Il duca e la dama in rosso

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LORRAINE HEATH

Il duca e la dama in rosso


Immagine di copertina: Ilina Simeonova / Trevillion Images Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Duke and the Lady in Red Avon Books An imprint of HarperCollins Publishers © 2015 Jan Nowasky Traduzione di Graziella Reggio Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con HarperCollins Publishers, LLC, New York, U.S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2017 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici Special novembre 2017 Questo volume è stato stampato nell'ottobre 2017 da CPI Moravia Books I GRANDI ROMANZI STORICI SPECIAL ISSN 1124 - 5379 Periodico mensile n. 249S del 22/11/2017 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 368 del 25/06/1994 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


Prologo Dal diario del Duca di Avendale Un oscuro segreto mi ha reso l'uomo che sono... Con questo è detto tutto.

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1 Londra, 1874 Qui poteva fare un colpo grosso. Rose evitava di mostrare l'entusiasmo per la scoperta, anche se dubitava che qualcuno avrebbe intuito il vero significato di un sorriso radioso o di uno scintillio di soddisfazione nei suoi occhi. Tutte le signore presenti, infatti, erano ammaliate dal magnifico sfoggio di opulenza e dall'ostentazione del vizio e della lussuria. Le rappresentanti del gentil sesso avevano finalmente la possibilità di accedere a uno dei più famigerati e chiacchierati sancta sanctorum maschili, e osservavano deliziate tutto ciò che, fino ad allora, era stato negato loro e tenuto segreto. Lo scopo dichiarato del ricevimento di quella sera ‒ un grande ballo con ingresso solo su invito ‒ era di intrattenere i membri attuali e presentare ai potenziali nuovi iscritti tutti i vantaggi offerti dal club, in precedenza riservato ai soli gentiluomini. Sin dal suo arrivo a Londra due settimane addietro, Rose aveva scoperto che il Twin Dragons era sulla bocca di tutti. A quel punto ne capiva il perché. Mezz'ora prima aveva scorto il proprietario mentre sbucava da una porta che, a quanto pareva, dava sulle sale interne; con il suo passo determinato, l'aveva colpita in quanto spirito affine. Meno di dieci minuti dopo lo aveva visto prendere una donna tra le braccia e baciarla con passione, senza il minimo ritegno, proprio al centro della pista da ballo. Notando il suo ardore e l'entusiasmo 6


della giovane signora, Rose lo aveva subito scartato come possibile bersaglio. Era evidentemente fidanzato, ed era molto più semplice trattare con uomini non impegnati. Ignorando gli sguardi maschili, lei si concentrò nell'acquisire dimestichezza con l'ambiente che le avrebbe fatto da seconda casa durante le settimane a venire. Parecchi tavoli, in una parte del salone, offrivano svariati giochi d'azzardo. Probabilmente l'indomani avrebbero occupato l'intero locale, ma quella sera c'era un ampio spazio libero per le danze e per i curiosi. L'illuminazione era fornita da enormi lampadari di cristallo a gas. La carta da parati era di una tinta neutra, né maschile né femminile. A Rose sarebbe piaciuto vedere il club prima della ristrutturazione, intesa a tener desto l'interesse degli uomini, senza però urtare le donne. Probabilmente in passato aveva avuto uno stile più decadente e molto più interessante. Comunque non era venuta a giudicare l'arredamento. A richiamarla erano piuttosto il cuore e l'anima dell'edificio, dai quali dipendeva la sua stessa esistenza. Mentre vagava tra la folla e sorrideva qua e là, si rendeva conto di confondere quelli che salutava con un cenno, poiché tutti avrebbero cercato di ricordare dove e quando l'avessero già vista e alcuni, l'indomani, sarebbero stati persino pronti a giurare di conoscerla da tempo. Nessuno avrebbe ammesso di non averla mai incontrata in vita sua. Rose aveva affinato l'arte di mostrarsi bene inserita nell'ambiente, così come tante altre capacità. Quando entrò nel salottino delle signore, che da quella sera in poi sarebbe stato vietato ai gentiluomini, decise di non frequentarlo d'abitudine, ma di sfruttare, di tanto in tanto, l'opportunità di consolidarvi le relazioni giuste. «Salve.» Girandosi, si ritrovò di fronte una ragazza dai capelli color mogano e dagli occhi scuri come l'anima di Satana, nonché assai sospettosi. Un altro spirito affine, forse. «Buonasera» rispose con sussiego, quasi fosse stata la padrona del locale. Mantenere il controllo, sempre e comunque, 7


era fondamentale per vincere il gioco. «Non mi pare che siamo state presentate. Sono Mrs. Rosalind Sharpe.» «Miss Minerva Dodger.» Mascherando la sorpresa, Rose si limitò a inarcare un sopracciglio. «Siete una rarità, mia cara. Una giovane nubile e ricca.» «Da cosa traete questa conclusione?» «A quanto ho inteso, a questo ricevimento sono invitati soltanto i nobili e i cittadini facoltosi. Poiché non sembrate appartenere all'aristocrazia, rimane la ricchezza.» Miss Dodger abbozzò un sorriso. «Sì, gli inviti erano piuttosto esclusivi. Comunque a possedere il denaro è mio padre; inoltre era il proprietario del club, quando si chiamava Dodger's Drawing Room.» Già, certo, Rose avrebbe dovuto riconoscere il cognome. Più tardi si sarebbe rimproverata per la mancanza. Una piccola distrazione rischiava di costarle cara, di rovinarle i piani. «Sembra un tipo interessante. Non vedo l'ora di fare la sua conoscenza.» La ragazza si guardò intorno con noncuranza, rivelando una preoccupante prontezza di spirito. «Siete qui con vostro marito?» le domandò. «Sono vedova.» L'altra si voltò all'istante e la fissò con sincera compassione nelle profondità degli occhi scuri. «Mi dispiace tanto.» «È stato attaccato da una tigre mentre esploravamo la giungla, in India. Comunque se ne è andato proprio come viveva: in maniera avventurosa. Questo mi conforta. Avrebbe detestato morire da vecchio, infermo a letto.» «Immagino sia meglio perdere la vita come si desidera, piuttosto che subire la sorte. Siete da poco a Londra, dunque? Non vorrei sembrarvi indiscreta, ma il vostro nome mi giunge nuovo.» «Non dovete chiedermi scusa, cara. Sono qui soltanto da due settimane. È la mia prima incursione in città.» «Piuttosto insolito.» «Prima di trasferirmi in India abitavo al nord, in una citta8


dina che non vale nemmeno la pena nominare, dato che ben pochi la conoscono.» Non era il caso di menzionare i luoghi dove aveva vissuto, poiché era rischioso fornire brandelli di informazioni a qualcuno che, magari, avrebbe tentato di ricostruire il suo percorso. «Credo che il mio legale abbia svolto un ruolo fondamentale nel procurarmi l'invito per stasera.» Anzi, ne era sicura. Daniel Beckwith aveva fatto salti mortali per agevolarla, sin da quando l'aveva vista entrare nel suo studio. Le vedove destinate a ereditare i beni del marito erano rare e piuttosto apprezzate. Dopo aver appreso da Rose il lascito del consorte, l'avvocato aveva previsto di guadagnare una buona cifra prestandole assistenza, e aveva quindi ogni intenzione di lasciarla soddisfatta. «Gli sono assai grata.» «Volete che vi accompagni in giro?» «Non potrei mai disturbarvi fino a questo punto. Inoltre, sono anch'io piuttosto avventurosa e preferisco esplorare da sola.» «Bene, allora vi lascio. Spero tanto che gradiate la serata.» «Oh, mi impegnerò senz'altro in questo senso.» A quel punto la giovane signora si congedò e Rose si ripropose di informarsi con Beckwith riguardo a suo padre. Non escludeva l'idea di stringere amicizia con Miss Dodger, benché non fosse nobile. A differenza della maggior parte della gente, le interessava più il denaro che la classe sociale. Poiché il nuovo proprietario aveva aperto il club ai cittadini comuni, sembrava che anche lui anteponesse i soldi al sangue blu. Un saggio principio, poiché non si poteva scegliere la famiglia d'origine. Rose lo sapeva fin troppo bene. Entrò nella sala ristorante. I buffet erano così carichi di vivande da minacciare di cedere sotto il peso. Gli ospiti, seduti a tavoli rotondi coperti da tovaglie di lino, gustavano le prelibatezze. Qui la luce era attenuata. Candele accese tremolavano al centro dei tavoli. L'ambiente era perfetto per i convegni amorosi. Al momento opportuno, Rose vi avrebbe cenato e fatto molto altro. Le avevano permesso di entrare. E adesso l'astuzia e l'abili9


tà le avrebbero consentito di approfittare di una simile mancanza di giudizio. La signora in rosso aveva attratto la sua attenzione appena aveva varcato il portone d'ingresso, quasi fosse stata la regina in persona. Avendale era stupito di averla notata, poiché nulla, nel suo aspetto, richiamava lo sguardo in maniera particolare. Era intento a spiare, appostato in un angolo in ombra della balconata, da Dodger's... Gemette. Twin Dragons. Perché diavolo Drake aveva cambiato il nome della casa da gioco, vecchio di decenni? Non solo il nome, ma anche tutto il resto, o quasi. A lui non piaceva, proprio per nulla. In particolare non gli andava che le donne potessero entrare, iscriversi e aggirarsi per le sale, proprio come, al momento, la dama in rosso. I capelli, raccolti sulla sommità del capo e trattenuti da pettinini di madreperla, erano biondo seta. Non rosso fuoco o comunque particolari, quindi avrebbe dovuto passare inosservata. Invece no. Era l'atteggiamento. La curva elegante del collo, la postura delle spalle snelle, che parevano non aver mai portato alcun peso. La maniera in cui l'abito da sera abbracciava le curve, inducendo gli uomini a desiderare di fare lo stesso. Il seno era prosperoso; esibito alla perfezione, distraeva dal viso con le sue seducenti rotondità. Avendale sospettava che molti gentiluomini presenti avrebbero rammentato la signora in rosso, l'indomani a colazione. Però dubitava che sarebbero stati in grado di descriverne i lineamenti, pur riuscendo a disegnarne le forme nell'aria con le mani. Conosceva la maggior parte delle dame dell'aristocrazia, ma non ricordava di averla mai vista. Dunque, con ogni probabilità apparteneva alla classe dei cittadini comuni danarosi che Drake intendeva attirare nel club. Oppure era americana. A quanto sapeva, erano tutti ricchi come Creso. E quella donna dava di sicuro l'impressione di conoscere le agiatezze della vita. Nel salone principale aveva rivolto la parola soltanto a una 10


persona: un lacchè. Poco dopo era scomparsa per qualche minuto nella saletta riservata alle signore. Avendale era stato tentato di seguirla, tuttavia era infastidito dalla curiosità che provava per lei. Senza dubbio era il frutto della noia che lo assillava negli ultimi tempi. Il suo compagno di gozzoviglie, il Duca di Lovingdon, si era di recente accasato con Lady Grace Mabry, lasciandolo solo a dedicarsi al vizio. Non che gli mancasse la compagnia di un uomo, poiché godeva di quella di tante donne. Eppure a volte era gradevole avere qualcuno con cui condurre una conversazione più o meno intelligente. Una persona dotata di intelletto, in grado di apprezzare le sue battute volgari. Le femmine che frequentava in genere tendevano a miagolare, sospirare e sussurrargli all'orecchio paroline maliziose. Lui non le disdegnava di sicuro; al contrario, le apprezzava. Però erano troppo simili tra loro. Variavano di rado. Certo, erano diverse nei capelli, negli occhi e nel fisico, ma nell'animo erano tutte uguali. Eccitanti a letto e noiosissime fuori. Invece la dama in rosso non lo sembrava affatto. Avendale sapeva che una partita a carte riservata, quindi senza femmine, era in corso in fondo alla sala. Avrebbe dovuto parteciparvi. Era diretto proprio là quando aveva deciso di dare un'occhiata alla folla. E aveva scorto lei. Ne era rimasto ammaliato. Anche ora ne era soggiogato, pur non vedendola. Eppure di solito dimenticava le donne appena uscivano dal suo campo visivo. Non era molto galante da parte sua, ma in genere frequentava ragazze di facili costumi che non pretendevano di essere ricordate, e probabilmente preferivano il contrario. Evitava le signore che di norma affollavano il salone principale, a parte in occasioni speciali come le nozze o il ricevimento di quella sera, che coinvolgeva amici di famiglia. E si presentava solo per salvare le apparenze, quando era dell'umore giusto. Tanto per fare piacere alla madre e scambiare due parole con lei. L'aveva notata poco prima mentre si aggirava con William Graves, il secondo marito. Suo padre era stato il primo. Una faccenda assai triste. 11


Avendale scacciò le memorie penose, seppellendole di nuovo nei recessi della mente. Non era il genere di pensieri che amava esaminare. Invece la signora in rosso... Gli sarebbe tanto piaciuto esplorare ogni parte del suo corpo. Rose capiva di essere osservata. Avvertiva uno sguardo insistente che le generava piccoli brividi e le faceva rizzare i capelli fini sulla nuca. Non intendeva rivelare il disagio per l'attento scrutinio, benché sentisse il cuore battere come il tamburo di un reggimento prima della battaglia. Le era giunto alle orecchie che un ispettore di Scotland Yard girava per il salone. Tuttavia, a quanto pareva, era là in quanto ospite, non per cercarla. Rose non si trovava a Londra da abbastanza tempo per suscitare allarmi o sospetti... «Champagne?» le domandò da dietro le spalle una voce profonda. Lei ne avrebbe senz'altro gradito un goccio, però doveva rimanere ben vigile e concentrata. Mentre si voltava per declinare l'offerta del lacchè, si bloccò di colpo. L'uomo che le tendeva il calice non era di sicuro un servitore. Ogni poro della sua pelle, infatti, emanava nobiltà, titoli e privilegi, così come ogni cucitura perfetta e ogni filo del completo impeccabile che avvolgeva lo splendido fisico. Gli occhi scuri la valutavano senza pudore, facendola di nuovo fremere. Dunque era stato lui a osservarla. Rivelava un'intensità piuttosto sconcertante, la induceva a temere che fosse in grado di scrutarle nell'anima. In questo caso, però, avrebbe chiamato l'ispettore lì presente, non offerto champagne. Non l'avrebbe perlustrata con lo sguardo come per prendere le misure di ogni curva, rientranza e rotondità, immaginandosi come palparle. Se Rose avesse dovuto indovinarne il rango, lo avrebbe definito un duca. L'autorità e il potere sembravano per lui una seconda pelle. Sì, era probabilmente un duca. Gli rivolse il suo sorriso più seducente e sensuale. «In effetti, ho sete. E apprezzo un uomo capace di soddisfare i miei desideri. Grazie.» 12


Avvolse le dita guantate sullo stelo del calice, sfiorando apposta le sue e soffermandosi per un breve istante. Lui sgranò un poco gli occhi e sollevò in maniera quasi impercettibile un angolo della bocca voluttuosa. Altri non lo avrebbero neppure notato, ma lei si era abituata a cogliere i minimi particolari. La gente comunicava molto più con il corpo e la mimica facciale che con le parole. Rose fece tintinnare il bicchiere con il suo. «A una serata interessante.» Lo spiò da sopra l'orlo del calice mentre sorseggiava con lentezza lo champagne e lo vide fare lo stesso, con sguardo molto attento. Non era mai stata così incuriosita da un gentiluomo. Per la maggior parte si lanciavano in adulazioni non appena l'avvicinavano. Quello, invece, era circospetto, interessato a valutarla. Avrebbe rappresentato una sfida, ma se Rose aveva indovinato il titolo nobiliare, era più che disposta ad accettarla. Si leccò le labbra e provò una notevole soddisfazione nel vedere gli occhi castani scurirsi ancora di più. Non era bravo quanto lei a mostrarsi indifferente. «Non è scandaloso, da parte di un gentiluomo, rivolgersi a un'estranea, senza che gli venga presentata da un conoscente comune?» gli chiese. «Non sono niente, se non scandaloso.» «Debbo prestare cautela, dunque? La mia reputazione è in pericolo?» «Dipende dalla vostra reputazione. Considerato che siete giunta qui senza scorta né chaperon, immagino che non ve ne importi granché.» Quindi l'aveva vista entrare e l'aveva osservata per molto tempo. Quasi tre quarti d'ora, ormai. Era di buon auspicio essere riuscita a trattenere la sua attenzione tanto a lungo. «Sono vedova. Non ho bisogno di essere accompagnata.» «Le mie condoglianze per la grave perdita, anche se, a quanto pare, avete già terminato il periodo di lutto.» Non le sfuggì il modo in cui abbassò lo sguardo sulle rotondità dei seni. Attiravano l'attenzione maschile molto più del viso, privo di particolare bellezza. Questo l'avvantaggiava, 13


poiché in genere impediva di notare lo sguardo astuto. «Sono passati due anni. Stavamo esplorando la giungla, in India, quando è stato attaccato da una tigre. Una scena raccapricciante.» Fremette, richiamando così il suo sguardo sul tremolio dei seni. Era facile abbindolare gli uomini. Rose avrebbe dovuto vergognarsene, però aveva imparato da tempo a non pentirsi delle azioni che era costretta a compiere per sopravvivere. «Preferisco non soffermarvi la mente.» Bevve un altro sorso di ottimo champagne, facendo tremare un poco la mano. «Ho bisogno di una distrazione, temo. È stato un vero piacere conversare con voi, ma adesso vorrei fare un giro nel salone dei gentiluomini. A quanto ho inteso, dopo stasera le signore non vi saranno più ammesse. Mi piacerebbe vedere cosa ci verrà negato.» «Vi accompagno.» «Senza dubbio da qualche parte avete una moglie che non apprezzerebbe tante attenzioni per me.» «Né consorte né fidanzata né amante. Non mi interessano i legami stabili.» «Non vi biasimo per questo. Dopo averne avuto uno, provo lo stesso.» Le offrì il braccio. «Andiamo, dunque?» Lei posò la mano nell'incavo del suo gomito e venne accolta da muscoli sodi. Dunque era un uomo che non perdeva tempo a oziare. Con la testa, gli arrivava appena alla spalla. Era un tipo imponente, alto e robusto. Comunque non era soltanto il fisico a farlo apparire possente. Anche se fosse stato un nano, avrebbe probabilmente dominato l'ambiente circostante. Sembrava rendere minuscolo tutto ciò che lo attorniava. Rose dubitava di aver mai conosciuto un uomo che incutesse tanto rispetto. Mentre attraversava la sala a passi decisi ‒ poiché non poteva fare altro che incedere con sicurezza ‒ salutava poche persone e veniva ricambiato con deferenza. «Vostra Grazia.» «Avendale.» «Duca.» 14


Dunque non si era sbagliata riguardo al titolo. Si domandò quanti ne vantasse di inferiori, quante tenute avesse. Com'era il suo patrimonio? Di sicuro principesco, a giudicare dal taglio perfetto della giacca a coda di rondine, dei pantaloni e del panciotto, oltre che dallo spillone adorno di gemme appuntato al fazzoletto da collo. Entrarono in una sala molto più buia di quelle visitate fino ad allora. Le pareti erano tappezzate di rosso bordeaux e verde bosco. Gli arredi erano in tinta. Un enorme camino dominava una delle molte aree adibite a salotto. Mobiletti a vetri contenevano un assortimento di liquori. Lacchè in livrea servivano liquidi ambrati. Rose finì lo champagne e posò la coppa sul vassoio di un domestico di passaggio. Il suo cavaliere ‒ Avendale ‒ fece lo stesso. Con un certo disappunto, lei notò che sembrava a proprio agio in quel locale più che altrove. Era un dissoluto, nato per il vizio. Pareva pronto a dare il meglio di sé in quell'ambiente, proprio come in camera da letto. Ne era abbastanza sicura. Si sarebbe stagliato nella penombra per avvicinarsi come un predatore e conquistare la notte, conquistare lei. Rose non avrebbe emesso neppure un pigolio di protesta. «Gradireste qualcosa di più forte?» le chiese. Le rivolse un sorriso lupesco quasi le avesse letto nel pensiero. Un brivido di apprensione la percorse prima di cogliere il significato di quelle parole. Era riuscito a distrarla. Di norma Rose teneva la testa a posto con gli uomini, anche i più fascinosi. Magari lo sopravvalutava; aveva soltanto bevuto lo champagne troppo in fretta e, al momento, aveva la mente un poco annebbiata. «È permesso?» domandò con innocenza. «Certo. È proprio questo l'obiettivo di Darling, qui dentro: offrire anche alle signore ogni genere di soddisfazione e voluttà. Tuttavia, non sarebbe ancora più attraente se fosse vietato?» Trattenne il suo sguardo, e lei iniziò a dubitare che si riferisse al liquore. Ciò che non era consentito era spesso più gradevole. Come sapeva che Rose lo preferiva? Che viveva per 15


questo? Il proibito era sempre allettante. Con ogni probabilità, tante signore presenti si sarebbero presto chieste il perché di tanto scalpore, ora che potevano entrare quando volevano. «Ho sentito pronunciare il mio nome invano?» domandò una voce profonda. Voltandosi, Rose si ritrovò faccia a faccia con l'uomo che, poco prima, aveva visto baciare con passione la ragazza sulla pista da ballo. Al momento, questa sorrideva felice, incollata al suo fianco in maniera indecente. Del resto, in un posto simile, niente era considerato disdicevole. Era proprio questo il punto. «Lo pronuncio invano sin da quando ti è venuta la pessima idea di dare accesso alle donne nel nostro sancta sanctorum» dichiarò Avendale, visibilmente seccato. «Eppure stai girando con una di queste signore» notò Drake Darling. «Ci presenti?» «Non ci siamo presentati nemmeno tra noi.» Il duca la perlustrò con lo sguardo. «Per me i nomi non contano.» Dunque provava un interesse passeggero per lei, magari limitato a quella sera. Aveva in mente una tresca, qualcosa di peccaminoso. Rose si offese, ma non abbastanza da non sentirsi anche lusingata. In ogni caso mascherò entrambe le reazioni. Sarebbe stato molto più soddisfacente fargli pagare in seguito l'arroganza. E il prezzo sarebbe stato elevato. Lei non vedeva l'ora di riscuoterlo, ma procedere con calma rendeva tutto più dolce. «Scusatemi, Mr. Darling» disse con gentilezza. «Sono Mrs. Rosalind Sharpe.» Le sopracciglia brune dell'uomo si inarcarono sugli occhi scuri. «Mi conoscete?» «Mi avete spedito un invito. Al mio arrivo, mi sono informata e qualcuno vi ha indicato. Avevo inteso presentarmi subito, ma sembravate piuttosto occupato.» Sorridendo e sforzandosi di arrossire, lanciò un'occhiata alla sua compagna. «Sì, in effetti» ammise lui. «Ti rendi conto, vero, che dopo lo spettacolo che hai dato nel salone adesso dovrai sposare Lady Ophelia?» intervenne brusco Avendale. 16


Rose tentò di mascherare la sorpresa alla notizia che un cittadino comune aveva accalappiato una nobildonna. «Lo farò con grande gioia. E perdonate la scortesia. Lady Ophelia Lyttleton, consentitemi di presentarvi Mrs. Rosalind Sharpe.» «È un piacere» rispose la giovane signora. «Il piacere è tutto mio, milady. Spero che avremo occasione di conoscerci meglio» le rispose. «Sono affascinata da questo posto. Prevedo di tornarvi spesso.» «Ci verrò anch'io di tanto in tanto, ma nell'immediato futuro sarò impegnata a organizzare le nostre nozze.» Guardò Drake Darling con espressione adorante, e Rose represse una punta di invidia. L'amore non era per lei e lo sapeva bene. «Se ci scusate» intervenne Mr. Darling, «dobbiamo finire di salutare gli ospiti.» Si allontanarono a braccetto. «E così ne cade in trappola un altro» notò cupo Avendale. Rose lo guardò. «Sembrate amici stretti, il che mi sorprende. Mr. Darling non ha titoli, invece voi, a giudicare da come venite salutato, siete un duca.» Lui scrollò le spalle, evasivo. «Le nostre famiglie hanno un passato in comune e sono legate da profonda amicizia.» «Ancora più insolito.» «Siamo una mescolanza di nobili e cittadini comuni, troppo complicata da spiegare in poche parole. Non sono dell'umore giusto per parlare, ma piuttosto per bere.» Prese da un lacchè di passaggio due bicchieri contenenti un liquido ambrato e gliene offrì uno. «Qualcosa di più forte dello champagne.» «Grazie.» Dopo un piccolo sorso, Rose commentò: «Ottimo brandy». «Una signora che sa apprezzare il meglio.» «Oh, non c'è alcun dubbio.» Si guardò intorno. «Quindi in questa sala i gentiluomini bevono, fumano, leggono e conversano. Dove giocano a carte quando preferiscono non comportarsi in maniera civile?» Il duca indicò con un cenno il fondo del locale. «Una porta, laggiù, li conduce in un'altra stanza in cui giocano d'azzardo a 17


piacimento, senza che nessuna signora veda quanto puntano e quanto perdono impassibili.» «Non avete l'aria di un perdente.» «Non c'è bisogno di adularmi, Mrs. Sharpe. Avete già la mia attenzione.» «Ma per quanto tempo, senza lusinghe?» Lui ridacchiò. «Finché non comincerò ad annoiarmi. E le lusinghe mi annoiano.» «Bene, dunque. Vorrei finire di visitare il posto. Sentitevi libero di accompagnarmi oppure no. Per me va bene in ogni caso.» Poteva essere fredda e distaccata quanto piaceva a lui. Il suo rifiuto dell'adulazione era ammirevole, però la scombussolava un po', poiché mai, prima di allora, aveva avuto a che fare con un uomo che non amasse gli elogi. Avendale le mostrò la sala da gioco riservata ai gentiluomini. Somigliava molto al salone: buia e sinistra, maschile. Emanava un senso di potere e ricchezza. Quanto le sarebbe piaciuto essere una mosca posata su una parete di quel locale. Lui la riaccompagnò nella sala principale, senza tante parole. Riusciva comunque a comunicare sfiorandole un gomito, la schiena o una spalla. Carezze rapide e leggere, che avevano un che di possessivo. Non era del tutto immune al suo fascino; si sforzava soltanto di non lasciarsene catturare troppo. «Ballate con me» le propose. A quelle parole, Rose trasalì. Dentro di sé si maledisse per aver perso l'autocontrollo per un istante e avergli permesso di coglierla alla sprovvista. «Non so di preciso perché, ma non mi sembrate il tipo da amare il ballo.» «Di norma mi astengo, infatti, però mia madre ha speso un patrimonio in lezioni. Di tanto in tanto mi sembra giusto metterle in pratica. Preferite danzare qui o nella sala da ballo?» «C'è un locale apposta per questo? Non me ne ero accorta.» «Eppure qualcosa mi suggerisce che non vi lasciate sfuggire molto.» E nemmeno lui. Rose prese in esame l'idea di salutarlo e andarsene prima che la situazione le sfuggisse di mano, prima di restare lei intrappolata, incapace di ragionare con chiarezza. 18


Però, da tanto tempo nessuno la incuriosiva così tanto. Era un tipo misterioso. A giudicare dall'esiguo numero di persone che si fermava a conversare con lui, pareva godere fama di non interessarsi agli affari degli altri e di non condividere i propri. Avrebbe potuto approfittare della sua tendenza alla riservatezza. «Mi piacerebbe vedere questa sala» dichiarò. «Se mi devo spingere così lontano, ho diritto a due balli.» «Sarebbe piuttosto scandaloso, no?» «Avete superato da tempo i primi rossori dell'innocenza. Ho il sospetto che lo scandalo vi si addica.» «In tutta onestà, tento di evitarlo. Comunque non ballo da secoli, sin dalla dipartita di mio marito» si sentì in obbligo di aggiungere. Quindi gli avvolse le dita intorno al braccio e gli elargì un sorriso inteso ad affascinarlo, a dargli l'impressione che fosse l'unico uomo, tra i presenti, a meritare la sua attenzione. «Andiamo, dunque.» Mentre lo seguiva per sale e corridoi, coglieva le occhiate curiose dei presenti. L'avvantaggiava attirare gli sguardi, ma non troppo. A una donna conveniva sempre mantenere intorno a sé un'aura di mistero. Il salone da ballo era magnifico. Lampadari scintillanti, pareti rivestite di specchi, una balconata con un'orchestra di almeno dodici strumenti. Grandi mazzi di gigli profumavano l'aria. Drake Darling forniva ai ricchi non titolati un luogo adatto per socializzare con l'aristocrazia. Un uomo intelligente. Aveva riunito in un posto solo tutto quello che Rose cercava. Al momento opportuno, gli avrebbe spedito un messaggio per esprimere la sua gratitudine. «Sembrate colpita» commentò Avendale. «Apprezzo l'eleganza.» Ed era fondamentale ricordare ogni dettaglio. Senza dubbio, al ritorno a casa, sarebbe stata interrogata in proposito. «Dovrò fare qualcosa di simile nella mia sala da ballo. Ha bisogno di un tocco di stile.» «Ne avete una?» le domandò lui, sorpreso. «Mio marito, che sia benedetto, mi ha lasciato un discreto patrimonio. Vi credevo abbastanza acuto da capire che godo 19


di indipendenza finanziaria. Altrimenti come mi sarei procurata l'invito?» «Giusto. Non ragionavo. Dimenticavo che Darling ha determinati requisiti riguardo ai membri. Almeno dovrebbero escludere la plebe.» Indicò con un cenno il centro del locale. «Andiamo?» «Certo. Ne sono lieta.» Con una disinvoltura che le fece sobbalzare il cuore, la trascinò in mezzo alle coppie danzanti. Rose si rese conto in ritardo che un valzer con lui rappresentava un errore. Avendale, infatti, la stringeva con fermezza, in modo possessivo. A quel punto, lei era consapevole del pericolo. Era un uomo abituato a ottenere tutto ciò che desiderava. I suoi occhi scuri non la lasciavano mai. Era evidente che la stava valutando. Ogni ciocca di capelli, ogni ciglio, ogni rossore. D'altronde era giusto, poiché anche lei lo osservava con attenzione. Nemmeno un ciuffo della chioma bruna era fuori posto. A volte, sotto la luce, si coglieva una sfumatura rossastra, ma prevaleva lo scuro. Rose sospettava che dominasse ogni aspetto della sua esistenza. Niente in lui sembrava leggero o spensierato. Tutto era intenso. Mentre altri conversavano e sorridevano alle loro dame, il duca si limitava a studiare ogni forma e ogni curva. Era chiaro che preferiva le rotondità. Del resto lei c'era abituata, con gli uomini. Sapeva che il seno era la sua caratteristica migliore e si premurava di metterla in mostra. Ormai da tempo si era liberata della timidezza. Il volto di Avendale era composto da linee dure e angoli decisi. Non vantava una bellezza classica, ma era lo stesso avvenente: aspro, virile e seducente. E l'attraeva come nessun altro prima. Questo lo rendeva davvero pericoloso. Rose era abituata a erigere una barriera tra se stessa e gli uomini. Andavano sfruttati e poi subito buttati via. Il duca, però, non sembrava il tipo da lasciarsi scartare con facilità. Le conveniva sfuggire alla sua compagnia al più presto, quando le era ancora possibile. Ne era troppo attirata. Questo non si 20


addiceva ai suoi propositi. Era l'uomo sbagliato. Gli ultimi accordi del valzer si spensero nel silenzio. «È stato assai gradevole» dichiarò lei. «Grazie. Adesso vi lascio godere il resto della serata.» Avendale strizzò le palpebre. «Pensavo ci fossimo accordati per due balli.» «Non voglio monopolizzare la vostra attenzione.» «Non c'è nessun altro a cui preferirei dedicarla. Qualcuno vi aspetta?» Avrebbe dovuto rispondere di sì. In quel caso, però, lui l'avrebbe tenuta d'occhio per capire da chi si dirigesse. Rose non voleva essere osservata. Meglio concedergli ancora un po' di tempo quella sera e poi passare oltre. «No.» «Allora mi pare che il secondo ballo sia dovuto.» La musica ricominciò. Ancora un valzer. L'orchestra non sapeva suonare altro? Perché la pelle di Rose gradiva tanto la pressione di quelle mani virili? Come mai il suo intero corpo fremeva al contatto? Era allo stesso tempo sconvolgente ed eccitante avere reazioni simili alla vicinanza fisica. Per quale motivo era così colpita da lui? Non era soltanto il bell'aspetto. C'era qualcosa di profondo nel duca che richiamava una parte nascosta dell'animo di Rose, rimasta sopita a lungo, ma ormai sul punto di destarsi. Le urgeva una distrazione da quei pensieri preoccupanti. «Dove si trova la vostra tenuta?» si informò. «In Cornovaglia.» Già, era chiaro che proveniva da quella costa aspra e frastagliata. Magari discendeva persino da pirati. Lei non stentava a immaginarsi furti e saccheggi nel suo retaggio. «Non vi piace molto conversare, vero?» gli chiese. «Non a parole. Preferisco altri mezzi di comunicazione, soprattutto con una signora.» Rose stava perdendo il proprio vantaggio e non sapeva come recuperarlo. «Quel genere di rapporto si ferma in superficie. Non ha alcuna profondità.» «Mi interessa soltanto un tipo di profondità.» Un'occhiata di fuoco accompagnò l'allusione e la fece quasi incespicare. 21


Con lui si sentiva spiazzata. Non sarebbe stato facile abbindolarlo, ma una parte di lei moriva dalla voglia di affrontare la sfida. Negli ultimi tempi le risultava tutto troppo facile, si stava annoiando. Non se ne era resa conto fino a quel momento. Ormai era priva di vitalità e di entusiasmo, si limitava a esistere. Invece quell'uomo accendeva una scintilla in lei, suscitava il suo interesse. Rose sospettava che serbasse segreti oscuri quanto i suoi. Strapparglieli sarebbe stato difficile, però poteva tornare assai utile. «Le vostre insinuazioni mi offendono» lo rimproverò. «Se fosse vero, mi avreste schiaffeggiato. Siete una vedova, non una fanciulla innocente. Non provo alcun interesse per le altre giovani presenti, perché sono ingenue. Preferisco una donna dotata di esperienza.» «Così mi giudicate?» «Mi incuriosite, Rosalind.» «Vi prendete troppe libertà con questo atteggiamento informale.» «Credo che le vostre proteste siano false. In realtà siete contenta. Per questo non mi avete ancora voltato le spalle sbuffando.» Strizzò gli occhi. «No, non siete il tipo da sbuffare. Penso piuttosto che me la fareste pagare in altri modi.» Oh sì, in questo aveva ragione: la sua rivalsa sarebbe stata d'altro genere. Comunque per il momento si stavano limitando a valutarsi a vicenda. «Vi trovo anch'io interessante, Vostra Grazia, però temo di essere rimasta lontana troppo a lungo dalla buona società. Non sono molto brava a civettare.» «Non avete bisogno di fingere con me. Preferisco l'onestà.» «Allora sappiate che sono attratta da voi, ma forse non è assennato, da parte di nessuno dei due.» «Però potrebbe essere gradevole.» Su questo non c'erano dubbi. Sicuro com'era di se stesso, il duca le avrebbe fatto passare dei bei momenti. Tuttavia Rose sapeva troppo poco di lui. Il suo obiettivo, quella sera, non era di puntare su un uomo, ma di procurarsi parecchi ammiratori. Avendale la stava distogliendo dai suoi propositi. 22


998 Sono sempre stata affascinata dalla vita di Joseph Merrick, l'uomo elefante, vittima della crudeltà di alcuni e oggetto di grande generosità da parte di altri. Era il 1884, dieci anni dopo l'epoca di questo romanzo, quando attrasse l'attenzione di Sir Frederick Treves, un noto medico. Due anni più tardi venne accolto e ospitato dal dottor Treves, che approfondì lo studio della sua malattia. Soltanto parecchio tempo dopo il decesso di Merrick, questa venne diagnosticata come neurofibromatosi, anche se alcuni dissentono tuttora. Harry era affetto dallo stesso morbo, però aveva una sorella che lottava per proteggerlo, disposta a tutto per risparmiargli la ferocia del mondo. Ancora oggi non esistono cure per questa patologia, quindi né io né un medico straordinario come Sir William Graves abbiamo potuto salvare Harry. Comunque era amato e, alla fine, da molta più gente di quanto si aspettasse. Spero che anche voi gli abbiate voluto bene.

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Una compagna per Marcus Cynster STEPHANIE LAURENS Scozia, 1849 - Per una drammatica serie di eventi, Niniver, unica figlia femmina del laird dei Carrick, si trova alla guida del clan, con il gravoso compito di risollevarlo dal baratro in cui sta precipitando a causa delle scorrettezze compiute dai fratelli. Benché impreparata a ricoprire tale ruolo, ha giurato di fare tutto ciò che sarà necessario per proteggere la propria gente. E questo significa anche rinunciare per sempre al matrimonio. Tuttavia, per respingere gli importuni pretendenti alla sua mano e alla sua posizione, è costretta a chiedere l'aiuto di Marcus Cynster, l'unico uomo che potrebbe farle rimpiangere la sua decisione. Da anni, infatti, Niniver reprime i sentimenti per lui, imponendosi di considerarlo niente più che un fidato amico. Pochi giorni in sua compagnia e un primo, sconvolgente bacio, però, le fanno comprendere di aver temuto a ragione per il proprio cuore.

Il duca e la dama in rosso LORRAINE HEATH Londra, 1874 - Tormentato da un doloroso segreto, il Duca di Avendale ha da sempre cercato l'oblio nel vizio e nell'alcol, al punto da trasformare la sua vita in un turbinio di donne, partite a carte e sbronze. Ma durante una festa, all'improvviso il suo mondo grigio è attraversato da un acceso e vibrante rosso, l'abito di una dama che da subito cattura i suoi sensi. Sedurre Rosalind è poco più di un gioco per lui, almeno sino a quando non la sorprende intenta a fuggire da Londra con i suoi soldi. Deciso a punire la truffatrice e a soddisfare i propri desideri, le promette che non la denuncerà se accetterà di passare una settimana a sua completa disposizione... nel suo letto. Tuttavia, il tempo trascorso insieme gli permetterà di conoscere la donna nascosta dietro le bugie e di scoprire che per lui non rappresenta più soltanto passione e piacere, ma la possibilità di tornare a vivere davvero.


Doppio ricatto KASEY MICHAELS Inghilterra, 1815 - Quale uomo potrebbe mai stancarsi di essere adulato e osannato? Eppure, è ciò che accade a Cooper Townsend ora che, tornato dalla battaglia di Quatre-Bras con la fama di eroe e un fresco titolo nobiliare, si ritrova circondato da innumerevoli giovani in età da marito, pronte a gettasi tra le sue braccia nella speranza che le comprometta e le sposi. Forse per questo ai suoi occhi l'eccentrica Miss Daniella Foster è così attraente: restia a rivolgergli occhiate svenevoli e lusinghe, tutto ciò che vuole da lui è che l'aiuti a scoprire chi sta ricattando la sorella. Intrigato e suo malgrado coinvolto, Coop non può che accettare, ma quando l'ignoto nemico minaccerà di rovinare entrambi costringendoli a un fidanzamento di convenienza, lui dovrà tentare di salvare oltre alla reputazione anche il proprio cuore.

Un libertino da domare NICOLE JORDAN Inghilterra, 1817 - Venetia Stratham ha una missione: salvare sua sorella dalle attenzioni inappropriate di Quinn Wilde, Conte di Traherne e noto libertino. Caduta in disgrazia agli occhi della famiglia e del ton dopo avere abbandonato all'altare il fidanzato, che si era presentato in chiesa con i chiari segni di una notte di bagordi insieme a un'altra donna, Venetia è disposta a tutto pur di evitare a Ophelia una sorte simile alla sua. Anche recarsi mascherata in un bordello per ottenere prove del comportamento licenzioso di Quinn. Peccato che si ritrovi invece coinvolta in un attentato alla vita del conte e, a causa di un terribile malinteso, subito dopo intrappolata in un matrimonio di facciata proprio con l'arrogante, sensuale e irresistibile Quinn. Così, ora ha una nuova missione: domare l'indomabile marito.

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