Il duca dissoluto

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UN ROMANZO TRATTO DA UNA STORIA VERA, UNO SGUARDO INTENSO ALL’IRLANDA DEGLI ANNI SESSANTA.

Una storia forte di amore e redenzione: nessun segreto è per sempre.

”I segreti vengono a galla a poco a poco, tra colpi di scena e sentimenti, per culminare in un finale intenso, magistrale.” The Irish Times

Le sorelle Ella e Roberta O’Callaghan non si parlano ormai da decenni, ma ora è il momento di riunirsi per salvare l’antica dimora di famiglia, ed evitare la bancarotta. Il vecchio salone delle feste si trasforma in una caffetteria, il Ballroom Café, grazie a Debbie, arrivata in Irlanda dagli Stati Uniti per ritrovare la sua madre naturale. Le sue domande, però, costringeranno tutti a fare i conti col passato.

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MEGAN HART È TORNATA, CON UN ROMANZO TRAVOLGENTE E DELICATO ALLO STESSO TEMPO DIVISI SONO NIENTE, INSIEME SONO UNA COSA SOLA: A VOLTE LA SALVEZZA È TRA LE BRACCIA DELLA PERSONA CHE PUÒ FARTI PIÙ MALE.

Alcune persone ti lasciano cicatrici sul corpo, nell’anima. E lo chiamano Amore.

Effie e Heath hanno un passato tormentato. Segregati e abusati dallo stesso uomo per diversi anni, i due ragazzi hanno trovato conforto l’uno nell’altra sino a quando non sono riusciti a fuggire. Ora sono due adulti che cercano di andare avanti con le proprie vite… ma il loro legame, a volte, è solo un modo per tornare a vivere quell’incubo.

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LORRAINE HEATH

Il duca dissoluto


Immagine di copertina: Lee Avison / Trevillion Images Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Between the Devil and Desire Avon Books © 2009 Jan Nowasky Published by arrangement with HarperCollins Publishers Traduzione di Graziella Reggio Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2016 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici Special luglio 2016 Questo volume è stato stampato nel giugno 2016 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd) I GRANDI ROMANZI STORICI SPECIAL ISSN 1124 - 5379 Periodico mensile n. 224 dello 06/07/2016 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 368 del 25/06/1994 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


Prologo Dal diario di Jack Dodger Quando avevo cinque anni venni venduto dalla mia mamma. Non le ho mai serbato rancore per questo; persino a quella tenera età capivo che la fame e la paura potevano spingere una persona a commettere azioni di cui non si sarebbe mai creduta capace. Nelle circostanze in cui mi ritrovai, compresi subito che il diavolo indossava panni da gentiluomo, e quindi fuggii a gambe levate, convinto che sarei stato meglio per strada che in una dimora elegante dove un ricco signore si fingeva rispettabile. Non fui più solo quando capitai in un famigerato covo di ladri bambini, capeggiati da uno scaltro vecchio furfante di nome Feagan. Grazie ai suoi insegnamenti, appresi che qualunque bene poteva essere rubato – con l'opportuna preparazione. La mia abilità e la mia determinazione di riuscire, e quindi di sopravvivere, erano impareggiabili e presto mi conquistai la sua stima. Feagan mi chiamava con affetto dodger, bravo a schivare, e a otto anni mi capitava spesso di trascorrere la serata seduto accanto a lui davanti a un fuocherello di carbone, a fumare la pipa di terracotta, bere gin e assimilare le perle di saggezza che condivideva soltanto con pochi eletti. Tuttavia mi prudevano sempre le mani per il desiderio di denaro. Un giorno un signore dall'aria perbene mi offrì mezzo scellino per richiamare in un vicolo una famigliola nobile, 5


composta da tre persone. Lo feci con false lacrime e la menzogna che mia madre stava morendo. Marito e moglie vennero uccisi all'istante, invece il bambino scappò. Sconvolto dal crimine cui avevo preso parte, lo seguii con il terrore che ci attendesse lo stesso destino dei suoi genitori. Lo raggiunsi in un'altra viuzza, dove era crollato e, raggomitolato in un angolo, piangeva. Non c'era tempo per simili sciocchezze. Con enorme sollievo notai che non mi riconosceva. A causa dello spavento, immaginai. Gli strappai i vestiti, lo insudiciai e lo convinsi che avevo la possibilità di salvarlo. Si chiamava Lucian, ma poiché suonava pretenzioso, lo presentai con il nome di Luke. Feagan mi diede tre penny per avergli portato una nuova recluta. Tutto sommato era un buon bottino per la giornata, anche se quella notte dormii male. Con mia grande irritazione, pur essendo maggiore di soli due anni, mi sentivo responsabile per il ragazzino. Quando venne sorpreso a rubare, da vero stupido tentai di soccorrerlo. Passammo tre mesi in prigione. Il marchio da carcerati rafforzò la nostra amicizia e diventammo inseparabili. Fino alla notte in cui Luke uccise un uomo. Aveva quattordici anni ed era in attesa di processo quando venne riconosciuto dal Conte di Claybourne come il nipotino perduto da tempo. Fu quindi rilasciato e affidato all'anziano gentiluomo. La sua fortuna divenne presto anche la mia. Il vecchio, infatti, accolse in casa anche me. Eravamo sempre in conflitto. Il conte tentava con ostinazione di trasformarmi in galantuomo, mentre io preferivo restare un furfante. Mi sembrava più onesto. A diciannove anni ricevetti da un avvocato la notizia che un anonimo benefattore, animato da grandi aspettative nei miei confronti, desiderava donarmi diecimila sterline per garantirmi un avvenire. Non cercai mai di scoprire chi fosse, poiché ero quasi certo che si trattasse del nonno di Luke, desideroso di liberarsi di me senza deludere il nipote. Avevo vissuto nei bassifondi abbastanza a lungo da sapere che i guadagni migliori si ottenevano investendo nel vizio. 6


Acquistai quindi un palazzo e lo resi un club esclusivo per gentiluomini. E fu cosÏ che mi arricchii, senza dubbio molto piÚ di quanto si fosse aspettato il mio benefattore – o chiunque altro. Eppure il denaro non mi bastava mai, non importava quanto ne guadagnassi. Ero sempre assetato di soldi. Ero pronto a tutto, proprio a tutto, per possederne.

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1 Londra, 1851 Il diavolo era venuto in visita. Seduta al suo fianco nella biblioteca di casa, Olivia Stanford, Duchessa di Lovingdon, non sapeva se sentirsi spaventata o affascinata. Era un personaggio interessante. BenchÊ conoscesse i sordidi pettegolezzi che lo riguardavano, lei non lo aveva mai visto di persona prima di quella sera. I capelli neri scompigliati, che si arricciavano in maniera provocante sulle spalle larghe, esprimevano la volontà di ribellarsi alle imposizioni sociali. I lineamenti duri erano scolpiti da una vita di vizi, trasgressioni ed eccessi. Eppure era bello nel senso aspro del termine, proprio come una costa frastagliata e selvaggia, al sorgere del sole, poteva strappare il fiato con la sua magnificenza. Infine Olivia distolse lo sguardo dal profilo che l'aveva incantata sin dall'istante in cui il seducente e immorale Jack Dodger aveva messo piede nella stanza. La sua casa da gioco offriva svaghi e divertimenti a tanti uomini dell'aristocrazia. Sorelle, mogli e madri ascoltavano il resoconto biascicato delle dissolutezze che avevano luogo nel suo regno, quando i fratelli, i mariti e i figli rincasavano nelle ore piccole, ubriachi fradici. Come ovvio, le donne si scambiavano confidenze bevendo il tè, e quindi la fama di Mr. Dodger, insieme a quella della sua bisca, era cresciuta tra le dame perbene, che invece avrebbero dovuto ignorare simili 8


sconcezze. Tutte lo detestavano e aborrivano la possibilità che forniva ai loro uomini di deviare da ciò che era buono e rispettabile, eppure nessuna poteva evitare di sentirsi affascinata da un individuo tanto devoto al peccato. Mentre sedeva accanto a lui, Olivia era sempre più consapevole della pura sensualità emanata dalla sua persona. Immaginava che tante lo seguissero in camera da letto senza pronunciare una sola parola. Sentiva l'aroma di tabacco e di whisky che lo permeava e, con profonda vergogna, scoprì di apprezzare quell'oscuro sentore maschile. Tutto in lui parlava di piaceri proibiti. Era davvero un'opera del demonio. Ne portava persino il marchio, ben visibile all'interno del pollice destro, poiché ignorava la buona educazione di indossare i guanti e teneva le lunghe dita aperte sul bracciolo della sedia. Benché la pratica di marchiare i criminali fosse ormai in disuso, Olivia conosceva il significato della L impressa a fuoco nella carne: stava per ladro, quindi Mr. Dodger era stato in prigione per furto. Lei aveva poca tolleranza verso coloro che si appropriavano dei beni altrui. Malgrado l'attività e il passato discutibili, non si poteva negare che indossasse abiti di ottima fattura. Erano stati senz'altro confezionati dal miglior sarto di Londra, tuttavia il panciotto di broccato rosso, sotto la giacca nera, era inadatto all'occasione triste, e cioè la lettura del testamento del marito di Olivia. Per quale motivo Lovingdon avesse richiesto la presenza del famigerato Jack Dodger era davvero incomprensibile. Già non si capiva come mai avesse conosciuto un simile furfante. A quanto ne sapeva lei, non si era mai recato alla Dodger's Drawing Room. In compenso suo fratello, il defunto Duca di Avendale, frequentava d'abitudine la casa da gioco, fornendole l'invidiabile possibilità di arricchire in continuazione il repertorio di storielle scandalose che circolava tra le signore. Invece suo marito si era sempre comportato da perfetto moralista. Non teneva nemmeno una bottiglia di liquore in 9


casa e, a quanto sembrava, non aveva mai assaggiato una sola goccia di vino in vita sua. Non si poteva certo affermare lo stesso di Jack Dodger, il quale aveva le labbra più carnose che lei avesse mai visto in un uomo, di un rosso scuro, molto scuro, come se fossero state intrise di vino pregiato, e di sicuro erano avvezze a gustare ogni sorta di piacere. Una simile bocca era concepita apposta per adescare le donne più virtuose. Altrimenti perché Olivia si sarebbe domandata, a sproposito, che effetto avrebbe fatto baciarlo? Da tempo aveva smesso di pensare alle delizie dei baci – forse perché Lovingdon vi si opponeva con fermezza. Eppure si ritrovava a fantasticare sul modo in cui quelle labbra avrebbero giocato con le sue, stuzzicandola come non era mai accaduto con il defunto consorte. Di nuovo si chiese come mai lui avesse voluto che Mr. Dodger presenziasse alla lettura del suo testamento. Eppure Mr. Beckwith, il legale di fiducia del duca, al momento impegnato a sistemare i documenti sulla scrivania davanti a loro, lo aveva ribadito con insistenza, aggiungendo che era richiesta anche la partecipazione di Olivia. E quindi eccola là, pronta come sempre a onorare le sue responsabilità, per quanto sgradevoli. Sin dalla nascita, la dedizione al dovere aveva governato la sua vita. Proprio per questo, appena diciannovenne, aveva sposato un uomo maggiore di lei di venticinque anni, poiché il padre aveva combinato il matrimonio, e una figlia rispettosa non si opponeva alla volontà paterna, malgrado la personale brama di passione. Lovingdon era stato onesto sin dal principio. Vedendo avvicinarsi la vecchiaia, aveva un bisogno disperato di un erede. E il matrimonio con lui, pur non essendo del tutto soddisfacente, non si era rivelato nemmeno terribile. Olivia, infatti, si era conquistata la sua stima ed era diventata la sovrana indiscussa della dimora. Inoltre il duca le aveva regalato un prezioso figliolo, anche se non era riuscito a donarle il cuore. Lei era convinta che Henry, in quanto legittimo erede, avrebbe ricevuto i beni più cospicui. Però in cuor suo sperava 10


che, in base al testamento, il palazzo di Londra diventasse la residenza ufficiale della vedova, poiché lo amava molto. Tuttavia era piuttosto grandioso e di solito veniva scelta allo scopo un'abitazione più piccola. Però Lovingdon non aveva acquistato altre case in città. Se la dimora non fosse andata a lei, allora la decisione sul suo futuro alloggio sarebbe spettata al figlio, una volta diventato abbastanza grande per occuparsi di simili questioni. Comunque al momento aveva solo cinque anni e gli importava soltanto di sentire leggere la mamma prima di dormire. Infine l'avvocato posò le mani sopra le carte e alzò lo sguardo sui presenti. I suoi capelli bruni erano striati d'argento, e gli occhi azzurri sembravano più grandi a causa degli occhiali e davano l'impressione di sapere vedere molto più degli uomini comuni. «Mr. Dodger, vi ringrazio per avere trovato il tempo, nonostante i numerosi impegni, di unirvi a noi questa sera» dichiarò in tono solenne, come si confaceva all'occasione. «Procediamo, se non vi dispiace. Devo tornare ai miei affari.» La voce di Mr. Dodger era profonda e arrochita, come se fosse stato abituato a gridare fino a irritarsi la gola. Ma aveva anche qualcosa di gradevole che Olivia non sapeva definire. Se lo figurava intento a sussurrare all'orecchio di una signora per tentarla a comportarsi male. «Sì, certo» assentì Mr. Beckwith. Prese quindi in mano un grande foglio. «Il testamento contiene una lunga serie di termini legali che, con il vostro permesso, salterò nella lettura.» «Spiegatemi soltanto perché diavolo mi trovo qui, così me ne potrò andare alla svelta.» Olivia sussultò. Jack Dodger le scoccò un'occhiata sprezzante; era la prima volta che la degnava di attenzione da quando erano stati presentati e si erano seduti. «Buon Dio, non scandalizzatevi.» Notando il modo in cui, all'improvviso, la osservava, lei provò il curioso impulso di controllare che tutti i bottoni dell'abito fossero ben chiusi. «Vi chiedo di evitare il linguaggio 11


scurrile in casa mia, altrimenti non mi sentirò di rimanere.» «Me ne infischio se restate o no.» «Mr. Dodger» lo interruppe il legale in tono severo, «il duca insisteva affinché foste presenti entrambi. Verrò subito al dunque, prima che perdiate del tutto la pazienza.» Si schiarì la gola e cominciò a leggere: «Io, Sydney Augustus Stanford, Duca di Lovingdon, Marchese di Ashleigh e Conte di Wyndmere, nel pieno possesso delle mie facoltà mentali, lascio a mio figlio Henry Sidney Stanford, legittimo erede dei miei titoli, tutte le mie proprietà inalienabili, insieme alle risorse e ai profitti che ne derivano». Lei annuì soddisfatta. Lo aveva previsto. Dichiararlo nel testamento rappresentava solo una formalità. «Alla mia devota moglie Olivia Grace Stanford, Duchessa di Lovingdon, madre del mio erede...» Battendo in fretta le palpebre per trattenere le lacrime, lei si dispiacque che Jack Dodger ascoltasse anche quella parte. Le ultime parole del marito riguardo a lei erano private e personali. «... lascio un fondo fiduciario che, se amministrato in maniera opportuna, le dovrebbe fruttare duemila sterline annue per il resto dei suoi giorni. A Mr. Jack Dodger...» Olivia ebbe appena il tempo di riconoscere la delusione perché non le era stata assegnata la dimora, prima di aguzzare le orecchie per ascoltare il motivo dell'assurda convocazione di Jack Dodger, che stava finalmente per emergere. «... lascio il resto dei miei beni materiali, salvo uno, a condizione che funga da tutore del mio erede e lo protegga finché non avrà raggiunto la maggiore età, oppure finché mia moglie non si risposi, nel qual caso il ruolo ricadrà sul nuovo marito. Quando una di queste condizioni sarà soddisfatta, Mr. Dodger riceverà quest'ultimo bene, dal valore inestimabile.» Da quella che pareva una distanza immensa, Olivia divenne consapevole di un violento fruscio nelle orecchie, simile al battito d'ali di un migliaio di corvi in fuga dalla Torre di Londra per annunciare la rovina della Gran Bretagna. Udì vaga12


mente uno scricchiolio di carta mentre Mr. Beckwith posava il testamento sulla scrivania. Non poteva avere inteso bene. Le pulsavano le tempie sin dall'istante in cui il consorte era scivolato giù dallo scalone e aveva subito un colpo mortale alla testa. Il dolore per il lutto inatteso le sconvolgeva la mente, rendendola incapace di comprendere il significato delle parole. Mentre si sforzava di attribuirvi un senso, Mr. Beckwith prese in mano un volume rilegato in pelle nera e lo porse a Jack Dodger. «Questo libro mastro contiene l'elenco di tutte le proprietà non vincolate che entreranno in vostro...» Sotto lo sguardo atterrito di Olivia, l'uomo glielo strappò di mano senza lasciarlo finire e cominciò a sfogliarlo in fretta, irritandole i nervi tesi ogni qualvolta girava pagina. L'avvocato brandì un altro registro e fece per consegnarlo a lei. «Per vostra informazione, la lista dei beni inalienabili ereditati da vostro figlio.» Olivia scosse la testa. «Vi domando perdono, ma non capisco cosa significhi tutto questo.» «Nel momento in cui venne insignito dei titoli, il vostro consorte annotò con precisione le proprietà e i beni soggetti a vincolo di inalienabilità...» «No, no. Mi riferisco al testamento. Avete letto male, temo. Avete indicato Mr. Dodger come tutore.» «Sì, questa era la volontà del duca.» «No, Henry è mio figlio. Sarò io a occuparmene.» «La legge riconosce come responsabile soltanto il padre. Se alla sua morte il ragazzo non ha ancora compiuto ventun anni, viene affidato a un tutore nominato dal genitore nel testamento.» Con il suo tono privo di emozione, Mr. Beckwith sembrava leggere un documento parlamentare. «Mi dispiace, Vostra Grazia, ma la decisione di vostro marito non si può contestare.» «Non si può contestare?» ripeté sbalordita lei, levandosi in piedi tanto in fretta da perdere quasi l'equilibrio. Anche il legale si alzò, mentre Jack Dodger rimase seduto a divorare con avidità il contenuto del libro contabile. Come ovvio, i13


gnorava il comportamento richiesto in presenza di una signora, ma era probabile che le donne da lui frequentate abitualmente non si potessero definire signore. «Avete smarrito il senno? Chissà come, avete frainteso la volontà del mio consorte. È impossibile che abbia voluto lasciare a un simile furfante...» «Qui dice che questa casa, con tutto ciò che contiene, adesso è mia» annunciò all'improvviso Jack Dodger, e Olivia fu sul punto di perdere le staffe. Non quella dimora, che lei si era tanto sforzata di rendere accogliente... L'uomo si sollevò in tutta la sua statura, lasciò cadere il libro sulla scrivania con colpo sordo e si chinò minaccioso su Mr. Beckwith. «Si tratta di uno stupido scherzo?» L'avvocato, andava riconosciuto, affrontò a testa alta l'accusa del demonio. «Vi assicuro, Mr. Dodger, che non lo è affatto.» «Secondo voi un uomo che conoscevo appena mi avrebbe lasciato...» Batté sul libro con la punta dell'indice. «... tutto questo?» «Conoscevate mio marito?» domandò Olivia, sconvolta dalla rivelazione. Lui ebbe l'ardire di agitare una mano nella sua direzione per zittirla, liquidandola al pari di una mendicante in cerca di monete. «Sì, Mr. Dodger, a quanto pare è proprio così» confermò Mr. Beckwith. «E i debiti?» chiese caustico lui. «Eredito anche quelli, suppongo.» «Non ci sono debiti. Il duca li evitava e pagava di volta in volta.» Questo parve placare Jack Dodger, che subito dopo aprì le dita lunghe e snelle sul libro mastro. «E l'ultimo bene vale più di tutto il resto?» «Come indicato nel testamento, il suo valore non può essere calcolato.» «Sapete cosa sia?» 14


«Sì. E lo custodirò finché non verrà il momento di consegnarlo.» «Vi ha affidato qualcosa dal valore inestimabile?» «Mi affidava tutto, Mr. Dodger.» Lui parve riflettere. «Un bene impossibile da valutare potrebbe non avere alcun pregio.» «Se ne dovessi giudicare il valore, lo definirei il più prezioso che il duca avesse mai avuto la fortuna di possedere.» «Per l'inferno» mormorò Mr. Dodger con la sua voce roca. «Ho bisogno di bere un goccio.» Malgrado l'assurdità della situazione, Olivia diede la priorità alla buona educazione e al bisogno di dimostrarsi una perfetta padrona di casa. «Ordino a un domestico di servirvi una tazza di tè? O magari una limonata?» Lui la trapassò con occhi neri quanto la sua anima dannata. «Preferirei whisky, gin o rum. Anche tutti e tre, se li avete.» «Non teniamo alcolici in casa» ribatté con durezza lei, senza celare l'indignazione. «È ovvio.» «Non apprezzo il vostro tono, sir.» «Come se mi importasse cosa apprezziate.» Oh, era davvero esasperante! Poi fece una cosa stranissima: cominciò ad aggirarsi con lentezza per la sala, guardandosi attorno famelico come per scegliere cosa intascarsi. Eppure non aveva alcun bisogno di rubare, poiché tutto quanto gli veniva offerto su un vassoio d'argento. Dopo qualche lungo istante, tornò alla scrivania e fissò con intensità Mr. Beckwith. «Tutto ciò che si trova nella dimora è mio?» «Tutto» confermò serio il legale, quasi avesse avvertito il peso di quella parola sul cuore di Olivia. «A condizione che...» «Sì, sì, che funga da tutore dell'erede. A differenza della duchessa, non ho difficoltà a comprendere i concetti semplici, se mi vengono esposti.» Olivia non poteva sorvolare sull'offesa, ma purtroppo non 15


riusciva a concepire una replica adeguata. Si sentiva una vera sciocca. Come aveva potuto Lovingdon farle un simile torto? Ancora più grave, come aveva potuto farlo al loro bambino? Non gli era importato nulla di come sarebbe diventato da grande? Jack Dodger ruotò lentamente su se stesso, guardandosi attorno ancora una volta come per lustrarsi gli occhi di fronte a tante meraviglie. «Il duca era pazzo furioso?» Lo schiaffo di Olivia sulla sua guancia echeggiò nel locale. Poiché in vita sua non aveva mai colpito nessuno, non aveva previsto di sentire un simile bruciore al palmo. Dovette sforzarsi per non strillare e non dare a vedere che, con ogni probabilità, si era fatta più male di lui. «Mio marito è stato appena sepolto e ne parlate con una simile mancanza di rispetto. Come vi permettete, sir?» Mr. Dodger le rivolse un sorriso lento e calcolatore che le fece sprofondare lo stomaco fino ai piedi. «La duchessa ha fegato. Chi lo avrebbe mai detto?» Lei aveva voglia di sbatterlo fuori di casa, per la strada da cui era venuto in origine. Si voltò verso Mr. Beckwith. «Il suo linguaggio è volgare, i modi pessimi. Non permetterò a quest'uomo di occuparsi dell'educazione di mio figlio.» «Non è difficile porvi rimedio, duchessa» affermò Jack Dodger con voluta lentezza. «Trovatevi un nuovo consorte.» «A quanto pare, vi sfugge che sono in lutto. Non posso prendere in esame proposte di matrimonio.» «Allora non volete escludermi dalla vostra vita con sufficiente determinazione, duchessa. Fidatevi, non c'è nulla che una persona non sia disposta a fare per ottenere ciò che desidera davvero.» Ogniqualvolta pronunciava il termine duchessa con quel tono beffardo, lei sentiva rizzarsi i capelli sulla nuca e il palmo fremere per il desiderio di schiaffeggiarlo di nuovo. Prima di cedere a questo impulso barbarico, si costrinse a rivolgersi al legale. «Mr. Beckwith...» «Mi dispiace, Vostra Grazia, ma non esiste alcuna possibi16


lità di negoziare sulla questione, se Mr. Dodger accetta il ruolo di tutore.» «Sareste in grado di spiegarmi le motivazioni del mio defunto marito?» «Sono rimasto al servizio del duca per parecchi anni, Vostra Grazia. Non stava a me discutere delle sue decisioni. Mi esponeva di rado i suoi ragionamenti e non posso sapere su cosa si basassero di preciso, comunque sono certo che in questo caso era convinto di agire per il meglio.» Se non avesse ricevuto un'educazione da nobildonna, Olivia avrebbe gridato contro l'ingiustizia. «E se non fossi d'accordo per quanto riguarda la tutela?» chiese Mr. Dodger. Un momentaneo sollievo animò in lei la speranza che quell'incubo infernale potesse concludersi con un lieto fine. Dunque quell'uomo aveva abbastanza buonsenso da coltivare dubbi sull'opportunità di accettare le responsabilità che gli venivano accollate. «Il primo testamento verrà annullato e sarà eseguito il secondo» spiegò Mr. Beckwith. Olivia esitava a chiedere, però doveva sapere. Sembrava improbabile che il marito avesse fatto una scelta peggiore di Jack Dodger, ma se questo rappresentava la prima opzione, qual era la seconda? Il diavolo in persona? «Chi viene indicato come tutore di mio figlio nel secondo testamento?» «Non sono autorizzato a rivelarlo» affermò con calma l'avvocato. «Mr. Dodger deve decidere senza condizionamenti.» «Davvero? Ereditare tutto quanto non condiziona forse la sua scelta? Se non è così, allora non capisco cosa intendiate.» «Soltanto che, secondo la volontà del duca, occorre evitare che il nome dell'altro possibile tutore influisca sulla decisione di Mr. Dodger.» «Ma senza dubbio è una persona più adatta alla funzione, che conosce meglio le regole della società. Cosa mai può sapere Mr. Dodger dell'aristocrazia, dei nostri doveri e delle nostre responsabilità?» 17


«Al contrario, ne so molto, duchessa» la smentì lui. «In fondo sono amico di lunga data del Conte di Claybourne.» Al nome di Lucian Langdon, Olivia ruotò su se stessa. «Un altro criminale? Un uomo che ha commesso un omicidio? E questo mi dovrebbe forse rassicurare? Non potete certo ritenervi qualificato per guidare mio figlio lungo la giusta strada verso l'età adulta.» «Spesso la via migliore dipende da dove ci si trova.» «Cosa mai significa? Il vostro è il mondo del vizio, Mr. Dodger. Voi...» Le parole le si spensero in gola. D'improvviso lui le andò vicino, molto vicino, con un fuoco negli occhi, senza dubbio acceso nelle viscere dell'inferno, un ardore bruciante che le accese un turbine di calore al ventre, le indebolì le ginocchia, le inumidì i palmi delle mani e le seccò la bocca. «Dovreste venire in visita ogni tanto» la esortò cupo, accarezzandole la gota con il fiato tiepido dall'aroma di whisky. «Scusate?» «Venire a conoscere il mio ambiente depravato. Farei il possibile per darvi il benvenuto. Magari scoprireste che vi piace.» La voce, suadente come una carezza, la induceva a immaginare che la buona accoglienza coinvolgesse la bocca, le mani... Lo sguardo lasciava trapelare le sue intenzioni, cose che lei non si era mai neppure sognata con Lovingdon. Olivia avrebbe dovuto schiaffeggiarlo, certo, invece riusciva soltanto a tremare, in preda a un sentimento simile al... Che Dio l'aiutasse! Era desiderio? Impossibile. Il problema era soltanto che da troppo tempo non sentiva sulla pelle una carezza maschile. Una volta generato l'erede, il duca aveva reso ben chiaro che non riteneva necessario un secondo figlio. Un solo maschio era sufficiente. In questo erano bene assortiti. Entrambi, infatti, anteponevano il dovere a tutto il resto. Purtroppo, però, lei aveva compreso che una vita di responsabilità era dura e solitaria. «Avete mai peccato, duchessa?» le domandò Jack Dodger 18


con la sua voce profonda, che richiamava alla mente la passione frenata a stento. Soltanto in sogno, fu sul punto di ammettere Olivia. Si chiese se quell'uomo avesse soddisfatto le fantasie di molte donne. Non dubitava che ne fosse capace... Una rumorosa schiarita di gola li fece sobbalzare entrambi. Un lampo di irritazione balenò sul volto di Mr. Dodger mentre arretrava e riportava lo sguardo spietato sull'avvocato. Per un istante Mr. Beckwith parve sforzarsi di non indietreggiare. Tossicchiò ancora come per ritrovare il coraggio. «Penso, Mr. Dodger, che il vostro comportamento verso la duchessa sia inappropriato e che non corrisponda a quanto previsto dal duca nel nominarvi tutore.» «Dubito che conosciate le sue previsioni.» «So per certo che rispettava la moglie, sir, e che sarebbe rimasto assai deluso se non aveste fatto lo stesso.» «Ormai è morto. Sospetto che non rischi più alcuna delusione.» «Siete davvero spregevole» sbottò Olivia, senza lasciare il tempo a Mr. Beckwith di rimproverarlo. «Non avete alcun riguardo per il mio defunto consorte?» Quando si girò a guardarla, lei si pentì di avere parlato. Non aveva nessuna voglia di litigare con lui. Non sapeva proprio come imporsi; aveva anzi il sospetto che fosse impossibile. Mr. Dodger era il tipo da trascinare tutti quanti nel fango insieme a lui. «Riservo il rispetto a coloro che se lo sono guadagnato. E sono pochissimi.» «Non stento a immaginare cosa debba fare una persona per meritarlo, secondo voi.» Un'emozione indefinibile – forse rimorso – gli affiorò negli occhi. «In realtà, duchessa, ne dubito.» Detto questo, girò sui tacchi e si diresse alla porta. Olivia poteva sperare che si stesse congedando, voltando così le spalle a quell'assurdo primo testamento? «Dove andate?» gli domandò. 19


«Voglio dare un'occhiata in giro, valutare quanto guadagnerò sopportando la vostra presenza.» Uscì a grandi passi dal locale senza guardarsi indietro. Trattenendo il fiato indignata, lei lo seguì. Quella casa era sua – sua – finché lui non avesse accettato i termini del testamento. Olivia si sarebbe impegnata al massimo per dissuaderlo. Gli avrebbe dimostrato chi era disposto a tutto. Comunque doveva ammettere che, su un punto, Mr. Dodger aveva ragione: chissà come, senza che lei se ne accorgesse, suo marito era diventato pazzo. Considerata la reputazione di Mr. Dodger, Charles Beckwith era incline a seguire i due, tuttavia il duca aveva lasciato la precisa indicazione di non interferire nei loro dissidi. Soltanto un idiota si sarebbe aspettato che la duchessa accettasse con serenità un tutore così improbabile, e Lovingdon non era certo stupido. Con un sospiro, l'avvocato si appoggiò allo schienale e, in attesa del loro ritorno, si preparò mentalmente al successivo colloquio con Jack Dodger. Prevedeva che sarebbe stato difficile. Doveva infatti rispettare la volontà del duca senza compromettere la propria integrità. Non era sua abitudine mettere in dubbio le decisioni di chi lo pagava profumatamente per i suoi servizi, però si chiedeva se Sua Grazia avesse davvero valutato le conseguenze delle sue scelte. Secondo Charles Beckwith, sembravano avere un solo scopo: preparare la strada per un totale disastro.

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Il duca dissoluto LORRAINE HEATH Londra, 1851 - Dopo essere emerso dalla dura infanzia nei bassifondi Jack Dodger è diventato proprietario del club più esclusivo di Londra. Così, il fatto che venga nominato erede di tutti i beni del Duca di Lovingdon getta nella disperazione la giovane vedova, Olivia. Il disprezzo della duchessa però non ha scampo di fronte al fascino pericoloso di Jack...

La stagione dei veleni TASHA ALEXANDER Inghilterra, 1891 - A Stagione appena iniziata Lady Emily Ashton si trova ancora al centro di un mistero e decide di risolvere il caso, indagando sui numerosi personaggi coinvolti. Costretta a districarsi tra scandali e maldicenze, potrà però contare sul sostegno del fedele amico e pretendente Colin, più che mai determinato a conquistare il suo cuore.

La scelta di Mary Cynster STEPHANIE LAURENS Inghilterra, 1837 - Mary ha atteso anni l'opportunità di trovare il vero amore, com'è tradizione in casa Cynster, e sa esattamente il tipo d'uomo che vuole, e non è certo qualcuno come il selvaggio, intrattabile e peccaminosamente seducente Ryder Cavanaugh. E la sfida tra i due entusiasma l'intero ton londinese per i suoi esiti imprevedibili...

Un affascinante gentiluomo CANDACE CAMP Inghilterra, 1824 - Eve Hawthorne, vedova e senza un soldo, accetta di diventare chaperon di quattro esuberanti fanciulle americane. Decisione che vacilla nel momento in cui rischia di perdere la testa per l'affascinante Fitzhugh Talbot. Preoccupata per la propria reputazione, Eve cerca disperatamente di dimostrarsi posata e affidabile, ma la passione...


Tra le braccia di un duca LORRAINE HEATH Londra, 1851 - Dopo la difficile infanzia trascorsa nei bassifondi di Londra, Frannie Darling si dedica ai bambini abbandonati. Non cerca l'amore e fa il possibile per passare inosservata, eppure, a una festa di nozze, qualcuno la nota. Turbata dallo sguardo insistente di Sterling Mabry, Duca di Greystone, Frannie si presenta al gentiluomo... e a quel punto tutto cambia. Per la prima volta nella vita, infatti, prova un'attrazione irresistibile e lo stesso vale per Sterling, anche se lui la vorrebbe solo come amante, non certo come sposa. Frannie, però, detesta gli aristocratici arroganti interessati soltanto al proprio piacere... Ma allora perché il pensiero di una relazione clandestina con il diabolico duca la lascia tremante di desiderio?

Lezioni di ballo e prove di seduzione VICKY DREILING Londra, 1822 - Harry Norcliffe non ha mai voluto ereditare il titolo di Duca di Granfield. Per lui la rigidità del ton, nonché le pressioni incessanti di sua madre perché sposi una fanciulla di alto lignaggio e dia un erede al casato sono una scocciatura tremenda. Così, quando lei gli chiede anche di partecipare a una gara di ballo, Harry si rifiuta categoricamente. Finché Lucy, graziosa cameriera e seducente insegnante di danza, non gli fa cambiare idea! Ma se la maggior parte delle donne sarebbe al settimo cielo per avere suscitato l'interesse di un aristocratico ricco e terribilmente affascinante, lei invece non ha alcuna intenzione di compromettere la propria reputazione. Harry però ha un asso nella manica che potrebbe cambiare per sempre la vita della bellissima giovane...

Dal 14 settembre


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