Il marinaio delle Orcadi

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ADA HAWTHORNE

Il marinaio delle Orcadi


Immagine di sfondo di copertina: ratpack223/iStock/Getty Images Plus/Getty Images Titolo originale: Il marinaio delle Orcadi © 2021 Ada Hawthorne Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2021 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici novembre 2021 Questo volume è stato stampato nell'ottobre 2021 da CPI Black Print, Spagna, utilizzando elettricità rinnovabile al 100% I GRANDI ROMANZI STORICI ISSN 1122 - 5410 Periodico settimanale n. 1283 del 24/11/2021 Direttore responsabile: Sabrina Annoni Registrazione Tribunale di Milano n. 75 dello 01/02/1992 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distribuzione canale Edicole Italia: m-dis Distribuzione Media S.p.A. Via Carlo Cazzaniga, 19 - 20132 Milano HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


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Londra, 1886 Flora Farley ormai era abituata alle scene bizzarre che si verificavano a casa Prescott poco prima di una soirée, per questo si era ritirata nella biblioteca di famiglia e aveva preso un libro, in attesa che la calamità si placasse. La calamità era Ariadne Prescott, sua sorella. La biblioteca era una deliziosa stanzetta rivestita fino al soffitto di legno e libri dai dorsi intarsiati. Era riscaldata da un piccolo camino di pietra bianca, nel quale le braci erano sempre calde e diffondevano nell'aria un gradevole aroma di legna bruciata. Le sue panche ricoperte di morbido velluto offrivano rifugio nelle lunghe mattine invernali, o nelle fresche notti estive come quella. Flora sedeva perfettamente composta anche quando era sola nella stanza. Non lo faceva con intenzione o, quanto meno, questo si ripeteva quando si scopriva intorpidita dopo ore di lettura. Preferiva pensare che fosse tutto frutto della tardiva ma rigida edu5


cazione che le aveva impartito Catherine, anziché ammettere la verità, ossia di essere terrorizzata all'idea che qualcuno, specialmente la servitù della famiglia Prescott, aprisse la porta all'improvviso e la vedesse seduta in maniera scomposta. I coniugi e i figli erano sempre stati accoglienti e calorosi con lei, facendola sentire parte della famiglia, anche se non lo era, ma alcuni domestici non sopportavano l'idea di servire una loro pari. «Ariadne, per l'amor del cielo, arriverai a spettacolo concluso!» gridò Lady Prescott dal piano di sopra. «Madre, non comprendo quale sia il problema, dal momento che il capolavoro della serata sarà il mio vestito» rispose Ariadne. Flora trattenne un sorriso dietro le pagine di Grandi Speranze. La casa aveva muri alquanto sottili, ma anche se fossero stati più spessi, comunque non ci sarebbero stati segreti nella famiglia Prescott. Lord e Lady Prescott erano visconti di antica discendenza scozzese, ma da un paio di generazioni avevano scelto Londra come residenza stabile. Il sangue nordico scorreva con straordinario vigore specialmente nelle donne. Sia Lady Prescott sia la sua unica figlia, Miss Ariadne, possedevano chiome fulve e vaporose, e una pelle d'avorio tempestata di efelidi. Qualcuno considerava quei graziosi puntini bruni poco eleganti; Flora, al contrario, li adorava e anzi provava una punta di invidia ogni volta che osservava il volto della sua amata sorella. Naturalmente non gliene aveva mai fatto parola: l'ultima cosa che desiderava era dare l'impressione di non essere abbastanza grata per tutto ciò che aveva ricevuto. I 6


Prescott erano stati così generosi e premurosi nei suoi confronti che era certa che, se avesse dimostrato interesse per un qualche particolare del loro aspetto come le efelidi, avrebbero fatto qualunque cosa nel tentativo di farle spuntare anche sulle sue guance. Ovviamente Flora era consapevole che si trattasse di un caso assurdo e irrealizzabile, almeno quanto lo era l'eventualità che qualcuno potesse trovare il suo viso interessante, ancorché ingentilito dalle efelidi più graziose di Scozia. Lei, infatti, non attirava mai alcuno sguardo, durante le passeggiate che faceva in città in compagnia di Ariadne. Ogni gentiluomo che incrociavano chinava il capo rivolto alla sorellastra, che amava rispondere con radiosi sorrisi, definiti da Catherine sconvenienti. Tanto erano spontanei i Prescott, quanto la loro servitù era arcigna e sgradevole, specialmente con Flora, che però, in qualche misura, la comprendeva. Lei non era altro che la figlia di un semplice medico di campagna, una di loro, ma Lord Prescott aveva ordinato a tutti di trattarla come un membro della famiglia e di non farle mancare nulla. Questo aveva messo a disagio i servitori, che avevano obbedito comunque. E così erano passati sedici anni felici. «E va bene, indossa pure il vestito che desideri!» esclamò esasperata Lady Prescott. «Ora però uscite.» Flora capì che era il momento di abbandonare i suoi pensieri e la sua lettura per uscire dal tiepido rifugio della biblioteca. Ripose il libro al suo posto nell'ordinata libreria e si lisciò l'abito con il palmo della mano. Avrebbe voluto essere impeccabile, ma sapeva di poter ambire ad apparire semplicemente 7


decorosa, poiché questo le consentiva il suo aspetto del tutto ordinario. Eliza, la cameriera personale di Ariadne, le aveva intrecciato le ciocche corvine lungo le tempie, fissandole dietro la nuca con un delizioso fermaglio argentato a forma di farfalla. Era un'acconciatura così aggraziata che il prezioso insetto pareva essersi posato sulla lunga chioma della giovane dopo un lungo volo, attratto dalla sfumatura azzurra del suo abito. Flora aveva letto che, di tanto in tanto, le farfalle si fermavano sugli esseri umani, scambiandoli per fiori. L'idea che uno di quei graziosi insetti la potesse scegliere la gratificava più di tutti gli sguardi che i gentiluomini rivolgevano ad Ariadne, poiché certamente le farfalle non desideravano nulla in cambio delle loro attenzioni. Trovava però che il vestito che la sorella aveva scelto per lei fosse fatto per attirare mosconi, più che farfalle. Era leggero come un paio di ali e allo stesso modo le si chiudeva sul petto, lasciando intravedere un triangolo di pelle che scendeva fin sotto le clavicole. Un ricamo floreale le si arrampicava tutt'attorno al collo e le circondava la vita, dove il bustino si restringeva e la gonna si gonfiava in una curva tonda e voluminosa. Flora si lisciò la stoffa e uscì dalla stanza. «Eccoti qui!» esclamò Ariadne, tendendole la mano in un invito ad afferrarla e a procedere verso l'ingresso. Flora la osservò: la pelle era quanto di più simile al petalo di un fiore lei avesse mai toccato, soffice e fresca, deliziosamente curata, ma le sue dita sottili e dall'aspetto delicato, in realtà, erano forti e robuste dopo anni di pratica al pianoforte, strumento che A8


riadne padroneggiava divinamente. E una certa armonia le aleggiava intorno anche quando non suonava. Seppure fosse di bassa statura, attirava sempre lo sguardo di chiunque le si trovasse vicino, catturato dagli occhi luminosi e acuti e dalla sua folta chioma, che aveva il colore e il profumo della polpa delle arance. Amava passare il tempo insieme a Flora, facendo acquisti nelle sartorie più esclusive di Londra, da cui non rientravano mai senza una boccetta di essenza di agrumi per Ariadne e una d'ambra per Flora. Flora stessa, negli ultimi anni, si era appassionata all'arte di produrre profumi e talvolta provava a replicare quelli acquistati o a inventarne di nuovi. «Dunque hai vinto la tua battaglia, Aria» commentò Flora, sorridendo alla sorella e rivelando la sottile fessura che le separava gli incisivi. Quindi si soffermò a contemplarne l'abito, il cui taglio era decisamente moderno, simile a quelli prescritti dal Movimento per la riforma. Le spalle, sfrontatamente larghe e voluminose, distoglievano l'attenzione dal punto vita, del tutto assente. Dove normalmente il bustino di stecche avrebbe dovuto stringerla come una morsa, la stoffa ricadeva seguendo le curve floride della giovane Prescott. Tutto come declamato dalle attiviste del nuovo movimento di emancipazione femminile, che insieme al suffragio universale e alla lotta per l'educazione delle bambine si battevano perché i vestiti servissero a far stare le donne comode e al caldo, non a compiacere gli uomini. Insieme alla sorella e ai genitori adottivi, Flora uscì dall'ingresso principale della grande casa di 9


Southwark e inspirò l'aria della notte londinese, fresca e vivace. Da anni ormai trascorreva le estati nella capitale. Si trattava solo di poche settimane, in cui poteva godere di quel clima perfetto. Il resto dei mesi tutta la famiglia risiedeva nella dimora principale dei Prescott, che si trovava nel Northamptonshire, una terra di prati verdi e deliziosi boschetti, che tuttavia offrivano ben pochi svaghi oltre a quelli di ritrarre le volpi selvatiche di prima mattina o passeggiare lungo gli stretti canali che solcavano i campi. «Buonasera, fratello» disse Flora, sorridendo al giovane che le attendeva accanto alla carrozza. «Flora, sono lieto di vedere che le scioccherie di mia sorella non ti hanno contagiata e che almeno il tuo vestito non desterà chiacchiere» dichiarò in risposta l'erede Prescott, porgendole la mano per aiutarla a salire sul predellino. Quindi, quando fu in cima, le sistemò il corto strascico del suo abito all'interno dell'abitacolo. «Proprio tu che sostieni con tanto fervore le nuove riforme e il progresso hai da ridire sul mio abbigliamento?» si lamentò Ariadne alle sue spalle, fingendo di accettare con malagrazia la mano che le porgeva. Flora sapeva bene che, almeno davanti ai suoi genitori, Edmund doveva fingere di sostenere la loro visione del mondo. E i Visconti Prescott non vedevano di buon occhio le attività serali che si svolgevano a Londra, fatta eccezione per quelle organizzate nei saloni del ton. «Se solo tu decidessi di prendere marito, mia adorata sorella, non mi azzarderei più a commentare un singolo bottone del tuo guardaroba» ribatté Edmund, 10


sistemandosi sul sedile di fronte alle due sorelle. «Fintanto che sarai sotto la mia protezione, temo che dovrai accettare di buon grado i miei commenti.» Ariadne sospirò, sollevando le immense maniche a sbuffo del suo abito. Flora si fece più vicina al finestrino e puntò lo sguardo sulla città, mentre la carrozza partiva lungo la strada ciottolata, lasciando i Visconti Prescott a salutarli sul marciapiede. «Ricordati che se non ti sposerai, anche Flora rimarrà zitella per tutta la vita» la ammonì Edmund. «Dunque vivremo per sempre con te» ribatté Ariadne, con una delle sue risate. Erano così forti da sovrastare il nitrito dei cavalli e, a detta di molte giovani invidiose della sua bellezza, alquanto sgraziate. Flora invece era convinta che la spontaneità di sua sorella la rendesse unica. «Cosa ne dici, Flora?» le chiese Ariadne per coinvolgerla nella discussione con Edmund. «Mi pare una prospettiva allettante» le rispose nascondendo un sorrisetto divertito. Voleva infinitamente bene ai suoi due fratelli, e non le sarebbe affatto dispiaciuto rimanere a vivere per sempre con loro nella grande casa di Londra, tra i concerti al pianoforte di Ariadne e le riunioni politiche di Edmund, che lei e la sorella erano solite spiare dalla serratura del suo studio. «Allora pregate che il viaggio in Scozia che intraprenderò la settimana prossima sia fruttuoso» disse Edmund con un sospiro. «Ti sarà sufficiente non addentrarti in discorsi politici con... be', con chiunque sia questo nostro lontano parente» replicò Ariadne, agitando il ventaglio con noncuranza. 11


«Lord Armstrong» precisò Edmund. «È il discendente di un nobile clan delle Highlands, e dubito che conosca il funzionamento del nostro parlamento. Ma non ha molta importanza in fin dei conti, perché tutto ciò che mi preme è ristabilire l'antico trattato commerciale tra le nostre famiglie.» Ariadne finse uno sbadiglio per sottolineare quanto poco le importasse delle questioni economiche della famiglia. Intanto, la carrozza si addentrava lentamente nelle strade affollate di persone, che, come un mare, si erano riversate fuori e si muovevano nella notte in cerca di qualsiasi tipo di svago. Fortunatamente l'area in cui viveva la famiglia Prescott era molto rispettabile e le attività che si svolgevano nei pressi erano altrettanto decorose. «Dunque questa sera all'Imperial Theatre ci saranno anche i giovani che ospiti nel tuo studio a dibattere le grandi questioni del mondo, fumando sigari?» domandò Ariadne, agitando con vigore il voluminoso ventaglio di piume bianche. «Se anche ci fossero, come ti ho già detto, non ti è permesso parlare con loro. Sono uomini perbene, ma nessuno di loro ha un titolo» disse Edmund in tono perentorio. Avevano già avuto quella conversazione decine di volte e Edmund sperava sempre che fosse l'ultima. Flora sospettava che Ariadne nominasse gli amici del fratello unicamente per farlo indispettire, e se questo era l'intento le riusciva di certo bene, perché lui incrociò le braccia e puntò ostinatamente lo sguardo fuori dalla carrozza. Il profilo è certamente il suo lato migliore, pensò Flora. Era bello, fuor di ogni dubbio, da qualsiasi 12


angolo lo si guardasse, ma quando la sua mascella glabra si tendeva disegnando una linea perpendicolare al collo robusto, il suo volto pareva scolpito nel marmo dalla mano di un antico scultore. A completare l'opera, i suoi capelli, che parevano aver ricevuto il tocco ramato del pennello di un pittore, catturavano ogni luce nelle vicinanze, incluse quelle del ponte che stavano attraversando. «Sono certa che il Merlo sarà lì» bisbigliò Ariadne alla sorella. Quando voleva essere discreta, la sua voce si abbassava tanto da diventare un sussurro, ma Flora era ormai abituata a coglierne anche i suoni più flebili. Era così che avevano intrattenuto intere conversazioni durante certi noiosi pranzi di famiglia. Ariadne sussurrava commenti ironici sui commensali e Flora rideva educatamente dietro il tovagliolo. «Credi sia interessato a Shakespeare?» domandò Flora avvicinandosi alla sorella, senza la sua stessa discrezione, dato che poteva godere della fiducia di Edmund, che non l'avrebbe mai sospettata di dare corda alle fantasticherie di Ariadne. Nessuno avrebbe mai immaginato che la dolce Flora potesse dare adito a chiacchiere sconvenienti, dal momento che di rado si avventurava in discorsi in pubblico con altre persone, specialmente se questi riguardavano argomenti spinosi, ma con Ariadne era diverso. E poi doveva riconoscere che il Merlo era affascinante. «Credo che sia interessato a me.» Ariadne sorrise maliziosa, sollevando il ventaglio tra sé e il fratello per fare l'occhiolino a Flora. «Credete che vedremo dei cetacei questa sera?» chiese Flora, cambiando rapidamente discorso. 13


«Da te non mi aspettavo una sciocchezza del genere, Flora» ribatté Edmund, insieme sorpreso e divertito, scuotendosi dalla sua immobilità per sistemarsi la pochette verde nel taschino della sua elegante marsina a doppiopetto. «Ma potrai verificarlo di persona, siamo quasi arrivati.» Flora piegò il capo e osservò il profilo dell'Imperial Theatre comparire alla luce dei lampioni a gas. Era una struttura imponente, più simile alla facciata di una cattedrale che a quella di un teatro, se non fosse stato per l'originale arco di vetro che sovrastava l'ingresso e le due torrette che si aprivano ai lati, sormontate da eleganti logge. La ragione della sua architettura inusuale era la funzione per cui era stata costruita la struttura: ospitare l'acquario cittadino. Flora avrebbe desiderato poter tornare indietro nel tempo quando l'acquario era ancora in funzione. Era risultato impossibile mantenere le grandi vasche contenenti acqua salata, così lontane dal mare, e gli animali lentamente erano morti. In seguito, l'edificio aveva ospitato una serie di fenomenali attrazioni che avevano sconvolto il pubblico londinese, come il Grande Farini, l'incredibile funambolo che si prendeva gioco della gravità, o la leggendaria Zazel, la donna cannone. Ma tutto questo apparteneva a un lontano passato e Flora si era ripromessa di accantonare i rimpianti e godere invece di quanto il presente le offriva. E quella sera stava per assistere a una meravigliosa rappresentazione teatrale. La carrozza si fermò davanti ai gradini che conducevano all'ingresso. Edmund uscì per primo, lanciando dietro di sé le code della marsina e tendendo poi la mano alle sorelle per aiutarle a scendere. 14


Un mormorio diffuso accolse l'apparizione di Ariadne sul piazzale di Westminster. Flora lo interpretò come una critica, nemmeno tanto velata, al suo abbigliamento, ma la sorella non parve risentirsi e anzi, per tutta risposta, si esibì in una piroetta, che attirò la luce delle lanterne catturandola nelle pieghe del suo scandaloso vestito. Flora la seguì, come sempre. Il suo rimanere in secondo piano non solo non la turbava, ma al contrario la rassicurava. In verità, detestava trovarsi al centro dell'attenzione, avere tutti gli sguardi puntati addosso la faceva sentire braccata, giudicata, le guance le avvampavano e lei perdeva stabilità, come se potesse scivolare a ogni passo. Dall'ombra di Ariadne invece poteva godersi lo spettacolo dell'Imperial Theatre in tutta tranquillità. Prese il braccio che Edmund le offriva, mentre Ariadne faceva lo stesso dall'altro lato, e si diressero verso l'entrata accompagnati da sguardi curiosi e commenti sussurrati. I Prescott, infatti, erano una famiglia molto in vista, che, per ben due volte, aveva fatto qualcosa che nessun'altra famiglia nobile si era sognata di fare: si erano mischiati con la gente comune. La prima volta, quando avevano accolto in casa l'orfanella del loro medico; la seconda risaliva a un paio di generazioni prima, quando il bisnonno di Edmund e Ariadne aveva sposato una giovane non blasonata. E forse era proprio questa vicenda a dare speranza alle giovani comuni di poter conquistare uno degli scapoli più ambiti di tutto il ton: Edmund Prescott. Quando fecero il loro ingresso nell'atrio del teatro, infatti, uno stormo di madri affiancate dalle loro figlie si fece largo tra la folla per trovare il punto mi15


gliore in cui farsi ammirare. Flora pensò che non ci fosse motivo di accalcarsi tanto: l'atrio era immenso, e avrebbe potuto contenere tutte le pretendenti di Edmund dell'intera Londra. Poi spostò lo sguardo sulla struttura. Ogni volta ne rimaneva incantata. Era una galleria di ottone e vetro alta fino al firmamento, dove di tanto in tanto, quando le luci all'interno venivano abbassate per annunciare l'inizio dell'opera, qualche stella pareva scivolare dentro, tanto intenso era il suo scintillio. Mentre il pubblico sciamava all'interno, il teatro era illuminato a giorno, un'oasi di alte piante verdeggianti e aiuole di fiori, vestigia del periodo in cui la struttura era una sorta di porta che dava accesso a luoghi lontani. I tre Prescott procedettero lungo il tappeto che conduceva al fondo della galleria, dove era stato sistemato il palco, ma prima che potessero arrivarvi, Ariadne sciolse l'intreccio di gomiti e prese Flora per mano. «Dobbiamo andare a specchiarci» disse, come se si trattasse di una questione di vita o di morte. «Bene» sospirò Edmund che non aveva alcun desiderio di litigare con la sorella. Perciò si limitò a un unico monito e disse: «Lo spettacolo avrà inizio a breve. Cercate di raggiungere i nostri posti per allora». D'altronde, una volta entrati nel grande teatro, si poteva essere certi d'imbattersi solo in gentiluomini e dame, e ciò era assicurato dall'ottima sorveglianza. Ariadne, dunque, non avrebbe potuto combinare grossi guai. Le due sorelle si allontanarono, deviando verso il lato della galleria dove la vegetazione s'infoltiva na16


scondendo le vasche ormai vuote dell'acquario. «Dovrebbero riempirle di nuovo» protestò Ariadne affacciandosi sull'orlo di una di esse e misurandone la lunghezza con le braccia. «Potrebbero contenere un delfino» aggiunse. «Dubito avrebbe molto spazio per muoversi» osservò Flora affacciandosi nella conca vuota. «Ma sono certa che accorrerebbero così tanti visitatori ad ammirarlo che l'acquario potrebbe usare i soldi dei biglietti per far costruire una vasca tre volte più grande, o addirittura quattro volte più grande...» fantasticò esibendosi in una piroetta. «Vado a controllare di essere sempre la più affascinante della sala» aggiunse poi, indicando una delle nicchie nella parete che ospitavano degli specchi tanto grandi che Flora pensò ci si sarebbe potuto specchiare anche il delfino che Ariadne desiderava quella settimana, e la creatura marina che avrebbe preferito nella prossima. Sospirò e accarezzò il bordo della vasca. Era levigato, ma il suo polpastrello percepì i granuli di sale che si erano fusi all'ottone, poi lei fece qualcosa di molto avventato, per cui fu sollevata che non ci fosse nessuno nelle vicinanze, a parte Ariadne, troppo concentrata sul suo riflesso per prestarle attenzione. Si portò il dito alle labbra e lo infilò in bocca, fino a sentire il sapore pungente della salsedine. Era esattamente ciò che si aspettava, eppure per qualche ragione la colse ugualmente di sorpresa. Quel sapore non apparteneva a quella sala, né a quella città. Quelle vie erano fatte di essenze in boccette di vetro decorato, di fumanti arrosti serviti in pranzi dalla durata infinita, dell'odore della pietra che prendeva vita 17


sotto le frequenti piogge e della fuliggine dei camini che si disperdeva nell'aria. Ma non di mare. Il mare non apparteneva a Londra, così come lei non si sentiva parte di quel mondo, in cui le era concesso di camminare solo in punta di piedi. Sono anch'io un pesce in una vasca, pensò sospirando, ma senza rattristarsi più di tanto. In fondo, nella sua vasca qualcuno lanciava ogni giorno manciate di buon cibo e le concedevano un rifugio sicuro e sontuoso dove trascorrere il tempo, e lei sapeva bene quanti pesci morti ci fossero là fuori. Questo le bastava per dimostrare tutta la riconoscenza di cui era capace. «Ma come vi permettete?» Flora, riconoscendo la voce di Ariadne, si voltò di scatto, preoccupata. Ariadne era accanto allo specchio, ma non era più sola. Un giovane alto e slanciato le sorrideva con un ghigno compiaciuto dall'imbarazzo che le aveva arrossato le guance, mettendo in risalto le efelidi. Era vestito di nero, e le mani affusolate e il viso affilato alle luci dell'acquario mostravano una sfumatura olivastra che Flora aveva visto solo un'altra volta, tra il denso fumo del salotto di Edmund. Era il Merlo. Flora non conosceva il suo vero nome, ma sapeva che era il figlio illegittimo che un colonnello dell'esercito britannico aveva avuto da una donna incontrata in India. Non era certa da dove avesse avuto origine il suo soprannome, ma supponeva che fosse legato alla sua provenienza e al fatto che non vestiva di altro colore al di fuori del nero. «Perdonatemi, ho frainteso» si scusò chinando il 18


capo dai folti riccioli neri, per poi allontanarsi verso il palco. Flora raggiunse Ariadne, prendendola per mano e squadrandola da capo a piedi. Non sembrava avere un filo fuori posto. «Va tutto bene?» le domandò con voce preoccupata. «L'audacia di quel Merlo!» esclamò la sorella con una punta di disprezzo. «Pensava che mi fossi appartata in questa zona e indossassi questi vestiti per attirare... attenzioni.» «Sono certa che si sia trattato di un malinteso, Aria» la placò Flora, tentando di sminuire la situazione. In fondo l'uomo si era allontanato e non c'era motivo di rovinarsi la serata. «Probabilmente hai ragione. In effetti, volevo attirare la sua attenzione, ma è stato sciocco a credere di potermi conquistare con tanta facilità» disse Ariadne, seguendo con lo sguardo la schiena del Merlo che spariva tra le piante. «Non capisco, se ti interessa perché non accetti la sua corte?» chiese Flora, ora decisamente perplessa. «A parte il fatto che nostro fratello disapproverebbe questa unione? Perché i gentiluomini ronzano attorno a tutte le fanciulle di Londra e spesso si fermano alla prima che accetta la loro corte. Invece io voglio che un uomo mi scelga, che continui a corteggiarmi, anche a costo di attendere il mio ritorno da un viaggio... come quello in Scozia che stiamo per fare!» concluse, prendendo Flora per mano e iniziando a camminare verso la sala principale. Flora fece del suo meglio per stare al passo della sorella, che, sebbene fosse molto più minuta di lei, 19


aveva più energia del sole stesso, considerò. «Viaggio in Scozia?» ripeté dopo qualche istante. Tanto ci mise a realizzare cosa aveva appena detto Ariadne. «Proprio così» le rispose la sorella con un sorriso. Aveva quell'espressione luminosa e ardente impossibile da spegnere. «L'ho deciso ora, partiremo con nostro fratello Edmund. Andiamo in Scozia!»

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