LAURI ROBINSON
Il banchiere americano
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: A Family for the Titanic Survivor Harlequin Mills & Boon Historical Romance © 2020 Lauri Robinson Traduzione di Federica Isola Pellegrini Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2022 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici marzo 2022 Questo volume è stato stampato nel febbraio 2022 da CPI Black Print, Spagna, utilizzando elettricità rinnovabile al 100% I GRANDI ROMANZI STORICI ISSN 1122 - 5410 Periodico settimanale n. 1296 dello 03/03/2022 Direttore responsabile: Sabrina Annoni Registrazione Tribunale di Milano n. 75 dello 01/02/1992 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distribuzione canale Edicole Italia: m-dis Distribuzione Media S.p.A. Via Carlo Cazzaniga, 19 - 20132 Milano HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano
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1912 Benché Bridget McGowen avesse sempre saputo che quel giorno sarebbe arrivato, ora che era giunto, un misto di emozioni denso come uno stufato che avesse sobbollito troppo a lungo le intasava lo stomaco. L'America. Suo padre aveva risparmiato ogni penny per accertarsi che quel sogno si avverasse. Era il sogno di quasi tutte le famiglie irlandesi risparmiare il denaro sufficiente per mandare una figlia al di là dell'oceano. E non per diventare una domestica o un'operaia, ma per elevarsi socialmente come avevano fatto tante altre, compresa Martha, la cugina di suo padre. Martha era diventata una donna facoltosa, una donna di successo, e tutto con le sue sole forze. Bridget si lasciò sfuggire un lungo, pesante sospiro. Abbandonare tutto ciò che aveva sempre conosciuto per intraprendere un viaggio al di là del mare e arrivare in un paese nuovo, in un mondo completamente nuovo, era un'esperienza agrodolce. Sebbene fosse emozionante – era la gioia delle tan5
te persone che la circondavano e che chiacchieravano entusiaste all'idea di imbarcarsi in quell'avventura a renderlo tale – per lei era anche triste. Suo padre era mancato una settimana prima. Il dolore era ancora acuto, tanto straziante da farle bruciare gli occhi. Se qualcuno lo avesse notato, avrebbe pensato che si trattava della nebbia causata dall'aria impregnata di salsedine. Un pensiero sciocco, in realtà. Tutti erano troppo occupati, troppo eccitati e impazienti di salire a bordo per accorgersi che lei aveva le lacrime agli occhi o il cuore spezzato nel petto. Poco prima di spirare, il padre le aveva chiesto di sollevare un'asse del pavimento sotto il letto ed estrarre la cassetta di metallo che vi aveva nascosto. Lei aveva obbedito ed era scoppiata a piangere, comprendendo il significato di quel denaro. Erano i penny e i centesimi che lui aveva raggranellato, risparmiato e nascosto, in modo che lei potesse avere quell'opportunità. Sono qui, papà, a Southampton, e molto presto mi imbarcherò per l'America. Farò in modo che il vostro sogno diventi realtà. Il padre l'aveva costretta a promettere che lo avrebbe fatto, ossia che si sarebbe recata in America per aprire una pensione come quella che sua cugina Martha aveva aperto a Chicago. Martha era tornata diverse volte in Irlanda, vestita all'ultima moda, e aveva dichiarato ad amici e parenti che le opportunità erano infinite in quel lontano paese. Bridget aveva promesso che l'avrebbe raggiunta, ma non finché suo padre avesse avuto bisogno di lei. Una gomitata nella schiena la spinse in avanti, costringendola ad accalcarsi nella folla più numerosa 6
che lei avesse mai visto lungo la passerella inclinata, che scricchiolava e oscillava sotto il peso di quella fiumana di persone che tentava di salire a bordo del Titanic. Un transatlantico così enorme, così lungo, ampio e alto, che Bridget aveva difficoltà a credere che fosse in grado di galleggiare. Le era anche difficile credere che fosse in procinto di imbarcarsi su quel piroscafo. Il più lussuoso che fosse mai stato costruito. Il massimo lusso che lei avesse mai conosciuto se lo era concesso una sera in cui il pub era poco affollato e lei aveva potuto sgattaiolare via, per godersi un lungo bagno in una tinozza di acqua calda, leggendo un libro finché l'acqua non si era raffreddata. Zio Matt aveva affermato che le vasche da bagno del Titanic erano di oro zecchino. Lo aveva sentito che lo dichiarava dalla cucina del locale, dove era intenta a lavare il flusso ininterrotto di boccali e bicchieri usati dagli avventori, come faceva da quando riusciva a ricordare. Suo padre aveva sempre sostenuto che zio Matt fosse in grado di parlare al ritmo di due uomini perché aveva baciato più di una volta la Pietra di Blarney, un blocco di calcare carbonifero incastonato nei bastioni del castello di Blarney che, secondo la leggenda, conferiva a chi lo baciava il dono della parlantina. Di solito, le chiacchiere incessanti di zio Matt le entravano da un orecchio e uscivano dall'altro senza mettere mai radici nella sua mente. Quella sera però, alcuni giorni dopo che avevano sepolto suo padre, le smargiassate di zio Matt l'avevano indotta ad allontanarsi dal bacile di lavaggio e ad avvicinarsi alla porta. Era così che aveva sentito parlare dell'immenso transatlantico e del suo viaggio inau7
gurale. Gli uomini avevano tentato per mesi di procurarsi i biglietti per la sua prima traversata, come facevano per ogni nave diretta in America. Poiché il Titanic era stato costruito in Irlanda, suo zio aveva avuto un motivo in più per vantarsene. La sua incredulità si era intensificata quando lo aveva sentito dichiarare che si sarebbe procurato un biglietto per la traversata oceanica. Per se stesso. Era stato allora che l'incredulità aveva lasciato il posto a qualcosa di diverso. Si era affrettata a salire al piano di sopra, nell'alloggio al di sopra del pub che aveva condiviso con il padre, e si era precipitata nella sua stanza, che era tanto piccola da contenere a stento un letto e un canterano. Dopo aver aperto il primo cassetto e aver rovistato fra i grembiuli stirati e piegati, una collera che non aveva mai provato prima di allora le era serpeggiata nello stomaco. Era stata rubata. La cassetta di metallo. Il suo denaro. Tornata al piano di sotto, in una sala traboccante di uomini, congiunti, amici, nemici e sconosciuti, aveva preteso che le venisse restituito il denaro che suo padre aveva messo da parte per lei e che era stato riposto nel cassetto del cassettone finché suo zio, carne della sua carne e sangue del suo sangue, non lo aveva rubato. Benché ne fosse seguito un violento litigio, un litigio che l'aveva sconvolta a causa della vergogna con cui il furto dello zio aveva macchiato l'onore della famiglia, era riuscita a tornare in possesso del suo denaro. Immediatamente. 8
Seduta stante. Zio Matt aveva sostenuto di essersi burlato di lei, di averla messa alla prova per insegnarle a riporre il denaro in un posto più sicuro, ma lei era in grado di riconoscere una menzogna quando ne udiva una. Quella sera stessa, una volta chiuse a chiave le porte del pub, aveva preparato la sua valigia e se ne era andata il mattino seguente. Dopo aver acquistato un biglietto, aveva preso il traghetto e il treno fino a Southampton, e adesso avrebbe attraversato l'Atlantico a bordo del Titanic per iniziare una nuova vita, in America, dove avrebbe realizzato tutti i suoi sogni e soddisfatto tutte le speranze che il padre aveva nutrito per lei. Una seconda gomitata la spinse di nuovo in avanti, anche se solo di mezzo passo, sull'affollata passerella. L'intero molo era gremito di donne che indossavano abiti e cappelli frivoli e all'ultima moda come quelli che aveva ammirato nelle illustrazioni delle riviste, oltre che di uomini altrettanto eleganti nei loro completi e con le loro scarpe tirate a lucido. C'erano anche tante persone vestite come lei, che indossavano quelli che dovevano essere i loro indumenti migliori, indumenti pratici, tessuti e cuciti in casa. Mentre enormi reti che contenevano valigie e bauli venivano issate in aria e al di sopra dei ponti della nave, al pari di lei, le persone che si trovavano su quella passerella portavano vari borsoni e valigie malconce che contenevano tutto ciò che possedevano. I bagagli racchiusi nelle reti appartenevano alle persone che si trovavano sulle passerelle al di sopra di lei, ossia i passeggeri della prima classe. La loro passerella era molto in alto e al di sotto di questa c'era quella dei passeggeri della seconda classe 9
e ancora al di sotto quella dove si trovava lei insieme ai viaggiatori della terza classe. La separazione serviva a far sì che tutti restassero ai loro posti. Bridget non provò né stupore né risentimento per questo. Era così che andava il mondo. C'erano una classe sociale superiore e una inferiore dovunque. La cugina Martha, tuttavia, aveva affermato che era diverso in America. Bridget era un tantino preoccupata, dato che diverso poteva significare molte cose. In quel caso, lei si augurava che diverso significasse che tutti avevano le stesse opportunità di realizzare i propri sogni. Sebbene gli umili inizi nutrissero l'anima, non avrebbero dovuto influire sul resto della vita di una persona. Non avrebbero nemmeno dovuto indurre a derubare i propri congiunti. Zio Matt e suo padre provenivano dallo stesso posto, dallo stesso grembo, e nondimeno non avrebbero potuto essere più diversi. Papà era stato il sale della terra: onesto, gentile, affettuoso. Ed era stato lui a insegnarle quelle virtù. Perciò, benché le avesse rubato il denaro che le apparteneva di diritto, lei aveva lasciato un biglietto per lo zio, donandogli la sua quota del Green Door, la metà del pub che aveva ereditato alla morte del padre. E, cosa infinitamente più importante, lo aveva perdonato. Dopotutto, zio Matt era un suo parente. Uno strillo infantile interruppe il corso dei suoi pensieri. Il frastuono circostante era tale che lei non fu in grado di capire da dove fosse venuto. Non aveva l'impressione che ci fosse alcuno scompiglio particolare sul molo né sulla passerella. Tuttavia, era certa di aver udito distintamente il grido di un bambino. Alzando lo sguardo, scorse un oggetto che stava precipitando dall'alto. Senza riflettere né curarsi della 10
gente che la circondava, saltò sul corrimano e allungò un braccio giusto in tempo per afferrare un angolo di uno svolazzante tessuto bianco e avvicinarlo a sé. Una bambola. Una bambola con il volto simile a quello di un cherubino, gli occhi azzurri brillanti e le guance rosse, indossava un abitino bianco ornato da pizzi e gale. I ricordi le affiorarono alla memoria mentre sollevava lo sguardo e scorgeva il braccio di una bambina teso al di sopra della spalla di un uomo, il quale varcava la soglia della prima classe. Lei aveva avuto una bambola assai simile molti anni prima e l'aveva molto amata. Decise a salire a bordo, le persone accalcate sulla passerella non parvero aver notato il suo salvataggio o, se lo notarono, non se ne curarono né si spostarono per permetterle di tornare a occupare il suo posto nella fila. Infine, un giovane uomo si fermò. Ringraziandolo, lei scese dal corrimano e strinse la bambola contro di sé, mentre la gente continuava ad avanzare, le carte d'imbarco venivano esaminate e gli assistenti di bordo gridavano ai passeggeri di recarsi sul ponte D, E, F o G. Una volta oltrepassata la soglia, il frastuono causato dalla folla, dalle grida degli assistenti e dal ronzio dei motori riecheggiava fra le spesse pareti ed era assordante. La procedura parve protrarsi per delle ore e quando raggiunse finalmente la sua cabina Bridget aveva i nervi a fior di pelle. Al Green Door, una folla aveva significato due, forse tre, dozzine di persone, non migliaia, e lei aveva già viaggiato per più di un giorno e mezzo. Aprendo la porta, si lasciò sfuggire un piccolo grido stupito. Benché piccola, la cabina era accogliente. Due 11
cuccette sovrapposte, corredate da lenzuola e coperte, erano fissate a una parete, un lavabo e uno specchio si trovavano su quella di fondo, e due sedie pieghevoli erano accostate alla parete di fronte ai letti. Il pavimento era rosa, i tramezzi bianchi e c'erano dei piccoli asciugamani piegati in modo da formare una specie di recipiente posati sulla mensola sotto lo specchio. Dopo aver chiuso la porta, la prima cosa che fece Bridget fu esaminare quegli asciugamani. Erano veramente le cose più graziose che avesse mai visto. Quando fosse giunto il momento, avrebbe piegato in quel modo gli asciugamani della sua pensione, si ripromise. Depose la bambola e la valigia sulla cuccetta superiore, lasciando quella di più facile accesso a chiunque avesse diviso la cabina con lei, e si tolse il soprabito di lana, che l'aveva fatta sudare durante la faticosa procedura di imbarco e di individuazione della sua cabina. Dopo averlo appeso a un gancio, si accertò che la piccola borsa lavorata all'uncinetto che conteneva il suo denaro fosse ancora riposta nella tasca della gonna, poi recuperò la bambola dalla cuccetta. Il transatlantico era enorme, e dopo che vi era entrata, aveva svoltato tante di quelle volte e aveva percorso tanti di quei corridoi da aver completamente perduto l'orientamento, ma c'era una bambina che certo stava piangendo per aver perduto la sua bambola. Uscendo nel corridoio, chiuse dietro di sé la porta che solo pochi minuti prima era stata così felice di trovare. Numerose persone in fila riempivano il corridoio da entrambe le parti. Lei scelse la direzione opposta dalla quale era venuta, augurandosi che l'assistente di bordo che si trovava lì fosse un po' più cor12
diale. Le ci volle un po' di tempo prima che qualcuno le consentisse di inserirsi nella fila e poter avanzare. Raggiunto il punto in cui confluivano alcuni corridoi, attese il suo turno per parlare con l'assistente, che stava indicando alla gente dove doveva andare. Se a destra o a sinistra. «Scusatemi» dichiarò Bridget, «una bambina della prima classe ha lasciato cadere la sua bambola. Sareste così cortese da fare in modo che le venga restituita?» Lui non la degnò nemmeno di uno sguardo. «No.» Esaminò la carta di imbarco della persona che si trovava dietro di lei. «A sinistra.» Lei represse la frustrazione che la stava assalendo. «Sono certa che la bambina è sconvolta e...» «Dov'è la vostra carta di imbarco?» Controllò quella di un altro passeggero. «A destra.» «Nella mia cabina» replicò lei. «In tal caso, tornate lì finché non saremo salpati» abbaiò l'uomo, continuando a gridare a destra o a sinistra a mano a mano che gli venivano mostrate le carte di imbarco. La frustrazione dell'uomo trapelava dalla sua voce e dai gesti. Ed era dipinta anche sulle facce di coloro che la circondavano. Dato che c'era una rampa di scale alle spalle dell'assistente, non vedendo altra opzione, Bridget girò sui tacchi, attraversò scusandosi la fila di persone che stava avanzando in quella direzione e si affrettò a salire su per una diversa scala. Chiese aiuto ad altri assistenti di bordo, con la stessa fortuna che aveva avuto con il primo, e continuò a farsi strada fra la gente e a salire altre rampe di scale. Più in alto saliva e più i cambiamenti diventavano e13
videnti. Gli usci che davano sui corridoi divennero delle solide porte di legno e il pavimento rosa lasciò il posto a una folta moquette, che attutiva i suoi passi. Ancora più in alto, le pareti dei corridoi erano rivestite da pannelli di legno tappezzati da carta da parati e i numeri della cabine erano incisi in targhette dorate anziché essere dipinti direttamente sul legno. L'ultima rampa di scale terminava in un pianerottolo che conduceva a un immenso atrio, con il più imponente scalone che lei avesse mai visto. La doppia rampa di scale terminava in due corridoi scoperti, e la luce del sole si riversava dalle finestre ad arco, facendo scintillare ogni cosa. In preda a una sorta di timore reverenziale, lei attraversò la stanza fino al centro, poi girò lentamente su se stessa, soffermandosi per osservare la gente che entrava e usciva dagli ascensori prima di completare il giro davanti allo scalone. Una cassa di legno intagliato in modo elaborato racchiudeva un elegante orologio posto in cima alle scale, nel punto in cui i corridoi si congiungevano. Era tutto talmente magnifico! Oh, papà, non ci credereste mai. «Scusatemi, signorina, credo che vi siate smarrita.» Lei si voltò, annuì, poi scosse la testa. «No, non mi sono smarrita.» O, se non altro, si augurava di riuscire a tornare nella sua cabina. «Mi occorre aiuto.» «Ci sono degli assistenti di bordo che possono procurarvelo sul ponte» replicò l'uomo, che indossava un completo formale bianco e nero. «No, non sono in grado di aiutarmi» dichiarò Bridget, allentando la stretta attorno alla bambola premuta contro il suo petto. «Credo che una bambina che stava salendo lungo la passerella della prima classe abbia 14
lasciato cadere questa. Devo restituirgliela.» «D'accordo. Provvederò io.» L'uomo tese la mano aperta. Lei era in procinto di consegnargliela, ma dopo aver incontrato tanti assistenti di bordo che non si erano minimamente curati della bambola, era diventata diffidente. «In che modo?» «In che modo cosa?» «Sì, come provvederete a consegnare la bambola alla bambina?» Lui si irrigidì e alzò il mento. «Mi informerò se qualcuno ha dichiarato di averne perduta una.» «D'accordo.» Lui tese la mano per prendere la bambola. Lei se la strinse di nuovo al petto. «Aspetterò finché non vi sarete informato.» L'uomo le scoccò un'occhiata disgustata. «Mi informerò dopo che saremo salpati.» «Perché non potete farlo adesso?» «Perché non tutti i passeggeri si sono imbarcati. Adesso, se volete...» «La bambina lo ha fatto» lo interruppe Bridget. Di solito, non sarebbe stata così maleducata, ma quell'uomo non si stava mostrando più servizievole di quanto lo fossero stati gli altri. Sembrava che a tutti non interessasse che salpare. «Un uomo la stava portando in braccio. Indossava un soprabito nero. E lei uno rosa.» «Signorina, avete idea di quanti...» «Betsy! Betsy!» Bridget distolse lo sguardo dall'interlocutore. Una bambina di circa quattro anni si stava precipitando giù dalla scalone a tutta la velocità consentita dalla sue 15
piccole gambe, seguita da un uomo e da una donna. Certa che si trattasse della proprietaria della bambola, lei si inginocchiò e gliela porse. «Betsy! Oh, Betsy!» Dei lunghi capelli castani le rimbalzarono sulle spalle mentre la bambina saltava giù dall'ultimo gradino e correva verso di lei con le braccia tese. Bridget sentì il cuore gonfiarsi per la tenerezza mentre consegnava la bambola alla bambina, che se la strinse al petto mentre delle minuscole lacrime le riempivano gli occhi scuri. «Oh, come potremo mai ringraziarvi?» domandò la donna, inginocchiandosi accanto alla piccola. «Come avete fatto a trovarla?» chiese l'uomo, inginocchiandosi dall'altro lato. «L'ho vista precipitare e l'ho acchiappata al volo.» «Io non mi sono accorto che era caduta e che era stato questo a far gridare Elsie, finché non siamo stati a bordo.» L'uomo scosse la testa e bisbigliò al di sopra della testa della figlia: «Ero sicuro che fosse finita in mare». «È caduta direttamente nelle mie braccia.» «Sul serio?» domandò la bambina, continuando a stringersi la bambola al petto. «Sul serio» replicò Bridget. «E io le ho promesso che l'avrei aiutata a rintracciarti.» L'assistente di bordo si schiarì la gola. «Perdonatemi, signore.» L'uomo si alzò, annuì e prese in braccio la bambina. «Sono Benjamin Wingard. Questa è mia moglie, Annette, e questa è nostra figlia, Elsie.» «E avete già conosciuto Betsy» aggiunse la moglie. «Lo zio di Elsie, Karl, gliel'ha regalata per Natale e lei 16
da allora non se ne è mai separata. Vi siamo così grati. Come vi chiamate?» Bridget era in procinto di presentarsi quando l'assistente di bordo si schiarì la gola ancora una volta. «Ci stiamo recando al caffè per fare uno spuntino. Unitevi a noi» dichiarò Mr. Wingard. L'assistente si schiarì di nuovo la gola, più forte questa volta. Alto, con i capelli e gli occhi scuri come la figlia, Mr. Wingard lo fissò. «Grazie, ma non abbiamo più bisogno dei vostri servizi.» L'uomo si irrigidì. «Il caffè è riservato ai passeggeri di prima classe, Mr. Wingard.» «Questa signorina è nostra ospite.» Bridget scosse la testa, accingendosi a tornare nella sua cabina. «Lo è senza dubbio» ribadì Mrs. Wingard, infilando un braccio in quello di Bridget. «Abbiamo promesso a Elsie una limonata e dei pasticcini. Vi prego, unitevi a noi.» Anche se lei notò che l'assistente si era accigliato, Mrs. Wingard la stava già trascinando via. «Come vi chiamate?» ripeté. «Bridget McGowen.» «Bridget, un nome incantevole, e voi siete un angelo. Era impossibile consolare Elsie per la perdita di Betsy. Benjamin e io abbiamo tentato di tutto. Abbiamo provato un enorme sollievo quando infine lei ha acconsentito a consolarsi con un pasticcino, e poi ha visto Betsy...» Si tamponò l'angolo di un occhio. «Non potrò mai ringraziarvi abbastanza.» «Sono lieta che si siano ritrovate» replicò lei, rallentando il passo a mano a mano che si avvicinavano 17
al caffè. «Però dovrei davvero tornare sul mio ponte.» «Qualcuno vi sta aspettando?» «No, sono...» Lei deglutì a fatica, dato che le doleva ancora pronunciare quelle parole, specie dopo aver visto quanto fossero affettuosi i Wingard con la loro figlia. «Sono sola.» Sola al mondo. Era ancora difficile ammetterlo. «In tal caso, prenderete con noi una limonata o un tè, o qualunque cosa desideriate.» Bridget fu commossa dall'espressione supplichevole che avevano assunto gli occhi della sua interlocutrice sotto lo splendido cappello viola, ornato da una fascia di seta bianca e abbinato all'abito bianco e viola che indossava. Il suo era azzurro, di un azzurro spento, e neanche lontanamente così elegante. Certo non a sufficienza per un caffè della prima classe. Lei non voleva deludere nessuno e nondimeno, sapendo qual era il posto che le competeva, bisbigliò: «Non mi è permesso entrare là dentro». «Sciocchezze» protestò Mr. Wingard, affiancando la moglie dall'altro lato con Elsie ancora fra le braccia. «Siete nostra ospite.» «Non ci saranno problemi» la rassicurò Annette. «Benjamin e suo fratello sono dei banchieri. È grazie a loro che è stato costruito questo transatlantico.» L'unico banchiere che lei avesse mai conosciuto era George O'Reilly e suo padre aveva sempre affermato che era tanto avido da essere capace di derubare un cieco. Mr. Wingard scoppiò in una risata alle parole della moglie. «Mio fratello e io abbiamo contribuito a mettere insieme il capitale che occorreva alla White Star Line per costruire questo magnifico transatlantico, ma 18
non è grazie a noi che il progetto è andato a buon fine.» Strizzò l'occhio alla consorte. «Comunque, sono d'accordo con Annette. Dovete unirvi a noi per bere qualcosa.» «È per questo che vi trovate a bordo durante il viaggio inaugurale?» domandò Bridget. Un'espressione triste oscurò il viso di Annette. «No, non è che una coincidenza. Stiamo tornando a casa. Siamo stati a Londra per un mese. Mio padre si era ammalato ed è mancato due settimane or sono.» «Mi dispiace. Mio padre è mancato la settimana scorsa.» «Oh, mi dispiace moltissimo.» Le rafforzò la stretta attorno al braccio. «È terribile, non è vero? Diventare orfani? Benché mi renda conto di essere un'adulta, è ciò che provo ora che ho perduto entrambi i miei genitori.» Era ciò che provava anche Bridget e anche se non avrebbe saputo dire se fosse a causa delle perdite subite da entrambe o del ruolo che aveva rivestito nel restituire la bambola a Elsie, da quel momento ebbe la netta sensazione che si fosse creato un forte legame con i Wingard. I quattro giorni successivi furono meravigliosi. Poiché Benjamin e Annette dovevano partecipare a diverse cene e ricevimenti ai quali erano stati invitati, e dato che la bambinaia della figlia si era rotta un piede mentre si trovavano in Inghilterra ed era rimasta a Londra, Bridget si offrì di prendersi cura di Elsie ogniqualvolta avessero avuto bisogno di lei durante il viaggio.
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Il banchiere americano LAURI ROBINSON NEW YORK, 1912 - Bridget sopravvive al naufragio del Titanic e salva la piccola Elsie. Giunta a New York, l'affascinante zio della bambina le propone di restare con loro per...
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