ANNA BRADLEY
I fantasmi di Lord Darlington
Immagine di copertina: Lee Avison/Trevillion Images Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Virgin Who Vindicated Lord Darlington LYRICAL PRESS BOOKS are published by Kensington Publishing Corp. © 2021 Anna Bradley Traduzione di Rossana Lanfredi Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2022 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici Special marzo 2022 Questo volume è stato stampato nel febbraio 2022 da CPI Moravia Books I GRANDI ROMANZI STORICI SPECIAL ISSN 1124 - 5379 Periodico mensile n. 318S dell'11/03/2022 Direttore responsabile: Sabrina Annoni Registrazione Tribunale di Milano n. 368 del 25/06/1994 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distribuzione canale Edicole Italia: m-dis Distribuzione Media S.p.A. Via Carlo Cazzaniga, 19 - 20132 Milano HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano
Dedica
"Siamo tutti fantasmi. Tutti ci portiamo dentro persone che vennero prima di noi." Liam Callanan
Prologo Banchina di White Friars, Londra Aprile 1779 Cecilia Gilchrist era la seconda. Lady Amanda Clifford non ricordava più cosa l'avesse condotta al porto, quel giorno. Era, più tardi se ne sarebbe resa conto, uno di quei rari casi in cui il fato, che in genere si accontentava di fare andare avanti un poveretto alla cieca, si era degnato, nel bene o nel male, di piazzarla esattamente sulla strada del suo destino. Anzi, a essere precisi, a faccia a faccia con il suo destino. Allora, aveva creduto che il fato avesse compiuto una buona azione nei confronti di Cecilia Gilchrist, facendo capitare, come aveva fatto, la bambina sul suo cammino. Soltanto dopo avrebbe capito che era accaduto esattamente il contrario. Cecilia Gilchrist, che quel giorno frugava nel fango del Tamigi, aveva avuto la grande fortuna di trovare una ghinea sepolta nella melma. Per una sudicia trovatella come lei, si era trattato di un patrimonio e quella moneta d'oro, stretta nel suo pugno, rappresentava la differenza tra il morire di fame e la salvezza. Ma la fortuna è mutevole come il fato, entrambi hanno la tendenza a diventare catastrofici in un batter d'oc7
chio, o il tempo del lancio in aria di una ghinea d'oro. Era accaduto così a Cecilia Gilchrist. Aveva appena stretto le magre dita intorno alla sua salvezza, che la fortuna era girata. Quando Lady Amanda si era imbattuta nella piccola, lei era stata già aggredita da un'orda di monelli di strada, una vera folla di attaccabrighe in miniatura, tutti felici di prenderla a pugni fino a ridurla a un ammasso sanguinolento pur di strapparle la ghinea dal pugno. Il domestico di Lady Amanda, Daniel Brixton, un uomo del tutto indifferente a fato e fortuna, decise in fretta. Tolse di mezzo quella mezza dozzina di piccoli delinquenti, afferrò l'ossuta, sudicia trovatella al centro della mischia e la depositò sul sedile in velluto grigio della sua carrozza. Lady Amanda non riusciva a rammentare cosa quel giorno avesse detto alla piccola, non più di quanto ricordasse quale faccenda l'avesse condotta alle banchine – probabilmente qualcosa che aveva a che fare con la tediosità delle masse, con la capricciosità del fato o con l'insopportabilità dei bambini – ma aveva presente con estrema chiarezza la risposta di Cecilia Gilchrist. «Hanno fame» aveva detto. Nemmeno una traccia di risentimento nella sua voce. Nessuna amarezza. Nessun giudizio. Hanno fame. Tutto qui. Dopo decenni, Lady Amanda Clifford sentiva ancora quella dolce voce, una voce che le ricordava quanto facile fosse – quanto imperdonabilmente, criminosamente facile fosse – lasciarsi sfuggire un riflesso d'oro nascosto in un oceano di fango.
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1 Edenbridge, Kent Febbraio 1795 Se fosse stata una giornata meno piacevole o il Marchese di Darlington un gentiluomo meno attraente, Cecilia Gilchrist avrebbe potuto stabilire senza esitare che era un assassino. Si dava invece il caso che la prima volta in cui aveva posato gli occhi su Lord Darlington fosse uno di quei tiepidi, soleggiati giorni così rari in febbraio, e che Sua Signoria fosse incredibilmente affascinante nella sua giacca azzurra e con i lucidissimi stivali assiani. A essere sinceri, si era trovato lontano da lei, che era nascosta al sicuro dietro uno dei più voluminosi cespugli di Hyde Park. Ma purtroppo, essendo quello che era la vicinanza a un uomo sospettato di avere assassinato la moglie, Cecilia arrivò a una conclusione molto differente in occasione del suo secondo incontro con Lord Darlington. Quel giorno cominciò abbastanza bene. La diligenza non impiegò troppo a percorrere il tragitto da Londra, e Edenbridge, sede del Castello dei Darlington, sembrava l'ultimo posto in cui un criminale potesse essere tentato di commettere un delitto. Era uno di quegli incantevoli villaggi, vanto del Kent, con una fila di basse casette dagli elementi in legno e con allegre cassette di fiori a ogni fi9
nestra. Al momento le cassette erano vuote, essendo inverno, ma anche solo la prospettiva di fiori variopinti bastò a rassicurare Cecilia. Impensabile che un marchese commettesse un crimine orribile come un assassinio in un villaggio con una simile abbondanza di fiori, no? Era davvero un grazioso borgo di campagna, con il suo delizioso fiume che scorreva verso sudest, incastonato in una piccola valle altrettanto deliziosa, con una chiesa dall'aria elegante e con le belle vetrate colorate. La compagna di viaggio di Cecilia, una giovane signora di nome Molly più o meno della sua età e che era cresciuta a Edenbridge, le spiegò che la chiesa era quella dei Santi Pietro e Paolo. Due santi. Impensabile che un marchese commettesse un crimine orribile come un assassinio in un villaggio con due santi, no? Edenbridge distava appena venticinque miglia da Londra, una mezza giornata di viaggio dalla casa di Cecilia, alla Clifford School, e dunque non lontano da Daniel Brixton, il domestico più fidato di Lady Clifford, oltre che l'uomo più grosso che lei avesse mai visto. Se qualcosa fosse andato storto, Daniel avrebbe potuto essere al suo fianco nel giro di poche ore. Niente sarebbe andato storto, naturalmente, tuttavia era confortante sapere che lui era così vicino, e anche così rassicurantemente grosso. Ma certo, mezza giornata era niente, un'inezia, un istante, uno schioccar di dita... «Vi chiedo scusa, Cecilia, avete detto qualcosa?» Cecilia si girò verso la sua nuova conoscenza e la guardò, perplessa. Molly era la sua unica amica a Edenbridge e non sarebbe stato di certo opportuno spaventarla borbottando da sola come una pazza. «No, io... io stavo solo dicendo che il conducente sta impiegando ore a scaricare il nostro bagaglio.» 10
Un sorrisetto illuminò il volto di Molly. «Impaziente di proseguire, eh? Non mi avete detto cosa vi porta nel Kent. Avete un fidanzato qui?» Cecilia si trattenne a stento dallo sbuffare. La volta in cui era andata più vicino ad avere un fidanzato era stato quando si era infatuata di Valancourt, l'eroe de I misteri di Udolpho di Mrs. Radcliffe. «No, no, niente del genere. Sono venuta a lavorare come cameriera.» Cameriera, investigatrice, spia... non erano tutti aspetti diversi della stessa cosa? Molly la scrutò, scettica. «Sembrate un po' troppo delicata per essere una cameriera, ma non importa» osservò, quindi fece un cenno di assenso al conducente, che si era arrampicato sul tetto della carrozza e stava passando loro i bagagli. Loro due si affrettarono a prendere le loro cose, poi si fecero da parte perché altri passeggeri le spingevano. «Mio padre sta venendo a prendermi. Forse può portarvi dove dovete andare, così risparmierete una camminata» propose Molly. «Oh, siete molto gentile. Vado al Castello di Darlington.» Un sussulto collettivo eruppe dal gruppetto di viaggiatori poco lontano. Il conducente si immobilizzò e un baule gli sfuggì di mano atterrando con un tonfo sul terreno gelato. Cecilia si girò a guardare alle sue spalle e scoprì che gli altri suoi compagni di carrozza si erano allontanati da lei, come se fosse contagiosa. Molly la fissava, allibita. «Il Castello di Darlington? Volete dire che andate a lavorare come cameriera per Lord Darlington?» Cecilia deglutì, lasciando scorrere lo sguardo da un volto inorridito all'altro. «Be', sì, io...» «Ma è un assassino!» Molly si batté una mano sul petto, come se il solo sentire pronunciare il nome di Lord 11
Darlington le avesse procurato le palpitazioni. «Ha ucciso la moglie, non è così?» «Non ci sono prove che lui...» La signora al suo fianco la zittì sibilando: «Non siate sciocca, ragazza. Tutti in Inghilterra sanno che ha ucciso la moglie». Un mormorio di assenso si levò dalla folla e un uomo dal volto duro si fece avanti scuotendo un dito davanti alla faccia di Cecilia. «L'ha spedita nella tomba prima del tempo. Non dubitate, miss. Lui è il Marchese Assassino, come è vero che ora sono qui.» Cecilia serrò le labbra. Anche a Edenbridge lo chiamavano il Marchese Assassino? Aveva creduto che quel soprannome fosse un'invenzione dell'alta società, ma a quanto pareva la gente di quel villaggio sapeva essere orribile come quella di Londra. Forse Lord Darlington era un assassino, forse no. Lady Clifford l'aveva incaricata di dipanare quel mistero mentre Sua Signoria era a Londra con la fidanzata, Miss Fanny Honeywell. Cecilia lo aveva visto proprio il giorno precedente camminare in Hyde Park con, appunto, la signorina al braccio. Per quello che la riguardava, lei non riteneva che avesse l'aria di un assassino. Considerato ciò che si diceva di lui, si era aspettata una specie di mostro sinistro, ma se Lord Darlington aveva davvero commesso l'orribile crimine di cui si mormorava, il suo volto non tradiva alcun peccato. Persino la sua amica Georgiana, che di peccati e assassini sapeva più di lei, aveva riconosciuto che, se Lord Darlington era un assassino, ebbene, era un criminale incredibilmente elegante. Naturalmente Georgiana aveva anche osservato che un bel gentiluomo con un raffinato panciotto di seta poteva avere ucciso la moglie come chiunque altri. Anche perché la gente era più incline a con12
dannare un volto insignificante piuttosto che uno attraente. Ma non era il suo bel volto a portare Cecilia dalla sua parte. No, era stato l'atteggiamento protettivo con il quale lui teneva il braccio di Miss Honeywell, il capo chinato con grazia verso quello della fidanzata mentre la guidava sul sentiero un po' sconnesso. Era un uomo grosso, molto più grosso di Fanny Honeywell, che era una creatura minuta e dai capelli chiari, e lui la trattava con grande cura, quasi fosse una statuina di porcellana sul punto di andare in frantumi. Per quanto ci provasse, Cecilia non riusciva e immaginare che un uomo tanto educato potesse avere ucciso la moglie; non ci era riuscita nemmeno quando Georgiana le aveva ricordato che il famigerato brigante John Rann era stato ritenuto un tipo affascinante ed elegante, ma intorno al suo collo era stato messo in ogni caso un cappio. Cecilia non aveva obiettato. Sapeva di avere il cuore troppo tenero e di essere troppo propensa a pensare il meglio di chiunque, compreso il terrificante... cioè, compreso Lord Darlington. Ma non c'era prova che fosse un assassino. Quello era soltanto un orribile pettegolezzo, del tipo che non mancava mai a Londra. Lady Clifford non avrebbe esitato a lasciar marcire il marchese solo nel suo castello, se la sua fidanzata, Miss Honeywell, non fosse stata la nipote di Mrs. Abernathy, e si dava il caso che Mrs. Abernathy fosse una munifica benefattrice della Clifford School. La poverina aveva avuto una crisi isterica quando il fidanzamento era stato annunciato, e Lady Clifford si era sentita in dovere di prometterle che non avrebbe permesso che Miss Honeywell sgambettasse verso la rovina senza fare niente per lei. «Alcuni dicono che l'abbia soffocata con un cuscino.» Molly si avvicinò a Cecilia e la sua voce divenne un sussurro terrorizzato. «Altri che l'abbia avvelenata e abbia 13
nascosto le sue ossa nelle mura del castello, ma io credo che l'abbia annegata nel fossato.» «Cielo, che ignominia!» Cecilia rabbrividì. «Non so per certo se lo ha fatto, ma di certo le ha fatto qualcosa e non vedo perché avrebbe dovuto prendersi la briga di scavare nelle mura del castello, quando c'è un fossato. E posso dirvi con sicurezza che non c'è un'anima a Edenbridge che abbia visto la povera signora nella sua bara, come si conviene.» «Sì, è di certo un assassino» insisté l'uomo che agitava il dito. «Ma il buon Signore vede i nostri peccati e Darlington non la farà franca. La marchesa è tornata, per vendicarsi.» «È tornata?» come poteva la Marchesa di Darlington essere tornata? Circolavano molte voci sulla morte della dama, ma nessuno sembrava dubitare che fosse davvero morta. E dunque come poteva essere tornata per vendicarsi? A meno che... Un brivido percorse la pelle di Cecilia. «Non potete voler dire che...» «Che la povera marchesa è ora uno spirito vagante e solitario? Sì, signorina, questo è quello che voglio dire. Mezza dozzina di persone al villaggio hanno visto il suo fantasma aggirarsi nei boschi dietro il Castello di Darlington. La chiamano la Dama Bianca, per il suo vestito e i capelli bianchi e un volto più pallido della morte.» Cecilia spalancò la bocca. Nessuna donna desidererebbe essere consegnata alle profondità fangose del fossato del marito, ma se non altro doveva riposare in pace. Le sembrò terribilmente ingiusto che una moglie assassinata dovesse pure preoccuparsi di tormentare il consorte che l'aveva uccisa. «Una visione davvero spaventosa, sapete. Lei aleggia nell'aria e soltanto le punte delle sue scarpine bianche si 14
trascinano sul terreno. La Vecchia Mrs. Crocker l'ha vista l'altra notte e da allora è in preda a una crisi isterica.» «Una crisi isterica?» «Non ho mai visto Mrs. Crocker stare in silenzio un solo giorno della sua vita, ma non una parola è uscita dalle sue labbra da quando ha visto il fantasma. Se ne sta seduta a fissare il vuoto, la bocca aperta in una smorfia di orrore.» «Non dovete andare là, Miss Cecilia.» Molly le afferrò il braccio. «Potete tornare subito a Londra e non degnare più di uno sguardo il Castello di Darlington.» Cecilia guardò con un certo desiderio il conducente della diligenza. Sì, poteva essere di nuovo a Londra nel giro di poche ore, alla Clifford School, dove le sue amiche l'avrebbero accolta soffocandola di baci e con gridolini di gioia. Sarebbe stata coccolata fino a quando avesse dimenticato la codardia che l'aveva indotta a infrangere la promessa fatta a Lady Clifford. Avrebbe potuto farlo, avrebbe potuto lasciare che le sue paure avessero la meglio su di lei, a dispetto di ogni sua buona intenzione. A dire il vero, aveva già fatto un passo verso la diligenza, quando le venne in mente che nulla di concreto era cambiato da quando era salita su quella stessa carrozza, a Londra. Fossati e scheletri nascosti dentro le mura del castello, fantasmi e tormenti... erano soltanto altri pettegolezzi, simili a quelli che aveva sentito a Londra. Forse più raccapriccianti, ma pur sempre pettegolezzi. Perciò, voci di spirito o no, il suo compito era scoprire la verità sulla morte della marchesa, e Lady Darlington era, purtroppo, più morta che mai. Oppure non era morta, se gli abitanti del villaggio avevano detto il vero. In ogni caso, il Castello di Darlington poteva essere zeppo fino al soffitto di spaventosi fantasmi e Lord Darlington il demonio che tutta l'Inghilterra era 15
convinta che fosse, ma lei avrebbe mantenuto la sua promessa, anche se questo avesse significato finire a faccia in giù nel fossato del Marchese Assassino. «No, Molly.» Cecilia si chinò a prendere la maniglia della borsa, poi si raddrizzò e guardò la giovane negli occhi. «Ho già accettato il posto e Mrs. Briggs, la governante di Lord Darlington, mi aspetta.» Era troppo tardi per tornare indietro. Lady Clifford si era data molto da fare per organizzare quella missione e, in ogni caso, Cecilia avrebbe avuto a che fare soprattutto con la servitù del marchese. Se Lord Darlington nascondeva segreti, i suoi domestici li avrebbero di certo conosciuti. Il suo compito era svelarli, poi tornare a Londra senza mai nemmeno incrociare il marchese. Molly non sembrò convinta, però non insisté. «Va bene, allora. Mio padre non vorrà mettere piede sui terreni del castello, ma vi porteremo con il carro più vicino che possiamo.» «Grazie.» Cecilia le prese la mano e la strinse. La giovane scosse la testa. «Spero che non vivrete per rimpiangere questa decisione, Miss Cecilia.» Che infelice scelta di parole. Cecilia sperava di vivere, anche rimpiangendo la sua decisione, ma non diede voce all'insidioso sussurro nella sua mente. Seguì invece Molly verso il gruppo di carri e carretti, trascinandosi dietro la borsa da viaggio. Il crepuscolo scese presto su di loro, come tendeva a fare in Inghilterra durante l'inverno, ma la luce era sufficiente perché Cecilia vedesse il Castello di Darlington in tutta la sua inquietante, sanguinosa gloria. Dio del cielo! Non credeva ai fantasmi, ma se qualche spirito vagante o qualche maledizione fosse davvero aleggiata nella nebbia di febbraio, quello era il castello che avrebbero scelto di infestare. 16
«Un vecchio, cupo, ammasso di pietre, eh?» Molly, che era seduta sull'altro lato del carro, si sporse oltre lei per guardare meglio. «Sì, abbastanza cupo. La saracinesca sembra pronta a inghiottire una persona viva.» Cecilia restò a bocca aperta davanti alla mostruosità che si ergeva di fronte a lei e un brivido le percorse la schiena. Avrebbe desiderato con tutto il cuore che le sue fossero state parole esagerate, ma quella saracinesca somigliava davvero a due mascelle spalancate, con i denti di ferro appuntiti allineati lungo la parte inferiore della grata. Pareva proprio stesse aspettando di serrarsi su qualcuno sufficientemente folle da avventurarsi sotto di essa. In ogni caso, se la prima saracinesca non avesse tagliato via qualche arto, di certo lo avrebbe fatto la seconda, perché, come se la pietra annerita e la corte buia che si apriva oltre quel varco minaccioso non fossero stati abbastanza sinistri, il Castello di Darlington aveva una doppia saracinesca. E anche un doppio fossato. Sembrava che il Marchese di Darlington non fosse un tipo fiducioso; d'altronde, se le voci su di lui erano vere, aveva molto da nascondere. «Quanto pensate sia profondo il fossato?» Cecilia lottò per soffocare l'ennesimo brivido, mentre il suo sguardo si posava sull'acqua scura e ferma sotto il ponte levatoio. Dio solo sapeva quali incubi si appostavano in quelle spaventose profondità. Erano abbastanza profonde per nascondervi un corpo? Quello della Marchesa di Darlington, per esempio? «Non più di un braccio» dichiarò Mr. Hinshaw, il padre di Molly. «Solo un braccio? Allora non molto, certo non abbastanza da celarvi un...» «Si dice che il Lago Darlington lo sia molto di più» ag17
giunse lui, prima che Cecilia potesse fare un sospiro di sollievo. «Ma non so dirvi quanto.» Dunque c'era anche un lago? Di quanti specchi d'acqua aveva bisogno un marchese? Di uno per ogni moglie che assassinava. Cecilia deglutì, maledicendo la sua passione per i racconti gotici dell'orrore, molto piacevoli fino a che lei non si era trovata a viverne uno. Molly posò una mano sulla sua. «Non è troppo tardi per cambiare idea.» Cecilia lanciò un ultimo sguardo alle minacciose fauci spalancate che si aprivano sulla cupa corte più oltre, raddrizzò le spalle e, con una spavalderia che era ben lungi dal provare, sollevò il mento. «No, no. Ho dato la mia parola e non diventerò codarda proprio ora.» Molly e suo padre si guardarono, ma alla fine Mr. Hinshaw scese, prese la borsa di Cecilia dal retro del carro e aiutò lei a scendere. «Aspetteremo che entriate. Se cambiate idea prima...» «Siete gentile, Mr. Hinshaw, ma vi prego, non aspettatemi.» Cecilia aveva capito che l'uomo era impaziente di andarsene con la figlia da quel posto e, in ogni caso, lei stessa avrebbe rischiato di perdere la testa e scappare dal Castello di Darlington, se avesse saputo di avere una via di fuga a disposizione. Prese così la mano che Mr. Hinshaw le offriva prima di cambiare idea, si lasciò la sicurezza del carro alle spalle e osservò il lungo ponte di pietra che si allungava sulla proprietà di Lord Darlington. Mr. Hinshaw le porse la borsa da viaggio. «Non ci muoveremo fino a quando non vi vedremo superare la saracinesca.» «Per assicurarvi che non mi divori?» Cecilia tentò di sorridere mentre le sue deboli dita si stringevano intorno alla maniglia della borsa. «Be', allora è meglio che mi li18
beri del pensiero, no?» Fece un cenno di saluto a Mr. Hinshaw e a Molly e avanzò di un passo. Il tacco del suo stivaletto colpì le assi di legno del ponte con un rumore secco. Quello non sembrava un passo, semmai un salto verso l'ignoto, ma Cecilia continuò a mettere un piede davanti all'altro fino a che si trovò di fronte a un secondo ponte, questo più stretto, che si poteva percorrere solo a piedi e che conduceva alla saracinesca. Si concesse di lanciare un'occhiata dietro di sé; il carro, però, era nascosto dall'alta, fitta siepe che circondava i terreni del castello. Dopo un solo, diffidente sguardo sui denti di ferro più in alto, Cecilia fu sul ponte levatoio. Fece un passo, poi un altro, senza guardare né a destra né a sinistra, gli occhi fissi sulla punta degli stivaletti. Non guardare il fossato. Un passo, un altro ancora ed entrò in un altro mondo.
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I fantasmi di Lord Darlington ANNA BRADLEY Inghilterra, 1795 - Indagare sotto le mentite spoglie di una cameriera è un'esperienza del tutto nuova per Cecilia Gilchrist, che tuttavia è intenzionata a portare a temine la missione che le è stata assegnata. Ma una volta che si stabilisce al Castello di Darlington, scoprire se il misterioso marchese ha davvero assassinato la moglie si dimostra più complicato di quanto avesse immaginato. Per quanto sia evidente, infatti, che lui nasconde più di un segreto, come credere che dietro ai suoi bellissimi e sconvolgenti occhi azzurri si celi un gelido assassino? Seguire ogni sua mossa, poi, non fa altro che avvicinarla sempre di più a lui, e se il cuore la ingannasse, Cecilia potrebbe pagare quell'errore con la vita...
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