Il duca infedele

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AMANDA WEAVER

Il duca infedele


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: A Duchess In Name Carina Press © 2016 Amanda Weaver Traduzione di Anna Polo Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2017 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Storici Seduction febbraio 2017 Questo volume è stato stampato nel gennaio 2017 da CPI, Barcelona I GRANDI STORICI SEDUCTION ISSN 2240 - 1644 Periodico mensile n. 61 dello 01/02/2017 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 556 del 18/11/2011 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


Prologo

Londra, 1891 Se il suolo sotto i suoi piedi si fosse aperto inghiottendo la madre, Victoria non si sarebbe certo messa a piangere. Avrebbe accolto con gioia qualsiasi diversivo che inducesse la donna a smettere di parlare e andarsene, ma come al solito la terra rimase solida e Hyacinth Carson continuò imperterrita il suo sproloquio. Come sempre. «Ti stanno spuntando delle lentiggini vicino al naso, Victoria. Sei uscita di nuovo senza il parasole, vero? Niente è più importante di preservare la tua pelle, lo sai. Se non stai attenta, presto diventerai avvizzita come una vecchia mela. Già sei troppo alta e la tua voce non è proprio delicata. Devi proteggere le tue poche prerogative raffinate, ragazza mia.» Victoria arrossì e fece per portarsi una mano alla guancia, poi s'impose di fermarsi. «La settimana scorsa abbiamo fatto un picnic e mi sono dimenticata per un momento...» La madre cominciò a infilarsi i guanti e Victoria sospirò di sollievo. Per fortuna la visita settimanale era quasi finita. «E che cos'è questa storia che mi ha riferito Lady Grantham? È vero che tu e la giovane Godwyn volete assistere a una discussione politica?» 5


«Sembra interessante...» «Nessuno vuole una moglie agitatrice, Victoria. Lascia la politica agli uomini. Il tuo compito è occuparti della casa e intrattenere gli ospiti.» «Sì, madre.» Lo sapeva bene. Il suo unico scopo al mondo era quello di unire l'ingente fortuna di famiglia al titolo nobiliare più elevato possibile. Tutti i suoi quindici anni di vita erano stati dedicati a prepararsi per quel momento. La madre si chinò a prendere la borsa e aggrottò la fronte, notando il libro aperto sul divanetto. «Stai leggendo queste sciocchezze?» scattò. Lo afferrò e glielo sventolò sotto il naso. Non era come la donna immaginava, ma ormai Victoria sapeva che sarebbe stato inutile professarsi innocente. «Una sciocchezza romantica» lo liquidò la madre. «Concentrati sulla lettura del Debrett's Peerage e impara bene la storia di famiglia di ogni nobile inglese. Non ti serve altro.» Victoria ormai sapeva quel libro a memoria, ma era inutile farlo notare alla madre. «Naturalmente.» Da tempo aveva imparato che la cosa migliore era assentire, dirsi d'accordo e aspettare che la sfuriata passasse. Hyacinth finì di sistemare il cappellino e osservò ancora una volta la figlia dalla testa ai piedi. «Finalmente la tua figura è diventata un po' più morbida. Molti uomini ti apprezzeranno, con un seno così florido.» «Madre!» Victoria arrossì per la vergogna e si coprì il petto con le braccia. «Su, non fare la stupida. Chiunque ti sposerà lo farà solo per i tuoi soldi, ma con un bel faccino e le curve al posto giusto forse non ti considererà un peso. Devi essere grata al tuo aspetto.» Victoria era troppo mortificata per rispondere, ma Hyacinth non aveva bisogno di commenti. «Tieniti lontana dal 6


sole e, per l'amor del cielo, stai diritta, ragazza! Stiamo spendendo una fortuna per la tua educazione e vorrei vedere qualche risultato.» Victoria si morse l'interno del labbro per non piangere e si mise così diritta che avrebbe potuto tenere in equilibrio un libro sulla testa mentre versava il tè. La scuola le aveva insegnato ad apparire perfetta, a prescindere da come si sentisse dentro. La madre sorrise soddisfatta, senza notare le mani della figlia strette a pugno e le unghie conficcate nei palmi. «Così va meglio, anche se la tua altezza mi fa ancora disperare.» Scosse la testa con tristezza. «Avrei dovuto darti meno latte quando eri piccola, per mantenerti minuta, ma ormai è troppo tardi. Dovremo accontentarci di quello che c'è. Ci vediamo la settimana prossima.» Uscì senza un abbraccio né una parola affettuosa, e Victoria tirò un sospiro di sollievo. Un sussurro arrivò dalla porta. «Se ne è andata?» Victoria premette i palmi sulle guance e inghiottì le lacrime prima di girarsi verso Amelia e Grace. L'unica cosa peggiore delle visite materne era l'idea che le amiche assistessero alla sua umiliazione. «Sì... per ora.» Le ragazze entrarono e sedettero sul divanetto. Per quanto Victoria odiasse l'idea di un collegio femminile il cui unico scopo era prepararla al matrimonio, vivere con Lady Genevieve Grantham non le dispiaceva affatto. Gen, come si faceva affettuosamente chiamare, era meravigliosa, tutto l'opposto di sua madre. Amelia e Grace erano là per il suo stesso fine ed erano diventate le sue migliori amiche. Victoria non osava pensare al giorno in cui le lezioni sarebbero terminate e lei avrebbe dovuto tornare a casa. «Mi dispiace che ti abbia rimproverata per il romanzo» disse Grace. «È mio e non avrei dovuto lasciarlo in giro.» 7


«Non ha importanza. Avrebbe trovato qualcos'altro di cui lamentarsi.» «Vuoi leggerlo? L'ho quasi finito.» Victoria lo prese e aggrottò la fronte notando il titolo. «Sciocchezze romantiche. Non sono migliori delle fiabe» commentò. «Oh, ma questo è deliziosamente audace» sospirò Amelia. «E l'eroe...» «È solo il personaggio di un libro» l'interruppe Victoria. «Non lo conosceremo mai e anche se lo incontrassimo, non potremmo sposarlo. No, per noi ci sarà solo un branco di vecchi nobili arroganti e senza un soldo. Hai notato come mi guardava Lord Sturridge ieri al parco? E pensare che non mi sono ancora raccolta i capelli. È disgustoso. La sua povera moglie è malata e lui sta già cercando una sostituta. Sono sicura che sa quanto vale la mia fortuna, fino all'ultimo penny.» «Riceverai di certo un'offerta migliore.» «Sturridge è un conte. Mia madre ne sarebbe entusiasta.» «Potrai scegliere qualcuno di meglio, ne sono sicura» dichiarò Grace. «Forse, ma la mia vita non sarà comunque come una fiaba. Mi sposerò per i miei soldi, non per amore. E lo stesso vale per ognuna di noi.» «Qualcuno si sposa per amore» protestò Amelia. «I miei genitori...» «I tuoi genitori stanno pagando una fortuna perché Genevieve ti insegni le buone maniere» la interruppe Grace con gentile fermezza. «Si saranno anche sposati per amore, ma questo è successo prima di avere tanto denaro. Sai benissimo quello che si aspettano da te. Tutte noi ci sposeremo usando la testa e non seguendo il cuore.» Amelia parve sul punto di protestare, ma quello era solo 8


un riflesso della sua natura caparbia e determinata. Al pari di Victoria e Grace, conosceva bene la realtà. «Quasi quasi preferirei restare zitella, piuttosto che sposare un aristocratico buono a nulla che mi disprezzerà per l'ambiente da cui provengo» mugugnò Amelia. «Io invece voglio sposarmi» dichiarò Victoria decisa. Le amiche la guardarono come se fosse impazzita. «Gli anni trascorsi qui con Gen e con voi sono stati l'unico periodo felice della mia vita, ma quando il collegio finirà dovrò tornare a casa dai miei genitori» si affrettò a spiegare. «Non riuscirò a fuggire un'altra volta fino a quando non mi sposerò. Non avrò bisogno di amare mio marito. Non dovrà nemmeno piacermi; basta che sposarlo mi permetta di vivere la mia vita e avere una mia famiglia. È tutto quello che desidero.» «E il resto?» azzardò Amelia. «Le cose che succedono tra uomini e donne?» «Me la caverò; l'importante è non aspettarsi una storia d'amore da fiaba.» Grace prese per mano le amiche. «Nessuna di noi avrà una storia d'amore da fiaba, ma almeno potremo sempre contare le une sulle altre.» Presto, la spiacevole realtà della vita sarebbe calata su di lei, per il momento aveva ancora le sue amiche e il nobile sconosciuto che prima o poi sarebbe diventato suo marito apparteneva al futuro. Victoria poteva soltanto pregare, quando fosse apparso, di riuscire almeno a sopportarlo. Non aveva bisogno di un sogno, ma sperava almeno di evitare un incubo.

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Quattro anni dopo Cercare di trovare qualcosa nella calca della Burlington Arcade al culmine della stagione mondana era un'impresa impossibile. Victoria aveva bisogno di un paio di guanti primaverili, ma il posto era affollatissimo e lei non ne poteva più di ritrovarsi schiacciata tra prepotenti matrone. Stava per proporre a Grace e Amelia di lasciar perdere e andare a fare una passeggiata nel parco, ma le amiche parevano immerse in un'animata discussione. «Questo colore mi dona» proclamò Amelia. Si avvolse in un lucente scialle di seta e si guardò allo specchio. Un'anziana signora con un ampio cappello si fece largo nel negozio dandole uno spintone e Amelia glielo restituì. Era bravissima in quel genere di cose. Grace sollevò lo sguardo da una scatola di bottoni di vetro e aggrottò la fronte davanti al riflesso dell'amica. «Amelia, è rosa salmone.» «No. È rosa garofano.» «Salmone» ribadì Grace. «Come la pancia di un pesce.» «Garofano» insistette Amelia. «Come il grande mazzo mandato da Tony Batchelder che abbiamo visto nel salotto di Victoria stamattina.» 10


«Devi essere cieca.» Il battibecco continuò per vari minuti, fino a quando Amelia non si rivolse a Victoria. «Vic, che colore è questo? Rosa salmone o rosa garofano?» «Che importanza ha, se ti piace? Ti starà bene comunque lo chiami.» «Preferirei non portare uno scialle che fa pensare a un pesce morto.» «Da quando ti importa dell'opinione altrui?» Amelia ripiegò lo scialle con un sospiro. «Non me ne importa, con grande disperazione dei miei genitori, ma credo sia meglio lasciar perdere. E tu hai trovato i guanti che cercavi?» «Che ne dici di questi?» «Carini.» Grace si sporse al di sopra della spalla di Amelia. «Ce ne sono due paia...» azzardò Victoria, spingendo i guanti verso Grace. «Carini per te» replicò l'altra, per poi girarsi. Amelia incontrò gli occhi di Victoria al di sopra del vassoio di guanti e inarcò le sopracciglia scure. Era ovvio che Grace rifiutasse i guanti e qualsiasi altra cosa sapesse di carità. Victoria e Amelia erano due ereditiere destinate a sposare un nobile, mentre Grace aveva il problema opposto: orfana e senza un soldo, aveva frequentato l'esclusivo collegio di Lady Grantham soltanto grazie al malaccorto lascito di un'anziana prozia. Nel corso di diverse generazioni, la residenza londinese dei Grantham aveva ospitato innumerevoli giovani signore per prepararle al debutto in società. Le migliori famiglie nobili della Gran Bretagna mandavano le figlie dalla leggendaria Lady Grantham, nella speranza che trasmettesse loro quel qualcosa in più che solo lei sapeva fornire. 11


Com'era inevitabile, una nuova generazione di ricchi industriali come i padri di Victoria e Amelia aveva finito per desiderare per le figlie la stessa raffinata educazione, nella speranza di poter entrare così nell'alta società che fino ad allora li aveva respinti. Presto, la fama di Lady Grantham cominciò a legarsi alla sua capacità di trovare un marito nobile e squattrinato alle ereditiere borghesi cui insegnava le buone maniere, più che di istruirle sul modo migliore di eseguire una perfetta riverenza davanti alla regina. Alla morte della prima Lady Grantham, la pronipote Genevieve aveva preso il suo posto, accoppiando ragazze piene di soldi con nobili che ne erano privi. E non era certo l'unica: in tutta Europa era ormai sorta una vera e propria piccola industria per facilitare quelle unioni. Grace non aveva una fortuna per attirare qualche nobile impoverito, ma Gen l'adorava e l'aveva tenuta con sé anche quando il lascito della prozia si era esaurito. Le cose, però, non sarebbero potute andare avanti in quel modo all'infinito. Se non avesse trovato presto un uomo rispettabile da sposare, Grace avrebbe dovuto cercare lavoro come istitutrice, se non peggio. Victoria posò i guanti sul vassoio. Avevano perso il loro fascino. Il campanello tintinnò, annunciando una nuova cliente, ma era solo Lady Grantham che tornava da una veloce visita all'atelier situato a due porte di distanza. Victoria e Amelia avevano lasciato la sua casa l'anno precedente, in vista del debutto in società, ma continuavano a vedersi ancora spesso. Victoria sentiva la mancanza dei giorni passati insieme. Un anno di implacabili pressioni materne perché concludesse un buon matrimonio l'aveva quasi portata alla follia. Pur di farla finita con quella caccia spossante era pronta a dire di sì a qualunque pretendente. 12


«Hai trovato i guanti?» chiese Gen sistemando il cappellino. Vestita, come al solito, in un raffinato abito nero, sembrava un corvo elegante e lucente in mezzo alle clienti dai vestiti colorati. «Non riesco a trovare niente in questa calca. Durante la Stagione i negozi sono impossibili. Sarà meglio che torni a casa. Sono sicura che mia madre avrà organizzato qualcosa per me nel pomeriggio. Ci vediamo all'opera stasera?» «Ci andiamo, vero, Gen?» chiese Grace. «Ma certo. Amelia, ci sarai anche tu?» «Sì. Mi accompagna mio padre, ma vi prego, ditemi che non sarà ancora quella storia noiosa sul tizio che si uccide per amore.» «L'argomento è sempre quello. Inoltre, nessuno va all'opera per sentire la musica» le ricordò Grace con il suo solito realismo. «La Stagione è al culmine» aggiunse Gen. «Stasera ci saranno tutti i migliori partiti di Londra. Un'ottima occasione per ognuna di voi.» «Mi toccherà passare il tempo a evitare Lord Sturridge» gemette Victoria. «Non riesco a credere che ti stia ancora dietro. Ha il triplo dei tuoi anni e non fa che bere» disse Grace osservando una serie di nastri di seta. «Ed è anche lascivo. Quando conversiamo, non mi guarda mai negli occhi, ma li tiene sempre fissi sul mio petto.» Secondo la madre, però, quello era un buon segno. Amelia le posò una mano sul braccio. «Non sposarlo, Vic. Chiunque, ma non lui.» «Dovrò trovare qualcuno in fretta. Il conte polacco dell'anno scorso non era all'altezza, secondo mia madre, e nemmeno Sir Francis. Però, vuole assolutamente sistemarmi prima della fine della Stagione.» 13


«Ci sono altre opzioni più promettenti. Vedrai che presto salterà fuori qualcosa.» «Grazie, Gen, ma ormai mi sono rassegnata al peggio, dunque non ha molta importanza chi sposerò» confessò Victoria. «Tornando all'opera, sarebbe bello se ci trovassimo tutte là. Così potreste cospirare per tenermi fuori dalle grinfie avvizzite di Lord Sturridge almeno per una sera.» «Magari incontreremo tutte l'uomo dei nostri sogni» disse Amelia con una risatina ironica. Genevieve le guardò con fermezza. «Quel tipo d'uomo deve restare nei nostri sogni» sentenziò. «Noi teniamo i piedi per terra e lasciamo le fantasie romantiche alle altre donne.» Nessuna la contraddisse. Conoscevano bene la realtà. Hyacinth Carson si trovava davanti a un dilemma: doveva scegliere tra due eventi mondani previsti per quella sera. Avrebbero potuto andare all'opera, dove avrebbero di certo incontrato Lord Sturridge. Victoria era riuscita a tenerlo a bada per un anno, ma Hyacinth era sicura di poterla costringere a comportarsi in modo ragionevole, se fosse stato necessario. Oppure, accettare l'invito alla cena dei Sanfield. Una delle sue spie le aveva confermato la presenza del Duca di Waring. Il duca non aveva un soldo, lo sapevano tutti. Il figlio maggiore avrebbe dovuto sposare la ricca Lady Phoebe Sheffield, sistemando così le fortune di famiglia, ma l'anno prima si era spezzato il collo in un incidente di caccia e la cosa era finita lì. C'era anche un figlio minore, che viveva in Italia e non aveva rapporti con i genitori. Presto, il duca lo avrebbe costretto a tornare in Inghilterra e a trovare una moglie e Hyacinth aveva fatto il possibile perché prendesse in considerazione Victoria per quel ruolo. 14


Aveva lavorato per mesi sul Duca di Waring, impiegando più tempo e risorse che per qualsiasi altro gentiluomo nella sua lista. Prima della morte del figlio maggiore, Waring era in difficoltà finanziarie, ma ora, grazie agli intrighi di Hyacinth, era proprio in rovina. Aveva un disperato bisogno di combinare il matrimonio dell'unico figlio rimasto con un'ereditiera; ma sarebbero riusciti a spingere il giovane verso Victoria, o qualche altra milionaria si sarebbe messa in mezzo, portandoglielo via? Sentì un suono di voci nell'ingresso in marmo e poco dopo suo marito Phillip entrò nella stanza con il solito impeto burrascoso. Phillip Carson era più largo che lungo, con un viso rubizzo e con capelli radi compensati dai baffi biondi e dalle folte basette. Hyacinth trovava ben pochi aspetti attraenti nel marito, a parte i soldi, ma per fortuna questi erano sufficienti a rendere irrilevanti tutti i suoi difetti. «La notte scorsa quando sono tornato a casa dormivi, cara, ma ho un regalo per te.» Hyacinth inarcò le sopracciglia senza sollevare lo sguardo dall'invito a cena. «Ah, sì?» «Ho trovato un marito per Victoria. Ho concluso l'affare la notte scorsa. È praticamente fatta.» Lei si sedette. «Come sarebbe a dire, le hai trovato un marito?» «Voglio dire che è fatta» ripeté il marito. «Ho concluso l'accordo tramite una stretta di mano con il padre del ragazzo.» «Come osi fare una simile promessa senza prima consultarmi? Sai bene quanto ho lavorato per assicurare un buon matrimonio a nostra figlia!» Hyacinth balzò in piedi e avanzò furiosa. Phillip Carson scoppiò a ridere, come se si stesse godendo un fantastico scherzo. «Non credo che avrai qualcosa da 15


ridire sullo sposo. La ragazza è praticamente fidanzata con il Conte di Dunnley, erede del Duca di Waring.» «Spero che non sia uno scherzo, Phillip.» «Credi che mi metterei a scherzare su un argomento come il matrimonio? So bene quanto sia importante per te.» «Cosa... come hai fatto?» balbettò la moglie. Il sorriso di Phillip si fece più ampio. Erano gli affari, più che gli eventi mondani dell'alta società, a fargli battere forte il cuore. Concludere un accordo o battere un concorrente erano le uniche cose che potevano produrre una simile espressione di avida gioia sul suo viso. «Be', ieri sera mi sono imbattuto nel duca al club e l'ho invitato a giocare a carte. Come sappiamo, Waring è disperato. Perfino vincere in qualche partita potrebbe fornirgli un minimo appiglio per tirare avanti ancora un po'. In effetti ha vinto, per qualche mano. Poi, però, sfortunatamente ha cominciato a perdere.» «Con te?» Phillip le rivolse ancora una volta il suo sorriso da predatore. La pelle florida era madida di sudore. «Certo. Quando si è ritrovato con le spalle al muro ha chiesto un prestito. Non aveva più alcuna garanzia da offrire, così ho suggerito suo figlio.» «In che senso, suo figlio?» «Gli ho detto che se avesse perso, suo figlio avrebbe dovuto sposare mia figlia.» Lei distolse lo sguardo e sporse le labbra. «Dunque, lo hai battuto a carte.» «Non fare la difficile, adesso. Ho ottenuto quello che volevi.» «Esatto. Il figlio del Duca di Waring. Un giorno Victoria sarà una duchessa. Non potevo sperare in una soluzione migliore di questa.» 16


«Perché fai quella faccia scontenta, allora?» Hyacinth agitò una mano come per liquidare la faccenda. «Solo, non raccontare questa storia a Victoria. A volte è così moralista...» «Il ragazzo è uno sconosciuto. Si chiederà da dove sia spuntata questa offerta di matrimonio.» «Di questo mi occupo io. Ha sempre saputo che qualsiasi pretendente sarebbe stato interessato solo alla sua fortuna, dunque non resterà sorpresa. L'importante è non dirle come sei arrivato a ottenere il consenso del duca. Potrebbe impuntarsi e ha già perso abbastanza tempo.» «Va bene. Non c'è bisogno che conosca tutti i particolari. Allora, cara, hai ottenuto quello che volevi: un futuro duca per tua figlia. Speriamo che la renda felice.» Hyacinth inclinò la testa di lato. «Perché non dovrebbe? Che altro potrebbe desiderare Victoria?»

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Il duca infedele AMANDA WEAVER LONDRA, 1895 - Victoria Carson è stata cresciuta con l'obiettivo di sposare un nobile, proprio per questo ha frequentato la prestigiosa scuola di Lady Grantham, in Inghilterra. Il sogno si corona con Andrew Hargrave, Duca di Dunnley. Ben presto, però, Victoria comprende che l'amore, nel suo matrimonio combinato, dovrà combattere per avere il posto che gli spetta. Nonostante l'attrazione che unisce i due sposi, la menzogna e i non detti si frappongono tra loro. Solamente quando affronteranno l'inganno su cui fonda la loro unione, Victoria potrà abbandonarsi finalmente all'amore e alla passione.

L'amante inesperta del laird ADRIENNE BASSO SCOZIA, 1307 - Rimasta vedova, Lady Fiona fugge dall'Inghilterra in Scozia presso un alleato del defunto marito, Laird Gavin McLendon, a cui si offre in cambio della protezione per sé e il figliastro. Lei, inizialmente inesperta, sotto la sensuale guida di Gavin si trova presto a desiderare che il loro patto passionale non si interrompa. Gli equilibri politici, però, vogliono McLendon unito a un'altra donna. La nobile inglese non può, a quel punto, accettare di dividerlo con una moglie, così si insinua in lei il pensiero di come si sentirebbe a non essere più l'amante ma la sposa di un laird…


Quella notte col vichingo HARPER ST GEORGE DANIMARCA, 867 d.C. - Riportato in patria, reduce da sanguinose battaglie nelle terre dei Sassoni, ferito nel corpo e nello spirito, Gunnar si ritrova affidato alle cure di Kadlin, l'unica donna che abbia mai amato. Il guerriero vichingo l'aveva abbandonata, due anni prima, dopo un'infuocata notte di passione, convinto di non esser meritevole d'amore. Ciò che li aveva legati allora, però, è più vivo e intenso che mai. Kadlin, la cui vita era stata sconvolta e devastata da quell'abbandono, decide di fidarsi, di lasciarsi andare al desiderio e di fargli conoscere la conseguenza di quella loro unica notte insieme…

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