Il destino della principessa

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CAITLIN CREWS

Il destino della principessa


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Bride by Royal Decree Harlequin Mills & Boon Modern Romance © 2017 Caitlin Crews Traduzione di Valentina Lucia Ruggiero Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2017 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione Collezione Harmony novembre 2017 Questo volume è stato stampato nell'ottobre 2017 da CPI, Barcelona COLLEZIONE HARMONY ISSN 1122 - 5450 Periodico bisettimanale n. 3224 del 10/11/2017 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 22 del 24/01/1981 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


1 Erano poche le cose che Maggy Strafford odiava di più del lavare il pavimento della caffetteria: gli studi dentistici, la gastroenterite o qualunque ricordo della sua sfortunata infanzia trascorsa prevalentemente in orfanotrofio. Eppure si trovava lì, china sulle mani e sulle ginocchia, intenta a strofinare una macchia appiccicosa sul pavimento di legno massiccio del Coffee Queen, che si trovava nel piccolo villaggio turistico di Deanville, Vermont. In qualità di barista assunta da poco era quello il suo lavoro, e fin dalla prima notte i proprietari si erano fidati di lei a tal punto da lasciarle chiudere il negozio. E per la prima volta da quando da bambina, priva di memoria, era stata ritrovata al margine di una strada, Maggy era determinata a tenersi il suo lavoro. Persino se questo la obbligava a sfregare macchie non ben identificate sul pavimento di una caffetteria nel bel mezzo del nulla nel Vermont. Si accigliò quando sentì il campanello suonare, annunciando l'arrivo di un altro turista che, apparentemente, non era in grado di comprendere il cartello sulla porta. «Siamo chiusi» disse ad alta voce, trattenendosi dall'aggiungere: Cosa che potresti vedere da te, sem5


pre che tu sia in grado di leggere, perché una risposta d'impulso sarebbe stata tipica della vecchia Maggy, mentre quella nuova era più gentile e amichevole, ragion per cui era riuscita a tenersi il lavoro. Si stampò quindi un sorriso falso sulla faccia, mentre lanciava la spugna nel secchio pieno di acqua sporca che sciabordò pericolosamente. Detestava dover sorridere a comando. Non era la persona adatta per il servizio clienti né lo era mai stata, ma la nuova Maggy si guardava bene dal condividere i suoi veri sentimenti con qualcuno, soprattutto con i clienti, a prescindere da quanto ricchi e annoiati potessero essere. Così si diresse alla porta strisciando sulle ginocchia, ma quando sollevò lo sguardo il suo sciocco sorriso svanì in un istante. Due uomini vestiti di nero, muscolosi e dall'espressione severa, fecero irruzione all'interno mormorando qualcosa ai loro auricolari in una lingua che non era decisamente inglese. Ignorandola, la superarono con un'efficienza che le fece annodare lo stomaco. Sapeva che si doveva alzare e affrontarli in qualche modo, anche se il suo istinto le suggeriva di darsela a gambe. Ma poi entrò un uomo affiancato da altri due scagnozzi armati di pistole, dei soliti auricolari e con freddi occhi feroci. Una volta sbrigati i dettagli relativi alla sicurezza, ciascuno di quegli intrusi prese posizione di fronte a una finestra. L'uomo al centro fece un paio di passi all'interno della caffetteria, poi si fermò, osservando Maggy con fare altezzoso, quasi credesse di essere il nuovo messia. Lei non era una fan degli uomini arroganti. Né degli uomini in generale, visti gli esemplari deludenti 6


che aveva incontrato nel corso degli anni. Ma trovò che il suo solito meccanismo di autodifesa doveva averla abbandonata del tutto, perché lui sembrava... diverso. Se ne stava lì con l'atteggiamento di chi era abituato a trovarsi di fronte a persone inginocchiate come se fosse stata la cosa più normale del mondo. Avrebbe dovuto detestarlo al primo sguardo, e invece il cuore di Maggy prese a battere forte. Si disse che non era nulla di speciale. Solo un altro uomo, e presuntuoso per giunta. Ovviamente ricco in modo ridicolo, proprio come tutti quegli idioti che venivano spesso da quelle parti con i loro lussuosi fuoristrada e accecavano la gente con i loro sorrisi smaglianti. Di solito sedevano ai tavoli dei migliori ristoranti della città, acquistavano magliette per centinaia di dollari e riempivano alla rinfusa le caffetterie con i loro lunghi ordini di finti drink. Quest'uomo non ha nulla di speciale, si disse Maggy. Ma era solo una bugia. Era straordinario. Sembrava che qualcosa gli ronzasse tutt'intorno, una sorta di potere intenso, o forse quell'assoluta sicurezza che avrebbe anche potuto essere impressa nelle sue stesse ossa. Era ben più che semplice arroganza. Più di un viso abbronzato, bei denti e automobili di lusso. Era difficile distogliere lo sguardo da lui, come se stesse calamitando su di sé tutta la luce del locale. Indossava un paio di pantaloni neri e degli stivali che dovevano costare più di un SUV, abbinati a uno di quei costosi piumini che trasudava l'eleganza tipica dell'alta società e virilità al tempo stesso. Era alto, e non solo perché lei era in ginocchio. Aveva spalle am7


pie e il fisico slanciato e atletico che suggeriva molte ore trascorse ad allenarsi in palestra, pensiero che le fece annodare lo stomaco ancora di più. Ma era il suo viso il problema più grande. Non era banalmente bello, così come i tipi ordinari che si vedevano a Deanville in quel periodo dell'anno nelle loro tute da sci. Non quell'uomo. Il suo volto era estremamente virile. Troppo mascolino. Aveva una bocca severa, dura e priva di sorriso che, travolgendola, le provocò un'ondata di calore lenta e insistente. Il suo sguardo era del colore della pioggia battente e astuto, anche. Prepotente e spietato, stava provocando una tempesta elettrica tutt'intorno a lei. Eppure continuava a restarsene lì scrutandola con quei suoi occhi grigi, aspettandosi forse che chiunque lo stesse osservando ricambiasse il suo sguardo con l'adorazione. «Chi diavolo siete?» domandò lei al gruppo senza preoccuparsi delle possibili conseguenze, dell'eventualità di ritrovarsi senza lavoro e indietro con le rate dell'affitto della sua piccola stanza logora. Non si sarebbe angosciata per ciò che sarebbe potuto accadere finché quel fuoco che aveva dentro di sé avesse continuato ad ardere. «Perfetta, direi» affermò secco l'intruso. «Rude e sgarbata al tempo stesso. I miei antenati si staranno rivoltando nella tomba in questo momento.» La voce di lui era ricca e profondamente colta, il suo inglese vivacizzato da una punta di qualcos'altro. Maggy detestò la parte di sé che desiderava sapere che cosa quel qualcos'altro potesse essere. Che aveva bisogno di saperlo, addirittura. Ma l'uomo si limitava a osservarla, un vago cipiglio sposava la perfezione delle sue sopracciglia scure e arroganti. «Perché sei bionda?» 8


Lei sbatté le palpebre, stupita. Poi, cosa ben peggiore, si portò una mano ai capelli che aveva tinto di biondo tre giorni prima, poiché si era convinta che quel colore l'avrebbe fatta sembrare molto più amichevole del suo ramato naturale. E si irrigidì nel momento in cui quell'allusione si insidiò dentro di lei. «Perché mi stai fissando?» gli chiese. «Sei per caso uno stalker?» Vi fu una sorta di leggero brusio proveniente dagli scagnozzi alle spalle di Maggy, ma l'uomo che le stava davanti mosse a malapena l'indice. «Non sai chi sono.» Non era una domanda. Più che altro, sembrava una accusa. «Ti rendi conto» cominciò Maggy, mentre si sedeva sui talloni e si domandava in che modo avrebbe potuto usare spugna e secchio come armi improvvisate qualora la situazione fosse peggiorata, «che quando una persona fa una simile domanda sta automaticamente dichiarando di essere un completo imbecille?» Lui aggrottò un sopracciglio come se non avesse mai sentito quella parola. Ma non vi era dubbio alcuno, dal modo in cui il suo sguardo luccicava, che avesse colto l'offesa. Maggy ebbe la strana impressione che non dovesse essere abituato agli insulti e questo le fece pensare che forse doveva essere ben più intoccabile di quanto avesse immaginato. Ma non riusciva a rendersi conto del perché averlo notato le avesse fatto mancare il respiro. «Chiedo scusa.» La voce dello sconosciuto era cupa e la scosse peggiorando quella sensazione. «Un imbecille? È così che mi hai chiamato?» 9


Lei sollevò il mento, assumendo quello che un battaglione di consulenti ed ex datori di lavoro avevano definito un atteggiamento aggressivo, e fingendo di non notare l'enfasi che lui aveva messo sull'ultima parola. «Il locale è chiuso» affermò con tono piatto. «Raduna la tua banda di teppisti e vattene. Magari prendendo in considerazione che non è necessario andarsene in giro con un gruppo di uomini armati e con potenziali problemi di steroidi quando si è alla ricerca di una tazza di caffè.» L'uomo non fece nulla per un momento, ma abbassò lo sguardo su di lei, osservandola in un modo che la travolse e la fece rabbrividire. «Dimmi un po'» cominciò lui con la stessa voce autoritaria, «hai una piccola voglia dietro l'orecchio sinistro? A forma di cuore irregolare?» Maggy provò una sensazione di freddo tanto intensa quanto il fiotto di aria invernale che aveva fatto irruzione nella caffetteria quando lui era entrato. «No» rispose. Anche se in realtà ce l'aveva. E dovette ricorrere a tutto il proprio autocontrollo per trattenersi dal posarvi le dita. L'uomo si limitava a studiarla, la linea della bocca sempre rigida. «Stai mentendo.» «E tu mi stai facendo accapponare la pelle» lo rimbeccò alzandosi in piedi, consapevole della reazione degli sciocchi che la circondavano e ancora una volta dell'uomo che, al centro, li bloccò con un semplice cenno del dito. «Che vuol dire tutto questo? Che cosa vuoi? Di certo non un latte di soia.» «Il tuo nome è Magdalena, per caso?» A quel punto Maggy si rese conto che il suo interlocutore conosceva già la risposta, e la cosa la colpì 10


provocandole una strana sensazione che dalla pancia si irradiò in tutto il suo corpo fino alla punta dei piedi. «No» mentì di nuovo. Non riusciva a comprendere il motivo di quel senso di panico. «Mi chiamo Maggy. E non è il diminutivo di nulla.» A quel punto si sfilò il cellulare dalla tasca posteriore dei jeans e lo tenne stretto nel palmo della mano. «E se non te ne vai subito, chiamerò la polizia.» L'uomo non sorrise. Pareva che quella bocca non lo avesse mai fatto. Eppure, vi era un luccichio d'argento in quegli occhi duri che le tolse il respiro. «Mi spiace, ma temo che sarebbe piuttosto frustrante per te» affermò lui come se quell'eventualità non lo preoccupasse affatto. «Se desideri chiamare le autorità locali, non ti fermerò. Ma sarebbe un atto di negligenza da parte mia se non ti avvisassi che, così facendo, non raggiungeresti il risultato che ti aspetti.» Maggy non riusciva a capire perché, ma gli credeva. Aveva qualcosa a che fare con il modo singolare in cui quell'uomo se ne stava lì, quasi fosse abituato a essere scambiato per una statua di granito ben vestita. «E allora che ne diresti di andartene e basta?» gli chiese, consapevole del fatto che le si erano intorpidite le labbra. Al tempo stesso quella macchiolina che aveva dietro l'orecchio sin dalla nascita era diventata bollente. Però non osò toccarla. Non davanti a lui. «Voglio che tutti voi ve ne andiate.» Ma quell'uomo non la stava ascoltando. Maggy si era alzata in piedi e lui appariva piuttosto intrigato dalla cosa. Lasciò che quegli scaltri occhi grigi vagassero sul suo corpo, e la parte peggiore fu che lei provò il bisogno infantile di coprirsi con le mani. Ma che le importava se quello strano tizio la fissava? In quel momento lei non indossava i jeans e la maglietta attil11


lati che la vestivano quasi come una seconda pelle. Malgrado ciò, in qualche modo ebbe l'impressione che non stesse guardando il suo fondoschiena come avevano fatto tutti gli altri. «È sbalorditivo» affermò l'uomo, la voce più bassa adesso e, in qualche modo, roca. «Potresti essere la sua gemella, tranne che per quei capelli spudorati.» «Io non ho una gemella» sbottò Maggy, e si rese conto che nella sua stessa voce c'era troppo, proprio come tutte le altre volte in cui le era stato detto che somigliava a qualcuno, e quando era stata una bambina si era illusa ogni volta. Ma ormai era troppo cresciuta e capace di riconoscere quei momenti per quello che erano. «Io non ho nessuno. Sono stata trovata sul ciglio di una strada quando avevo otto anni e non ricordo nulla prima di quel momento. Fine.» «Ah, ma questo prova la mia teoria» ribatté lui, e qualcosa di molto simile alla soddisfazione vibrò in quegli occhi argentati. Si sfilò i guanti di pelle come se quell'azione facesse parte di un'antica cerimonia. Maggy non avrebbe potuto descrivere il modo in cui lo aveva fatto, riusciva a trasudare virilità pur restando fermo, senza fare altro che togliersi un paio di guanti. E quando ebbe finito, mentre Maggy era tutta intenta a chiedersi cosa potesse mai trovarci di tanto illecito nelle mani nude di un uomo, lui estrasse uno smartphone dalla tasca, toccò lo schermo e glielo porse. «Non voglio guardare» gli disse lei. «Voglio solo che ve ne andiate. Adesso.» «Guarda la foto, per piacere.» Non le parve una vera domanda e notò che lui non le aveva promesso che se ne sarebbero andati se lei a12


vesse guardato. Così non riuscì a capire per quale motivo si sporse in avanti e prese quel dannato cellulare, facendo la massima attenzione a non toccare lui. O per quale motivo il tenue luccichio di approvazione negli occhi di quell'uomo le fece qualcosa. Deglutì e guardò lo smartphone ancora caldo per il contatto con la pelle di lui, cosa che non avrebbe dovuto costringerla a reprimere un brivido. Si concentrò sull'immagine. Si trattava della fotografia di una donna. Era in piedi in qualche luogo da fiaba, risplendente di luci e antiche pietre, e stava guardando con un ampio sorriso indietro, verso l'obiettivo, al di sopra della spalla. I capelli ramati erano raccolti in un complicato chignon e la donna indossava il tipo di abito che una persona normale non indosserebbe mai, lungo e raffinato, e apparentemente tempestato di diamanti abbinati ai fili luminosi che le adornavano il collo. Se Maggy non lo avesse saputo, avrebbe potuto dire che si trattava di una sua fotografia. «Chi è?» sussurrò Maggy, consapevole che il cuore le stava sprofondando nel petto e che la testa le faceva male. L'uomo davanti a lei non mosse un muscolo. Non sollevò un dito, eppure c'era qualcosa nel modo in cui la stava guardando che avrebbe potuto rimpiazzare il mondo intero. «Quella è Serena di Santa Domini.» La sua voce era fredda, eppure Maggy era certa di avervi scorto una sfumatura di soddisfazione. «Meglio conosciuta come Sua Altezza Reale, la regina di Santa Domini, morta vent'anni fa in un incidente d'auto in Montenegro.» I suoi occhi grigi brillarono di qualcosa che Maggy non riuscì a distinguere, ma che la colpì come uno schiaf13


fo. «Ho ragione di credere che fosse tua madre.» Reza Argos, noto al mondo come Sua Altezza Reale il re di Constantines, non era un sentimentale. Quella era stata la rovina di suo padre, e non sarebbe stata anche la sua. Ma non c'erano dubbi che fosse un re. Ciò significava che non poteva permettersi di lasciare spazio ai sentimenti, soprattutto in un regno come quello di Constantines che si fregiava della rettitudine del proprio sovrano, pur lasciando spazio a molte correnti sotterranee, come tutti i pettegolezzi sull'amante storica di suo padre e che nessuno osava menzionare direttamente, soprattutto dopo il modo in cui il precedente re era scomparso. Non che qualcuno avesse mai accennato al suicidio. Era una storia spiacevole. Reza si concentrò quindi sul presente. I suoi treni erano in orario, i suoi sudditi pagavano le tasse e le forze armate mantenevano ligie i confini. Lui e il suo governo operavano in modo trasparente, senza tragedie inutili, e nell'interesse della gente al meglio delle sue possibilità. Non cedeva alla minaccia di un'amante calcolatrice e, di certo, non metteva a rischio il regno intero a causa di ciò. Inoltre Constantines non era affatto come il regno con cui confinava, l'assediata Santa Domini, con le sue crisi civili ed economiche degli ultimi trent'anni. Una particolare attenzione pratica ai dettagli da parte dei suoi governanti era il motivo per cui un regno tanto piccolo fosse stato in grado di mantenere la sua prosperità, indipendenza e neutralità per centinaia di anni. L'Europa poteva anche insorgere, cadere e tornare a rialzarsi tutt'intorno a loro, ma il regno di Constanti14


nes restava fermo e imperturbabile contro l'invadente oscurità di Santa Domini. La graduale decadenza di suo padre a causa delle sue sciocche proteste su ciò che il cuore comanda, seguita da quella che avrebbe potuto diventare una crisi costituzionale, non era stata scoraggiata dal rischio che avevano seriamente corso di squarciare il regno. Per fortuna tutto ciò non aveva avuto alcuna risonanza, dato che erano davvero poche le persone a conoscenza di quanto grave fosse stata la situazione. Reza era riuscito a mantenere il controllo del suo piccolo regno sulle Alpi sin dal giorno della sua ascesa al trono all'età di ventitré anni, dopo quello che era stato fatto passare come un attacco di cuore che aveva ucciso il re. Constantines era un piccolo Stato che sorgeva tra due valli in cima alle Alpi. Le valli erano collegate da un ampio lago dalle acque cristalline, punteggiato da villaggi pittoreschi e istituzioni bancarie, circondati da cime innevate e lussuose località sciistiche. La gente del posto amava il regno così com'era. Inviolato. L'eredità di un'epoca passata, eppure con tutte le comodità del presente. Il fatto che il regno confinante, Santa Domini, avesse subito un violento colpo di Stato quando Reza era solo un bambino, avesse perso il suo re in esilio e gran parte della famiglia reale quando lui aveva diciotto anni, turbava ancora Constantines. Reza non si preoccupava particolarmente che il suo regno fosse stato spesso definito difficile, dato che aveva dovuto porre rimedio ai disordini del suo vicino e a quelli provocati da un padre adultero, minaccia che aveva quasi portato il suo regno in guerra e al suicidio che lui aveva dovuto coprire. Aveva dovuto dire le bu15


gie necessarie e gestire la sua perfida madre. Aveva persino gestito l'orribile amante di suo padre. Era una sfortuna il fatto che nessuno sapesse quante difficoltà avesse dovuto affrontare. Ma le cose ora erano promettenti. Nel regno accanto l'usurpatore, il generale Estes, era morto. La restaurazione del legittimo re sul trono di Santa Domini aveva calmato l'intera regione. Se quella donna di fronte a lui era la perduta Principessa Magdalena, come sospettava, questo avrebbe cambiato tutto. Perché Reza era stato promesso alla principessa sin dal giorno della sua nascita. E mentre si vantava della propria capacità di vivere senza lasciarsi influenzare dai sentimenti che avevano rovinato suo padre, sospettava che proprio quello era invece tutto ciò che la sua gente desiderava davvero: una favola con tutti i suoi orpelli che avrebbe generato guadagni e interessi. Avrebbe inoltre influenzato fortemente l'indice di gradimento e la soddisfazione generale di cui il nonno di Reza aveva goduto durante il suo lungo regno. Sudditi soddisfatti, dopotutto, raramente tramavano rivoluzioni. Decise tuttavia di non condividere ancora la lieta notizia con la sua promessa sposa. La donna tremò mentre osservava la fotografia sul cellulare. Si sarebbe aspettato una reazione di gioia, o una manifestazione di qualche tipo, soprattutto viste le condizioni in cui l'aveva trovata: in ginocchio a pulire un pavimento come la più umile delle serve. Ciocche di capelli le ricadevano sulle spalle magre, rendendo il suo aspetto persino più pallido e smunto di quanto non fosse realmente. La lingua era volgare tanto quanto il suo aspetto. Questa, dunque, era la sua principessa perduta. La 16


creatura da fiaba che avrebbe usato per incantare la sua gente e rafforzare il proprio trono, rude, con le mani rosse e quella bocca imbronciata e impertinente. Avrebbe dovuto cercare di tirarne fuori il meglio. E se vi era una parte di lui che si compiaceva di non potersi sentire in nessun modo minacciato da quella creatura, che aveva le stesse possibilità di sedurlo della pianta all'angolo della stanza, tanto meglio, se lo sarebbe tenuto per sé. Lei sollevò lo sguardo di nuovo, i suoi occhi erano di un color caramello ricco e profondo che Reza si rese conto di non essere in grado di interpretare come avrebbe voluto. Osservò il modo curioso in cui la donna raddrizzava le fragili spalle e sollevava il mento caparbio. Come se desiderasse tenerlo lontano fisicamente. Come se credesse di avere una possibilità. Era quasi certo che si trattava della sua principessa e un test del DNA avrebbe solo confermato ciò che era già evidente a occhio nudo, vista la somiglianza sorprendente con la regina. E la principessa perduta di Santa Domini, la futura madre dei re di Constantines, non poteva essere una donna delle pulizie. «Io non ho una madre» gli disse lei senza il minimo rispetto, e Reza ne ammirò lo spirito, anche se ne disapprovava l'impiego. «E se anche l'avessi avuta, non si tratterebbe di certo della regina di alcunché.» Lui stava già cercando d'immaginare come avrebbe potuto trasformare quella volgare finta bionda in una donna degna di stare al suo fianco. Aveva la struttura ossea della principessa che chiaramente era. Quello risultava ovvio al primo sguardo. Se avesse ignorato gli abiti orribili, i capelli opinabili e il modo di porsi decisamente rozzo, poteva vedere che era dello stesso stampo della sua famiglia. Innan17


zitutto per via di quegli zigomi alti e poi per il dolce ovale del suo viso e quelle labbra così seducenti, al tempo stesso aristocratiche e carnali. Era una di quelle magre deperite, ben lungi dalle donne snelle ma sinuose e dai fisici tonici che Reza conosceva e preferiva, ma lei doveva essere fiera delle proprie curve visto che non poteva esserci altra ragione per aver indossato quegli abiti economici di due taglie in meno. Ciò che Reza non riusciva a capire era per quale motivo la desiderasse così tanto. Quella consapevolezza lo aveva colpito nell'esatto istante in cui era entrato nel locale, sconvolgendolo. I suoi gusti erano ben più che raffinati, le sue amanti erano sempre donne impeccabili e dall'educazione impressionante, e tutte di squisita bellezza. La sua regina ideale, finché non aveva visto la fotografia di quella donna dieci giorni prima, era sempre stata adatta al suo rango, della giusta estrazione sociale, nelle sue vene avrebbe dovuto scorrere sangue blu antico di secoli. Avrebbe dovuto possedere un'eccellente educazione e frequentato le scuole migliori. Mai e poi mai avrebbe dovuto attirare l'interesse dei giornali. La retta Louisa era stata il risultato di quella ricerca della regina perfetta. Lui non aveva immaginato che sarebbe mai riuscito a trovarla finché non l'aveva conosciuta. Reza stentava a credere di trovarsi lì, lontano dal suo regno e dalla donna che aveva programmato di sposare, alla ricerca di una rozza creatura che lo aveva già insultato parecchie volte. La cosa lo offendeva profondamente. Così come quando lei sollevava quel mento orgoglioso o apriva quella bocca per dire qualcosa di indelicato, provocandogli il più profondo desiderio. 18


3222 - Il sussurro del deserto di S. Kendrick Lo sceicco Saladin è abituato a ottenere sempre ciò che vuole. Sempre. Lasciati ammaliare da I PRINCIPI DEL DESERTO.

3223 - Patto greco di T. Pammi Stavros capisce che l'unico modo per proteggere il patrimonio di Leah è sposarla. Regalati momenti ardenti con il tuo amato FUOCO GRECO.

3224 - Il destino della principessa di C. Crews Cresciuta in un orfanotrofio, Maggy non ha mai saputo chi fossero i suoi veri genitori... Pensi di essere FATTA PER L UI?

3225 - Il richiamo della corona di N. Anderson La gravidanza, scoperta durante una normale visita, era l'ultima cosa che Stella si aspettava. Prima parte de IL T RONO DI SAN FELIPE.

3226 - Seduzione privata

di M. Smart L'unico sentimento che il milionario Stefano Moretti nutre per Anna è il desiderio di vendetta. Anzi, di una... SUBLIME VENDETTA.

3227 - In trappola col milionario

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3228 - Nozze con ricatto di M. Milburne Nic, il minore dei fratelli Sabbatini, reagisce male agli ultimatum... Terzo e ultimo episodio de L A DINASTIA DEI SABBATINI.

3229 - Scatti rubati di R. Thomas Nonostante cerchi in tutti i modi di rimanere concentrata sulla storia che deve raccontare, Emma... Ecco a voi un vero SELF-M ADE M AN!


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3233 - Notti proibite con il principe di N. Anderson Da quando ha perso l'amore della sua vita, il principe Antonio non ha più toccato una donna... Seconda parte de IL T RONO DI SAN FELIPE.

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