella location era perfetta per la cerimonia e come punto di partenza per un primo viaggio di nozze attraverso l'Europa, seguito lo scorso mese da una seconda luna di miele a New York e alle Hawaii. «Certo che sì. Anche se forse è meglio aspettare un po', è ancora presto.» «Quando è previsto il termine?» «Non lo so ancora. Direi tra otto mesi.» Ride, ha gli occhi lucidi e gesticola esageratamente. «Allora potrebbe essere il frutto della luna di miele, eh?» commento calcolando mentalmente il numero di settimane trascorse. «Assolutamente sì. Accidenti, Georgie, ho appena avuto un'illuminazione ed è tutto merito tuo.» «Ah sì?» chiedo titubante. Con Sam non si può mai star tranquilli, a volte ha delle idee veramente folli. «Ma certo: se è una femmina la chiameremo Luna... quant'è romantico?» Un sospiro di sollievo. Per fortuna non ha pensato di chiamare il bambino Manhattan o Honolulu. «Anzi, no, aspetta. Aspetta un attimo.» Mi

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prende per il braccio e mi fissa ispirata. «Luna Miele Taylor! È perfetto, non credi?» sorride e allunga le mani sopra la testa come se stesse indicando le parole di un'enorme insegna luminosa. Sono allibita. Sam è innamorata dell'amore, è una sensale, una vera romantica, eppure non l'ho mai vista così elettrizzata in vita mia. Deve essere l'amore materno. Non avevamo mai parlato seriamente dell'eventualità di avere figli e io, a differenza della mia amica, non sono particolarmente interessata. «Assolutamente perfetto.» Chissà se Nathan sarà d'accordo, mi domando. È un avvocato specializzato in diritto navale, ricco e tutto d'un pezzo; mi sembra più il tipo da nomi tradizionali. «Sono felicissima per voi, dobbiamo festeggiare come si deve: cena in un localino elegante e bollicine. Per te succo d'arancia, ovviamente.» «Non puoi capire quanto sia contenta.» Sam sorride. «Niente più tequila per me...» Scrolla le spalle. «Potremmo provare quel nuovo ristorante giù al porto, quello che hanno aperto per i vip più glamour che arrivano a bordo degli yacht privati.» «Bell'idea, ma nel frattempo dobbiamo accontentarci di questi.» Apro una scatola di dolcetti natalizi a base di pasta frolla e frutta secca e glieli offro. Sam ne prende tre. La guardo di traverso. «Che c'è?» «Non ho detto niente.» Sorrido e la osservo divorare un pasticcino intero. «Uno per me e uno per il bambino» mi spiega masticando. «E quello?» chiedo indicando la tortina che stringe tra le dita.

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«Potrebbero essere gemelli.» Sam mi strizza l'occhio e si abbandona contro la spalliera del divano. «Il papà di Nathan ha un gemello e lo sai che cosa si dice, no? Pare che sia ereditario. Dio, quanto mi piacerebbe avere dei gemelli. Doppia dolcezza.» Scuoto la testa e rido, poi accendo il televisore e prendo un dolcetto. «Allora, a proposito di dolcezza e romanticherie, come vanno le cose con Tom?» Sam mi sorride speranzosa con gli occhi che le brillano di curiosità. «Bene...» Non so se sono pronta a raccontarle tutto del suo petto muscoloso, praticamente perfetto, o del suo delizioso profumo di cioccolato. O di come, quando parlo, mi ascolta attentamente inclinando la testa da un lato e sorridendo, o del brivido che provo se al lavoro mi lancia un'occhiata furtiva e mi strizza l'occhio con aria complice. «Bene, continua su. Non essere timida» mi sollecita tirandomi un calcetto sul gomito con la punta del piede. «Come è andato il vostro appuntamento di ieri sera?» «Perfetto, come sempre. È divertentissimo ed è anche un vero gentiluomo. Si è presentato con dei croccantini per Mr. Toast e con una scatola di cioccolatini belgi per me. Siamo andati a mangiare tapas in un ristorante spagnolo, abbiamo chiacchierato tutta la sera e poi abbiamo fatto una romanticissima passeggiata sulla spiaggia al chiaro di luna. È stata un'idea sua, e mi ha tenuto le scarpe quando per camminare sulla ghiaia mi sono messa a piedi nudi, poi ci siamo seduti vicino sul molo, abbracciati, e alla fine siamo tornati qui e...» «Allora! Vai avanti.» «Abbiamo parlato... di lavoro per lo più. Ha dei progetti per il negozio, vuole riportare Carrington ai vecchi

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fasti, all'originale magnificenza e magari aprire anche delle succursali in altre città. Cose così, insomma» le racconto, tenendomi il resto per me. Non le confido quanto sia difficile per lui portare a termine questi progetti e al contempo ignorare le malelingue che mettono in dubbio le sue capacità imprenditoriali perché ha solo ventinove anni... due più di me. Sam è la mia migliore amica, di solito ci diciamo tutto, e Tom non ha specificato che doveva rimanere un segreto, però probabilmente lo ha dato per scontato. A ogni modo, il fatto che si fidi di me mi lusinga e non voglio tradire la sua fiducia. «Mmh, tutto qui? Io voglio sapere del sesso. Lo so che ha viaggiato spesso per lavoro, ma ormai la vostra relazione a distanza va avanti da un po'. Hai Mr. Toast da più di un mese e, come ti ho già spiegato, accudire un animale insieme è un passo enorme. Praticamente è come convivere. Dimmi che almeno avete fatto qualcosa.» Sam mi guarda ansiosa. «Certo.» Sorrido ripensando alle sue labbra che premono decise sulle mie, alle sue dita tra i capelli mentre mi sbottona la camicetta, mi solleva la gonna e mi prende sul tavolo della cucina. È stato fantastico. Sembrava la scena di un film e al solo pensiero mi manca il fiato. «Ti sei spogliata?» «Mmh...» sorrido. Ieri sera è stata la nostra prima volta... be', la prima, la seconda e la terza, a voler essere precisi. Una tripletta perfetta sul tavolo della cucina e contro il muro del corridoio con un incredibile gran finale in camera da letto. Ogni volta meglio della precedente. Poi siamo rimasti svegli quasi tutta la notte, a chiacchierare e a ridere, a scambiarci confidenze imbarazzanti sulla nostra adolescenza e sfidandoci ogni tan-

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to a obbligo o verità. Ma non voglio rivelare tutto a Sam, non sono pronta. Preferisco godermi il ricordo della serata di ieri, serbarlo per me ancora per un po'. Sognavo di andare a letto con Tom dal momento stesso in cui gli ho messo gli occhi addosso, quando è entrato in mensa il suo primo giorno di lavoro. Ovviamente non sapevo che fosse Tom Carrington: lavorava sotto copertura e fingeva di essere un semplice commesso. Faceva parte del suo piano: voleva valutare i grandi magazzini partendo dal basso prima di acquistarli da sua zia Camille, nipote dell'autentico Harry Carrington, meglio conosciuto come Harry lo Sporcaccione per le libertà che si concedeva con le soubrette dei locali sulla Lovelace Road. Tom, però, mi ha assicurato che le scappatelle di Harry lo Sporcaccione non sono una caratteristica ereditaria, e la cosa mi solleva non poco. «Un bel corpo a corpo?» insiste Sam. «Piantala.» «È rimasto qui a dormire?» «No. Cioè sì, più o meno; doveva alzarsi presto perché aveva una teleconferenza su Skype con un fornitore estero e doveva recuperare almeno un po' di sonno arretrato.» «Quante volte vi siete visti, finora?» «Siamo usciti tre o quattro volte, ma con il fatto che è sempre in viaggio, a Londra per le riunioni con il consiglio o all'estero per cercare nuovi fornitori, sai che lui ci mette l'anima nel lavoro, non siamo riusciti a vederci quanto avremmo voluto.» «E allora? Georgie, lo sai che ormai si può fare sesso al primo appuntamento se ne hai voglia? E questo grazie alle suffragette. Ci hanno dato questa possibilità. Se vuoi scopare, fallo. Io lo faccio» dichiara Sam strizzando

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l'occhio, per poi assumere un'espressione seria. Per un attimo penso di dirle tutto. «E poi siamo onesti, Tom non è semplicemente affascinante, divertente, amante degli animali...» fa una pausa e guarda Mr. Toast che si è acciambellato su un cuscino e fa le fusa, «... è praticamente perfetto! Tienilo stretto, afferralo con tutte e due le mani... una su ogni...» «... chiappa» urliamo all'unisono prima di scoppiare a ridere. «Sì, lo so. Non ho bisogno che me lo ricordi.» Ripensare al suo bel fondoschiena sodo fasciato dai boxer della Calvin Klein mi fa arrossire. Prendo il telecomando e inizio a fare zapping da un canale all'altro. «Ferma! Torna indietro!» mi urla Sam togliendosi le scarpe e infilando i piedi sotto le gambe. Premo il tasto dei canali e intanto bevo un po' di vino per mandar giù la mince pie. Forse dovrei tirarne fuori dal congelatore un'altra confezione. Tesco sta facendo una svendita, una promozione speciale per Natale: compri due e paghi uno. Io ne ho comprate diciotto confezioni. «Ecco, questo. Guardiamo questo.» «Che cos'è?» «L'avrai sicuramente già visto. È quella nuova serie, quel programma in incognito con quella là.» La guardo senza capire. «Kelly Cooper. È una matta che con le sue idee folli e anticonformiste risolleva le sorti di compagnie indebitate, in liquidazione o che so io. Lo trasmetteranno tutte le settimane, da qui a Natale.» «Ho capito.» Prendo l'ultimo dolcetto di pasta frolla. La pubblicità è finita e una donna di una certa età, con dei ricci selvaggi stile Medusa di colore rosso e degli occhialetti verdi stranissimi, si rivolge direttamente al

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pubblico fingendo di sussurrare. È identica al clown Ronald McDonald. Indossa una salopette a motivi geometrici e un auricolare di plastica e continua a osservare uno schermo della sorveglianza. «Oh, eccola!» Sam è incollata allo schermo del televisore. Io butto giù un altro sorso di vino e sfoglio la rivista I love Tv domandandomi se non sia troppo presto per acquistare il pacchetto natalizio offerto da Sky. «Che cosa succede?» chiedo distrattamente mentre la telecamera inquadra una donna più giovane che, seduta in macchina, si infila un cappello a tesa larga e degli occhiali da sole. «Si sta preparando per entrare nel posto dove gireranno il programma. La location rimane sempre segreta finché non sono tutti dentro, per rendere la cosa più emozionante e più autentica. La scorsa stagione questo show si intitolava Kelly Cooper sale a bordo ed era ambientato su una nave da crociera italiana piena di marinai bellissimi... da svenire» spiega con uno sguardo trasognato. «Ah però, mica male.» «Era fantastico. Ho tutta la serie in un cofanetto. Te la presto. Comunque, prima di tutto valuta se l'azienda raggiunge un livello di produttività soddisfacente. Non succede mai. Lo show si basa proprio su questo. Poi li aiuta ad ampliare il loro giro di affari. Pensa a nuove proposte per aumentare il fatturato, cose del genere insomma. Adoro questo programma, te lo giuro.» Sam è quasi in iperventilazione. «Quella è Zara, la sua assistente super fashion. In realtà nella vita vera è sua figlia» aggiunge con sicurezza. «Ma questa è la vita vera...» Sono un po' confusa e soprattutto non capisco come ho fatto a perdermi questo

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programma fino a ora. Di solito quando trasmettono un reality show degno di questo nome io sono sempre in prima fila. «Mmh... sì, certo... comunque lei è quella che gira sotto copertura, ecco perché porta il cappello e gli occhiali; Kelly è troppo vivace e facilmente riconoscibile.» Io la definirei in un altro modo. Mi trattengo ed evito di ridere mentre Sam mi spiega tutto nei minimi dettagli come una fan scatenata: «Quello è il cameraman, è lì per riprendere quello che fa Zara, con una telecamera nascosta ovviamente. Non vogliono che i dipendenti si insospettiscano e si mettano a recitare; se si comportassero in maniera impeccabile rovinerebbero lo show. E sarebbe noiosissimo. Non lasciarti ingannare da Kelly: potrà anche sembrare una donna allegra e divertente, ma in realtà quando deve promuovere i suoi programmi e risollevare le sorti di un'azienda viene fuori il suo lato spietato e perfezionista. Dice le cose esattamente come stanno, e te le dice in faccia, non fa prigionieri lei. La scorsa stagione ha fatto licenziare cinque persone». «E perché?» chiedo, istintivamente dispiaciuta per quei poveretti che hanno perso il lavoro. «Non lo so, l'ho letto su una di quelle riviste di pettegolezzi. Probabilmente hanno riso mentre lei parlava. Non mi sorprenderebbe affatto. Lei è fatta così» conclude Sam. Mi squilla il telefono e quando vedo che è Eddie, l'altro mio migliore amico, nonché personal assistant di Tom (per la precisione boy assistant, o BA), rispondo immediatamente. «Accendi la tele, subito, subito, subito!» urla perforandomi il timpano e saltando a piè pari i saluti. «Okay, calmati, è già accesa?»

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«Bambolina mia, non ci crederai mai. Prepara le tue tonsille a U-R-L-A-R-E!» «Ma si può sapere di che cosa parli? Eddie, hai svuotato il frigo bar?» «Tesoro, ti prego, evita queste battute di pessimo gusto... non è il momento di farmi passare per alcolizzato. Taci e guarda.» Ubbidisco e fisso lo schermo. Sono impietrita. Immobile come la statua d'oro posata sul piedistallo di fronte alla stazione di Mulberry-On-Sea. Riconoscerei quelle pareti di legno tra mille altre. Sento il sangue pulsare nelle vene. La telecamera si avvicina a una signora che sta curiosando nel reparto accessori donna, sono sicura di non sbagliarmi. Sam fa uno scatto e si raddrizza a sedere, ma non dice una parola. Anche lei lo ha riconosciuto. È Carrington. Il mio Carrington! È il grande magazzino in cui lavoro. Inizio a sudare. È la paura. Mi viene da vomitare, un rivolo di sudore mi scivola lungo la schiena. Sam salta in piedi. Lancio la rivista per terra e Sam mi stringe la mano. Siamo in piedi, vicine, in silenzio. Rimaniamo letteralmente a bocca aperta quando la telecamera di Kelly, forse nascosta nel cappello di Zara, fa una panoramica del meraviglioso negozio in puro stile déco per poi soffermarsi sui pezzi di punta della collezione invernale. Proprio quelli collocati sul piedistallo che ho allestito un paio di settimane fa. Annie, una delle commesse che lavora con me, viene inquadrata. Se ne sta felice e beata dietro al bancone, girata di spalle rispetto alla telecamera e... oh cazzo!... sta scrivendo un messaggio al cellulare, senza nemmeno notare la donna che, mentre si ammira allo specchio,

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fa dondolare dalla spalla una magnifica borsa di pelle color caramello di Anya Hindmarch da novecento sterline. È lo specchio che io stessa ho voluto sistemare proprio là per invogliare le clienti a provare le borse. Anche l'ultima delle commesse lo sa: chi prova compra. Zara guarda Annie e poi, rivolta verso il cameraman, strabuzza gli occhi e solleva le sue sopracciglia semplicemente perfette, per far notare ai telespettatori che in quel negozio la stanno ignorando. La telecamera fa una panoramica sulla vetrina e... merda! Voglio morire! Qui, ora, nel mio salottino bonsai con un boccone di tortino natalizio in gola. Si vede solo il mio sedere che ancheggia al ritmo di Single ladies di Beyoncé. Sventolo persino la mano sinistra e mostro l'anulare. Scommetto che hanno usato il grandangolo per girare quella scena. So di avere il fondoschiena un po' grosso, ma non può essere tanto enorme. «Wow! Super sexy! Vai così tesoro... muovilo, muovilo, uuuuh! Sei stupenda.» Eddie parla come un teppista e a me sembra di essere sul punto di svenire. Quella sua vocina stridula nelle orecchie e il mio culo che ondeggia sullo schermo sono troppo per me. La mano che stringe il telefono si è chiusa in uno spasmo, ho le dita contorte come quelle di una vecchia decrepita e probabilmente si rattrappiranno ancor di più; sarò già storpia a ventotto anni. Perfetto. Una culona che fa mossettine da discoteca: che spettacolo orripilante! Ma che cosa mi è saltato in testa, eh? Di solito sono molto efficiente nell'avvicinarmi ai clienti e anche Annie è come me. Aspettiamo sempre qualche secondo perché a nessuno piace essere assalito non appena mostra interesse per un articolo. È vero, è possibile che a volte ci capiti di mandare un messaggio, quando la situazione è tranquilla, e infatti

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teniamo i telefoni in tasca senza suoneria. Però non ignoriamo mai i clienti. No, mai! «È una cosa eccezionale. Stai per diventare una star dei dramality show!» Ho paura che, a causa del tanto urlare, a Eddie possa venire un'ernia. È fuori di sé dalla gioia. «Una star di che?» grido, e per la paura e l'umiliazione la mia voce risuona stridula. «Ma sì... un dramality. Vero, ma inventato. Diventerai famosa. Sarai una celebrità e, siamo onesti, oggi come oggi è il sogno di tutti.» All'improvviso è diventato il massimo esperto in materia di cultura popolare. «Farai quel programma nella giungla e quando in Australia salterai giù da un elicottero ti si vedranno tutti i denti, le guance tirate indietro fino alle orecchie, tipo un babbuino. Il tuo guardaroba verrà criticato sulla rivista Now. Vincerai il premio BAFTA per il miglior film dell'anno. Oh tesoro, ho sempre saputo che avevi la stoffa della star.» Si ferma un attimo, credo che sia veramente emozionato. «Il sito del Daily Mail ti inserirà nella rubrica dei pettegolezzi. Farai un sacco di soldi con una tua serie di DVD dedicati all'aerobica. Creerai una tua linea di autoabbronzanti. Santo cielo... potresti perfino presentare un programma televisivo tutto tuo! Eddie fa una pausa, inspira a fondo per poi ricominciare il suo monologo. «Chissà se parteciperò anch'io allo show. Devi chiederlo a quella meraviglia del tuo uomo. Sai che cosa ti dico? Chiamalo. Subito! Digli quanto adoro Kelly. Sono un suo fan sfegatato da sempre, cara mia. Oh, aspetta un attimo tesoruccio.» Si sente un brusio soffocato, poi Eddie urla qualcosa al suo fidanzato, Ciaran: «Il mio vestito buono è ancora in lavanderia?». Di nuovo silenzio. «Eh? Chi se ne frega se

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stai guardando Top Gear sull'iPad. Controlla! Controlla nell'armadio, subito. Domani al lavoro mi serve quel vestito. È di vitale importanza.» Eddie ansima. «Te lo giuro, quel ragazzo non ha la minima idea di quali siano le priorità nella vita. Questo è il mio momento. Oh Dio, mi serve un manager! Chiamerò quella tipa bionda, Claire, quella della tele. Sì, quella che rappresenta Pete.» «Pete?» balbetto, andando a scavare nella memoria. Non ricordo che Eddie mi abbia mai detto di avere un amico famoso di nome Pete.» «Sì, Pete. Hai presente Peter Andre?» chiede Eddie irritato, quasi fosse il suo migliore amico fin dai tempi della scuola e io fossi l'unica persona sulla faccia della terra a non saperlo. «Non ti sembra di essere un po' precipitoso?» mi azzardo a dire. Io non voglio nulla di tutto ciò, lo so già. E perché Tom non me ne ha parlato? Certo che adesso gli telefono, ma non per convincerlo a chiedere a Kelly di inserire Eddie nello show. No, gli telefono per dirgli che mi sento offesa personalmente e che con ogni probabilità questa cosa è persino illegale. Non possono saltar fuori così dal nulla e filmare me e Annie all'interno di Carrington. E la nostra privacy? Questo è stalking! Ecco che cos'è! E i nostri diritti civili? Contatterò la corte internazionale di giustizia dell'Aja, loro sapranno dirmi se ho il sacrosanto diritto di andare al lavoro senza preoccuparmi del fatto che il mio deretano possa occupare l'intero schermo di ogni televisore della nazione. Di tutto il mondo, addirittura! Bisogna considerare anche tutti i contratti via satellite degli espatriati in Costa del Sol. Nonché gli hotel e i computer portatili. Oggi come oggi è possibile guardare i propri canali preferiti da o-

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gni angolo del pianeta. Oh, merda! Sto superando lo shock iniziale, ma sono ancora piuttosto sconvolta. E ferita, se devo essere sincera. Mi sento una scema perché ero convinta che Tom si fidasse di me. A quanto pare non abbastanza da farmi questa rivelazione di proporzioni titaniche, visto che non può essere stato organizzato dall'oggi al domani. Le trattative, come le definisce sempre lui, con la casa produttrice devono essere andate avanti per chissà quanto, però a lui non è nemmeno passato per l'anticamera del cervello di parlarne con me. E mi sento una scema perché gli sono bastati un paio di sguardi ammiccanti, qualche battutina e io ci sono cascata in pieno. Ho anche adottato Mr. Toast per lui. Ho persino letto libri d'arte rinascimentale per darmi un tono acculturato, per fargli capire che la sua passione per la pittura mi interessava. E per giunta quei tomi con la copertina rigida costano un occhio della testa. Questa è la dimostrazione che non ci si può più fidare di nessuno oggi come oggi. Rivolgo la mia attenzione di nuovo allo schermo e sento Kelly parlare direttamente alle telecamere. «Si direbbe che queste addette alle vendite preferiscano divertirsi piuttosto che servire voi.» E per sottolineare quel voi punta l'indice verso la telecamera, proprio come il Conte Kitchener nel poster della Prima guerra mondiale. Le mancano solo i baffoni alla Freddy Mercury. «Uuuuhhh!» Quello stronzo di Eddie se la ride, ah se solo potessi infilare la mano nel telefono e tirargli uno schiaffo! «Piantala!» «Scusa, chiappe d'oro, mi dispiace tanto. Ignorala. Lo dice solo perché è davanti alle telecamere. Lo sai che a

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questi personaggi televisivi piace smuovere un po' le acque. Tranquilla, non è una cosa terribile. Anzi, è emozionante... pensa: diventerai una vera star, proprio come meriti. Sei fotogenica al massimo, e tra un po' anche tu riderai di questo episodio. Te lo prometto. Adesso sei scioccata, ma è solo per la sorpresa. Sono il tuo migliore amico ed è compito mio avvisarti quando ti rendi ridicola... ma non è questo il caso. Ti giuro di no. Anzi, tutto il contrario. Sei sfacciata e splendida.» Non sto neanche più a sentirlo. «Ma come osa quella donna dire una cosa del genere? C'è qualcosa che non quadra, noi non ignoriamo mai i clienti. Non capisco come siano riusciti a dare un'impressione simile. Sam mi stringe forte la mano e mi rivolge un sorriso timido nel tentativo di rassicurarmi. «E poi chi è che dice ancora "addetto alle vendite", eh? Chi sarebbe fuori moda, poi?» «Non preoccuparti, tesoro, sono convinto che sulle vendite ne sappia molto più tu di lei. Pensa solo a tutti i vantaggi che ne ricaverai» riprende Eddie. «Davvero. Addio ai reality The only way in Essex e a Made in Chelsea, da adesso in poi c'è solo Carringtooooon!» canta come il protagonista di un musical a West End. Vedremo. «Devo andare» dico quasi in trance prima di riagganciare e lasciar cadere il telefono sul tappeto. Credevo che tra me e Tom fosse una storia seria, che il nostro fosse un rapporto speciale. Avevo addirittura pensato che potesse essere la mia anima gemella. Dicono che ci si renda immediatamente conto di chi sia l'uomo giusto per noi, e io l'ho capito appena l'ho visto. Ero in mensa, al buffet delle insalate, con le guance rosse e la bocca spalancata. Tom è la bellezza fatta persona, scuro e al-

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to. Gentile. Generoso. Intelligente. Artistico. Sensibile. Un po' sfrontato. Eccezionale a letto. Ma come ho fatto a sbagliarmi cosĂŹ? Se non si fida di me e non mi racconta un fatto tanto eclatante, se non mi dice che Carrington parteciperĂ a un reality show, che senso ha la nostra relazione? Evidentemente lui non ricambia i miei sentimenti. Per fortuna ho resistito e non gli ho detto le due parole fatali. Raccolgo il telefono e pigio i tasti con violenza per digitare il suo numero. Voglio proprio scoprire che cosa ha da dirmi.

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