Il fascino del ribelle

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Diana Palmer

Il fascino del ribelle


Titoli originali delle edizioni in lingua inglese: Tough to Tame Will of Steel Harlequin Mills & Boon Romance Silhouette Desire © 2010 Diana Palmer Traduzioni di Leonora Sioli e Lucilla Negro Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2010 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Serie Jolly giugno 2010 Prima edizione Harmony Destiny dicembre 2011 Questa edizione myLit novembre 2016 Questo volume è stato stampato nell'ottobre 2016 da CPI, Moravia MYLIT ISSN 2282 - 3549 Periodico mensile n. 40 del 17/11/2016 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 162 del 31/05/2013 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


Fascino ribelle



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Mentre era nell'ambulatorio veterinario dove lavorava da circa un mese, Cappie Drake si guardò intorno sgranando gli occhioni grigi in un'espressione piena di ansia. Stava cercando il suo capo. Il dottor Bentley Rydel era sempre nervoso e sembrava si divertisse a scaricare tutta la sua rabbia su di lei, che era l'ultima arrivata. «È uscito per il pranzo» le sussurrò una voce all'orecchio. Cappie sobbalzò. E quando si voltò vide che la sua collega, Keely Welsh Sinclair, stava ridacchiando. Poco più giovane di lei ­ Keely aveva diciannove anni, mentre Cappie ne aveva ventitré - la ragazza aveva da poco sposato il ricco e attraente Boone Sinclair. Nonostante fosse entrata a fare parte di una delle famiglie più in vista della zona, aveva deciso di continuare a lavorare perché adorava gli animali. Anche Cappie amava gli animali, ma cominciava a domandarsi se questa sua passione fosse abbastanza forte da farle sopportare Bentley Rydel. «Non trovo i farmaci per la filaria» le spiegò Cappie agitata. «So che sono qui da qualche parte, ma lui si è messo a urlare e io non ho capito più niente.» «È autunno.» 7


«Come, scusa?» «È autunno, Cappie.» Cappie la guardò confusa. «In autunno il dottor Rydel diventa più scontroso del solito e a un certo punto sparisce per una settimana o due senza lasciare mai nemmeno un recapito per le emergenze. Nessuno sa dove va. È un mistero per tutti.» «A dire il vero con me è insopportabile dal giorno in cui mi ha assunto» precisò Cappie. «Ha cambiato cinque tecnici veterinari in un anno, giusto? La dottoressa King mi ha detto che ha fatto scappare tutti quelli che mi hanno preceduto. A quanto pare io sono la sua prossima vittima.» «Non ti scoraggiare. Devi semplicemente decidere quale tattica usare con lui. Hai due alternative. O lo aggredisci, oppure sorridi e fai finta di niente quando se la prende con te.» «Non ho l'abitudine di aggredire le persone.» «Allora forse dovresti imparare a farlo, perché...» «Maledizione! Dove diavolo è finito il mio maledetto impermeabile?» Cappie sbiancò. «Mi avevi detto che era uscito per il pranzo.» «Evidentemente è tornato» le rispose Keely, mentre il loro capo si piazzò in mezzo alla sala d'attesa, dove le due signore che stavano aspettando il loro turno lo guardarono sconcertate. Il dottor Bentley era un uomo alto, di corporatura robusta, con folti capelli neri e occhi di un particolare azzurro chiaro, che diventavano di ghiaccio quando si arrabbiava. Il naso pronunciato conferiva autorevolezza al suo viso dai tratti decisi. 8


Non era bello, ma possedeva quel tipico fascino ombroso che lo rendeva attraente agli occhi di molte donne. Lui, in compenso, non provava nessuna simpatia per le donne. Anzi era famoso per la sua proverbiale antipatia nei confronti dell'altro sesso. «Dov'è il mio impermeabile?» ripeté fulminando Cappie. Facendosi coraggio, Cappie si alzò - in piedi, gli arrivava alle spalle - e prese un profondo respiro. «Dottore... il suo impermeabile è nel guardaroba, dove lo ha messo questa mattina.» Lui la fissò serio, e Cappie sentì le gambe farsi molli. Scosse la testa come per scusarsi di avergli risposto in quel modo solo che, nel movimento, il morbido chignon che aveva sulla nuca si sciolse e una cascata bionda le scivolò sulle spalle. Oddio... Cappie era convinta che il dottore le avrebbe fatto una delle sue sfuriate e che l'avrebbe licenziata in tronco. Lui, invece, stranamente rimase a osservarla. Non si era mai accorto che avesse i capelli così lunghi. Ovvio, visto che li teneva sempre legati in quella stupida coda di cavallo! Anche Keely rimase imbambolata. Tuttavia, dopo un attimo, per quanto fosse curiosa di scoprire come sarebbe andata a finire, si rivolse a una delle due signore per stemperare la tensione. «Signora Ross, si accomodi, così visitiamo Luvvy.» La donna, quindi, prese il suo gatto e si diresse frettolosamente verso la sala medica. «Dottor Rydel?» lo imbeccò Cappie, visto che lui pareva ipnotizzato. 9


«Sta piovendo.» «Me ne sono accorta, ma non è colpa mia. Non ho il potere di controllare il clima.» «Lo so.» Sbuffando, Rydel prese l'impermeabile dal guardaroba, mettendo in disordine le altre giacche appese, e uscì dall'ambulatorio. «Va' al diavolo» borbottò Cappie. «L'ho sentita!» esclamò Rydel da dietro la porta. Ecco. Di male in peggio. Sempre più demoralizzata, Cappie tornò rapidamente dietro al bancone, obbligandosi a non guardare la signora Hawkins, che aveva le lacrime agli occhi tanto stava ridendo. «Bene, bene» la dottoressa King le diede una pacca sulla spalla sorridendole, «complimenti. Antonia, dopo un mese, si chiudeva in bagno a piangere almeno due volte al giorno e non ha mai avuto il coraggio di rispondere a tono al dottor Bentley.» «Non ho mai lavorato in un posto come questo. Intendo dire, i veterinari con cui ho collaborato in passato erano persone come lei, gentili e professionali. Non avevano l'abitudine di urlare contro il personale e il personale non urlava contro di loro...» «Qui, invece, è diverso» intervenne Keely, ridacchiando. «Una volta mio marito mi disse che dovevo ritenermi fortunata ad avere un lavoro così divertente. La prima volta che è venuto qui, però, si è subito ricreduto, dato che ero nel bel mezzo di un'accesa discussione con il capo.» Rise di gusto. «Credeva che io passasi le mie giornate spazzolando e infiocchettando gli animali, come se fossero dei peluche, ma quell'esperienza gli ha aperto gli occhi.» «A proposito di tuo marito, è proprio un bel ragazzo sai?» osservò timidamente Cappie. 10


«Sì, ma è anche testardo, impulsivo e lunatico.» «Immagino non sia facile andare d'accordo con lui allora» affermò la dottoressa King. «Già, ma devo ammettere che è un angioletto in confronto al dottor Rydel.» «Credo che lo sia chiunque in confronto a Rydel. Non vorrei mai essere nei panni della sfortunata che lo sposerà.» «Dubito che troverà mai una moglie» replicò allora Keely. «Ho notato, però, che ha una certa simpatia nei tuoi confronti» continuò Cappie. «Perché non lo sfido. E poi sono la più giovane qui dentro per cui mi vede come una bambina.» Cappie la guardò meravigliata. «Tante persone mi vedono in questo modo» aggiunse Keely diventando all'improvviso malinconica. Stava pensando a sua madre ovviamente. Dopo che era stata uccisa da un amico del padre, Keely si era ritrovata orfana e da allora un po' tutti in città la consideravano una specie di figlia. «Mi dispiace tanto per quello che è successo» le disse Cappie con dolcezza. «Grazie. Ci eravamo appena conosciute quando mia madre è... è stata uccisa. Durante il processo a mio padre è stata scontata la pena, ma dubito che tornerà qui quando uscirà di prigione. Ha troppa paura dello sceriffo Hayes.» «Ecco un altro bocconcino...» affermò Cappie per strappare un sorriso all'amica. «Bello e coraggioso.» «E con manie suicide!» «Come, scusa?» «Gli hanno sparato per ben due volte, e tutto perché 11


si è buttato in mezzo a due sparatorie» le spiegò la dottoressa King. «Non si raggiunge la gloria se non si corrono dei rischi, no?» Tutti e tre si misero a ridere. Poi il telefono squillò, entrò un altro paziente e dovettero rimettersi al lavoro. Cappie arrivò a casa tardi quella sera. Era venerdì e in ambulatorio c'era stato un gran viavai di pazienti, così tutto lo staff si era trattenuto fino alle otto. «Cappie? Sei tu?» le domandò suo fratello dalla camera. «Sì, Kell.» Dopo essersi tolta il soprabito andò nella piccola stanza dove suo fratello maggiore era seduto sul letto, circondato da riviste e libri e con il portatile appoggiato sulle gambe. «Brutta giornata?» gli domandò Cappie, vedendolo un po' scoraggiato. Kell annuì facendo una piccola smorfia, unico segno tangibile del dolore che lo perseguitava ogni ora del giorno e della notte. Giornalista di successo, era rimasto coinvolto in uno scontro a fuoco mentre si trovava all'estero per scrivere un articolo, e un frammento di un proiettile gli si era conficcato nella spina dorsale, in un punto in cui non poteva essere rimosso. I medici gli avevano spiegato che la scheggia avrebbe potuto spostarsi con il tempo ed essere quindi estratta. Per il momento, però, questo non era avvenuto, per cui Kell era paralizzato dalla vita in giù. 12


Ironia della sorte, lui che era stato nell'esercito per anni senza che gli fosse mai successo nulla, era quasi rimasto ucciso quando si era messo a scrivere per una rivista. Cappie non aveva mai capito per quale ragione suo fratello avesse rinunciato alla carriera militare per buttarsi nel giornalismo. Aveva tuttavia accettato la sua decisione senza mai interferire, anche perché il suo nuovo lavoro aveva permesso a entrambi di condurre una vita molto agiata, per un certo periodo. I problemi, infatti, erano cominciati dopo l'incidente perché, non avendo un'assicurazione, Kell aveva speso tutti i propri risparmi per le cure mediche e ora dovevano sopravvivere solo con lo stipendio di Cappie. «Hai preso gli antidolorifici?» Lui annuì. «Non sono serviti?» «Non molto. Perlomeno, non oggi.» Kell era un bel ragazzo, biondo, con gli occhi chiari e un fisico atletico. O almeno così era stato prima di rimanere inchiodato su una sedia a rotelle. «Vedrai che prima o poi riusciranno a toglierti quella scheggia.» «Sì, se prima non morirò di vecchiaia.» «Smettila. Devi cercare di essere ottimista.» «È vero. Hai ragione.» «Vuoi qualcosa da mangiare?» «No, non ho fame.» «Ti posso preparare la zuppa ai cereali.» La sua preferita. «Cappie, ti sto rovinando la vita. Potrei trovare un posto dove...» 13


«No! Non dirlo nemmeno per scherzo.» «Ma non è giusto Cappie. Non troverai mai un uomo se dovrai passare il tuo tempo libero facendomi da infermiera.» «Ne abbiamo già parlato un milione di volte negli ultimi mesi, ricordi?» «Già, non abbiamo fatto altro, soprattutto da quando siamo stati costretti a trasferirci qui. Se nostro cugino non ci avesse lasciato questo posto, non avremmo nemmeno un tetto sopra la testa. Mi sta uccidendo vedere tutti i sacrifici che fai per colpa mia.» «Non essere melodrammatico, Kell. Tu faresti lo stesso se fossi al mio posto. Se non possiamo contare l'uno sull'altra, non ci resta nulla. Non ti butterò in mezzo a una strada per poter frequentare qualche idiota. Ho chiuso con gli uomini! Dovresti saperlo.» «Sì, ti capisco perfettamente. Non sai quanto mi piacerebbe poter strangolare con le mie mani quel bastardo!» «Potremmo, per favore, cambiare argomento?» «Scusa, è solo che non sopporto il fatto che quel farabutto ti abbia rovinato la vita.» Cappie distolse lo sguardo dal fratello. Non voleva più pensare al suo ex ragazzo, a tutto il male che le aveva fatto. La prima volta Frank Bartlett le aveva quasi spezzato un braccio ma Cappie, che era troppo infatuata per ammettere l'evidenza, si era inventata delle scuse per giustificare la sua reazione violenta. Kell l'aveva messa in guardia sin dall'inizio, purtroppo però non era riuscito a convincerla a mollare quel delinquente. Durante il loro quarto appuntamento, Frank l'aveva 14


portata in un locale, aveva bevuto qualche drink e quando Cappie gli aveva chiesto di smettere, lui l'aveva trascinata fuori del bar e l'aveva aggredita. Per fortuna i proprietari del locale si erano resi conto di quello che stava accadendo, cosĂŹ li avevano seguiti ed erano intervenuti in tempo, prima che succedesse qualcosa di irreparabile. Nemmeno dopo quell'episodio, tuttavia, Cappie aveva imparato la lezione. Quando Frank si era presentato a casa loro per supplicarla di scusarlo, infatti, lei ci era cascata di nuovo e lo aveva perdonato, sebbene Kell avesse tentato di farla ragionare. L'ultima volta, l'aveva quasi uccisa. Una sera, mentre stavano guardando serenamente un film in casa, a un certo punto lei gli aveva chiesto di parlarle dei suoi problemi con l'alcol. Era bastata quella sola e semplice domanda a scatenare il finimondo. In un solo istante Frank aveva perso la testa e aveva cominciato a picchiarla come un indemoniato. Kell, che era in camera, era riuscito faticosamente a salire sulla sedia a rotelle e si era trascinato in salotto dove, avendo come unica arma una lampada, aveva colpito il ragazzo salvando la sorella. Solo allora Cappie si era finalmente decisa a chiamare la polizia. Frank era finito immediatamente in prigione con l'accusa di aggressione, mentre lei era stata ricoverata in ospedale con un braccio fratturato. In tribunale, aveva testimoniato contro Frank ma la sua deposizione era costata a quel criminale solo sei mesi di reclusione e un anno di libertĂ vigilata. 15


Una pena non molto severa considerando che aveva quasi ucciso una persona. Per nulla spaventato dall'esito del processo, Frank le aveva giurato vendetta e così, appena avevano avuto la possibilità di andarsene, Cappie e Kell si erano trasferiti a Comanche Wells, vicino alla cittadina di Jacobsville. In realtà Cappie non aveva dato molto peso a quelle minacce, tant'è che si era opposta quando suo fratello le aveva proposto di lasciare San Antonio. Kell, però, era stato molto insistente e alla fine, dopo averle spiegato che aveva un amico che conosceva un bravo veterinario con cui lei avrebbe potuto lavorare, l'aveva convinta. Né la lontananza, né un nuovo lavoro, né i nuovi amici, tuttavia, l'avevano aiutata a dimenticare quell'assurda vicenda. All'inizio Frank le era parso un ragazzo così gentile, per cui lei non avrebbe mai immaginato che, in privato, si sarebbe trasformato in un bruto. Se non altro, Frank Bartlett le aveva insegnato una lezione fondamentale: mai lasciarsi abbindolare dalle apparenze. Certo, con il dottor Rydel non avrebbe corso questo rischio. Quell'uomo era un gran maleducato. E se lo era in pubblico, doveva esserlo ancora di più in privato. Non che le interessasse conoscerlo in privato, ovviamente. «Che cosa c'è?» le domandò Kell, vedendola distratta. «Niente. Stavo solo pensando al mio capo. Il dottor Rydel è odioso. Mi fa paura.» 16


«Ti ricorda per caso Frank Bartlett?» «No. Non mi sembra il tipo che picchia le donne. È solo che è un burbero e mi fa sentire sempre a disagio. Ama, però, gli animali. Una volta ha chiamato la polizia quando gli hanno portato un cagnolino che aveva dei tagli e dei lividi. Il padrone sosteneva che fosse caduto dalle scale, ma Rydel si è accorto subito che stava mentendo, e lo ha denunciato.» «Bravo Rydel!» Kell le sorrise. «Il fatto che gli piacciano gli animali è un buon segno, no? Frank aveva picchiato il tuo gatto durante il vostro primo appuntamento.» «Già. E io avevo cercato di giustificarlo. Come sono stata stupida. Frank era così bello, sembrava l'uomo... perfetto. Mi pareva un miracolo che si fosse accorto di una come me, visto che non sono certamente una top-model.» «Sei splendida e sei una persona eccezionale.» «Parli così solo perché sei mio fratello. Che ne dici di mangiare qualcosa adesso?» «Lo farò a patto che mi prepari una delle tue specialità.» «Affare fatto.» «Cappie, mi dispiace di essere un peso per te.» «Smettila di dire stupidaggini.» Gli sorrise con dolcezza. «Vado a cucinare.» Poco dopo, Cappie tornò da lui con la sua zuppa preferita. Non avevano nessuno e potevano contare solamente l'uno sull'altra. Avevano perso i genitori quando lei aveva solamente dieci anni e da allora Kell era diventato un padre e una madre per Cappie. 17


Avevano girato il mondo insieme. Lei lo aveva seguito quando lui era nell'esercito e aveva studiato facendo dei corsi per corrispondenza. Ora Kell pensava di essere un peso. Ma che cosa era stata lei, allora, in tutti quegli anni in cui suo fratello non aveva potuto avere una vita privata perché si era dovuto occupare di una ragazzina? Gli doveva tanto. Gli doveva tutto. E le dispiaceva di non poter fare di più per lui. Lo ricordava quando era in uniforme. Un affascinante ufficiale dall'aria sicura, maestosa. Ora, invece, era costretto su una sedia a rotelle. Per fortuna aveva il suo progetto che lo teneva vivo. Aveva deciso, infatti, di scrivere un romanzo, basato in parte sulle sue esperienze militari e in parte sulle testimonianze di alcuni suoi amici che, come le aveva spiegato, avevano partecipato ad alcune missioni segrete. «Come sta andando il tuo libro?» «Bene. Ho parlato con un mio amico, di Washington, che mi ha dato alcune interessanti notizie.» «Certo che conosci proprio tutti.» «Quasi tutti.» Sospirò. «Temo che la bolletta del telefono anche questo mese sarà esorbitante.» «Non te ne devi preoccupare. Sono certa che il tuo romanzo avrà un enorme successo. Stai lavorando così tanto, più di quanto non facciano le persone che non hanno dei problemi fisici.» «Forse perché non dormo, per cui mi resta più tempo da dedicare al lavoro.» «Hai bisogno anche di riposare, però. Devi chiedere al dottor Coltrain di prescriverti delle pastiglie per dormire.» 18


«Lo ha già fatto.» «Però tu non le hai prese. Connie, della farmacia, me lo ha detto.» «Non abbiamo i soldi per pagarle, adesso. Me la caverò ugualmente. Non sono farmaci necessari.» «È sempre la solita storia. Vorrei tanto essere intelligente e brava come te per guadagnare tanto. Forse dovrei cercare un lavoro un po' più redditizio.» «Sei bravissima in quello che fai e ami il tuo lavoro. Questa è la cosa fondamentale. Credimi.» «Sì, ma il fatto di avere uno stipendio più alto di sicuro non guasterebbe.» «Non ti preoccupare. Con il mio romanzo diventeremo ricchi. Sarà un bestseller! Mi inviteranno a tutti i programmi televisivi e non dovremo più preoccuparci di saldare i debiti a fine mese.» «Sei molto ottimista.» «Se non abbiamo più i sogni, che cosa ci resta?» Si guardò intorno, «pareti sporche, crepe nei muri, un tetto che sta su per miracolo e una macchina che è un trabiccolo.» «Oddio» brontolò lei, seguendo lo sguardo di Kell verso la macchia gialla sul soffitto. «Quella stupida lamiera! Avremmo dovuto far ricoprire il tetto con un materiale più resistente.» «La lamiera è meno costosa e mi piace.» Cappie lo guardò di traverso. «Il lato positivo è che abbiamo risparmiato, no? E poi trovo rilassante il ticchettio della pioggia sulla lamiera.» Chiuse gli occhi. «Ascolta. È musica.» «Una musica un po' stonata.» Lui scoppiò a ridere. «Immagino che tu abbia ragione, Kell. È inutile ar19


rabbiarsi per ciò che non abbiamo. Ce la caveremo. Come abbiamo sempre fatto.» «Se non altro siamo insieme. Anche se continuo a pensare che dovrei farmi ricoverare nell'ospedale militare.» «Quando io non ci sarò più potrai andare dove ti pare. Per adesso, mangia e stai zitto.» «D'accordo.» Kell era il fratello migliore del mondo e lei non lo avrebbe mai abbandonato. Aveva smesso di piovere la mattina successiva, quando Cappie si svegliò. Per fortuna, altrimenti non avrebbe trovato la forza di alzarsi. Adorava, infatti, stare al calduccio mentre fuori pioveva. La rilassava. La faceva sentire protetta, al sicuro. D'altra parte, avendo un lavoro, non poteva certo permettersi di poltrire per tutto il santo giorno. Si preparò velocemente e quando arrivò in ambulatorio, mentre stava appendendo la giacca nel guardaroba, qualcuno alle sue spalle le passò un grosso impermeabile. «Lo appenda.» «Sì, signor Rydel.» Con mani tremanti, Cappie obbedì e quando si voltò Rydel era ancora lì. «C'è qualche problema?» Lui la guardò accigliato. «No.» Eppure aveva l'aria di una persona che stava portando sulle spalle il peso del mondo, e lei lo capiva molto bene. Sapere di non potere fare nulla per aiutare Kell, infatti, la uccideva. «Se la vita le offre dei limoni, faccia una limonata» azzardò. A sorpresa, lui si lasciò scappare una risatina. «Che cosa ne vuole sapere, alla sua età.» 20


«L'età non conta, dottor Rydel. È la strada percorsa che forma una persona. Se fossi una macchina, sarei già da rottamare.» Lo sguardo di Rydel si addolcì. «Anche io.» Cappie scoppiò a ridere, ma subito si controllò. «Mi dispiace.» «Perché?» «Non è facile parlare con lei, sa?» Per un attimo, Rydel sembrò vulnerabile. «Non sono abituato a stare con le persone. Vivo da solo. Ho sempre vissuto da solo.» La guardò serio. «Lei invece vive con suo fratello, giusto? Come mai lui non lavora?» «È rimasto ferito mentre era all'estero per scrivere un articolo. Gli si è infilata una scheggia nella spina dorsale e non può essere operato. È paralizzato dalla vita in giù.» «Cielo, deve essere terribile per lui.» «Lo è. È stato nell'esercito per diversi anni. Poi, un giorno mi disse che aveva deciso di lavorare come giornalista, così non mi avrebbe più trascinata in giro per il mondo. Io ne rimasi molto sorpresa, ma non gli chiesi altre spiegazioni. Per un certo periodo andò tutto bene. Poi, però, dopo l'incidente, siamo entrati in una specie di tunnel e le assicuro che è un'agonia vederlo ridotto in quello stato.» «Sì, lo immagino.» Il dottor Rydel aveva un'espressione dispiaciuta, come se potesse comprendere veramente quello che lei stava provando. «Fa male vedere soffrire qualcuno che amiamo, no?» osservò con tono nostalgico. «È lei che si prende cura di suo fratello?» «Sì, perlomeno finché mi permetterà di farlo. È 21


sempre stato lui a occuparsi di me, sin da quando avevo dieci anni e i nostri genitori morirono in un incidente. E adesso tocca a me. In realtà lui vorrebbe che lo facessi ricoverare in un ospedale militare, ma io non intendo farlo.» Rydel era pensieroso. Triste. Come se avesse un disperato bisogno di confidarsi con qualcuno, ma non avesse nessuno con cui farlo. «La vita è difficile.» «Altro che!» aggiunse lui con un sorriso rassegnato. «Ora mettiamoci al lavoro, signorina Drake. Un'ultima cosa. Il suo nome, Cappie, è il diminutivo di?» Lei esitò. «Forza, me lo dica. Non faccia la timida.» «D'accordo. Capella.» «Come la stella?» Lei rise. Quasi nessuno lo sapeva. «Precisamente.» «Immagino quindi che uno dei suoi genitori fosse appassionato di astronomia.» «Mia madre era un'astronoma e mio padre un astrofisico» precisò lei. «Per un po' lavorò per la NASA.» «Quindi è figlia di due cervelloni.» «Già, ma purtroppo non ho ereditato la loro intelligenza. Il genio di casa è Kell. Sta scrivendo un romanzo d'avventura, infatti, che avrà sicuramente un enorme successo. Farà un sacco di soldi e finalmente non dovremo più preoccuparci di come pagare le sue medicine o le visite dagli specialisti.» «È pazzesco. Tutti hanno diritto alle cure mediche, e invece a volte alcune persone devono decidere se comprarsi il cibo o i farmaci e non c'è nessuno che si occupi di risolvere questa tremenda ingiustizia.» «È vero.» Cappie rimase sorpresa dalla sua reazio22


ne. Sembrava che il dottor Rydel avesse davvero a cuore quell'argomento. A quanto pareva, dunque, avevano qualcosa in comune. «Non viviamo in una società perfetta, purtroppo.» «No, infatti. È tutt'altro che perfetta.» Cappie avrebbe voluto chiedergli come mai la pensasse così. Se per caso aveva avuto delle esperienze simili a quella che stava attraversando lei, prima però che potesse fargli delle domande il telefono cominciò a squillare e due pazienti entrarono nell'ambulatorio. A uno dei due scivolò il guinzaglio e il suo boxer corse verso la sala medica. Subito Cappie lo seguì, ma fu più rapido il dottor Rydel, il quale acchiappò il guinzaglio bloccando l'animale. «Eccoti qui. A cuccia!» Magicamente il cane obbedì. Di fronte a quella scena, Cappie si mise a ridere. Rydel, però, la fulminò quindi tornò verso la sala d'attesa senza dire una parola.

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Questo mese Nei due romanzi di Penny Jordan, la magica notte di Natale sembra il momento perfetto per l'incontro con l'uomo dei sogni. Impossibile resistere al fascino ribelle dei protagonisti delle storie di Diana Palmer. Duri, a volte spietati, ma assolutamente sexy.

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