Il guerriero di fuoco

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1001 - Il fascino del libertino - S. Bennett 1002 - Segreti pericolosi - E. Dreyer 1003 - L'amante del laird - V. Sinclair 1004 - Misteri e complotti - E. Dreyer 1005 - Il guerriero di ghiaccio - M. Willingham 1006 - Doppia identitĂ - E. Boyle 1007 - L'amante spagnola - M. Kaye 1008 - Un'ereditiera da sedurre - S. Bennett 1009 - Incontro di primavera - A. Gracie 1010 - La sposa guerriera - M. Styles 1011 - Le fantasie di una giovane inglese - B. Scott 1012 - Passione tra le dune - L. Martin 1013 - Il principe e la ladra - K. Hawkins 1014 - Equivoci d'amore - E. Boyle 1015 - Faida scozzese - T. Brisbin 1016 - Amore, scandali e merletti - C. Linden 1017 - La scoperta della baronessa - L. Carlyle 1018 - Il rapimento di Lady Rowena - C. Townend 1019 - La musa segreta - E. Redgold 1020 - Un'americana a Londra - J. MacLean 1021 - L'uomo del destino - E. Boyle 1022 - Il guerriero di fuoco - M. Willingham 1023 - La sposa dello scandalo - D. Gaston


MICHELLE WILLINGHAM

Il guerriero di fuoco


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Warrior of Fire Harlequin Historical © 2015 Michelle Willingham Traduzione di Marianna Mattei Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2016 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici giugno 2016 Questo volume è stato stampato nel maggio 2016 presso la Rotolito Lombarda - Milano I GRANDI ROMANZI STORICI ISSN 1122 - 5410 Periodico settimanale n. 1022 del 15/06/2016 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 75 dello 01/02/1992 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


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Irlanda, 1172 Carice Faoilin aveva paura di morire. Era malata da talmente tanto tempo che non sapeva piĂš cosa significasse sentirsi normale. NĂŠ ricordava cosa si provasse a svegliarsi la mattina senza dolore, passeggiare all'aperto e godersi ogni singolo giorno della vita. Invece, trascorreva le giornate confinata in camera a guardare il muro, troppo debole per muoversi. Almeno, fino a pochi giorni prima. Improvvisamente, infatti, i soldati si erano presentati a casa sua, esigendo che lei rispettasse l'accordo di fidanzamento. Le avevano imposto di partire insieme a loro per andare in moglie a Rory Ă“ Connor, Re Supremo d'Irlanda. L'Ard-Righ aveva una pessima fama e ben poche donne avrebbero accettato di sposarlo. Carice non era certo una di loro. Forse avrebbe dovuto seguirli docilmente, obbedire agli ordini come ci si aspettava da una donna, ma non era mai stata un tipo accondiscendente. Se solo suo 5


padre l'avesse lasciata libera di scegliere, non avrebbe mai acconsentito alle nozze. Non aveva nessuna intenzione di offrirsi come vittima sacrificale senza opporre resistenza. Pur di fuggire, era pronta a mettere a repentaglio la propria vita. E sapeva che il rischio di perderla era alto. Ogni passo che muoveva nel buio della foresta le risultava più faticoso, sebbene stesse usando un grosso ramo come bastone a cui sorreggersi. Non hai la forza di raggiungere un rifugio. Stanotte morirai, la ammonì una voce maligna dentro di lei. Cercò di zittirla. Da tempo viveva guardando in faccia la morte, dunque che differenza faceva? Aver paura di perire non cambiava certo le cose. Preferiva lottare fino allo stremo, vivere ogni giorno come se fosse stato l'ultimo. E, in effetti, se non avesse trovato al più presto un riparo, quel giorno rischiava di essere davvero l'ultimo che trascorreva sulla terra. A mano a mano che avanzava, l'aria si faceva più fredda, e il vento era foriero di neve. Carice si strinse nel mantello, appoggiandosi al bastone con tutto il proprio peso. Aveva i piedi mezzo congelati e le dita delle mani intorpidite. Non sapeva da quanto stesse camminando, ma pregava di trovare un luogo caldo dove dormire. Ti supplico, conducimi presto a un riparo! Le sue preghiere sembrarono trovare risposta quando, uscita dal bosco, si avventurò tra i campi aperti e, all'orizzonte, la luna illuminò la sagoma di una fortezza cinta da alte mura di pietra calcarea. Quando si fu avvicinata, Carice vide che non si trattava di una fortezza, bensì di un'abbazia. Non aveva mai fatto visita a quel luogo, sebbene distasse soltanto 6


pochi giorni di viaggio da Carrickmeath, dove Carice era nata a cresciuta. Quell'edificio era l'unica possibilità di trovare un riparo per la notte. Temo che non riuscirò ad arrivare così lontano, l'avvisò il suo corpo. Ogni muscolo le doleva, era terribilmente affamata e la distanza le appariva incolmabile. Se ti fermi morirai assiderata, le ricordò il cervello. Un modo di morire niente affatto piacevole. Doveva continuare a muoversi, soprattutto ora che era vicina alla meta. Così attraversò il campo innevato, contando ogni passo. Le gambe le tremavano per la fatica, ma si impose di continuare. Durante il tragitto si augurò che i monaci le avrebbero offerto un giaciglio e un fuoco per scaldarsi. O, perlomeno, un cantuccio dove crollare spossata. Fu la speranza di potersi presto scaldare a darle la forza di continuare, mentre dal cielo iniziavano a cadere i primi fiocchi di neve. Manca poco, si incitò. Non fermarti! Quando giunse all'abbazia, stranamente trovò il cancello aperto e ad accoglierla soltanto un corvo, che le svolazzò attorno come per esaminarla. Oltre la cancellata aleggiava un odore acre di fumo. Gli edifici periferici erano stati devastati da un incendio e ridotti in rovine; la costruzione situata al centro, invece, era rimasta in piedi, sebbene danneggiata. «C'è qualcuno?» chiamò. Non vi fu risposta, né suono. Carice attraversò il cortile, i passi che crepitavano sulla neve fresca. Giunta al cimitero, notò quattro tombe assai recenti. La neve stava ricoprendo quei monticelli di terra appena 7


smossa e lei si fece il segno della croce. Nel chiedersi cosa mai fosse accaduto in quel posto, un brivido le percorse la schiena. I monaci erano periti nell'incendio? Evidentemente l'abbazia era abbandonata. Salì le scale che conducevano al santuario. Le porte di legno erano andate arse e all'interno della cappella regnavano il freddo e il buio. Era pur sempre meglio che dormire all'aperto, ragionò tra sé. Il fuoco non doveva essere arrivato fin lì perché, avanzando, il sentore di bruciato diminuiva. A un'estremità del locale c'era un altare con un seggio ligneo, gli angoli delle pareti erano invasi dalle ragnatele. D'un tratto, un odore inconfondibile le giunse alle narici. Seppur lieve, era senza dubbio aroma di cibo, forse selvaggina arrostita. Dunque qualcuno era stato lì di recente. Sul pavimento vide degli ossi d'animale spolpati e il suo stomaco gorgogliò per la fame. Sforzandosi di scacciarla, chiamò ancora: «C'è qualcuno?». Ma di nuovo non ebbe risposta. Addentratasi in uno stretto corridoio dietro la cappella, giunse a una scala che probabilmente conduceva alle stanze private dell'abate. Poiché da basso vi erano dei resti di cibo, forse chi li aveva lasciati stava dormendo al piano superiore. La pelle di Carice si increspò per un brivido d'apprensione. Non era prudente per una donna sola avvicinare uno sconosciuto, ma in quel momento non aveva alternative. Era ormai allo stremo delle forze e doveva riposare prima di continuare il viaggio, se voleva avere una remota possibilità di sopravvivere alle fatiche che l'attendevano. Così si fece coraggio e con sommo sforzo iniziò a salire. Al sesto gradino dovette sedersi qualche istante 8


per placare il senso di vertigine. Tese l'orecchio per individuare un'eventuale presenza, ma attorno a lei regnava il silenzio. Andrà tutto bene, cercò di rassicurarsi. Se l'abate era ancora lì le avrebbe senz'altro trovato un posto dove dormire. Se invece il religioso non era più all'abbazia, Carice si sarebbe riposata nelle sue stanze fino all'alba. Attingendo alle poche forze che le rimanevano, arrancò carponi sui restanti scalini, il pavimento in pietra freddo sotto i palmi delle mani. Giunta in cima, si rimise in piedi con un ultimo sforzo. Appoggiandosi al muro, si trascinò fino alla prima stanza. Qui vide un letto con le coltri arruffate. Le tende erano aperte e nel camino vi erano delle braci ancora calde, come se qualcuno avesse acceso il fuoco di recente. Pur provando una certa paura, Carice era troppo stanca per esitare. Se lì c'era qualche malintenzionato, lei non avrebbe comunque potuto opporre resistenza. Non aveva più la forza di muoversi. Stremata, cadde sul letto e si rannicchiò sotto la coperta di lana, infinitamente grata di poter infine riposare. Poco importava se quel giaciglio era stato occupato da altri prima di lei, e se quella persona era ancora nei paraggi. L'unica cosa che contava era essere al caldo e all'asciutto. Tuttavia, mentre il sonno la reclamava, Carice avvertì una presenza nella stanza, come se ci fosse qualcuno a vegliare su di lei. La donna che dormiva nel suo letto era la creatura più bella che lui avesse mai visto. Fin da quando era entrata nell'abbazia, Raine de Garenne l'aveva spiata 9


dall'alto delle scale, restando appostato tra le ombre mentre lei esplorava il santuario. Non sapeva perché la sconosciuta fosse lì, ma era chiaramente da sola. Fragile e delicata come un fiocco di neve, appena arrivata in quella stanza era stata vinta dalla stanchezza, e ora giaceva sul letto dove aveva dormito lui. Raine era rimasto nascosto finché non era stato certo che si fosse addormentata, ma ora il locale si andava raffreddando, poiché il fuoco acceso qualche ora prima si stava spegnendo. Uscendo allo scoperto, aggiunse altro carbone per ravvivare le fiamme, il cui riverbero gli consentì di vedere meglio il viso della forestiera. I suoi lunghi capelli non erano neri come gli era inizialmente parso, bensì di un castano caldo dai riflessi dorati e rossi; le arrivavano fino alla vita, risaltando contro la pelle immacolata. Come era arrivata all'abbazia, e perché era sola? Chi mai avrebbe abbandonato una donna così? A meno che la sua scorta non fosse perita nel tentativo di difenderla. Quel pensiero non fece che riportargli alla mente le sue colpe. Anche tu avresti dovuto morire per salvare Nicole ed Elise, lo accusò la sua coscienza. Avresti dovuto dare la tua vita per la loro. A due anni di distanza, la triste sorte delle sue sorelle continuava ad angustiarlo. Unendosi ai soldati di Re Enrico aveva pensato di poter scoprire dove si trovassero e liberarle, invece era stato inviato a combattere in Irlanda, il mare ad aumentare la distanza tra loro. Avrebbe dovuto immaginare che non gli avrebbero mai permesso di restare vicino alla sua famiglia. Ma non si poteva cambiare il passato, né aveva senso soffermarsi su quei ricordi. L'unico modo di porre 10


fine alla prigionia delle due giovani era eseguire gli ordini del re. Dunque, subito dopo l'alba Raine avrebbe raggiunto il suo comandante e, se in seguito avesse portato a compimento la missione, forse avrebbe ottenuto la liberazione delle sue sorelle. Si aggrappò a quella speranza, perché era l'unica che gli restasse. Tornò a domandarsi che cosa fare con la nuova arrivata. Si sedette su una sedia vicino al camino, esaminando le possibilità che gli si presentavano, poiché evidentemente la ragazza era un'intrusa all'abbazia tanto quanto lo era lui. Appoggiò gli avambracci sulle ginocchia e la luce del fuoco illuminò una lunga cicatrice, un vistoso ricordo delle molte battaglie affrontate. Gran parte delle cicatrici e delle ustioni che aveva riportato rimanevano nascoste sotto la cotta di maglia, ma ai suoi occhi rappresentavano il prezzo pagato per sopravvivere. Rimase a fissare le fiamme, ben sapendo di non meritare di vivere. Come soldato, aveva posto fine all'esistenza di numerose persone. Avrebbe dovuto sentirsi in colpa, ma non ci riusciva, perché laddove un tempo c'era stato il suo cuore ora vi era solo uno spazio vuoto. La vita delle sue sorelle dipendeva dalla sua obbedienza agli ordini. Era condannato a essere un soldato normanno e a combattere finché non fosse riuscito a conquistare la loro libertà. O finché non fosse morto. Da tempo aveva dovuto accantonare i sogni che un tempo aveva accarezzato per il proprio futuro, ma era il giusto castigo per non essere riuscito a salvare i suoi genitori. Alcuni lo definivano un mercenario. Un assassino spietato, agli occhi degli Irlandesi. La sua anima era 11


già dannata, a detta dei preti, ma Raine non provava rimorso. Finché le sue sorelle fossero rimaste in vita, tutto il resto non contava. Si alzò e si avvicinò alla giovane addormentata, sporgendosi a toccarle una ciocca di capelli. Non erano corposi e pesanti come quelli di altre donne che aveva conosciuto, ma fragili, proprio come lei, aggrovigliati e bagnati per il viaggio. Osservandola da vicino, notò quanto fosse magra, debole e denutrita. Non aveva semplicemente saltato qualche pasto. Era prossima a morire di stenti. Aveva già visto molti uomini e donne soccombere alla fame. E, anche se non avrebbe dovuto curarsi del destino di un'estranea, si sentiva attratto da una forza misteriosa. Quella creatura aveva bisogno di qualcuno che la proteggesse, che si prendesse cura di lei. Proprio come Raine avrebbe tanto voluto che qualcuno vegliasse sulle sue sorelle. Sentendosi sempre più di malumore, andò a prendere un'altra coperta e la distese sopra la ragazza, che si mosse solo per stringersi ancora di più al calore della lana. Dieu, per quanto tempo aveva vagato? Considerò l'idea di svegliarla, ma poi decise di lasciarla riposare. Sembrava stremata dal viaggio. Le risistemò le coltri e le sfiorò ancora i capelli. Le domande che avrebbe voluto farle potevano aspettare fino all'indomani. Accese una torcia con il fuoco del camino e uscì dalla stanza, chiudendo la porta per impedire al calore di disperdersi. Scese le scale e attraversò il santuario. Sebbene quello spazio riservato al culto si fosse salvato dall'incendio, la presenza dei religiosi aleggiava ancora nell'aria. Le loro grida continuavano a persegui12


tarlo. Si incolpava della loro morte, per non essere riuscito a salvarli. Impietoso, il fuoco non aveva risparmiato nessuno e a Raine erano stati concessi solo pochi giorni per seppellire i corpi. Uscì dalla cappella e si recò nelle cucine, in cerca di una distrazione. Aveva mangiato qualche ora prima e sapeva di non essere un bravo cuoco – nell'esercito normanno ci si cibava esclusivamente di cacciagione – tuttavia i monaci avevano messo da parte degli ortaggi, prima di venire attaccati. Era sicuro di poter trovare qualche provvista per sfamare la nuova arrivata. Giunto in dispensa indugiò qualche istante, sentendosi un ladro. Ma i morti non avevano bisogno di mangiare, rammentò a se stesso. Non c'era pane, ma trovò della carne essiccata, qualche pastinaca e delle nocciole. La donna li avrebbe graditi? Comunque avrebbe dovuto accontentarsene. Raine raccolse il tutto in un fardello, ma poi si bloccò di colpo. Che diamine stava facendo? Le portava cibo e coperte come se fosse stata un'ospite illustre, quando non era altro che una sconosciuta e un'intrusa? Avrebbe dovuto svegliarla e farsi spiegare cosa ci facesse lì. Non c'era motivo di permetterle di rimanere. Prese il cibo e attraversò la cucina con foga, sbattendosi la porta alle spalle. Non conosceva affatto quella donna. Non sapeva nulla di lei, se non che era molto debole e che era bella da mozzare il fiato. Era ovvio che sarebbe morta, se lui l'avesse mandata via. E l'ultima cosa di cui Raine aveva bisogno era un'altra anima sulla coscienza. In alternativa, poteva cercare di salvarla. Tornando verso l'edificio principale rallentò il passo, imprecando a bassa voce. Se l'avesse messa alla 13


porta, l'avrebbe esposta ai pericoli che attendevano qualunque bella donna che viaggiasse da sola. Al pensiero inveì di nuovo. Non sei responsabile di ciò che le accadrà. Devi tornare dal tuo comandante e fare il tuo dovere. Lo sapeva. Ma mentre entrava nel santuario e poi saliva le scale, recando con sé l'involto di cibo, non riusciva a togliersi dalla mente il pensiero delle sue sorelle. Erano sole in Inghilterra, ostaggi del re. C'era qualcuno a proteggerle? O erano alla mercé di sconosciuti, proprio come quella fanciulla? Non le doveva niente, tuttavia non l'avrebbe abbandonata al proprio destino. Aveva terminato di seppellire i monaci, dunque, prima di tornare all'accampamento, poteva accompagnarla in un luogo sicuro. Così almeno l'avrebbe saputa fuori pericolo. Aprì la porta della stanza, dove ora l'atmosfera era calda e accogliente. Il fuoco ardeva nel camino gettando ombre tutt'attorno. Alla parete era appeso un crocifisso disadorno, la sedia era sempre vicino al focolare, e la donna ancora dormiva, il respiro profondo e regolare. Lui si mosse silenzioso per deporre le cibarie sul tavolo prima di ritrarsi nuovamente tra le ombre. Avrebbe dovuto risentirsi del fatto che lei gli avesse rubato il letto, invece era lieto di offrirle un giaciglio su cui riposare. Sarebbe stato capace di restare a guardarla dormire per tutta la notte, felice di contemplare la pace sul suo volto. La giovane si mosse e lui si tenne indietro, lontano dalla luce. Un attimo dopo lei si levò a sedere, i lunghi capelli castani che le ammantavano le spalle, gli occhi, di un azzurro limpido come un cielo estivo, che si aprivano. Il senso di disagio di Raine crebbe, perché 14


quella era davvero la donna più bella che avesse mai visto. Ciò significava che la sua assenza non sarebbe passata inosservata e che presto qualcuno sarebbe venuto a cercarla. «So che ci siete» disse lei a bassa voce. «Avete alimentato il fuoco mentre dormivo.» Parlava in irlandese e, una volta tanto, Raine fu lieto di aver imparato la lingua, nei due anni trascorsi in quella terra. Pur avendo problemi a esprimersi al di là di qualche semplice concetto, capiva perfettamente ciò che gli dicevano. Nonostante questo rimase in silenzio, non volendo spaventarla. Eppure aveva così tante domande da porle. Chi era? Cosa ci faceva lì? Dopo poco la ragazza tornò a interpellarlo. «Volete farmi del male?» La sua voce non denotava paura, ma solo stanchezza, come se ormai non avesse più importanza. «No» le rispose. «Siete al sicuro.» Non aggiunse altro, lasciandola giungere alle proprie conclusioni, anche se il luccichio della sua armatura dichiarava apertamente che non era un monaco. «Siete un soldato normanno» indovinò lei, scrutandolo nella penombra. «Oui.» Non c'era motivo di negarlo, soprattutto poiché frattanto lo sguardo di lei era caduto sull'elmo conico deposto in un angolo. A quel punto la giovane lo sorprese passando a parlargli nella sua lingua. «Volete venire alla luce e permettermi di guardarvi?» Raine non voleva farsi vedere in viso. Preferiva che lei lo immaginasse come uno dei tanti soldati senza nome e senza volto, uomini facili da dimenticare. Non 15


desiderava essere ricordato, ma restare avvolto nel mistero. Era l'unico modo per proteggere la sua identità e la missione che gli era stata affidata. «Rimarrò qui» si impuntò, usando ora la propria lingua. «Dormite tranquilla e io veglierò su di voi per tutta la notte.» A quelle parole la vide irrigidirsi. «E cosa volete in cambio?» A dire il vero Raine non si aspettava nulla, tuttavia rispose: «Sapere il vostro nome». A quell'innocua richiesta, resasi conto di non correre rischi, la giovane parve rilassarsi. «Mi chiamo Carice Faoilin e vengo da Carrickmeath. E voi chi siete?» «Raine de Garenne.» Quel nome non avrebbe avuto alcun significato per lei, ne era certo. Dopo essersi risistemata le coltri, la ragazza gli domandò: «Siete qui da solo?». «Sì.» Almeno per il momento. Probabilmente presto sarebbero arrivati altri monaci a valutare l'entità dei danni, una volta saputo dell''incendio. Ma a quel punto lui sarebbe stato già lontano. «Come mai? Dove sono i vostri compagni d'armi?» «Li raggiungerò domani mattina. Mi sono trattenuto qui solo per poco.» Ma non intendeva rivelargliene il motivo, così cambiò discorso. «Vi ho portato del cibo e qualcosa da bere, se volete. Adieu.» Tenendo sollevato il cappuccio in modo da celare il viso, uscì dalla stanza per evitare altre domande. Il mattino dopo Carice si svegliò in un letto sconosciuto. Le lenzuola erano intrise dell'odore assai poco familiare di un corpo maschile. Sapeva di aver occupato quel letto da sola, eppure in un certo senso era come 16


aver dormito abbracciata a qualcuno. I ricordi iniziarono a riaffiorare, rammentandole dove si trovava e dandole la bizzarra impressione che tra lei e l'abituale occupante di quel letto si fosse creata una sorta d'intimità. Fedele alla parola data, Raine de Garenne non le aveva torto un capello e Carice aveva dormito profondamente, meglio di quanto non le capitasse da anni, il che era davvero strano. Con cautela si levò a sedere, stringendosi le coperte al petto e aspettandosi di provare il malessere che da tempo accompagnava i suoi risvegli. Invece, scoprì che la notte di riposo le aveva restituito le forze. Posò i piedi a terra e vide il pasto che l'aspettava sul tavolo e una bacinella piena d'acqua sul pavimento vicino al camino. Incuriosita, scese dal letto e camminò lentamente verso la sedia, anch'essa sistemata davanti al focolare. Vi si sedette e si allungò per prendere la bacinella. Dalla superficie dell'acqua si levava un piacevole tepore e Carice capì che il normanno l'aveva riscaldata appositamente per lei. Quel pensiero la lasciò interdetta. Come aveva fatto a sapere quando si sarebbe svegliata? Senza rifletterci troppo, si tolse le calze e tuffò i piedi intirizziti nell'acqua calda. Fu una sensazione molto gradevole, che la fece sorridere. Si rilassò, lasciandosi avvolgere dal tepore. Non sapeva nulla di Raine de Garenne, se non che lui aveva saputo anticipare i suoi bisogni e soddisfarli. Il cibo era parco: un poco di carne essiccata, delle nocciole e della pastinaca cruda. Ma era certa che fosse il meglio che l'uomo aveva da offrirle e lo accettò con gratitudine. Mangiò la carne e le nocciole, restando 17


piacevolmente sorpresa quando il suo stomaco non reagì con i consueti spasmi. A Carrickmeath, era stata incessantemente tormentata da nausea e mal di stomaco, ma da quando se ne era andata i suoi dolori si erano attenuati. Ciò l'aveva spinta a chiedersi se, a casa di suo padre, qualcuno non avesse tentato di avvelenarla. Se così fosse stato, non riusciva proprio a immaginarsene il motivo. Non deteneva alcun potere all'interno della tribù, chi mai avrebbe avuto interesse a nuocerle? Certo, era fidanzata con il Re Supremo, ma dubitava che la sua morte avrebbe arrecato vantaggio a chicchessia. Eppure era innegabile che, dalla sua partenza, si era sentita ogni giorno meglio. Per lo meno ora quando mangiava non le sembrava di avere un coltello infilato nello stomaco. Forse era semplicemente il fatto di stare assaporando la libertà a renderle più tollerabile il cibo. Era sul punto di assaggiare la pastinaca quando la porta si aprì. La luce del giorno le permise di guardare meglio Raine, sebbene lui portasse ancora il cappuccio sollevato per nascondere il viso. Era un uomo alto, con le spalle ampie di un lottatore. Portava un'armatura di maglia metallica e un corsaletto di cuoio, dalla vita gli pendeva la spada, riposta nel fodero. Sottobraccio recava l'elmo di forma conica. Perché continuava a celarle il volto? Carice era sempre più incuriosita da quell'uomo così misterioso. «Grazie per l'acqua calda, e per il cibo» gli disse, rivolgendosi a lui nella lingua normanna. «Scusate, avrei dovuto lasciarvene. Purtroppo è rimasta solo una pastinaca...» Gli mostrò il piccolo ortaggio bianco, ma lui scosse il capo, rifiutando l'offerta. «Era tutto per voi. Io ho già mangiato» la informò, 18


dopodiché incrociò le braccia sul petto e la fissò. Quello sguardo la mise a disagio, così gli domandò: «Perché non vi sedete?». E non abbassate quel cappuccio per permettermi di vedervi in faccia?, avrebbe voluto aggiungere. Era ovvio che lui non volesse rivelare la propria identità, ma Carice non riusciva a immaginarne il motivo. «Dove sono le vostre guardie?» le chiese lui. «Chi vi stava scortando nel vostro viaggio?» Lei tolse i piedi dall'acqua, asciugandoseli con l'orlo della veste prima di rimettersi calze e scarpe. «Nessuno. Stavo fuggendo.» «Da chi?» Carice gli rivolse un mezzo sorriso. «Mio padre stava per darmi in moglie. Sono fidanzata con il Re Supremo d'Irlanda.» Poi aggiunse: «Suppongo che ora vorrete consegnarmi a lui per ottenere una ricompensa. Vi pagherebbero bene, per riavermi». In molti ne avrebbero approfittato, senza esitare a scambiarla con dell'oro o dell'argento. Tuttavia, lei sperava che il normanno si rivelasse diverso dai più e decidesse di risparmiarla. Lui indugiò qualche istante prima di portare la mano all'elsa della spada. «È assai più probabile che vostro padre mi uccida, pensando che sia stato io a rapirvi.» Quell'osservazione denotava la sua intelligenza. «È possibile» ammise Carice, prima di rassettarsi la gonna e alzarsi. «Se invece mi aiuterete a sparire, in modo che non possano più trovarmi, sarò io a ricompensarvi generosamente.» Quando gli si avvicinò, lui non si mosse. Avanzò allora di un altro passo. «Pensateci sopra» gli sussurrò, tendendo le mani per abbassargli il cappuccio. 19


Le mani di lui scattarono implacabili, afferrandole i polsi e costringendola a riabbassare le braccia. La sua presa era salda, quasi dolorosa. «Mi attendono doveri più impellenti, chérie.» Carice si scostò, sorpresa da quel rifiuto. «Non ne dubito. Vi stavo solo chiedendo di aiutarmi.» Cercò di arretrare, ma lui continuava a stringerle i polsi, come se avesse avuto altro da aggiungere. Il suo silenzio, però, confermava che non aveva intenzione di supportarla nella fuga. Innervosita, Carice si mise a parlare fin troppo concitatamente. «Trahern MacEgan sarebbe dovuto venire in mio soccorso, ieri notte, ma non si è visto. Non avevo altra scelta se non scappare da sola, finché eravamo ancora distanti da Tara.» Di nuovo, lui non parlò. Lentamente, i suoi pollici accarezzarono il punto in cui il sangue scorreva sottopelle, scaldandola con quel tocco. Perché non la lasciava andare? Carice rimase immobile, mentre quelle carezze suscitavano in lei un'ondata di desiderio. Quando poi lui intrecciò le dita alle sue, il cuore prese a batterle forte. Nessun uomo l'aveva mai toccata così. Nella sua mente vide quelle mani posarsi sul suo corpo nudo. Si accorse che le braccia di Raine erano segnate da cicatrici, ricordo di ferite riportate in battaglia. Forse anche il suo viso era sfregiato, e per questo non voleva mostrarsi. «Non so se qualcuno verrà a cercarmi» ammise, dopo aver tratto un respiro profondo per recuperare il controllo. «So chi sono i MacEgan» rispose infine lui. «Cercherò Trahern e, se è nelle vicinanze, lo porterò qui. Ma poi dovrete andarvene al più presto.» 20


Le lasciò andare le mani, tuttavia il suo calore continuò ad aleggiarle sulla pelle. Con il cuore che non accennava a calmarsi, Carice gli girò le spalle. «E se non riusciste a trovarlo? Dovrò andarmene da sola?» «Il mio dovere è altrove. Non posso accompagnarvi.» Ebbe la netta impressione che vi fosse un'altra ragione per cui si mostrava riluttante ad aiutarla. «A quale dovere vi riferite? Qui non ci sono altri soldati. Siete solo.» «Per ora» replicò lui. «Ma sono ai comandi di Re Enrico.» Nel suo tono vi era una nota cupa. «Sua Grazia mi ha dato degli ordini a cui devo obbedire.» In un'abbazia diroccata? Anche se quell'uomo non aveva motivo di mentirle, la sua spiegazione era insensata. Il pensiero di Carice corse alle tombe appena scavate che aveva visto la sera prima. Gli avevano forse ordinato di bruciare l'abbazia e uccidere i monaci? Era quella la sua missione? Deglutì forte, rifiutandosi di crederlo. «Come può un re interessarsi a questo luogo?» Vedendolo irrigidirsi, Carice mosse un passo indietro. «Voi non conoscete gli ordini di Re Enrico, chérie. E non conoscete me.» Stava cercando di spaventarla, quello era certo. E forse era davvero un guerriero spietato, la cui lealtà era consacrata unicamente al re. Eppure, le aveva portato del cibo e dell'acqua calda: quelle non erano le azioni di un uomo crudele. Carice aveva la sensazione che fosse lì per tutt'altro scopo. «Avete ragione» assentì. «Tuttavia siete stato gentile con me, e ve ne sono grata.» Indicò il punto vicino 21


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Scandali, inganni e verità CAROLINE LINDEN INGHILTERRA, 1822 - Abigail Weston è bella, brillante e ricca. Certo non immagina di innamorarsi dell'uomo sbagliato, Sebastian Vane. Ferito nel corpo e nello spirito dalla guerra, infatti... Dall'1 luglio


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Inghilterra, 1822-1826 Lady di tutto rispetto o figlia di un pirata alla ricerca di un tesoro prezioso? Chi è veramente l’esotica Emerald Sanford? Il Duca di Carisbrook è disposto a tutto pur di scoprire di più sulla donna che gli ha rubato il cuore… a costo di far emergere i suoi pericolosi segreti.

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JESSICA TOM � MEG DONOHUE! IL DIAVOLO VESTE PRADA IN VERSIONE GOURMET: IL BESTSELLER È SERVITO. Un’irresistibile storia d’amore tra portate sontuose e perfidi inganni... Non credete a tutto quello che mangiate. Dal 23 giugno in libreria

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