CANDACE CAMP
Il futuro di Thisbe Moreland
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Her Scandalous Pursuit HQN Books © 2020 Candace Camp Traduzione di Graziella Reggio Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises ULC. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2022 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici Special luglio 2022 Questo volume è stato stampato nel giugno 2022 da CPI Moravia Books I GRANDI ROMANZI STORICI SPECIAL ISSN 1124 - 5379 Periodico mensile n. 324S dello 06/07/2022 Direttore responsabile: Sabrina Annoni Registrazione Tribunale di Milano n. 368 del 25/06/1994 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distribuzione canale Edicole Italia: m-dis Distribuzione Media S.p.A. Via Carlo Cazzaniga, 19 - 20132 Milano HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano
Prologo Londra, gennaio 1556 Una donna correva lungo la strada stretta, tenendosi rasente ai muri, sotto gli aggetti degli edifici. Non c'era tempo. Li precedeva – grazie a Dio, uno dei monelli di Jamie le aveva passato di nascosto il messaggio – tuttavia sapeva che non erano molto indietro. Ora che aveva il mandato d'arresto, quell'uomo non avrebbe perso tempo. Nell'animo le bruciava l'odio verso colui che intendeva annientarla. Hal le ripeteva che mirava soltanto alla sua invenzione, però Hal era buono, troppo pronto a supporre che anche gli altri lo fossero. A differenza di lei, non conosceva il cuore stesso delle tenebre. Si precipitò dentro il cortile, spalancò la porta e la sbarrò dietro di sé. «Hal! Stanno arrivando.» Attraversò in fretta il proprio laboratorio ed entrò nell'abitazione della famiglia. Il fuoco ardeva basso nel piccolo focolare e una pentola pendeva dal sostegno di metallo, sopra le fiamme. Avevano previsto di mangiare prima di partire, ma ormai era troppo tardi. Salì di corsa la stretta rampa di scale, diretta al primo piano, dove si trovavano le camere da letto. Quella parte della dimora sporgeva sulla strada ed era più spaziosa di quella sotto, con una grande stanza per lei e Hal e 5
una più piccola per i bambini. Era una casa ampia e comoda, un punto d'orgoglio per lei. Se l'era cavata bene, elevandosi al di sopra delle proprie origini. Invece al momento erano costretti a fuggire dalla città al pari di ladri comuni. Hal, che stava riempiendo un sacco nella camera dei figli, scattò in piedi, lasciando sul pavimento il resto dei loro beni. Anche Guy, il primogenito, si girò all'istante, distratto dal suo compito. Il volto era pallido alla luce fioca e tremolante delle candele di giunco. «Sono già qui?» domandò Hal in tono carico di tensione. «Non ancora, ma arriveranno presto. Ci dobbiamo sbrigare.» Lui annuì, afferrò il mantello del bambino e glielo mise sulle spalle. Lei intanto andò alla culla e prese in braccio la figlia minore. Senza svegliarsi, la piccola girò la testa e si rannicchiò nel tepore della madre. «Alice» le sussurrò lei, sfiorandole i riccioli bruni con le labbra. «Mia adorata.» Trattenendo le lacrime, l'avvolse meglio nella coperta da neonata e piegò un angolo per ripararle il capo dal freddo. Quando si voltò di nuovo verso il marito, vide che aveva già indossato il mantello. Gli porse la piccola Alice, ma lui le afferrò un braccio. «Vieni con noi, amore.» «Non posso. Sai che non posso.» Le tremava la voce. «Lo devo distruggere.» Il viso di Hal, di norma amabile, si rabbuiò. «Quell'oggetto malefico. Vorrei...» «Lo so. Lo vorrei anch'io. Però ora devi portare i bambini in un luogo sicuro. E io devo annullare il male che ho creato.» Gli affidò la neonata, quindi si protese in avanti per baciarlo su ogni guancia e poi sulla bocca. 6
Lui le passò il braccio libero intorno alle spalle e la strinse a sé. «Seguimi. Prometti che mi seguirai.» «Lo farò.» Hal la baciò a sua volta, in fretta e con passione, e scese le scale. Lei s'inginocchiò di fronte a Guy e gli raddrizzò il laccio del mantello, contemplando il suo giovane volto. «Sii forte. Aiuta tuo padre.» Il figlio annuì con fermezza. «Certo. Li terrò al sicuro.» «Lo so.» Guy le somigliava fin troppo, forse; non era il tipo da guardarsi indietro o arrendersi. Sarebbe andato avanti a passo di carica. Le spuntarono le lacrime agli occhi, ma le trattenne sbattendo le ciglia e lo salutò secondo lo stesso rituale: un bacetto su ogni gota e uno sulle labbra, poi l'abbracciò per l'ultima volta. «Prenditi cura di te.» Quando si sollevò, il bimbo la guardò con serietà. «Non ti vedrò più, vero?» «Sarò sempre con te.» Guy scese di corsa le scale e lei lo seguì. La neonata giaceva nella poltrona, ancora dormiente. Il marito aveva posato il fagotto sul pavimento e spinto da parte il piccolo baule. A quel punto sollevò la botola. Dal basso giunse un soffio d'aria fredda e umida. Hal raccolse il sacco, si passò la cinghia sopra la testa e sistemò il peso sul dorso. Lei andò alla credenza e afferrò il proprio diario insieme all'athame, il pugnale rituale che vi era appoggiato sopra, riposto nel fodero. Tornò dal marito e li infilò nel sacco. «Quelli!» Hal si ritrasse. «No. Toglili. Non voglio essere coinvolto.» «È necessario. Altrimenti li prenderà lui. Custodiscili, conservali. Promettimelo.» 7
Un lampo gli balenò negli occhi e per un istante lei temette che si rifiutasse, ma poi fece un rapido gesto, come per accantonare i dubbi. «Lo prometto.» Si chinò per raccogliere la neonata. Lei accese lo stoppino della grossa candela di sego, dentro la lanterna di stagno forato, e gliela porse. Hal avvicinò il lume all'apertura buia nel pavimento. «Vieni, figlio.» Guy si girò a guardarla, e per un attimo lasciò trasparire dal proprio volto il bambino impaurito che era, ma subito dopo cominciò a scendere la scala a pioli. Hal si abbassò per passargli la lampada. Quindi si raddrizzò e la fissò in volto. Non aprì bocca, poiché il suo sguardo diceva già tutto. Lei temeva di affogare nel dolore che le sorgeva nel petto. Tuttavia annuì e riuscì a sorridere. «Che Dio ti protegga, amore mio.» E così la sua famiglia se ne andò, lasciando soltanto l'apertura vuota e nera. Per un istante lei rimase dov'era, incapace di muoversi, mentre la voce del cuore le gridava di seguirli. Ma subito represse l'impulso codardo e si affrettò a richiudere la botola. Trascinò il baule e lo rimise al suo posto. Malgrado la promessa fatta, sapeva che non li avrebbe raggiunti. Non intendeva certo condurre il nemico dritto dai suoi cari. Nessuno si sarebbe curato di dar loro la caccia; era lei che volevano. Lei e la sua creazione. Spostò in fretta la pentola dalle fiamme e si precipitò nel laboratorio. Scelse varie boccette di erbe e un piccolo contenitore di prezioso sale. Sarebbe stato meglio accendere il braciere e lavorare sul tavolo, però non c'era tempo. Doveva fare affidamento sul fuoco del camino, sperando che funzionasse. Avvicinò uno sgabello, vi salì sopra, inserì la chiave nella serratura dell'armadietto più alto e l'aprì. Tendendo un braccio, estrasse un piccolo oggetto avvolto nel velluto. Anche attraverso la stoffa, ne avvertiva il calore 8
nella mano. La pulsazione del potere. Ed era suo. L'apice del lavoro di una vita, il frutto del suo sapere e della sua abilità. E lo doveva distruggere. Tornando al caminetto, s'inginocchiò e liberò lo strumento dall'involto. Risplendeva alla luce delle fiamme, ma lei s'impedì di guardarlo. Gettò nel fuoco manciate di erbe, una dopo l'altra. Non era sicura che avrebbero avuto qualche effetto, però doveva provare. Aveva perseguito la conoscenza, tuttavia, chissà come, la strada imboccata per arrivare alla saggezza aveva deviato e l'aveva condotta verso il potere. Era stato inebriante, seducente, eppure nel cuore del potere si celava il male. Andava distrutto; lei poteva solo sperare che non fosse troppo tardi. Strinse con una mano il ciondolo che aveva al collo e ne trasse forza. Intanto, con l'altra, afferrò l'arnese infernale. Si girò quindi verso il fuoco e tese il braccio. Si sforzò di ricordare le parole latine, ma purtroppo non le vennero in mente. La mano le tremava. Fuori rombavano i tuoni. Si rese conto che la sua stessa creazione lottava contro di lei. Dall'esterno giunse un rumore di passi pesanti e un secco comando. Era la sua voce. Qualcuno bussò con forza alla porta. Lei serrò l'oggetto fra le dita, senza quasi accorgersi che le scalfiva la pelle. Il ben noto formicolio iniziò a percorrerle il braccio. Un canto da sirena le sussurrava all'orecchio che avrebbe potuto fermarli. Se avesse rivolto lo strumento verso gli aggressori, sarebbe stata salva. Avrebbe raggiunto la propria famiglia. No, invece. Non doveva cedere alla tentazione. Usarlo l'avrebbe soltanto rafforzato, rendendo più difficile rinunciarvi. Aveva giurato di smettere di servirsene. Giurato d'impedire a chiunque – a lui in particolare – di utilizzarlo. Qualcosa di molto più forte di un pugno colpì il battente. 9
Una seconda volta, poi una terza. La porta, sfondata, si spalancò. Lei scattò in piedi e ruotò su se stessa per fronteggiare gli intrusi. Gli uomini del vescovo fecero irruzione nel locale, sguainando le spade. Dietro di loro, c'era lui. L'uomo che un tempo era stato il suo mentore. L'uomo del quale si era fidata. E che l'aveva denunciata alle autorità. Sopraffatta dall'odio, senza pensarci, protese il braccio verso di loro, brandendo lo strumento che aveva creato. «Fermi!» Un soffio di vento s'insinuò dalla porta aperta e vorticò nella stanza, facendo volare le carte nel laboratorio. Un lampo illuminò la scena e i capelli le si rizzarono sulla nuca. L'aria tra lei e gli uomini crepitava di energia, scintille sprizzavano e scoppiettavano. I soldati si bloccarono all'improvviso, quasi si fossero scontrati con un muro, con le mani paralizzate sull'elsa delle spade. La paura si dipingeva sui loro volti mentre si rendevano conto di non potersi muovere, resi impotenti dalla forza sfavillante. Come lei ben sapeva, la paura si sarebbe mutata in terrore se avessero compreso fino in fondo l'entità del potere che era in grado di esercitare con la sua invenzione. Tanti mormoravano che parlava con i defunti. Affermavano che sapeva riportarli in vita. E che era in grado di allontanare la morte da un moribondo. Tuttavia non capivano che, con la stessa prontezza, la poteva infliggere a un vivente. Con un sorriso feroce, letale, cominciò a salmodiare sottovoce. Era sbagliato, avrebbe dovuto interrompersi, però non riusciva a fermarsi. Non lo voleva. In preda a un maligno piacere, sentiva l'energia fluire da se stessa verso di loro. Coglieva l'orrore sui loro volti mentre i cuori sussultavano e lo sgomento si appropriava delle membra. Aumentò l'intensità e 10
li vide impallidire, man mano che venivano abbandonati dalla vita. Infine guardò colui che era stato il suo mentore e, al presente, era il suo nemico giurato. Sul suo viso non scorse alcun timore, ma solo invidia e avidità. Agognava la sua forza, ardeva dal desiderio di brandire lo strumento. Era pronto a tutto per appropriarsene, compreso accusarla di eresia e mandarla a morte. La sua anima era ormai annerita dalla brama di potere. Proprio come sarebbe diventata quella di lei, se avesse continuato. Doveva fermarsi. Doveva liberare il mondo da quel male. Tuttavia le tenebre che aveva dentro di sé la richiamavano seducenti: se l'avesse usato, sarebbe stata libera. E avrebbe fatto tutto ciò che voleva. Con un grido, si strappò all'incantesimo e vorticò su se stessa. Lo sentì tuonare: «No!», e lo vide lanciarsi avanti, ma ormai era troppo tardi. Gettò la propria creazione nel fuoco.
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Il futuro di Thisbe Moreland CANDACE CAMP Londra, 1868 - Desmond Harrison lavora con il famigerato professor Gordon, un ex scienziato dedito allo spiritualismo. Quando questi gli affida il compito di recuperare un antico artefatto in grado di provare le sue teorie sui fantasmi, Desmond scopre che l'unico modo per impadronirsene è usare la donna che ama, Thisbe Moreland.
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Dal 14 settembre