Il pavone

Page 1




KASEY MICHAELS

IL PAVONE


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Secrets of the Heart HQN Books © 2007 Kathryn Seidick Traduzione di Laura Lunardi Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2008 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici novembre 2008 Questa edizione I Romanzi Storici gennaio 2018 Questo volume è stato stampato nel dicembre 2017 da CPI, Barcelona I ROMANZI STORICI ISSN 1828 - 2660 Periodico mensile n. 190 del 26/01/2018 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 212 del 28/03/2006 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


Prologo Poco prima delle dieci, Herbert Symington augurò la buonanotte ai padroni di casa e, con passo un po' malfermo a causa di tutto il vino che aveva tracannato, varcò il portone e si avviò verso il lussuoso tiro a quattro che lo attendeva ai piedi della scalinata. La carrozza, imponente e sovraccarica di fregi e motivi ornamentali, era uno dei suoi acquisti più recenti, e Symington ne andava particolarmente fiero. Si considerava fortunato a essere nato in Inghilterra in quell'epoca così ricca di opportunità. Con un minimo di furbizia, infatti, si potevano accumulare ingenti patrimoni, grazie al fatto che in quegli anni la manodopera abbondava e costava pochissimo. La nascita delle nuove fabbriche aveva mandato in rovina i tessitori artigianali che, per sfamare le loro famiglie, erano ora disposti a lavorare sodo dall'alba a notte fonda per pochi scellini a settimana. «Portami a casa» ordinò in tono scortese al cocchiere. Prima però, trovò il tempo di sferrare un calcio al lacchè, che non era stato abbastanza veloce nell'abbassare il predellino della carrozza. «Pigroni e buoni a nulla, ecco cosa siete! Farei 5


meglio a licenziarvi tutti» biascicò Symington, con voce impastata. Aveva appena finito di accomodare la sua pesante mole sul sedile imbottito e foderato di velluto quando, nel buio dell'abitacolo, intravide qualcosa che attirò la sua attenzione. Sbatté le palpebre un paio di volte, mentre la carrozza cominciava a muoversi. «C'è qualcuno?» chiese, sporgendosi verso la sagoma scura che scorgeva sul sedile opposto e che gli sembrava sempre più simile alla figura di un uomo. «Santo cielo, che mi abbiano forse fatto salire sulla carrozza sbagliata? Una ragione di più per sbarazzarmi di quegli scansafatiche» ragionò a voce alta. «Chi siete? Avanti, dite qualcosa!» Per tutta risposta, si udì il raschio di uno zolfanello. La fiammella si spense quasi subito, ma nel buio apparve il bagliore della punta di un sigaro acceso. «Buonasera, Herbert, vi trovo bene» disse una profonda voce maschile. «Siete stato gentile a volermi ospitare sulla vostra carrozza. Gran bella vettura, non c'è che dire. Immagino vi sia costata parecchio. Vi siete divertito questa sera?» Symington deglutì, tentando di sciogliere il nodo di paura che gli serrava la gola. «Chi diavolo siete? Cocchiere!» urlò. «Fermate subito la carrozza!» «Vi prego, abbassate la voce» gli raccomandò lo sconosciuto, mentre la vettura oltrepassava a tutta velocità la strada che conduceva alla dimora in cui Symington risiedeva, e si allontanava dal paese di Little Pillington. «Urlare, in ogni caso, non vi servirà a niente, considerato che il vostro 6


cocchiere e il vostro lacchè hanno deciso di passare al mio servizio, anziché restare al vostro. Non c'è più lealtà oggigiorno, vero, Herbert? Nel malaugurato caso in cui insistiate a protestare, tuttavia, voglio avvertirvi che sono armato, e che in questo preciso momento la mia pistola è puntata contro il vostro ventre prominente. Quindi, poiché il più piccolo movimento improvviso potrebbe far partire un colpo, vi conviene restare seduto tranquillo, credetemi.» «Per tutti i diavoli!» esclamò Symington, aguzzando la vista annebbiata dall'alcol. «Sono dunque vittima di un rapimento?» L'altro ridacchiò divertito. «Non direi proprio, Herbert. Per rapirvi, dovrei credere che valiate qualcosa. Se sono qui è solo per chiedervi un omaggio.» «Un... omaggio?» ripeté Symington incredulo. Vedendo che lo sconosciuto gli stava porgendo un foglio arrotolato, lo prese con aria esitante. «Cosa sarebbe?» domandò, toccandolo con cautela, come se temesse di restarne scottato. Dalle labbra del suo misterioso interlocutore uscì una nuvola di fumo azzurrino. «Qui dentro è troppo buio perché riusciate a leggerla, vero? A proposito, sapete leggere, Herbert? Non importa, vi riassumerò i punti salienti del documento che avete in mano. Anzitutto, dovrete smettere immediatamente di far lavorare nelle vostre fabbriche i bambini di meno di dieci anni d'età.» «Che cosa?» «Silenzio, Herbert, non mi interrompete. In secondo luogo, mi farete il piacere di aprire delle 7


scuole ove quei bambini possano ricevere un'istruzione e avere guida e assistenza mentre le loro madri sono al lavoro. Vi impegnerete inoltre a fornire loro un pasto quotidiano, anche di domenica, giorno in cui d'ora in poi le vostre fabbriche resteranno chiuse. Quanto al menù, comprenderà due porzioni di carne alla settimana.» Symington scoppiò in una lunga, sonora risata, che gli fece tremolare la pancia voluminosa. Rise così di gusto che alla fine gli vennero le lacrime agli occhi. «Siete matto?» chiese alla fine. «Perché mai dovrei fare cose del genere?» «Non ho ancora finito, Herbert» replicò lo sconosciuto in tono glaciale. Symington si ricordò che era armato e smise di colpo di ridere. «Ridurrete la giornata lavorativa dei vostri operai da quindici ore a quattordici, e alla fine di ogni turno offrirete a tutti un buon boccale di birra. Assumerete un medico che presti loro cure adeguate e, infine, aumenterete i loro salari del dieci per cento. Attuerete tali provvedimenti a partire da domani. E questo è quanto, almeno per ora.» All'improvviso, Symington smise di avere paura della pistola con cui lo sconosciuto lo stava tenendo sotto tiro. I soldi che gli riempivano le tasche erano per lui più importanti della vita stessa, e non intendeva permettere a nessuno di sottrarglieli. «Non farò niente di ciò che mi avete chiesto! Perché mai dovrei preoccuparmi di quei bastardi? Se li pagassi di più e li facessi lavorare di meno, dove finirebbero i miei profitti?» «Ah, Herbert, sapete bene che i vostri profitti 8


non ne risentirebbero troppo. Vi siete già arricchito tanto da potervi permettere una carrozza lussuosa come questa, per non parlare della splendida casa nuova che vi siete appena fatto costruire. Andrete a viverci il mese prossimo, e per l'occasione avete dato una grande festa alla quale avete invitato diversi esponenti dell'alta società. Mi congratulo con voi, per quanto, se fossi stato al vostro posto, avrei applicato meno fregi dorati ai salotti. Tanta ostentazione, ahimè, vi fa apparire per quello che siete, e cioè un volgare arrampicatore sociale. Sapete una cosa, Herbert? Uno dei motivi per cui trovo intollerabile la durezza con cui trattate i lavoratori al vostro servizio è che un tempo non molto lontano anche voi eravate uno di loro.» «Chi siete voi per giudicarmi?» replicò Symington con foga rendendosi conto che quell'uomo aveva messo piede in casa sua. Ma quando? E come? «È vero, anch'io ero uno di loro, solo che sono più intelligente. Ho saputo approfittare delle occasioni per volgerle a mio vantaggio!» «È vero, Herbert, non lo nego» lo interruppe il suo accusatore. «La vostra fortuna, però, l'avete costruita sulle schiene spezzate dei vostri simili. Vi siete arricchito sulla loro pelle, condannandoli a condizioni di vita infernali. E adesso li chiamate bastardi e tenete il tacco sulla loro testa, in modo che non possano risollevarsi e godere delle occasioni di miglioramento di cui voi avete invece usufruito. Ma vi rendete conto dell'odio che andate fomentando con i vostri comportamenti? Voi, e tutti quelli come voi, state creando una società separata, una generazione di lavoratori abbrutiti e 9


incattiviti dalla fame, dagli stenti e dalla paura. Ora però, basta con le prediche. Siamo quasi giunti a destinazione, Herbert. Il monumento che avete eretto in onore della vostra avidità si trova in fondo a questa strada. Guardatelo bene.» Mentre lo sconosciuto usava la canna della pistola per sollevare la tendina di pizzo che ricopriva il finestrino, la carrozza rallentò l'andatura e si arrestò. Symington guardò fuori, e vide che la sua nuova casa, ormai quasi finita, il suo orgoglio, la prova concreta delle ricchezze che aveva saputo accumulare, era avvolta dalle fiamme. «No» sussurrò, scuotendo la testa, incredulo e attonito. La sua casa! La sua reggia! «Oh, no!» gemette. «Il documento, Herbert» lo ammonì lo sconosciuto in tono gelido. «Non stringetelo così forte tra le mani, lo renderete illeggibile. È vero che ve l'ho già riassunto, ma lo spavento potrebbe farvi dimenticare qualche punto importante. Ciò che vi ho dato questa sera è solo una piccola dimostrazione. Oltre alla dimora in cui abitate a Little Pillington, mi risulta che avete appena acquistato una casa a Londra. Non a Mayfair, certo, ma in un quartiere che gode comunque di un discreto lustro. Non dobbiamo dimenticare, inoltre, le tre fabbriche di cui siete proprietario. Chi molto possiede, ha molto da perdere. La lezione di questa sera dovrebbe avervi insegnato qualcosa, se siete un uomo intelligente. Lo siete, Herbert? O intendete invece correre il rischio di disobbedirmi?» «Bastardo!» sibilò Symington, stringendo i pugni. «Ho capito chi siete, adesso! Ho sentito altri proprietari di fabbriche lamentarsi dei vostri ri10


catti. E così, ora avete deciso di prendervela con me, vero? Ebbene, sappiate che non mi piegherò alle vostre richieste. Non avrò pace finché non vi vedrò penzolare dalla forca!» «Bravo, Herbert. Mi fa piacere vedere che non avete perso vigore» replicò l'altro, aprendo lo sportello. Il lacchè accorse per abbassare il predellino. «Serbate con cura il documento, vi raccomando, e osservate con scrupolo le mie richieste. Ah, dimenticavo, grazie per la carrozza. Servirà a dar da mangiare a tanta povera gente, credetemi. Vi auguro la buonanotte, Herbert, e spero vivamente che vi adopererete per evitare un nostro prossimo incontro.» «Ci rivedremo, maledetta canaglia! Eccome se ci rivedremo!» replicò Symington, aguzzando invano la vista per catturare i lineamenti del viso del suo persecutore. I bagliori delle fiamme che stavano divorando la sua casa gli permisero solo di vedere che aveva il volto nascosto da un cappello a falde larghe e da uno spesso bavero in pelliccia. Il lacchè lo trascinò giù dalla carrozza senza troppa cortesia e gli restituì con gioioso vigore il calcio che poco prima lui gli aveva sferrato, facendolo finire a faccia in giù sul vialetto ricoperto di ghiaia che conduceva a quella che sarebbe dovuta essere la sua reggia, e che ora si stava trasformando con incredibile rapidità in un cumulo di macerie. Il cocchiere ripartì sghignazzando e Symington si alzò da terra con un'imprecazione. Sciolse il nastro che legava il documento che aveva tra le mani, pronto a farlo a pezzettini. 11


Mentre lo srotolava, ne uscÏ qualcosa di morbido e sottile, che cadde a terra volteggiando. Symington si chinò a raccogliere l'oggetto misterioso, e quando si rese conto di cosa fosse, lo lasciò subito ricadere al suolo, lanciandosi in un'altra litania di imprecazioni mentre si accingeva a tornare a Little Pillington a piedi. Alle sue spalle, abbandonata a terra, giacque una piuma di pavone verde e blu illuminata dai bagliori dell'incendio.

12


1 Da quasi un mese Lady Undercliff era di cattivo umore, e a tutti coloro che le chiedevano ragione del suo costante broncio, rispondeva che la colpa era di quello scriteriato di suo marito. Impegnato in una battuta di caccia in Scozia, Lord Undercliff aveva irrevocabilmente deciso di tornare a Londra solo la seconda settimana di aprile. Per questo motivo, il ballo annuale degli Undercliff, che da sedici anni inaugurava la Stagione mondana, era stato rimandato a una data successiva. In nome della buona creanza, infatti, Lady Undercliff non avrebbe mai potuto indirlo da sola, senza essere affiancata dal suo legittimo consorte. In considerazione di quello sgradito spostamento di data, gli sforzi di Lady Undercliff, che in passato si era sempre prodigata per assicurare ai suoi ospiti gli svaghi piĂš interessanti e i rinfreschi piĂš gustosi, quell'anno raddoppiarono. Sapeva di raddoppiare cosĂŹ anche il numero dei conti che sarebbero arrivati sulla scrivania di quell'egoista di suo marito, e la cosa le faceva un enorme piacere. I paramenti che adornavano ogni parete della loro grande dimora, le piante alte fino al soffitto, i cesti colmi di fiori esotici, le poltroncine dorate prese a 13


noleggio, le schiere di camerieri, i musicisti, i salmoni affettati, le prelibatezze più costose, e l'abito tempestato di diamanti che aveva scelto di indossare per l'occasione, tutto quanto era da lei stato ordinato con un semplice: «Mandate il conto a mio marito, grazie». E tuttavia, ora che la festa era in pieno corso e la mezzanotte si avvicinava, malgrado i numerosi complimenti che gli ospiti le avevano tributato, Lady Undercliff non aveva ancora smesso il broncio né tanto meno aveva voluto allontanarsi dalla scalinata ove i padroni di casa ricevevano gli ospiti in arrivo. «È tutta colpa vostra, Charles» sibilò al marito, che avrebbe dato qualunque cosa pur di potersi togliere da lì per rifugiarsi in un salottino tranquillo, a bere un bicchiere e a giocare a carte con gli amici. «Lui non verrà più ormai.» «Chi, Prinny?» Lord Undercliff corrugò la fronte. «E chi lo vuole? La servitù sarebbe costretta a ripulire i vetri dalle uova marce per una settimana buona, se il popolino sapesse che è qui, Gert.» «Non chiamatemi Gert, per favore! E comunque non mi riferivo a Sua Altezza Reale. Parlavo di St. Clair.» «St. Clair?» ripeté Lord Undercliff, squadrando la moglie con aria di superiorità. «Quel ridicolo pagliaccio? Dovete avere perso il senno, mia cara. Che volete da lui? È solo un barone. Abbiamo qui tre marchesi, mezza dozzina di conti e un paio di duchi. A che vi servirebbe St. Clair?» «Non capite» sibilò Lady Undercliff. «Non capite niente, come al solito. St. Clair non può mancare!» «Ah, è un tipo divertente, lo ammetto, ma non 14


posso dire di approvare l'influenza che sta esercitando sui nostri giovani. Il suo concetto di eleganza è troppo frivolo per i miei gusti. Fosse per lui, dovremmo incipriarci tutti quanti da capo a piedi.» Lady Undercliff strinse i denti. «Charles, non m'importa un bel niente delle vostre perplessità. Una festa da ballo ha successo solo se lui è presente. Nessuna padrona di casa avrebbe il coraggio di mostrarsi ancora in pubblico se Christian St. Clair ignorasse il suo invito. Lo capite o no, Charles? Ed è tutta colpa vostra! Se foste tornato con maggiore anticipo dalla battuta di caccia, il nostro ballo sarebbe stato il primo, e St. Clair non l'avrebbe certo disertato. Non vi perdonerò mai per questo sgarbo, mai!» Lord Undercliff sospirò. Capire le donne in generale, e sua moglie in particolare, gli riusciva sempre più difficile. «Guardate, Gert, laggiù c'è Lord Buxley. Non vi sembra un nome di sufficiente richiamo? Ah, c'è anche Miss Tredway. Non era l'attrazione principale della scorsa Stagione?» «Appunto, della scorsa Stagione» puntualizzò sua moglie con un sospiro. «L'unico successo che posso finora vantare è la presenza di Gabrielle Laurence, anche se in tutta onestà non riesco a capire cosa ci sia di tanto attraente in lei. Con quei capelli così rossi! Sono del tutto fuori moda.» Lord Undercliff individuò subito tra la folla la ragazza alta e snella che stava ballando tra le braccia del Duca di Glynnon, vedovo per la seconda volta. Dimenticarsi di lei gli era impossibile del resto, perché quando l'aveva accolta all'ingresso del salone era rimasto così incantato dalla sua bellezza da 15


prolungare l'inchino di rito più del dovuto, cosa che gli aveva procurato un pestone da parte di sua moglie. Miss Laurence aveva un bel viso dai lineamenti delicati, folti capelli rossi e luminosi occhi verdi, sormontati da perfette sopracciglia arcuate. Alla sinistra del labbro superiore, poi, aveva un piccolo neo che rendeva ancor più attraente la sua bocca carnosa. Lord Undercliff era ancora perso in adorante contemplazione della giovane donna dai capelli rossi quando sua moglie gli diede una lieve gomitata, mentre si abbandonava per la prima volta in un mese a un vero sorriso. «È venuto, Charles! È qui! Vi prego, aiutatemi ad accoglierlo nel migliore dei modi, ed evitate di dire stupidaggini, per favore.» Lord Undercliff, trattenendo un sospiro d'esasperazione, drizzò le spalle e ritrasse il ventre, per prepararsi ad accogliere l'ospite tardivo che era appena arrivato in compagnia della sua piccola corte. «Lady Undercliff! Che splendore! La vostra bellezza non finirà mai di sorprendermi!» esclamò Lord Christian St. Clair, inchinandosi di fronte alla padrona di casa e baciandole la mano. Lord Undercliff, che stava osservando la scena con un certo disappunto, trovò fuori luogo sia l'esagerata ossequiosità del barone sia il suo abbigliamento, composto da una marsina in damasco turchese, dalle cui maniche spuntavano vistosi polsini in pizzo bianco, un paio di brache al ginocchio, una camicia con uno spumeggiante jabot e un collo inamidato talmente rigido e alto da apparire quanto meno soffocante. 16


Quell'uomo era una vera e propria minaccia, si disse. Stava riportando in auge una moda che era sorpassata da anni! E i giovanotti dell'alta società seguivano il suo esempio come pecoroni. Era sempre più frequente, passeggiando per Bond Street, incontrarne qualcuno con addosso brache attillatissime sopra calze di seta ricamate alla caviglia, scarpe dalle fibbie vistose e una quantità di merletti sufficiente a decorare le finestre di una cattedrale. «Per ottenere il vostro perdono, milady, sono pronto a gettarmi ai vostri piedi» continuò in tono melodrammatico Lord St. Clair. «So di essere giunto qui con un colpevole ritardo, ma vi imploro di essere clemente.» Lady Undercliff, notò suo marito con un certo sgomento, lo ascoltava rapita. «Ero pronto per uscire di casa all'ora giusta» proseguì il barone, «quando il mio caro amico George Trumble mi ha fatto notare che il pizzo del mio fazzoletto da taschino...» lo sollevò a mezz'aria, esibendolo come prova, «non si abbinava con il resto del mio abbigliamento. Immaginatevi il mio sgomento! Non ho potuto fare altro che tornare in camera, per spogliarmi e rivestirmi da capo a piedi.» Con un plateale sospiro, lanciò un'occhiata a Lord Undercliff per sollecitare la sua comprensione, cosa che però non ottenne. «Avreste potuto limitarvi a cambiare fazzoletto, St. Clair» osservò Lord Undercliff, certo del proprio buonsenso. «Oppure avreste potuto sbarazzarvene, ed evitare almeno per una volta di andare in giro sventolandolo in continuazione, quasi che foste una vecchia matrona sempre sul punto di svenire.» St. Clair ridacchiò di gusto. «Ah, Lord Under17


cliff, quanto mi piacerebbe che le cose della vita fossero così semplici! Il fatto è che sono più affezionato al fazzoletto che al resto dei miei abiti. Sono convinto, inoltre, che un'ora trascorsa ad abbigliarsi con eleganza non sia mai sprecata.» «Volete dirmi che per vestirvi da sera ci mettete appena un'ora?» replicò Lord Undercliff, a metà tra il serio e il faceto. «Credevo che solo per allacciare quel bel bavaglino di pizzo che avete attorno al collo ci volesse una mezza giornata.» «Charles» lo interruppe Lady Undercliff con voce cortese ma ferma. Adesso che il ricercatissimo St. Clair le aveva fatto l'onore della sua presenza, non voleva certo che suo marito rovinasse tutto con i suoi commenti inappropriati. «Caro, stiamo trascurando gli altri nostri ospiti» gli disse in tono carico di sottintesi. Subito dopo si rivolse agli amici di St. Clair, un trio che lo accompagnava in ogni occasione. «Lord Osgood, Sir Gladwin, Mr. Trumble, siamo lieti di avervi tra noi.» Lord St. Clair si fece educatamente indietro per consentire ai suoi amici di salutare i padroni di casa, cosa che i tre fecero nell'ordine dettato dal loro rango. Lord Osmond Osgood, un giovanotto robusto noto agli amici con il soprannome di Ozzie, fu dunque il primo a farsi avanti. Dopo aver fatto un goffo inchino a Lady Undercliff, rivolse un sorriso a suo marito e indietreggiò con tale rapidità da rischiare di inciampare nei suoi stessi piedi. Sir Gladwin Penley, con indosso una marsina grigia e un panciotto giallo canarino, fu il secondo a porgere i propri omaggi. Prima, però, agguantò 18


Lord Osgood per un braccio, riuscendo così a evitargli un ignominioso ruzzolone. «Sono immensamente felice di essere qui, milady» dichiarò Sir Gladwin con una tale convinzione da non lasciar trapelare il fatto che i suoi amici avevano dovuto trascinarlo lì con la forza, mentre lui avrebbe di gran lunga preferito assistere all'ultimo spettacolo teatrale in cartellone a Covent Garden. George Trumble fu l'ultimo a inchinarsi dinanzi alla padrona di casa e fu anche il più sbrigativo. Tutti sapevano, del resto, che non era di sangue blu ed era stato invitato solo perché era un grande amico di St. Clair. Il barone, a differenza dei suoi tre amici, che erano giunti lì contro voglia e non vedevano l'ora di andarsene, sembrava invece trovarsi nel suo elemento. Si rivolse quindi con grazia verso Lady Undercliff e le offrì il braccio, facendole capire così, senza bisogno di parole, che poteva finalmente abbandonare la postazione ove riceveva gli ospiti, adesso che il più importante era arrivato. St. Clair e Lady Undercliff, seguiti da Lord Undercliff e dagli amici del barone, avanzarono con passo solenne verso il salone e, proprio mentre gli orologi a pendolo scoccavano la mezzanotte, fecero il loro trionfale ingresso. Miss Gabrielle Laurence si stava divertendo come non mai. Il suo debutto in società risaliva ad appena dieci giorni prima e, proprio come aveva sperato, da allora era stato tutto un susseguirsi di successi. Il suo trionfo però non era dovuto né al caso né 19


alla fortuna. Era stata lei stessa a costruirlo con cura e impegno, giorno dopo giorno, lavorando sodo per perfezionarsi. Se il suo sorriso era il più smagliante e i suoi modi i più cortesi, se la sua conversazione risultava più brillante e il suo aspetto più gradevole di quello delle altre debuttanti, dunque, costoro dovevano incolpare solo se stesse, perché non si erano applicate quanto lei. Il ballo dagli Undercliff si era dimostrato un ennesimo successo, e per tutta la serata era stata subissata di complimenti e contesa dai migliori partiti in circolazione. Le era stato persino rubato un casto bacio, quando era uscita sulla terrazza, ma anche questo andava considerato un successo, visto che il ladro che gliel'aveva estorto era Lord Edgar Wexter, erede di uno dei patrimoni più cospicui del Sussex. La felicità di Gabrielle Laurence, però, si incrinò nel momento in cui si rese conto che il giovane visconte al quale stava raccontando l'ultima diceria sul conto della Principessa Caroline aveva smesso di ascoltarla e, come tutti i presenti, aveva gli occhi incollati all'ingresso del salone. Con un sospiro, Gabrielle iniziò ad agitare furiosamente il ventaglio. «Scommetto che è arrivato quell'odioso damerino di St. Clair» disse ad alta voce, certa che il visconte, assorbito com'era nella contemplazione del nuovo arrivato, non l'avrebbe neppure udita. Dovunque andasse, Gabrielle non sentiva parlare d'altro che del Barone Christian St. Clair, arbitro di buon gusto, maestro di raffinatezza e modello di suprema eleganza. L'astro lucente che deteneva un po20


tere assoluto sui membri dell'alta società. Non appena il barone ebbe messo piede nel salone, tutti gli sguardi conversero su di lui come per incanto. Quell'uomo era più potente del Principe Reggente, più famoso di Brummell e più incensato del Duca di Wellington, l'eroe della recente guerra contro Napoleone. La smisurata considerazione che l'alta società gli tributava era ridicola. Ogni sua parola era vangelo, e tutti si affannavano a imitare il suo stile pacchiano ed effeminato. Gabrielle Laurence era talmente disgustata da quello stato di cose che, fosse stato per lei, non avrebbe degnato il barone di un'occhiata. Sapeva, tuttavia, di non poterselo permettere. Inimicarsi St. Clair, sarebbe equivalso ad attirare su di lei l'ostracismo generale. Non era disposta tuttavia a osannarlo come una divinità, cosa che invariabilmente facevano le matrone titolate e le loro figlie in cerca di marito, che spasimavano dal desiderio di ricevere le sue attenzioni. E così, Gabrielle iniziò a contare lentamente fino a dieci, fingendosi interessata ad altro, e solo quando il barone le fu talmente vicino da renderle impossibile ignorare la sua presenza, si voltò verso di lui e gli sorrise. «Buonasera, St. Clair. Avrei dovuto capire subito che eravate arrivato! Il brivido di eccitazione che ha percorso il salone poteva essere causato solo dalla vostra presenza. Vedo che vi siete vestito di turchese! La vostra squisita eleganza sovrasta quella di tutti i presenti.» 21


«Miss Laurence, i vostri complimenti mi onorano» replicò St. Clair. Mentre le baciava la mano, Gabrielle provò un brivido che seppe ben dissimulare. Voleva credere che si trattasse di un brivido di disgusto, ma se doveva essere sincera con se stessa, non ne era del tutto certa. St. Clair la fissò con i suoi grandi occhi verde azzurro. «Mi basta guardarvi, tuttavia, per rendermi conto che la mia eleganza non vale nulla di fronte alla vostra straordinaria bellezza.» «Sono i vostri apprezzamenti ad averla esaltata» ribatté Gabrielle in tono mellifluo. Era la pura e semplice verità, ma in cuor suo la irritava non poco dover ammettere con se stessa che, malgrado tutto l'impegno con cui aveva cercato di raffinare la propria immagine per debuttare in società nel modo migliore, se St. Clair avesse deciso che i suoi capelli rosso fuoco erano fuori moda e li avesse pubblicamente disprezzati, lei avrebbe anche potuto ritirarsi in campagna per sempre o prendere il velo, perché a Mayfair tutti le avrebbero chiuso la porta in faccia. Non le restava dunque che fare buon viso a cattiva sorte, e dimostrarsi cortese con l'uomo che aveva reso possibile il suo successo, anche se provava per lui una violenta antipatia. «Sono stato dal vostro sarto proprio oggi pomeriggio» intervenne il giovane visconte che nell'ultima mezz'ora era rimasto appiccicato a Gabrielle, non solo perché farsi vedere al suo fianco era un onore, ma soprattutto perché starle accanto gli avrebbe molto probabilmente permesso di parlare con St. Clair. Tutti sapevano, infatti, che il barone aveva un 22


debole per Miss Laurence e non trascurava mai di avvicinarla. «Gli ho ordinato un intero guardaroba e l'ho pagato il doppio del prezzo pur di averlo entro la prossima settimana» aggiunse il giovanotto con orgoglio. «Ah, davvero?» St. Clair sollevò l'occhialino dalla montatura dorata e da dietro la lente lo squadrò da capo a piedi con un certo disprezzo, soffermandosi sul suo ventre prominente. «Mi complimento con voi, anche se temo che siate in deplorevole ritardo. Ma non fate caso alla mia linguaccia. Piuttosto, ditemi, che colori avete scelto?» Il visconte deglutì, imbarazzato. «Verde pisello, azzurro cielo e grigio tortora. Ho fatto bene?» Prima di dare il suo pronunciamento, St. Clair attese che attorno a loro si fosse creato un folto gruppo di astanti. «Ottima scelta, milord» esclamò infine, rivolgendo al visconte un largo sorriso. Poi corrugò la fronte all'improvviso. «E tuttavia... come dirvelo con delicatezza? Temo che dovrete liberarvi di qualche libbra, se vorrete fare onore al vostro nuovo guardaroba. Posso suggerirvi di lasciare il vostro destriero nelle scuderie e intraprendere qualche lunga e sana camminata nel parco? Forse vi aiuterà a liberarvi da certe spiacevoli rotondità. Non credete anche voi, Miss Laurence?» Gabrielle, anziché rispondergli che le sarebbe molto piaciuto che il tremebondo visconte drizzasse di colpo la spina dorsale e gli facesse ingoiare l'occhialino con un destro ben assestato, si limitò a sorridere. «In effetti ho sempre pensato che il moto giovi alla salute, milord» affermò con condiscendenza. «Siamo in due, mia cara» replicò St. Clair, men23


tre l'orchestra intonava un valzer. «E poiché anche la danza è una benefica forma di moto, che ne direste di concedermi il prossimo ballo?» Gabrielle, che non aveva alcuna intenzione di attirarsi l'ostracismo dell'alta società, porse il braccio a St. Clair, che la scortò sulla pista. Molte altre coppie li seguirono, ansiose di imitare il barone e di osservare le sue prescrizioni. Quando però Gabrielle iniziò a volteggiare tra le braccia del suo compagno di ballo, si sentì finalmente libera di esprimere la propria opinione, certa che nessun altro all'infuori del suo interlocutore l'avrebbe udita. «Quanto vi detesto, St. Clair!» sussurrò, mascherando l'insulto dietro un sorriso. Le sue segrete scaramucce con il barone contrassegnavano ormai ogni loro incontro. Gabrielle non ricordava più chi dei due fosse stato a iniziarle, così come non avrebbe saputo dire se ne fosse più divertita o spaventata. Provava per lui emozioni intense e contrastanti, doveva ammetterlo. Emozioni che talvolta la spaventavano. Il barone la guardò con aria divertita. «Mia cara» disse, ricambiando il suo sorriso, «è normale che gli esseri inferiori disprezzino gli esseri superiori. Confessatemelo, vi prego. A forza di arrovellarvi su come porre termine alla mia esistenza non dormite più la notte, vero?» «Non spreco neanche un secondo del mio tempo per pensare a voi, milord» ribatté Gabrielle, salutando con un cenno del capo una conoscente, che le lanciò un'occhiata di risentimento solo perché stava ballando con l'idolo della serata. «È assolutamente vero, Miss Laurence» disse il 24


barone, accentuando solo leggermente la stretta sulla sua vita così da procurarle un brivido in cui il piacere e la paura si mescolavano in parti eguali. «Siete troppo occupata da altri pensieri. Non dovreste dimenticare però che la fama è un fenomeno effimero, e se ne state godendo è anche per merito mio. Domani stesso potrei distruggervi, e cosa sarebbe di voi? Datemi retta, vi converrebbe accettare la proposta di matrimonio del visconte grassottello che era al vostro fianco, prima di cadere in disgrazia.» «Se mi trovo qui non è certo perché sono alla ricerca di un marito ricco» sibilò Gabrielle a denti stretti, tentando di mantenersi calma. Sapeva, infatti, di dire una bugia, ma non voleva che St. Clair lo intuisse. «E così non volete sposarvi? Sono stupefatto!» la schernì lui. «Devo essermi proprio sbagliato, allora, quando mi è parso di cogliere dietro la vostra ben studiata esibizione di grazia ed eleganza lo spasmodico desiderio di un marito titolato. Perdonatemi, Miss Laurence, se ho frainteso le vostre intenzioni. Se non ho capito che avete debuttato in società solo per fondare un qualche circolo di interesse sociale. O magari per manifestare il vostro odio per gli uomini civettando con loro per poi calpestarne i cuori.» «Oh, smettetela, per favore!» sbottò Gabrielle. Il valzer era ormai giunto al termine, e St. Clair la stava conducendo verso la terrazza. «E va bene, lo ammetto. Anch'io, come tutte le altre giovani donne presenti al ballo di questa sera, sono alla ricerca di un marito ricco e titolato. Più ricco è e più titoli possiede, tanto meglio. Sono una mercenaria dalle 25


idee chiare e l'ambizione mi ha corrotta al punto che sono disposta a umiliarmi mostrandomi cortese con voi, pur di emergere in società. A differenza di quanto credete però, non odio affatto gli uomini. L'unico che disprezzi siete voi. Ecco, siete contento ora?» «Sono al settimo cielo» le rispose St. Clair, attirandola verso una panchina del giardino e invitandola a sedersi. Poi dispose con cura il suo fazzoletto di pizzo sullo spazio che Gabrielle aveva lasciato vuoto e, sollevando con attenzione le falde della marsina per non spiegazzarle, si sedette a sua volta. «Vedo che, dopo tante scaramucce, stiamo diventando sempre più sinceri l'uno con l'altro. Posso dunque ammettere che ricambio in pieno il disprezzo che nutrite per me.» «Ma allora perché vi siete degnato di portare il mio nome alla ribalta?» Gabrielle si voltò a guardarlo di sottecchi. Gli occhi di St. Clair, grandi e sovrastati da sopracciglia ben disegnate, cambiavano colore a seconda dei suoi stati d'animo, passando dall'azzurro al verde. Aveva un naso lungo e regolare, una bocca generosa e sensuale, e una folta massa di capelli del colore del grano, che amava portare stretti in un codino. Non era semplicemente gradevole d'aspetto. Era, purtroppo, bellissimo! Era un peccato che la natura, dopo avergli fatto dono di un aspetto fisico così straordinario, avesse dimenticato di corredare la sua bella testa di un cervello, ammise a malincuore Gabrielle. Ma era davvero così sicura che lui fosse uno stolto? Era davvero certa di provare per lui solo di26


sprezzo? Erano interrogativi che la turbavano e a cui non riusciva a dare una risposta. Anziché rispondere alla domanda che lei gli aveva rivolto, St. Clair estrasse da un taschino del panciotto una delle sue preziose tabacchiere intarsiate e annusò una presa di tabacco, cosa che subito dopo lo fece starnutire. «Cosa stavate dicendo?» le chiese poi con fare annoiato, lisciandosi la manica della marsina. Gabrielle pensò che non aveva mai conosciuto un vanesio altrettanto pieno di sé. Solo una stupida si sarebbe lasciata irretire dalla sua bellezza. Anche se da quando l'aveva conosciuto, purtroppo, le capitava di sognarlo, e le capitava anche un po' troppo spesso per i suoi gusti. Stizzita, non volle abbassarsi a ripetergli la domanda che gli aveva posto poco prima. Del resto, conosceva già la risposta. Se St. Clair l'aveva condotta alla fama, era solo perché voleva prendersi il merito di aver trasformato un'innocua e semplice ragazza di campagna, per di più con dei volgari capelli rossi, in una reginetta dei salotti più esclusivi e alla moda. Ciò che Gabrielle però non capiva era come mai tollerasse tutte le cattiverie che lei gli diceva, e come mai trovasse così necessario trattarla male, ogni volta che erano soli. La cosa che maggiormente la infastidiva, tuttavia, era un'altra, e si trattava di un particolare che non intendeva rivelare a nessuno. La turbavano moltissimo, al punto da tenerla sveglia la notte, le strane reazioni che provava ogni volta che St. Clair la sfiorava, ogni volta che la fissava con quei suoi stupefacenti occhi azzurri. Sembrava quasi che provasse 27


per lui un'insana attrazione, cosa che però era propensa a escludere categoricamente. «Ebbene» disse St. Clair spezzando lo strano silenzio che si era creato tra loro, «poiché pare che non abbiamo altre cattiverie da dirci, suggerirei di tornare nel salone.» Si alzò in piedi e recuperò il fazzoletto di pizzo. «Siamo rimasti fuori quanto basta per far credere ai pettegoli che ci siamo concessi un piccolo incontro romantico. Non so perché mai io vi tributi tanti onori, ma a quanto pare l'ho fatto anche questa sera. Ora concederò un ultimo ballo a qualche giovane donna un po' meno goffa di voi, dopodiché me ne andrò. Non voglio dare modo a Lady Undercliff di vantarsi di aver goduto della mia presenza alla sua festa per tutta la sera!» «Goffa io?» ripeté Gabrielle, piccata. «Sappiate che tutti mi considerano un'ottima ballerina. Proprio questa sera, il visconte ha giurato che scriverà quanto prima un'ode in onore della mia grazia.» «Quel bifolco? Da quando in qua avrebbe voce in capitolo?» disse St. Clair, mentre rientravano nel salone. «È talmente sciocco da illudersi che basteranno degli abiti nuovi a renderlo presentabile! Oh, guardate, sono proprio un uomo fortunato! Ecco Lady Ariana che viene verso di noi. I miei piedi sono al riparo, dunque. Vi consiglio di osservare come balla la mia cara amica, Miss Laurence. Per descrivere la sua impareggiabile grazia, citerò l'illustre poeta John Suckling. I suoi piedini, come topolini, spuntavano fugaci dalla crinolina e subito sparivano, come temessero la luce. Oh, lei danza così bene che...» «Non fate che citare poeti e famosi scrittori» lo interruppe Gabrielle, sempre più irritata. «È davve28


ro un peccato che non abbiate mai un pensiero originale.» «Oh, la vostra durezza mi ha ferito a morte» replicò lui in tono melodrammatico. «Urge dunque che mi ritiri in buon ordine.» Fece un cenno al visconte, che era rimasto nei paraggi, affinché si avvicinasse. «Non so come ringraziarvi, milord» gli disse con un mezzo inchino. «Siete incredibilmente gentile a riprendervi la giovane donna che poco fa vi ha piantato in asso per fare compagnia a un cavaliere migliore. Miss Laurence, so di lasciarvi in buone mani. Con permesso.» Gabrielle si sforzò di esibire un sorriso luminoso almeno quanto lo era l'enorme lampadario che pendeva dal soffitto, lampadario che lei si augurò precipitasse di colpo su quell'arrogante di St. Clair.

29


L'inferno dei vivi Jacqueline Navin Cornovaglia, 1197 - Lily, la dolce, ingenua, schietta, appassionata fanciulla di cui il prode Rogan St. Cyr si è invaghito a prima vista e che ha sposato senza frapporre indugi è in realtà una donna spietata e malvagia? È colei che ha tramato contro di lui e ha tradito la sua fiducia permettendo che lo accusassero di un crimine infamante, lo gettassero in carcere e attentassero alla sua vita? Torturato dai dubbi e ossessionato dai propositi di vendetta, Rogan è deciso a scoprirlo, perché, nonostante tutte le apparenze siano contro la bella moglie, quello che prova per lei è un sentimento vero e profondo.

Il Pavone Kasey Michaels Inghilterra, 1816 - L'affascinante Barone Christian St. Clair è l'idolo indiscusso dell'alta società londinese, colui che detta legge in fatto di moda e può decretare con una sola parola il successo o la rovina di chiunque. Ma dietro l'insospettabile facciata del dandy frivolo si nasconde in realtà il Pavone, un fuorilegge di idee liberali che si batte per i diritti dei più poveri e le cui gesta suscitano grande scalpore tra la ricca nobiltà inglese. Per questo sono in molti a volerlo smascherare, prima fra tutti la reginetta della Stagione, Gabrielle Laurence, che ammira il Pavone almeno quanto disprezza St. Clair.


Per volere del re Diana Hall Inghilterra, 1154 - Nella vita di Roen de Galliard non c'è posto per l'amore. Tuttavia, quando il valoroso guerriero viene incaricato da Enrico II di scoprire chi sia il traditore che si annida nel castello di Woodshadow e che minaccia la vita di lady Lenora, non gli resta che obbedire. Le cose si complicano quando, per proteggere la bellissima giovane, Roen si vede costretto a sposarla mentre Lenora lo detesta con tutta se stessa. Come se non bastasse, la loro vita matrimoniale non inizia sotto i migliori auspici dal momento che i due verranno tenuti separati da malintesi e cospirazioni di corte, che alla fine però...

Prigioniera di uno sconosciuto Patricia Frances Rowell Inghilterra, 1811 - Durante una cavalcata nel parco della sua tenuta, Persephone Hathersage viene rapita da uno sconosciuto che si presenta con il suggestivo nome di Lord Hades e la conduce nel suo antico maniero. Qui, a poco a poco, ogni timore scompare dal cuore della fanciulla, sostituito da una quanto mai inopportuna attrazione per il suo affascinante e premuroso carceriere. Mille domande si rincorrono nella sua mente: perché Hades l'ha rapita, salvandole la vita? Chi è in realtà, e come mai vive nascosto in quel rifugio inaccessibile?

DAL 14 MARZO


Indimenticabili emozioni di altri tempi Inghilterra, XIX secolo L’affascinante Lionel è da sempre innamorato della ribelle e impertinente Lily, che tuttavia non potrà mai avere a causa della sua condizione di figlia illegittima. Ma una verità troppo a lungo taciuta sta per essere scoperta…

Inghilterra, 1815 Decisa a recuperare il tempo perduto con la figlia, data in adozione alla nascita due anni prima, Grace Bertram accetta il posto di governante nella casa del Marchese di Ravenwell, dove vive la piccola Clara. Una scelta che le cambierà di nuovo la vita.

Dal 17 gennaio in EDICOLA e sul nostro store www.eHarmony.it - Seguici su


NOVITÀ “Una storia fresca e originale e soprattutto un personaggio femminile che non sviene al primo battito di ciglia maschili”

“Consigliato a tutti coloro che credono nell’amore vero, dolce, scoppiettante e mai banale”

LE AUTRICI ITALIANE DI SUCCESSO dal DIGITALE FINALMENTE in EDICOLA! Dal 19 GENNAIO in EDICOLA www.eHarmony.it - Seguici su PROSSIMA USCITA: 21 MARZO


NON PERDERE IL PRIMO ROMANZO DELL’ AVVINCENTE MINISERIE

– L'ORDINE DELLA SPADA –

Quale strada sceglierà il giovane e affascinante cavaliere Sir John Russell? Dal 3 gennaio IN EDICOLA e sul nostro store

www.eHarmony.it - Seguici su



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.