Hrd1 amami o lasciami

Page 1


CLAUDIA CARROLL

AMAMI O LASCIAMI traduzione di Chiara Alberghetti


ISBN 978-88-6905-001-5 Titolo originale dell’edizione in lingua inglese: Love Me or Leave Me AVON/HarperCollinsPublishers © 2014 Claudia Carroll Traduzione di Chiara Alberghetti Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione HM marzo 2015


Amami o lasciami


Tre anni fa...


Chloe «Ssh, ssh, ssh» mi dice la mia migliore amica, Gemma, e intanto mi passa una manciata di kleenex. Evita di abbracciarmi, per non sgualcire l'abito da sposa. Ma adesso ormai non me ne frega più niente del mio ve­ stito stupendo, quello che sono riuscita a trovare solo dopo aver setacciato in lungo e in largo tutti i negozi di vestiti da sposa della nazione. «Va tutto bene, tesoro. Ma adesso cerca di raccontar­ mi cos'è successo.» Okay, penso, guardandola con occhi inespressivi. Me l'hai chiesto tu, quindi eccolo, ecco che cosa mi ricordo di ciò che è successo solo pochi minuti fa, quando la mia intera esistenza è stata letteralmente straziata. Il fatto è che sono solo una normalissima brava ra­ gazza, come ce ne sono tante, e questo non è ciò che succede alle normalissime brave ragazze, giusto? Così inspiro profondamente e comincio. Gemma non dice nulla, annuisce appena e aspetta finché non ho finito di parlare. «Ti passerà, vedrai.» «Dici?» Lei tace per un istante e io le sono grata della sua sincerità. D'altra parte, Gemma è una di quelle per­ sone che si sentono fisicamente male quando sono co­ strette a dire una bugia. «Vorrei solo poterti dire di sì.» 9


E i nostri cuori batteranno all'unisono Dawn Madden e Kirk Lennox-Coyningham Sono lieti di invitarti, in segno di amicizia, alla cerimonia della loro unione, che si terrà a Mount Druid, il 21 giugno, giorno del solstizio d'estate. La cerimonia si terrà nella cappella sconsacrata alle 14.00. I festeggiamenti avranno luogo al Vecchio Gazebo, e saranno seguiti dalla piantumazione di un albero commemorativo. Si prega di non rispondere per posta, per evitare inutile spreco di carta. Sono disponibili menù per vegetariani, vegani e persone intolleranti al glutine e al lattosio. A tutti i presenti saranno offerti mosto d'uva e vino biologico. Per favore, non fateci regali. Saranno comunque gradite delle donazioni all'Ente Nazionale per la Protezione delle Foreste. È possibile pernottare a Mount Druid, ma vi preghiamo di farci sapere se preferite una sistemazione in yurta mongola, capanna del pastore o cottage indipendente (quest'ultimo è provvisto di acqua corrente e toilette con carta igienica biodegradabile). (Questo invito è stato stampato su carta riciclata al 100%: per realizzarlo non è stato abbattuto nessun albero).

11


Jo e Dave La invitano cordialmente alla celebrazione del loro matrimonio Che si terrĂ il 15 febbraio presso la Chiesa di St Mary, ore 14.45 in punto per iniziare alle 15.00.

13


Abbigliamento: rigorosamente elegante. È richiesto l'a­ bi­to lungo per le signore. Si raccomanda di evitare l'abito da cocktail. Il ricevimento si terrà all'hotel Radisson Blue alle 19.00. La lista nozze completa è disponibile presso Brown Thomas (non sono ammessi regali scelti al di fuori della lista). Si prega di ricordare che: 1. Verrà messo a disposizione degli ospiti un servizio di bus navetta per raggiungere l'hotel. Si prega di se­le­zio­ na­re l'apposita casella qui sotto se interessati. 2. Tutti i bus navetta partiranno dalla chiesa alle ore 16.30 precise. Ciò è indispensabile per garantire un ar­ rivo puntuale all'hotel. 3. Si prega di rispondere entro il 31 dicembre in caso di e­sigenze alimentari specifiche. Ci raccomandiamo di ri­spet­tare tale data. 4. Si potrà prendere visione dell'assegnazione dei po­sti all'indirizzo www.ItsJosBigDay.com dall'1 gennaio. 5. Non sarà permesso gettare coriandoli o riso in nessun momento della giornata. 6. Gli ospiti che necessitino di pernottare possono consultare il documento allegato, che presenta un elenco di hotel organizzato in ordine decrescente di comfort e prezzo, con sistemazioni a partire dalla categoria cinque stelle. 7. Per qualsiasi domanda relativa al giorno delle nozze si prega di rivolgersi direttamente a Jo Hargreaves al­ l'in­dirizzo email jo_direttore_marketing@digitech.com Confidiamo in una Sua celere risposta e speriamo di rivederla nel nostro giorno speciale! 14


Lucy e Andrew si sposano!!! E sono molto lieti di invitarti alla festa più frizzante di tutte, quella che si terrà la notte di Capodanno al ristorante Pichet, Trinity St., Dublino. Ci dispiace, ma la cerimonia di nozze vera e propria si terrà in forma privata, il 24 dicembre, al Moon Palace Hotel di Cancun, in Messico. Scusate, non offendetevi! Per cortesia, vi chiediamo di non farci regali. Abbiamo già il nostro amore reciproco a renderci felici...

15


Ieri...


.1.

Londra Chloe La notte scorsa il vecchio incubo è tornato a persegui­ tarmi. Sono lì e non so se sia giorno o notte. So solo che è ancora il giorno del mio matrimonio, o meglio, quello in cui mi sarei dovuta sposare; in qualche modo sono riusciti a farmi uscire dal bagno in cui mi ero chiu­ sa a chiave, e mi sono stesa sul soffice letto dell'hotel, con addosso ancora il mio stupendo abito da sposa, ora tutto sgualcito, come una specie di Miss Havisham del romanzo di Dickens. E poi devono avermi dato un tranquillante, ma in dose sufficiente a sedare un ca­ vallo, perché invece dell'angoscia che mi aspettavo so­ praggiungesse, mi sento solo intontita e frastornata, come se fossi rimasta svenuta per ore. Le tende sono tirate e la stanza è nella semioscu­ rità, ma all'improvviso sento il respiro di qualcuno e vedo la sagoma indistinta di una persona distesa sul letto accanto a me. Frank? Magari è successo un mi­ racolo ed è davvero lui? Per un meraviglioso, brevis­ simo istante, la speranza prende il sopravvento su tutto ciò che la parte rimasta lucida della mia mente sta cercando di dirmi. Forse, per qualche meraviglioso portento, quello che è successo oggi è stato solo un'al­ 19


lucinazione e questa in realtà è la mia prima notte di nozze? Ma osservando meglio la figura assopita al mio fianco mi rendo conto che non è affatto Frank, ma Gemma, la mia migliore amica; si è tolta quell'orren­ do abito da damigella d'onore che l'ho praticamente costretta a indossare ed è tornata ai suoi soliti jeans abbinati a un top estivo, tutto svolazzante. È ancora qui. Ancora a vegliare su di me, da quel tesoro di angelo custode che è. «Mi sono sognata tutto?» chiedo nel sogno con voce roca, rivolta verso di lei. Gemma scuote la testa. «Purtroppo no, tesoro.» «E dove sono tutti gli altri?» «Be', molti dei parenti di lui hanno semplicemente sloggiato quando si sono resi conto che non ci sarebbe stato nessun... ecco, hai capito. Ma i tuoi genitori, la maggior parte dei tuoi parenti e una buona metà dei tuoi colleghi di lavoro hanno preferito svignarsela nel­ la tavernetta di sotto. Credo che tutti abbiano pensato che fosse meglio sistemarsi in un luogo più appartato, dato che, sai...» «Sì» dico, ancora mezzo imbambolata. «Lavoro qui. Credimi, lo so.» Sicuramente erano ancora tutti molto scossi per come, diciamo... si erano messe le cose quel giorno. Sarei davvero sciocca se non pensassi che questo non sarà il pettegolezzo della città negli anni a venire. Po­ vera mamma. Dopo tutta la fatica che ha fatto per tro­ vare le scarpe che si abbinassero al vestito. «E poi, cos'è successo? Voglio dire... dopo.» «Non ti devi assolutamente preoccupare di questo, tesoro» dice Gemma risoluta. «Quella wedding planner inquietante, come si chiama... sì, insomma, ha gestito il tutto egregiamente. Dio, avresti dovuto vederla. Si è 20


meritata ogni singolo centesimo che hai dovuto sbor­ sarle già solo per come è riuscita a contenere i danni. Tuo padre ha pronunciato un breve discorso in chiesa, ed è stato tutto molto...» «Molto come?» Lei mi guarda, come se stesse valutando se sia il caso di dirmi proprio la verità oppure no. Ma tanto lo so che mi dirà tutto. Perché questo è un incubo che ho già vissuto. «Be'... mi verrebbe da dire solenne, ma mi ricordo di averlo sentito esclamare "Se quel bastardo prova ad avvicinarsi ancora a mia figlia lo prendo a calci nel culo." Oh, e poi ha rincorso Frank giù per le sca­ le fino al parcheggio sotterraneo, e ha minacciato di denunciarlo per rottura di promessa di matrimonio. Ho pensato che ci sarebbero voluti dei bodyguard belli piazzati per trattenerlo. Ringrazio solo che non aves­ se delle mazze da golf a portata di mano, altrimenti avrebbe mandato Frank dritto all'ospedale.» Sorrido, e la cosa sorprende anche me. Ma d'altra parte papà è un avvocato, è abituato a minacciare le persone. «Hai parlato con Frank?» riesco a dire, ancora mez­ zo intontita. Gesù, cosa mi hanno dato? Un panino con il valium? Un anestetico per rinoceronti? «Sì, ma solo per un attimo. Stava caricando delle va­ ligie nel bagagliaio dell'auto e mi ha detto di dirti che ti avrebbe chiamato.» «Cosa?» dico, tornando immediatamente lucida. «Tutto qui? È stata questa l'unica cosa che quello stronzo ha saputo dirti? Cioè, lui mi spezza il cuore, mi umilia davanti a tutto il mondo e tutto ciò che riesce a dire è "dille che la richiamo"?» «Be', a dire il vero quella è stata la sola cosa che ha potuto dire. Ho tralasciato di raccontarti di come l'ho 21


picchiato con il filo di metallo del mio bouquet, nella speranza di causargli almeno dei danni permanenti, a quel vigliacco.» La abbraccio con affetto, e la benedico dentro di me per la sua lealtà, poi mi rituffo tra i soffici cuscini dell'hotel. Adesso che sono veramente sveglia, lo sento arrivare. Eccolo, quello che ho continuato a rimandare per tutto il giorno. Mi sono imposta di non rivivere l'esperienza orribile che mi è capitata oggi, ma adesso non mi è più possibile; è inevitabile, come uno scontro imminente tra due auto. Ma dov'è che ho sbagliato? Che cos'è che non sono riuscita a capire? Poi, lentamente, comincio a sentire lo stomaco che mi si contorce, mentre tutto mi torna in mente a poco a poco. La spaventosa cena di prova di ieri sera, tanto per cominciare. È iniziato tutto da lì. Quella è stata la prima volta in cui ho avvertito, proprio all'altezza del plesso solare, la fastidiosa sen­ sazione che ci fosse qualcosa fuori fuoco. Il fatto è che Frank manda chiari messaggi con il linguaggio del corpo. Quando si sente un po' a disagio diventa irrequieto e non riesce a mantenere il contatto visivo, soprattutto con la persona che lo fa sentire in difficoltà. Ma in quel momento io pensavo che fosse solo un po' teso, niente di più. Mi ricordo persino di averlo guardato, dall'altra parte del tavolo, in un modo un po' ingenuo, persino tenero, razza di scema che sono. L'indomani saremmo stati al centro dell'attenzione di centoventi persone, ho pensato, quindi chi poteva biasimarlo? Devo ammettere che mi sentivo un po' stanca anch'io. Ho trascorso inutilmente delle ore a pensare a cavolate assurde, come preoccuparmi che i fiori dei centrotavola si sciupassero prima che gli in­ vitati potessero ammirarli (e, conoscendo i miei colle­ 22


ghi, anche portarseli a casa, alla fine del ricevimento). Ma nemmeno nelle mie più ardite fantasticherie avrei mai potuto pensare che sarebbe successa una cosa del genere. All'improvviso i ricordi cominciano ad affastellarsi nella mia mente, quasi con violenza. Ho un'immagine molto vivida di stamattina, della mia visagista, una ragazza adorabile di nome Zoe, che strilla come un'i­ sterica: Oh Santo cielo, lo sposo! Che cosa cavolo ci fa qui?! Vattene subito!, quando Frank ha bussato con di­ screzione alla porta della mia camera d'hotel, dove ci stavamo ancora tutte preparando. Mi ricordo che mia nipote Emma ha detto: «Frank! Lo sai che porta sfortuna vedere la sposa poco prima della cerimonia!». Emma, con quelle sue scapole ma­ gre, emaciate. Mi pare di rivederla mentre si spruzza una quantità di autoabbronzante perfino superiore a quella che si vedrebbe su una finalista di Ballando con le stelle. Subito un altro pensiero mi rimbalza nella mente confusa. Poveretta. Non vedeva l'ora di farmi da damigella oggi. Si è persino iscritta apposta al pro­ gramma Weight Watchers e ha perso ben cinque chili. A scuola è diventata oggetto di invidia delle compa­ gne, tanto è magra. Adesso cosa dovrei fare? Non so se darle da mangiare o se farci un brodino, con quelle ossa. Frank comunque non voleva spostarsi di lì, e se ne stava impalato guardandoci tutte con occhi da pesce lesso. Occhi completamente inespressivi, ora che ci penso. «Ehm... scusate se vi interrompo, ma non è che per caso avresti un minuto, Chloe?» mi ha detto lui, esi­ bendo di nuovo chiaramente tutti quegli indizi silen­ ziosi della sera prima, in caso non me ne fossi accorta. Quell'irrequietezza rivelatrice. 23


«Oh, com'è romantico!» Mi sembra di risentire mia madre che praticamente urla alla ragazza che le sta facendo la messa in piega, per coprire il rumore del fon. «Sono sicura che Frank vuole darle un delizioso regalino per le nozze prima della cerimonia. Probabil­ mente un gioiello, sì, sarebbe da lui. Aspettate e vedre­ te, Chloe lo ha saputo istruire ben bene quel ragazzo!» Mi ricordo di essermi sentita cogliere alla sprovvista quando lui è apparso così, di punto in bianco, ma nulla di più. Ho pensato stupidamente che dovesse trattarsi di un problema con i fiori da mettere all'occhiello, o con le sedie per la cerimonia. Perché come avrei mai potuto prevedere quello che sarebbe successo? Mi sento sopraffare da un'ondata di nausea quando il ricordo di tutto quello che è seguito mi colpisce in pieno viso, rinnovando il dolore che ha portato con sé. Mi accorgo che sto sudando freddo, mi sento appicci­ cosa e scossa da un debole tremito. Mi chiedo quando potrò riprendere il controllo della mia vita, che ora mi è sfuggita completamente di mano. «Chloe» dice Gemma dolcemente nel buio della ca­ mera. «Sono qui se ti va di parlare.» «Vuoi sapere quali sono state le ultime parole che mi ha rivolto Frank?» riesco a dirle con voce rauca. «Dimmi.» «Ha detto: "Adesso farei meglio ad alzarmi. Mi si è intorpidita la natica sinistra a forza di stare seduto su questo pavimento piastrellato".» «Ah, caspita, che irriducibile romanticone.» Anche nell'oscurità mi pare di vederla che alza gli occhi al cielo. «Comunque sul serio, Chloe, non avresti potuto sposare Frank» continua Gemma, puntellandosi su un gomito per guardarmi. «Voglio dire, dai, le avvisaglie c'erano tutte... io avevo cercato di metterti in guar­ dia...» 24


«Scusa» la interrompo, con gli occhi incollati al sof­ fitto, «ma non posso farcela adesso. Ricordati che que­ sta dovrebbe essere la mia prima notte di nozze.» Gemma mi guarda intensamente. «Devo forse ricordarti le grandi storie d'amore del passato tutte fallite miseramente? Carlo e Diana? Liz Taylor e Richard Burton? Jennifer Aniston e Brad?» Riesco a scuotere debolmente la testa e poi mi giro dall'altra parte. Il tessuto fresco dei cuscini dà un po' di sollievo alla mia testa pulsante. «Per amor del cielo, guardati, sei completamente sfi­ nita» mi dice Gemma con fermezza. «Che ne dici se adesso ti rimetti a dormire e ti fai un altro bel pisolino, tesoro? Vedrai che domani andrà tutto meglio. Fidati. Adesso ti lascio in pace e faccio in modo che nessuno ti disturbi.» Esce dalla camera in punta di piedi – come se fos­ si convalescente da un importante intervento a cuore aperto e non potessi sopportare nemmeno il rumore di una porta chiusa piano piano – e mi ritrovo nuova­ mente sola. Con la mente che galoppa. Che cosa posso fare? Dormire di nuovo, poi domani alzarmi e cercare di rimettere insieme i cocci della mia vita in qualche modo? Tornare al lavoro e affrontare tutti i miei colleghi? Proprio nello stesso hotel dove si sarebbe dovuto tenere il mio ricevimento di nozze? E dove, a peggiorare ulteriormente il tutto, io e Frank abbiamo lavorato fianco a fianco negli ultimi anni? Poi da qualche parte mi arriva un filo di speranza, e mi ci aggrappo con tutte le forze. Forse posso sempli­ cemente buttare tutto sul ridere? Sottrarmi all'umi­ liazione facendo finta che è stata una decisione presa di comune accordo e che io e Frank in realtà siamo rimasti buoni amici? 25


Ma anche se trovassi la forza per farlo, in fondo lo so che non potrei. Perché come farei a tornare al lavo­ ro e fingere che non sia successo niente? Come potrei stare in una sala cerimonie con lui e trovare la forza di sorridergli, come se non mi avesse strappato le viscere e non me le avesse sbattute contro un muro? Come posso semplicemente continuare la mia solita vita e cercare di tirare avanti in qualche modo? Persino nello stato semicomatoso in cui mi trovo capisco che non è possibile. Non. Ce. La. Posso. Fare. Poi all'improvviso mi viene un'idea, così dal nulla. Non devi, mi dice una vocina sorta dentro di me. Non devi affrontare nessuna di queste situazioni, se non lo vuoi. Chi ti obbliga a farlo? Puoi anche fare le valigie e andartene. Ricomincia una nuova vita, ricomincia daccapo. Ricomincia adesso. Subito mi ritrovo seduta sul letto, la schiena ritta, il cuore che sembra stia per schizzarmi fuori dal petto come nei cartoni animati. Sto cominciando seriamente a pensarci. Londra, potrei andare a Londra, no? Non è tanto lontana da Dublino da indurre la mia famiglia a pen­ sare che abbia completamente perso la testa, ma allo stesso tempo è abbastanza distante da farmi vedere le cose da un'altra prospettiva. Ho persino una vecchia amica, lì, che non è riuscita a venire al mio matrimo­ nio. Magari potrebbe ospitarmi per un po'. Abbiamo anche studiato gestione alberghiera insieme all'uni­ versità, quindi chissà, potrebbe pure segnalarmi qual­ che opportunità di lavoro per cui potrei candidarmi. Per la prima volta in tutta la giornata mi sento per­ vadere da una nuova energia. Già basta il solo pen­ siero di una nuova vita in una città completamente sconosciuta, dove non sarò etichettata per sempre 26


come la ragazza che è stata mollata il giorno del suo matrimonio, per farmi balzare in piedi e cominciare ad aprire l'allacciatura della parte posteriore dell'a­ bito da sposa. Ho già un mucchio di vestiti sistemati dentro le valigie, tutte cose che mi sarei dovuta por­ tare dietro per la luna di miele. Lo ammetto, si tratta soprattutto di biancheria intima un po' barocca, ma so che da qualche parte devo avere almeno un paio di jeans e un maglione caldo. Dopo dieci minuti sono già fuori dalla porta, con un piccolo trolley al seguito, e percorro in punta di piedi il corridoio deserto, come una fuggiasca. So che tutta la mia famiglia e i miei amici sono ancora nella tavernet­ ta, che si trova nel seminterrato, quindi se la fortuna mi assiste sono poche le possibilità di imbattermi in uno di loro. Do un'occhiata al cellulare e rimango stupita nel rendermi conto che in realtà è ancora presto: sono quasi le sei del pomeriggio. E lo so che ci sono sempre dei voli per Londra verso sera, quindi se tutto filasse liscio e riuscissi a fare un biglietto last-minute, potrei anche farcela. Ma ecco il dilemma: come posso uscire di qui senza che mi vedano il personale, i miei colleghi, persino il mio titolare? Se mi beccano, mi costringeranno a ri­ manere, mi diranno che non mi sto comportando in maniera razionale e forse chiameranno uno psichiatra per farmi dare un'occhiatina. E se usassi l'ingresso ri­ servato al personale, come faccio sempre, mi vedrebbe­ ro di sicuro. Allora devo provare con l'ingresso principale. Non ho altra scelta. Devo comportarmi come se fossi un'ospite qualsiasi. In fin dei conti è la cosa migliore da fare. Per prudenza scendo per le scale, perché in ascensore potrei imbattermi in qualcuno che mi riporterebbe in­ 27


dietro di forza, e grazie al cielo la fortuna continua ad assistermi: scendo i gradini senza incontrare nessu­ no. Arrivo di sotto e, a parte le voci distanti che sento arrivare dalla tavernetta, non incontro nessun altro ospite finché non arrivo nell'atrio affollato. Ti prego, ti prego, ti prego, dico implorante a un Dio in cui credo a malapena, fa' che non mi veda nessuno che conosco... Per la prima volta nel giorno forse più schifoso della storia dell'umanità, la provvidenza divina mi conce­ de una tregua. L'Hotel Merrion è molto animato nei weekend, e le sale da ricevimento adiacenti alla recep­ tion sono affollate da una squadra di donne lampadate e armate di tacchi a spillo, con un seguito di uomini bellocci che gli ronzano intorno. Con il cuore che mi batte forte, vedo due persone che fanno parte dello staff, ma grazie a Dio sono talmente indaffarate ad andare avanti e indietro tra la calca che non sembrano nemmeno fare caso a me. Arrivata ormai al culmine della tensione, mi faccio strada tra la gente e, non vista, sguscio fuori dal porto­ ne principale. In un batter d'occhi sono all'aperto, con il trolley che mi segue rotolando rumorosamente sul marciapiede. Respiro a fondo l'aria fresca e provo una sensazio­ ne di sollievo; mi sento proprio come se fossi appena riuscita a evadere da Alcatraz. Giuro a me stessa di chiamare mio padre e mia madre non appena fatto il biglietto per il volo, perché diciamoci la verità, l'ultima cosa di cui ho bisogno dopo una giornata come questa è che i miei genitori vadano dalla polizia e mi facciano registrare come persona scomparsa. Ma ormai ho deciso e non cambio idea. L'Hotel Merrion è proprio a due passi dal parco di Stephen's Green, e comincio a correre verso quella di­ 28


rezione più veloce che posso, mentre scruto davanti a me, a destra e a sinistra, per vedere se riesco a trovare un taxi. E poi, ecco il miracolo. Proprio all'intersezione tra Kildare Street e il parco, ce n'è uno che svolta nella via con un tempismo perfetto. Lancio subito un urlo potente all'autista e sto per buttarmi tra la folla per raggiungerlo quando una voce alle mie spalle mi bloc­ ca all'istante. «Ti avanza qualche spicciolo per pagarmi l'ostello?» No, no, no, no, no! Ti prego, ti prego, fa' che non sia qualcuno che conosco, venuto a riportarmi indietro... non adesso che sono riuscita ad arrivare fino a qui! Ma anche nello stato di leggero stordimento in cui ancora mi trovo, una minuscola parte del mio cervello razio­ nale dice: aspetta un attimo, non è molto probabile che i tuoi invitati siano in strada a chiedere spiccioli alla gente, giusto? «Non bevo, non mi drogo, cerco solo qualche moneti­ na.» Mi volto di scatto e vedo un senzatetto seduto pro­ prio ai miei piedi, raggomitolato in un sacco a pelo. Sta tremando, anche se l'aria della sera è mite. «Mi bastano anche solo pochi spiccioli» aggiunge lui, e intanto mi guarda la borsa. D'istinto la apro e comincio a frugare sul fondo in cerca di qualche monetina... ed è allora che lo vedo. Il mio anello di fidanzamento. Quello che Frank mi ha fatto arrivare apposta da New York, in modo che po­ tessimo dire che fosse di Tiffany. Lo esamino un istan­ te. Tre piccoli brillanti. Ma per quanto lo adori, so che non potrò guardarlo mai più finché vivo. In un istante me lo tolgo dal dito e senza indugi lo porgo al senzatetto. Pensi che si sistemeranno le cose per tutti e due?, gli 29


chiedo con lo sguardo, nel breve attimo in cui le nostre mani si stringono. Non lo so, sembra rispondermi lui, che mi guarda con occhi inespressivi. Due minuti dopo sono sul sedile posteriore del taxi, diretta a tutta velocità verso l'aeroporto. E per la pri­ ma volta nella mia vita, non ho la più pallida idea di quello che mi riserverà il domani. Poi mi sveglio.

30


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.