Il matrimonio dei miei sogni

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Susan Mallery

Il matrimonio dei miei sogni


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: You Say It First HQN Books © 2017 Susan Mallery, Inc. Traduzione di Claudia Rey Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2018 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Romance aprile 2018 HARMONY ROMANCE ISSN 1970 - 9943 Periodico mensile n. 197 del 10/04/2018 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 72 dello 06/02/2007 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


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«Non mi fraintenda, ma ho bisogno che si tolga la camicia» disse Pallas Saunders con decisione. Di solito non era così che conduceva i colloqui di lavoro, ma quello era un caso disperato. Nick Mitchell inarcò le sopracciglia. «Mi scusi?» Be', quella era senz'altro una domanda logica ed era sempre meglio che vederlo sfrecciare fuori della porta come avrebbe potuto benissimo fare. «È un'emergenza» aggiunse lei agitando la mano in un gesto che, a suo parere, era un chiaro invito a darsi una mossa. «Dovrà darmi una spiegazione più precisa.» «E va bene.» Dopo un rapido respiro, Pallas attaccò a parlare a raffica. «Ho un matrimonio tra meno di un'ora e mi manca un centurione romano. J.T., una delle mie comparse, è scappato a Los Angeles per un provino – tra l'altro mi devo ricordare di non assumere degli attori nella stagione in cui si girano le serie TV – e quindi mi occorre un rimpiazzo. Lei è alto più o meno quanto gli altri ed è qui perché cerca lavoro, perciò per favore si tolga la camicia. Se la sua corporatura va bene, le spalmo l'autoabbronzante, e poi tutti e quattro trasporterete la sposa su un palanchino. Si tratta di una ragazza molto magra.» «Su cosa?» «Una di quelle portantine con una sedia sopra. Giuro che quella ragazza peserà al massimo cinquanta chili, sa5


ranno tre mesi che non mangia. Per favore... A cose fatte le darò un assegno, naturalmente.» Non troppo cospicuo, ma sempre soldi erano. In fondo, Nick Mitchell aveva risposto al suo annuncio per il posto di un falegname part time, perciò quei soldi dovevano servirgli, cosa su cui Pallas in quel momento contava. «Lei vuole che trasporti questa ragazza su una portantina? Per il suo matrimonio?» Come mai i bei ragazzi erano sempre stupidi?, pensò lei con un sospiro. Perché Nick era davvero un bel ragazzo: alto, capelli e occhi neri, spalle ampie, e a quel che si poteva vedere in ottima forma fisica. E allora perché faceva tante storie? «La mia impresa si chiama Wedding in a Box» spiegò indicando con un gesto le pareti attorno a sé. «Offro agli sposi pacchetti all inclusive e organizzo matrimoni a tema. La coppia di oggi vuole un matrimonio in stile antica Roma – non ha idea di quanto vada di moda al momento – e il matrimonio romano comprende una portantina per la sposa. Perciò, la prego, si tolga la camicia.» «Lei è proprio strana» borbottò Nick sbottonando l'indumento e gettandolo sulla scrivania. Alleluia, pensò Pallas girandogli attorno per esaminarlo da dietro. Nick aveva un ottimo aspetto, proprio come aveva sperato: spalle robuste, bei muscoli forti, niente brutte cicatrici o tatuaggi vistosi. Non aveva niente contro i tatuaggi, solo che non erano adatti a un matrimonio romano e lei non aveva tempo di mascherarli con il correttore. Così com'era, Nick si sarebbe adattato perfettamente alle altre comparse. «Bene, lei è assunto, ma dobbiamo sbrigarci.» Pallas lo prese per mano e lo trascinò lungo il corridoio fino allo spogliatoio delle comparse maschili. Perché ovviamente i matrimoni a tema richiedevano un minimo di comparse, e per un matrimonio romano occorrevano quat6


tro addetti alla portantina vestiti in toghe corte, come i camerieri che avrebbero servito al ricevimento. Non erano costumi troppo originali, ma i clienti erano soddisfatti e solo questo contava. Pallas fece entrare Nick nello stanzone disadorno. Da un lato c'erano alcuni stender con i costumi appesi, dall'altro un lungo bancone sormontato da specchi illuminati. Due ragazzi si stavano infilando le toghe mentre un terzo si contemplava allo specchio. Alan interruppe il suo esame e sorrise. «Salve, straniero!» «Non lo sarà per molto» borbottò Pallas. «Per favore, aiutalo a prepararsi. Nick, lui è Alan. Alan, lui è Nick.» Poi guardò l'orologio ed emise uno strillo. «Gente, abbiamo solo tre quarti d'ora!» Si rivolse a Nick e domandò: «Mai usato l'autoabbronzante?». «Ti sembro il tipo?» replicò lui passando al tu. Fino a quel momento, l'uomo era stato solo una spalla robusta su cui appoggiare un quarto della sposa. Ma adesso Pallas lo guardò per davvero e vide gli occhi scuri che la squadravano con un misto di sospetto e incredulità, la linea ferma della bella bocca, le mani molto grandi. Trattenne una risata. Mani grandi? Davvero? Perché lei aveva tempo per pensare a quello? Si avvicinò al bancone, aprì un cassetto e prese un paio di guanti sigillati in un involucro di plastica. I guanti erano imbevuti di un prodotto abbronzante, e Pallas comprava le confezioni all'ingrosso a prezzi stracciati. «Sto per rivoluzionare la tua vita» disse allegramente a Nick. «Diamoci da fare.» A Nick Mitchell pareva di essere entrato in un universo parallelo, dove erano i pazzi a governare e il resto della popolazione si ritrovava a barcollare senza punti fermi. All'improvviso, prima quasi che se ne rendesse conto, 7


la donna con cui avrebbe dovuto sostenere un colloquio per il lavoro di falegname si era messa a passargli uno strano guanto su e giù per la schiena. «Fai delle passate uniformi» spiegò lei continuando a truccarlo. «Lascia asciugare per cinque minuti e poi controlla che sia omogeneo. Spalmalo anche sul petto, sulle braccia e sulle gambe. Davanti e dietro, mi raccomando.» Si sfilò i guanti e glieli porse. «Ce la fai?» La sua espressione era seria e frustrata, come se tutto il mondo cospirasse per complicarle la giornata. Lui pensò di insistere che era lì solo per il lavoro da falegname, ma si rese conto che la ragazza lo sapeva benissimo. E allora vada per il centurione romano con l'abbronzatura finta, si disse. Se non altro avrebbe avuto una storia divertente da raccontare ai fratelli. Infilò i guanti e cominciò a spalmarsi la crema colorata, e la cosa gli fece meno schifo di quanto avesse pensato. Pallas gli mostrò il suo costume e chiese agli altri tre di spiegargli quel che doveva fare. «Io devo andare a cambiarmi» disse dirigendosi verso la porta. «Se ti serve qualcosa, chiedi ad Alan: lui sa tutto.» Alan le fece l'occhiolino. «Verissimo!» Poi, quando la porta si fu richiusa, si rivolse a Nick. «Allora, qual è la tua storia?» Nick si tolse i guanti, si ripulì le mani con un asciugamano trovato sul bancone e si sfilò i jeans. «Ho solo risposto all'annuncio per quel lavoro da falegname.» Poi si rimise i guanti, si chinò e cominciò a passarsi la lozione sulle gambe. «Capisco. Vuoi che ti aiuti?» Nick non alzò nemmeno gli occhi. «No, grazie.» «Bene, come hai sentito, io mi chiamo Alan e loro sono Joseph e Jonathan. Io li chiamo i due J. Sono liceali, che il sabato si guadagnano un po' di soldi e giocano a football.» 8


Uno dei ragazzi lo guardò. «Giochiamo a basket, Alan, te l'abbiamo detto e ridetto.» «Quel che è. Per me gli sport sono tutti uguali.» Alan si rivolse di nuovo a Nick. «Ho lavorato a Broadway, sai, ed è lì che ho conosciuto Gerald. Lui è stato il mio mentore per anni, e quando è andato in pensione e si è trasferito qui io sono venuto a trovarlo per le vacanze di Natale e sono rimasto. Dopo la morte di Gerald, sono andato a vivere a Los Angeles, ma ogni volta che torno qui do una mano perché mi diverte.» Ascoltandolo parlare, Nick si rese conto che Alan era più vecchio di quanto gli fosse parso in un primo momento, e che doveva essere sulla cinquantina. «C'è davvero chi sceglie un matrimonio in stile antica Roma?» domandò. «Non sai quanti. Ci sono anche dei matrimoni in stile cowboy, ma a quelli non partecipo.» Rabbrividì in modo teatrale. «I cavalli sono pericolosi, e quanto puzzano! Però i matrimoni principeschi mi piacciono molto e sono un gran bel cortigiano, anche se non spetta a me dirlo. Ma oggi siamo soldati romani, perciò ave Cesare.» Dieci minuti dopo, Nick si guardò allo specchio. Indossava un'autentica toga, o almeno un costume di quella foggia. La tunica gli arrivava a mezza coscia, la parte superiore si annodava su una spalla e Alan gli aveva dato una corona di foglie di vite da mettere in testa. Mentre si allacciava i calzari, pensò che forse era meglio non raccontare niente di tutto ciò ai fratelli, che altrimenti non avrebbero più smesso di prenderlo in giro. «Quel che faremo è molto semplice» spiegò Alan quando tutti furono pronti. «La sposa si siede sulla portantina, noi la solleviamo e la portiamo fino all'altare, lei scende e noi facciamo sparire la portantina. I due J e io faremo anche i camerieri al ricevimento, ma non credo che Pallas se lo aspetti da te, perciò sarai libero di andartene.» 9


Nick non gli fece notare che non aveva ancora sostenuto il colloquio, e a dire il vero cominciava a nutrire qualche dubbio su quel lavoro. Voleva solo qualcosa per passare il tempo in attesa di decidere che fare riguardo alla committenza che gli avevano offerto, e anche se questo posto rappresentava un notevole diversivo, non era esattamente quel che cercava. Pallas tornò. Invece di jeans e maglietta, adesso indossava un abito verde scuro che metteva in risalto i suoi occhi nocciola. I capelli erano ancora raccolti in una treccia elaborata, e il suo viso era privo di trucco. Logico, perché non era la protagonista dell'evento, ma colei che avrebbe trasformato i sogni della sposa in realtà. Si avvicinò a Nick con un cenno di approvazione. «Stai benissimo» disse, «e ti ringrazio molto. Mi sarei ritrovata proprio nei guai se tu non mi avessi aiutata... Alan ti ha detto quel che succede adesso?» «Portiamo la sposa all'altare e poi ce ne andiamo alla chetichella.» «Esatto. Oh, dobbiamo ancora fare il nostro colloquio... ho sbagliato a fissarlo nello stesso giorno di un matrimonio, non ho scuse, ma devo aver confuso le date. C'è sempre così tanto da fare che...» Nei suoi occhi Nick lesse ansia, panico ma anche grande determinazione. Una combinazione interessante. Poi Pallas raddrizzò le spalle. «Una crisi alla volta, come diceva sempre Gerald, e adesso dobbiamo pensare al matrimonio. Signori, seguitemi.» Condusse i quattro in una stanza al pianterreno, dove Nick e gli altri si trovarono in compagnia di una sposa dall'aspetto un tantino esaurito, alcune damigelle in abiti stile peplo e una portantina. Nick si avvicinò alla portantina ed esaminò gli intagli fatti a mano sui fianchi, che, a quanto pareva, erano stati fissati a un'intelaiatura di metallo leggero. 10


La sposa si sedette, i quattro centurioni presero posizione e Alan si mise sul davanti della portantina, a destra, nel posto di comando. «Signori, al mio tre la solleviamo lentamente, facendo leva sulle ginocchia.» Poi Alan sorrise alla sposa. «Non che ci dobbiamo preoccupare del suo peso, tesoro. Lei è minuta come un passerotto, e il suo abito è delizioso. È stato disegnato da uno stilista, vero? Che ragazza fortunata!» La sposa si rilassò visibilmente. «Grazie. Adoro questo vestito.» «E sono sicuro che il vestito adora lei. Coraggio, signori... uno, due, tre.» Nick sollevò la portantina e notò che nella stanga laterale c'era una tacca ricurva e imbottita da appoggiare sulla spalla. Scoprì che non doveva fare alcuno sforzo, solo tenere la stanga in posizione con la mano. Come Pallas aveva promesso, la sposa era leggerissima e il peso era ben distribuito. Seguì gli altri lungo un corridoio, mentre un fotografo scattava una foto dopo l'altra. In fondo c'era una porta a doppio battente che si aprì davanti a loro, e al di là della porta un'enorme sala dal soffitto altissimo. Gli invitati erano raggruppati ai due lati dell'ampia navata, e davanti all'altare di legno scolpito aspettava lo sposo, che indossava una versione più elaborata delle loro toghe. Benché fosse ancora pomeriggio, decine di torce illuminavano la sala con le loro fiamme tremolanti. I quattro arrivarono alla fine della navata e seguendo le istruzioni di Alan deposero a terra la portantina. Una volta che la sposa ebbe raggiunto il suo futuro marito, uscirono in un cortile interno, già addobbato per il ricevimento, e misero la portantina in un angolo. «La gente adora salirci per farsi fotografare» spiegò Alan a Nick. «Bene, adesso sei libero» continuò indicando 11


una porta. «Da lì arrivi a una scala che porta al secondo piano, e lo spogliatoio è in fondo al corridoio sulla destra.» «Grazie» rispose Nick. Aprì la porta, trovò la scala, ma prima di salire notò una porta semiaperta. «Diavolo» borbottò dopo averla aperta del tutto. Alcuni grandi pannelli di legno intagliato erano appesi al soffitto, tramite binari che probabilmente scorrevano fino alla sala che lui aveva appena lasciato. I pannelli, circa tre metri per sei, erano degli autentici capolavori e riproducevano scene di vita a corte e vedute rurali. Lo stile era ingenuo, ma il lavoro di intaglio era eccezionale tanto che i personaggi sembravano prender vita. Nick seguì con il dito le linee che creavano i rilievi e ne sentì la ruvidezza. A un esame più profondo, il legno dei pannelli risultava screpolato e bisognoso di un accurato restauro. Per questo a Pallas occorreva un falegname? Nick fece il percorso inverso, traversò il cortile e rientrò nella sala senza farsi notare. Alle pareti erano appesi altri pannelli, intagliati con scene dell'antica Roma. Erano belli come quelli che aveva appena visto, ma anche da lontano si vedeva che dovevano essere restaurati. E lui che aveva pensato di dover riparare delle finestre o costruire degli armadietti! Invece poteva dedicarsi a capolavori del genere... Forse Atsuko sapeva dei pannelli, e per questo gli aveva suggerito di offrirsi per quel lavoro. Lui era cresciuto lavorando il vetro, ma negli ultimi dieci anni si era innamorato del legno. Il vetro era freddo e mutevole, al contrario del legno che aveva un'anima. Nick tornò indietro e salì al secondo piano. La faccenda dell'abbronzante, della portantina e della sposa lo aveva indotto momentaneamente a rinunciare al lavoro part time, ma dopo aver visto i pannelli capì di non avere altre alternative. Doveva riportarli al loro splendore e far sì che durassero per le generazioni future. 12


Forse era un tantino melodrammatico, pensò entrando nello spogliatoio. Ma quei pannelli giustificavano l'atteggiamento drammatico e valevano il sacrificio di sopportare la stranezza dell'attività di Pallas. Nick era ben deciso a dedicare loro tutto l'impegno che meritavano, perché in fondo, inutile negarlo, lui era un artista. Il sangue di suo padre gli scorreva nelle vene, e da ciò gli veniva il bisogno di creare. O, in questo caso, di restaurare. Pallas organizzava raramente più di un matrimonio la settimana. Preparare la scenografia e le decorazioni e poi smontare tutto in tempo era troppo complicato. A volte faceva eccezione se una coppia sceglieva il venerdì, perché in quel caso poteva accettare un altro impegno per la domenica. Ma, nonostante il costo più contenuto che lei applicava a un evento non celebrato nel fine settimana, la maggior parte delle coppie voleva la cerimonia tradizionale del sabato, seguita dal ricevimento serale. Perciò Pallas aveva quasi sempre la domenica libera. Il lunedì mattina arrivò al lavoro di buon'ora. L'edificio che ospitava Wedding in a Box era una costruzione a U, con un cortile interno. L'ala occidentale aveva una facciata tradizionale che evocava una villa italiana, quella a nord era rivestita di lastre di pietra e ricordava un castello medievale, mentre l'ala a sud era ricoperta di assi di legno in stile ranch del vecchio West. Tre opzioni in un unico edificio, che si potevano adattare a una decina di temi diversi. Era alquanto bizzarro, ma lei amava ogni singolo mattone posticcio e ogni finestra che non si apriva. Controllò se c'erano danni – una volta un testimone aveva abbattuto il cancello con la macchina – e oggetti persi o dimenticati. I festeggiamenti duravano fino a tardi, i liquori abbondavano, e spesso la mattina dopo sul prato si trovavano scarpe, reggiseni o mutandine. 13


Chissà perché un ricevimento di nozze invitava al sesso? Per lo sposo e la sposa era la tradizione, ma tutti gli altri avrebbero dovuto aspettare di essere a casa... solo che aspettavano di rado. Per fortuna, quel giorno Pallas trovò solo una stella filante e alcuni petali di fiori, che non dovette raccogliere usando i guanti di gomma. Entrò nell'edificio e salì fino all'ufficio del secondo piano, che tra sé chiamava ancora l'ufficio di Gerald. Ci si era trasferita da poco, perché nelle prime settimane dopo la sua morte – e dopo aver scoperto che le aveva lasciato in eredità Wedding in a Box – era sotto shock. Nei due o tre mesi successivi non se l'era sentita di apportare dei cambiamenti. Poi aveva capito che correre cinquanta volte al giorno dal suo ufficio a quello di lui era molto stupido. Visto che Gerald le aveva lasciato la sua impresa, lei doveva farla funzionare al meglio. Così aveva finalmente occupato l'ufficio. E invece di provare tristezza, si era resa conto che trovarsi nel posto in cui lo aveva sempre visto glielo faceva sentire più vicino. Gerald era stato per lei come un secondo padre e ne sentiva ogni giorno la mancanza. Ma si consolava pensando che lui sarebbe stato contento del suo operato. Controllò l'agenda, evitando la pila di conti da pagare nel vassoio della posta in arrivo. Wedding in a Box era un'impresa divertente, ma finanziariamente era appesa a un filo che minacciava ogni giorno di spezzarsi. I matrimoni a tema non erano a buon mercato, come non lo era la costante manutenzione dell'edificio. Domani, pensò. Domani si sarebbe fatta coraggio e avrebbe esaminato i conti. Controllò le mail e vide che due spose le avevano rispedito i loro contratti firmati. Quella era una buona notizia. Avrebbe rivisto i contratti prima di... «Buongiorno.» 14


Pallas alzò gli occhi. Sulla soglia dell'ufficio c'era un uomo... ma non un uomo qualsiasi, bensì Nick Mitchell. Diverse emozioni si affollarono nella mente di lei. Gratitudine per il modo in cui l'aveva salvata due giorni prima, un lieve imbarazzo per averlo spogliato e ricoperto di autoabbronzante, un imbarazzo terribile visto che aveva scoperto chi era e il disappunto di dover cercare un altro falegname. E adesso perché era lì?, si domandò. Cercò di ignorare il fatto che Nick era l'uomo più bello che avesse mai messo piede nel suo ufficio da... be', da sempre, e si alzò con un sorriso. «Ciao. Posso esserti utile?» Lui si appoggiò allo stipite. «Pensavo che adesso potrei sostenere quel colloquio.» Già, quello che lei aveva fissato per sbaglio un'ora prima di un matrimonio. Solo che adesso Nick non avrebbe mai accettato di lavorare per lei! «Prima di tutto voglio ringraziarti per avermi aiutata sabato» esordì. «Non c'è di che. Non capita mica a tutti di impersonare un centurione romano.» «A meno che tu non lavori qui, perché allora ti capita sin troppo spesso.» Pallas esitò, poi riprese: «Ma voglio scusarmi per come sono andate le cose. Mi dispiace davvero». «A me no. È stata un'esperienza di cui parlerò per un bel po' di tempo.» «Sono contenta che tu non sia arrabbiato. Alan mi aveva detto che eri un bravo ragazzo, e di solito non sbaglia.» «Mi fa piacere.» «Alan non ti mette a disagio?» domandò Pallas. Molti eterosessuali si sentivano minacciati in sua presenza. «Nemmeno un po'» rispose con una risata. «Sono abituato a lavorare con una motosega, ci vuole ben altro per mettermi a disagio.» «Ah, certo, questo cambia le cose.» Pallas spostò il pe15


so da un piede all'altro e poi si buttò. «Non vorrei essere scortese, ma non ha senso che tu sostenga il colloquio. Quando ho preso il nostro appuntamento, ho solo scritto il tuo nome sull'agenda, ma poi ti ho cercato su Internet.» Lui inarcò un sopracciglio. «Con Google o Bing?» «Tutti e due» ammise lei con un sorriso, «ed entrambi dicono le stesse cose.» Tornò seria ricordando quel che aveva letto. Nick Mitchell era ben lontano dall'essere un falegname senza lavoro. Era un artista di fama internazionale, che aveva vinto numerosi premi. Certo, lavorava il legno, ma a un livello completamente diverso. Sarebbe stato come chiedere a un pilota di Formula uno di dare lezioni di guida. «È stata la mia amica Atsuko a segnalarmi il tuo nome, ma chissà che le è venuto in mente... Tu sei un artista famoso, io sono la proprietaria di una piccola impresa e ho bisogno di qualcuno che mi faccia delle riparazioni senza farmi spendere troppo!» Storse la bocca pensando che uno come Nick Mitchell non poteva capire che cosa significasse arrabattarsi e risparmiare su ogni centesimo per non chiudere i battenti. «Però ti ringrazio di essere venuto» aggiunse, «e di essere stato così disponibile con la faccenda della finta abbronzatura e tutto il resto.» «È stato carino, mi sono divertito. E l'abbronzatura è stata... interessante.» «Ma non un'esperienza da ripetere.» «Be', no.» Pallas rimase in piedi accanto alla scrivania in attesa che Nick se ne andasse. Ma sembrava che lui non avesse fretta. «Che cosa volevi farmi fare?» le domandò. Che importava, adesso?, pensò lei. «Guarda che dicevo sul serio, ti avrei pagato pochi dollari al di sopra del minimo salariale. È tutto quello che posso permettermi.» «Si tratta dei pannelli di legno, vero?» 16


«Sì, ma...» Lui accennò al corridoio. «Andiamo a vederli.» Pallas era parecchio confusa, tuttavia lo seguì. Scesero le scale, traversarono la grande sala da ballo, poi lei aprì i due battenti del magazzino e accese le luci. Nick si avvicinò a uno dei grandi pannelli appesi ai binari, mise le mani sugli intagli e chiuse gli occhi, seguendo le figure con la punta delle dita. Pallas ebbe la sensazione di assistere a qualcosa di molto intimo, qualcosa che al contempo la imbarazzava e l'affascinava. «Che cosa sai di questi pannelli?» le domandò. «Non molto. Erano già qui tempo prima che io cominciassi a lavorare per Gerald e, a dire la verità, li ho sempre considerati degli sfondi decorativi e niente di più. Quando Gerald è morto e mi ha lasciato l'impresa, ho fatto un inventario di tutto quanto e per la prima volta ho guardato i pannelli con attenzione. E così ho notato quant'erano malandati.» «Infatti. Sono piuttosto antichi e il clima arido li ha conservati, però li ha anche riempiti di fessure. Si vede bene il lavoro di intaglio a mano. Qualcuno deve averci lavorato a lungo, qualcuno che aveva un grande talento.» «Mi dispiace di non conoscere la loro storia» ammise lei. Avrebbe dovuto chiedere informazioni a Gerald, ma non si era mai presentata l'occasione. Inoltre, non aveva intuito quali fossero i suoi piani: si era sempre considerata una dipendente di Gerald, oltre che una sua cara amica. La sua eredità, un dono inatteso e incredibilmente generoso, l'aveva colta del tutto alla sprovvista. «I miei fratelli lavorano con il vetro» disse Nick senza guardarla. «Parlano della sua bellezza, di quanto è limpido e puro. Il vetro può diventare qualsiasi cosa, ma non esiste finché non gli diamo vita. Il legno invece è già vivo, ha un'anima e dice all'artista che cosa è destinato a diventare. Puoi ignorare quel che ti dice, ma se lo fai la 17


scultura non sarà mai giusta.» Poi si volse verso di lei, con uno sguardo intenso. «Perciò voglio lavorare su questi pannelli.» Lei lo fissò. «Cosa? No, è ridicolo... sei stato citato in un servizio di People!» Nick rise. «E questo che importa?» «Importa eccome.» Pallas decise di ignorare il fatto che il numero di People era dedicato agli Uomini più sexy del mondo, e che la foto di Nick era stupefacente. «Troverò qualche falegname che...» «No, un falegname non va bene. Queste opere sono incredibili, Pallas, vanno trattate con reverenza. Le restaurerò al prezzo che avevi in mente, non importa quale. Voglio questo lavoro.» «Perché?» Nick si voltò verso i pannelli e vi poggiò di nuovo le mani. «Mi hanno dato la loro fiducia.» Poi la guardò. «Non ti preoccupare, non sto vaneggiando. Ma questo genere di lavoro è raro, e realizzarlo mi piacerà molto. Al momento mi trovo tra un progetto e l'altro, perciò ho tutto il tempo che voglio.» Fece una pausa come per decidere quanto dovesse rivelarle, poi continuò: «Ho partecipato al concorso per una committenza a Dubai, e tra due mesi saprò se l'ho ottenuta o no. Non credo che ci siano dubbi, ma finché non ne sono sicuro non voglio intraprendere niente di troppo impegnativo». «A Dubai?» «Sì, un albergo vuole che crei una scultura da collocare nell'atrio. Dovrò restare là per circa due anni.» «È un periodo lungo.» «Lo so, ma sarà un'esperienza interessante. E questi pannelli» sorrise, «mi terranno occupato fino ad allora.» «Non metto in dubbio la tua abilità» rispose lei, «o il tuo impegno. Ma dicevo sul serio riguardo a quel che posso pagarti.» 18


«Non è una questione di denaro.» Certo, perché uno come Nick Mitchell non lavorava necessariamente per denaro. Doveva essere bello non avere preoccupazioni. «Approfitta di me» la esortò. «Non te ne pentirai.» Pallas sapeva benissimo quel che intendeva, ma per un istante finse che Nick le stesse facendo delle avance, da uomo a donna. Erano secoli che non succedeva. E le ragioni erano parecchie. Lei sapeva di avere un aspetto normale, una corporatura normale, nessuna abitudine socialmente riprovevole. In teoria avrebbe dovuto trovare un ragazzo simpatico con cui uscire, ed eventualmente andare a letto. Ma benché ci fosse stato qualcuno, di tanto in tanto, nessuno le era mai parso quello giusto. E neanche quello da ora o mai più. In parte era per via del luogo in cui viveva. Happily Inc era una cittadina piuttosto piccola, e nella zona in cui lei abitava c'erano pochi scapoli, e quei pochi, oltretutto, erano quasi tutti suoi parenti. Inoltre, lei tendeva a chiudersi emotivamente, e pur sapendo perché, non sapeva come porvi rimedio. Perciò, ricevere delle avance era un evento raro, di cui fare tesoro. Non che Nick l'avesse fatto, perché si riferiva a... «Pallas?» «Eh?» Oh, certo, doveva rispondere... «Se sei disposto ad accettare la mia paga ridicola, sono lieta di offrirtela» rispose. «Affare fatto.» Nick le porse la mano e lei la strinse ignorando quant'era grande, e la breve scossa che le aveva dato. Nick era talmente al di fuori della sua portata che avrebbe potuto essere un extraterrestre... ma era un bel vedere, e tanto valeva che lei si godesse lo spettacolo. «Puoi osservare gli orari che vuoi, purché non interferiscano con uno dei miei matrimoni» gli disse. «Ti darò un 19


foglio su cui segnare le ore che impieghi, e ti pagherò ogni quindici giorni. Ti occorrono degli strumenti o delle attrezzature particolari?» «Porterò i miei.» «Oh, bene.» A ogni modo lei non avrebbe saputo che cosa fornirgli. «Allora ci vediamo in giro.» «Contaci.» Se solo fosse vero, pensò lei con ironia. Poi si domandò se sarebbe stato scorretto chiedergli di lavorare a torso nudo... dato che aveva impersonato un soldato romano. Forse una delle spose avrebbe scelto un matrimonio ambientato nel Paradiso terrestre, dove tutti sarebbero stati nudi. E Nick poteva fare da comparsa. Quella fantasia le avrebbe rallegrato la giornata, pensò tornando in ufficio.

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Il matrimonio dei miei sogni di Susan Mallery Lo scultore Nick Mitchell è cresciuto in una famiglia di artisti e, proprio dal padre, ha imparato che ogni passione richiede sacrificio. Così, mentre aspetta fiducioso un contratto di lavoro a Dubai, decide di occupare il tempo lavorando come carpentiere per Wedding in a Box, l'agenzia organizzatrice di matrimoni della carismatica Pallas Saunders. Complici la bellezza del suo capo e l'atmosfera romantica degli eventi che si trova a seguire, Nick deve cercare di ricordare il proprio obiettivo: non lasciare che l'amore ostacoli le sue mire professionali. Per Pallas, Wedding in a Box rappresenta tutta la sua vita. Ora, però, è a un giro di boa: o riuscirà a risollevare le sorti dell'agenzia o sarà costretta ad andare a lavorare nella banca di famiglia.

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Questo volume è stato stampato nel marzo 2018 da CPI Moravia Books


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