Il piacere rubato

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Le più belle saghe storiche d’autore, da collezionare.

Inghilterra, 1665 Tre sorelle segnate dal loro destino: prendere le redini dell’attività di famiglia alla morte del padre e del fratello, scomparsi in un tragico naufragio. Ora sono ufficialmente corsari alle dipendenze di Re Carlo II. “Una storia d’amore imprevedibile popolata da pirati, sorelle coraggiose e un capitano sensuale. Buona lettura!” Goodreads Review

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Oltre un milione di copie vendute nel mondo, Due nuovi appuntamenti con la serie firmata

Marie Force

L’assassinio di una donna nelle stanze della Casa Bianca, nuove minacce di morte per il tenente di polizia Sam Holland e il senatore Nick Cappuano… A Washington gli scandali sono all’ordine del giorno.

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BRONWYN SCOTT

Il piacere rubato


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Rake Most Likely To Thrill Harlequin Historical © 2015 Nikki Poppen Traduzione di Federica Isola Pellegrini Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2016 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Storici Seduction aprile 2016 Questo volume è stato stampato nel marzo 2016 presso la Rotolito Lombarda - Milano I GRANDI STORICI SEDUCTION ISSN 2240 - 1644 Periodico mensile n. 52 del 20/04/2016 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 556 del 18/11/2011 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


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Antwerp Hotel, Dover Marzo 1835 Sarebbe stato versato del sangue. Era diventata una conclusione scontata nel medesimo istante in cui il carrettiere aveva abbattuto la frusta sulla groppa del baio del Cleveland che arrancava fra le stanghe del carro sovraccarico. Quanto sangue, e di chi, restava ancora da vedere. Archer Crawford non era uscito nell'oscurità che precede l'alba per andare in cerca di guai. In effetti, aveva tentato di evitarli. All'interno, la partita a carte a cui stava partecipando Nolan Gray, suo compagno di viaggio e amico di lunga data, stava prendendo una brutta piega. Sembrava, però, che i guai avessero trovato lui. Era incapace di stare a guardare quando qualsiasi cavallo veniva maltrattato. A giudicare dal mantello malconcio di quello, non era la prima volta che subiva la frusta. Ma sarebbe stata l'ultima se lui non fosse intervenuto. Il corpulento carrettiere abbatté di nuovo lo staffile, deciso a costringere l'animale a tirare il carico o morire mentre tentava di farlo. Un'ipotesi assai più probabile, quest'ultima, e il baio lo sapeva. Non dimostrava la benché minima paura, limitandosi a starsene fra le stanghe con aria rassegnata. In attesa. 5


Probabilmente per decidere se morire subito o andare incontro a quella inevitabile sorte trascinando un peso che sarebbe stato eccessivo perfino per due cavalli. Quando la frusta si abbatté per la terza volta, Archer emerse da sotto la tettoia dell'albergo. Con mossa fulminea afferrò la correggia della sferza e se l'avvolse attorno al polso, tirando in avanti l'uomo seduto a cassetta. «Forse dovreste ricevere voi stesso un paio di frustate prima di somministrarle al vostro animale.» Dette alcuni strattoni alla frusta, rischiando di sbalzare il carrettiere dal sedile. L'uomo si reclinò all'indietro per tentare di tenersi in equilibrio. «Lasciatela andare o scendete a terra!» gli intimò Archer in tono imperioso, dando un altro strattone. «Non sono affari vostri» ringhiò il birocciaio. «Questo cavallo deve guadagnarsi il suo mantenimento come devo guadagnarmelo io.» Tuttavia, lasciò andare la frusta, con violenza, ovviamente, nella speranza di mandare l'intruso a gambe all'aria nel fango. Ma Archer aveva puntato i piedi e quel gesto brusco contribuì soltanto a confermare l'opinione che si era già fatto dell'uomo: un individuo prepotente, brutale. Si avvolse la frusta attorno al braccio. «Non con un carico che dovrebbe essere trainato da una pariglia. Quel cavallo non arriverà a stasera, e voi che cosa farete, allora?» Anche se parve trovare sensato quel ragionamento, l'uomo serrò le labbra in una linea dura. «Non posso porvi rimedio. Se mi restituite la frusta, padrone, me ne andrò per la mia strada.» Un lampo minaccioso gli saettò negli occhi mentre cominciava a scendere. Era l'ultima cosa che Archer desiderava. Doveva imbarcarsi su un veliero un'ora più tardi e non aveva il tempo di fare a pugni. Inoltre, benché fosse agile e veloce, grazie alle molte ore che aveva trascorso a esercitarsi 6


nella boxe nella palestra di Jackson, appariva chiaro che l'uomo pesava almeno trenta libbre più di lui. Iniziare il Grand Tour, il viaggio di prammatica dei giovani di buona famiglia dopo la laurea, con un labbro spaccato e un occhio nero non era la più allettante delle prospettive. Il cavallo lanciò un nitrito e girò la testa nella sua direzione, come per metterlo in guardia. Il carrettiere si fermò a due passi da lui e tese la mano. «La frusta.» Lui sorrise. «Vi propongo uno scambio. Datemi il cavallo.» L'uomo sputò al suolo. «Una frusta per un cavallo?» lo schernì. «Non mi sembra uno scambio equo.» «E qualunque cosa io abbia in tasca.» Archer si batté la mano sulla tasca del pastrano. «Forse la vostra tasca è vuota. Mostratemi che cosa contiene.» Archer annuì, avendo cura di restare fra l'uomo e il cavallo. L'animale gli stava spingendo la spalla con il muso, forse a mo' di incoraggiamento. Lui sollevò un fermasoldi d'oro verso il lampione, lasciando che la luce vi si riflettesse. Poi lo girò, mostrando il fascio di sterline accuratamente piegate. «È più che equo. Potete acquistare due cavalli con questa somma.» Non intendeva condannare un altro animale alla stessa sorte di quello che stava liberando. Tentò di valutare la reazione del carrettiere. Di solito, il denaro era il sistema più rapido per comporre una disputa, anche se non il più onesto. Agitò ancora una volta il fermasoldi nel fascio di luce proiettato dal lampione. Alle sue spalle, udì lo sferragliare di una carrozza che si avvicinava, probabilmente quella che doveva condurre al porto lui e Nolan. Non aveva altro tempo da perdere. «La frusta e il fermasoldi per il cavallo» incalzò. 7


«D'accordo» acconsentì il carrettiere in tono arcigno, strappandogli praticamente di mano il denaro. Accennò in direzione del cavallo. «Dato che adesso è vostro, toglietegli i finimenti.» Archer lo staccò dal carro in un paio di minuti. Benché il fatto di averlo salvato da una morte certa gli procurasse un senso di trionfo, che cosa ne avrebbe fatto adesso? La carrozza che aveva udito era effettivamente la loro e il vetturino stava aspettando. Non aveva che dieci minuti per sistemare il cavallo. Servendosi di una briglia di corda, lo condusse verso le scuderie, lanciando un'occhiata attraverso le finestre anteriori dell'albergo. La situazione all'interno era peggiorata. Nolan e gli altri giocatori stavano in piedi. Uno di loro indicava freneticamente le carte e il denaro posti sul tavolo. Nella scuderia, Archer svegliò lo stalliere e gli impartì una raffica di istruzioni. «Questo cavallo deve essere tenuto qui a pensione.» Lasciò cadere alcune monete su un rozzo tavolino di legno. «Queste serviranno per il suo mantenimento. Quando si sarà riposato, incaricate qualcuno di consegnarlo a questo indirizzo.» Estrasse un biglietto da visita da una tasca interna. «L'uomo che troverete vi pagherà bene. Questo è il denaro supplementare per il viaggio.» Sebbene il più vicino dei suoi amici abitasse a un giorno di cammino da Dover, era il meglio che potesse fare date le circostanze. Si augurò che la promessa di ricevere altro denaro inducesse lo stalliere a consegnare il cavallo anziché venderlo. Il frastuono di un trambusto proveniente dall'albergo gli giunse all'orecchio. Doveva trattarsi di Nolan. Archer fece scorrere la mano sul manto rovinato del cavallo. Era stato un magnifico animale una volta. Con un po' di fortuna, lo sarebbe diventato di nuovo. Mise altre monete nella mano dello stalliere. «Queste sono per voi, come mio ringraziamento 8


personale per la vostra gentilezza, da cavaliere a cavaliere.» Non ebbe il tempo per fare altro. Il trambusto esigeva la sua attenzione a quel punto. Salutò lo stalliere con un cenno del capo e uscì nella corte, acutamente consapevole che il cavallo lo stava seguendo con lo sguardo. Nella fitta penombra rischiò di andare a sbattere contro Nolan, che stava correndo verso di lui. «Archer, vecchio mio! Dov'eri finito? Dobbiamo andarcene immediatamente!» Senza fermarsi, gli afferrò il braccio e lo trascinò verso la carrozza. «Non guardarti indietro, ma quell'uomo inferocito che ci sta inseguendo è convinto che io abbia barato. Ha una pistola e il mio pugnale migliore. Anche se quest'ultimo è conficcato nella sua spalla, credo che sia in grado di sparare con tutte e due le mani.» Spalancò lo sportello ed entrambi si affrettarono a salire a bordo. La vettura si avviò prima ancora che lo sportello fosse stato richiuso. «Ah! Una fuga in piena regola.» Nolan si appoggiò allo schienale del sedile, un sorriso compiaciuto sulle labbra. «Non sempre è necessario darsi alla fuga. A volte potremmo uscire da un edificio come persone normali.» Archer si raddrizzò i polsini della redingote e gli scoccò un'occhiata di rimprovero. «È stato piuttosto normale» protestò Nolan. «Hai lasciato un coltello conficcato nella spalla di un uomo. Non la definirei la più discreta delle partenze.» Se Nolan fosse stato discreto, avrebbe smesso di giocare due ore prima. Gli altri giocatori si sarebbero alzati dal tavolo con il loro orgoglio e una parte del loro denaro ancora intatti. D'altro canto, lui non avrebbe avuto la possibilità di salvare un cavallo. «Sei riuscito a svignartela appena in tempo.» Nolan si limitò a sorridere. «A proposito di tempo, credi che Haviland sia già al porto?» Dovevano incontrare altri due 9


amici sulla banchina per iniziare il Grand Tour. «Scommetto cinque sterline che lo troveremo lì.» Archer scoppiò in una risata. «A quest'ora? No, non è ancora arrivato. È troppo presto. Inoltre, deve tirare Brennan giù dal letto.» Lui e Haviland si conoscevano da quando erano stati insieme in collegio a Eton. Sebbene fosse notoriamente puntuale, Haviland non si sarebbe presentato in anticipo e Brennan era sempre in ritardo. «Saranno le cinque sterline più facili che abbia mai guadagnato.» Nolan continuò a chiacchierare, ma Archer aveva chiuso gli occhi e non lo ascoltava più. Aveva bisogno di un momento di pace. Dopo aver avuto a che fare con un carrettiere infuriato, aver salvato un cavallo ed essere sfuggito ad alcuni giocatori imbestialiti, la notte passata in bianco cominciava a sortire il suo effetto. A volte Nolan riusciva a logorare i nervi di una persona. Provocare una rissa poco prima di partire non era esattamente la sua idea di un bon voyage. Tuttavia, che fosse o no d'accordo con le decisioni di Nolan, era compito suo spalleggiarlo, così come era compito di Haviland spalleggiare Brennan. Si erano divisi i compiti anni prima, in collegio, quando era apparso chiaro che Nolan e Brennan erano assolutamente incapaci di non cacciarsi nei guai. Allora, li avevano protetti. Adesso, Nolan era perfettamente in grado di proteggersi da solo. Non gli occorreva tanto essere difeso quanto essere appoggiato. Questo era il modo signorile per definirlo. Fungere da padrino in un duello era un altro. C'erano delle volte, come quel mattino, in cui Archer apprezzava i cavalli. Li capiva, arrivava perfino a preferirli agli esseri umani. Erano stati appunto i cavalli, oltre alla sua lunga amicizia con gli altri, a fornirgli la motivazione decisiva, 10


anche se non l'unica, per lasciare Newmarket. Forse c'erano delle nuove razze che lo attendevano in Europa, stalloni che avrebbe potuto spedire all'allevamento della sua famiglia. Suo padre lo aveva incaricato di acquistare qualunque esemplare promettente fosse riuscito a trovare e gli aveva dato carta bianca per farlo. Lui, però, conosceva il significato recondito di quell'incarico. Non era che un modo per scusarsi. Il suo genitore era abilissimo nel farsi perdonare con i quattrini, un sistema semplice e poco impegnativo per riuscirci, a patto di possederne molti, e suo padre, il conte, ne aveva a palate. Non aveva mai compreso che i suoi familiari avrebbero desiderato ricevere qualcosa di più del denaro e di ciò che era in grado di comprare, e Archer ne aveva avuto abbastanza del suo altezzoso riserbo, della sua insensibilità e della sua freddezza. Stava andando in cerca di climi più caldi e di congiunti più calorosi, vale a dire i parenti di sua madre che vivevano a Siena. Non si era mai rallegrato tanto di essere il secondogenito. Suo fratello era l'erede e in quanto tale doveva occuparsi delle tenute, mentre a lui erano state affidate le scuderie, l'allevamento di cavalli e l'organizzazione delle corse, ed era stato questo a procurargli una via di fuga quando Haviland aveva proposto quel viaggio l'autunno precedente. Gli avrebbe consentito di essere a Siena per il Palio, la tradizionale giostra cittadina che aveva luogo il 16 di agosto. Avrebbe potuto stare con i parenti di sua madre, allevatori di cavalli come lui. Probabilmente era stato questo ad attrarlo più di ogni altra cosa, quelle persone che non aveva mai conosciuto e di cui non aveva sentito parlare che per lettera durante l'infanzia e l'adolescenza. In particolare, suo zio Giacomo, i cui famosi cavalli avevano vinto la giostra in diverse occasioni. Così aveva l'opportunità di partecipare a un evento grandioso, e di 11


mantenere la promessa che aveva fatto alla madre morente. I suoi sogni erano tutto ciò che gli rimaneva di lei. Udì il fruscio prodotto da Nolan che si spostava sul sedile per affacciarsi al finestrino. «Dubito che quell'uomo ci stia inseguendo, non con un pugnale conficcato in una spalla.» Archer borbottò qualcosa senza aprire gli occhi. Udì Nolan tornare a rilassarsi contro lo schienale. Anzi no, si corresse. Percepì i penetranti occhi grigi dell'amico fissi su di sé, in una sorta di unilaterale braccio di ferro visivo. Non avrebbe aperto gli occhi, si disse, non li avrebbe aperti, non li avrebbe aperti... Archer spalancò gli occhi. «Che cosa c'è?» Nolan incrociò le braccia sul petto, un sorriso da orecchio a orecchio. «Come mai c'è un cavallo che ci sta seguendo?» «Un cavallo?» Fu lui adesso ad affacciarsi al finestrino. Fissò, sbirciò, portò lo sguardo su Nolan e lo riportò sulla strada. Non era possibile. Ma lo era. Il baio del Cleveland che aveva salvato stava galoppando dietro di loro. Anzi, di fianco a loro, quasi sapesse che lui si trovava all'interno della vettura. «L'ho salvato stamattina mentre tu stavi giocando a carte» spiegò. Che cosa ne avrebbe fatto adesso, in un porto di mare? Non poteva portarlo in Francia con sé. Non sarebbe stato giusto costringere quel povero animale a sopportare la traversata del Canale e percorrere tutta la strada da Calais a Parigi. Aveva bisogno di cibo e di riposo. Il che non significava che il comportamento del cavallo non avesse fatto vibrare una corda nel suo intimo. Nolan poteva anche beffarsi della sua convinzione che i cavalli erano in grado di comunicare con i loro proprietari, ma lui aveva visto troppi esempi che dimostravano il contrario. La lealtà di un cavallo non doveva mai essere presa alla leggera. I cavalli avrebbero dato la vita per le persone che amavano. 12


Appena la vettura svoltò per imboccare il pontile, il cavallo rallentò. Archer saltò giù nel medesimo istante in cui la carrozza si arrestò. Benché il cavallo avesse ancora la briglia di corda attorno al collo, per fortuna non era legato a una cinghia che gli pendeva pericolosamente fra gli zoccoli. Lui tese la mano e si avvicinò lentamente. «Calma, ragazzo.» Il baio sbuffò rumorosamente, la schiuma che gli circondava la bocca. Un animale come quello avrebbe dovuto essere in grado di galoppare per miglia e miglia, ma la denutrizione e la fatica a cui era stato sottoposto avevano minato la sua capacità di resistenza. Tuttavia, non lo avevano privato del sesto senso che gli consentiva di intuire di chi poteva fidarsi. Rimase immobile, paziente, mentre Archer gli posava una mano sul muso e una sul collo, parlandogli in tono sommesso, rassicurante. «Ti ho procurato una buona casa. Lo stalliere dell'albergo ti porterà lì dopo che ti sarai riposato. Ci sono dei grandi pascoli verdi. Potrai correre e brucare l'erba a volontà.» «Non ti capisce, Arch» rise Nolan avvicinandosi. «Ha dimostrato di essere in gamba, correndoti dietro, però. E intelligente. Un comportamento che suscita rispetto.» E induceva a porsi delle domande. Archer gli appoggiò la testa contro il collo. La gente se ne andava quando non aveva più un motivo per restare in un posto, nessuno poteva saperlo meglio di lui. Era stata sua madre a trattenerlo in Inghilterra quando aveva desiderato lasciarla alcuni anni prima. Ora che lei era mancata, erano scomparse anche le sue motivazioni. Perché avrebbe dovuto essere diverso per i cavalli? Condusse il baio verso la carrozza e lo legò alla parte posteriore. Consegnò alcune monete al vetturino e gli ordinò di riportarlo alle scuderie dell'Antwerp Hotel. «Fidati di me» bisbigliò al cavallo. «Andrà tutto bene.» 13


«Peccato che tu sarai più povero di cinque sterline.» Nolan indicò un'alta sagoma indistinta che stava in piedi in fondo alla banchina. «Haviland è già arrivato. Ti avevo detto che lo avremmo trovato qui e, guarda, ha portato con sé le sue spade. Non è riuscito a separarsene neppure per una notte.» Archer fece una smorfia, notando preoccupato che Haviland era solo. «Dov'è Brennan?» gridò Nolan mentre si dirigevano verso di lui. «Ti aspettavi forse di trovarlo qui, da quel conoscitore della natura umana che sei?» lo canzonò Haviland. Subito dopo si fece serio. «Speravo che fosse con voi.» Accennò in direzione del veliero. «Dobbiamo salire a bordo. Il capitano è pronto a salpare. Non abbiamo il tempo di aspettare. Anzi, temevo di dovere partire da solo.» «Be'» ribatté Nolan in tono impertinente, «eravamo occupati a salvare cavalli.» «E conficcare coltelli nelle spalle altrui» aggiunse Archer, per niente divertito. Era stanco, in ansia sia per Brennan sia per il cavallo. L'intera faccenda sembrava di cattivo auspicio per il viaggio. E se invece si fosse trattato di un segno destinato a fargli capire che non poteva imbarcarsi? Avrebbe potuto concedersi altri due giorni per consegnare personalmente il baio a Jamie Burke, a Folkestone. Avrebbe potuto rintracciare Brennan. Insieme, avrebbero potuto prendere un'altra nave. Sì, era una soluzione sensata. Avrebbe proposto... No, si disse risolutamente. Non intendeva accampare dei pretesti, per quanto ragionevoli potessero sembrare. Aveva rimandato quel viaggio fin troppo a lungo, anteposto le necessità altrui alle proprie fin troppo a lungo. Sarebbe salito su quel veliero. Probabilmente, stava tergiversando perché aveva paura. Se avesse compiuto quel passo, gli sarebbe stato impossibile tornare indietro. Quel passo sarebbe stato il più 14


lungo che avesse mai fatto. Lo avrebbe portato verso una nuova vita, una nuova famiglia. I tre giovani salirono a bordo con palese riluttanza e si appoggiarono al parapetto, gli occhi incollati sul molo, ciascuno in preda al timore per Brennan. Che cosa poteva essere successo? L'amico aveva cenato con loro la sera prima. La domanda importante non era dove fosse Brennan, ma se fosse sano e salvo. Nolan tentò invano di risollevare loro il morale scommettendo sull'arrivo di Brennan. Quando il cigolio delle catene annunciò che l'ancora veniva issata, del loro quarto compagno di viaggio non c'era traccia. Archer chinò la testa, rassegnandosi all'inevitabile. Brennan non sarebbe venuto. Il viaggio non sarebbe stato lo stesso senza di lui. Certo, sarebbe stato più tranquillo, ma sarebbe mancato qualcosa. Dovunque andasse, Brennan portava con sé fuoco e vita, possedeva la capacità di rendere tutto più eccitante. A un tratto, un guizzo sulla banchina catturò la sua attenzione. Alzò la testa. Anche Haviland lo notò e prese ad agitare freneticamente le braccia. Era Bren! Stava correndo a perdifiato, senza pastrano né redingote, le code della camicia che svolazzavano come vele. Haviland si lanciò lungo il veliero, gridando istruzioni: salta e non saltare lì, la distanza è troppo grande e salta sulla parte posteriore, nel punto che non si è ancora staccato dal molo. La poppa, in effetti, era piatta per consentire di caricare le merci e un settore era privo di parapetto. Fu allora che Archer si rese conto che Brennan non era solo. In un primo momento, non aveva notato i due uomini che gli stavano correndo dietro, uno dei quali armato. Dietro gli uomini veniva un cavallo, che li oltrepassò in un lampo, scavalcando barili rovesciati e dirigendosi verso Brennan. E non 15


era un cavallo qualsiasi. Era il suo cavallo. Dopo essersi scambiati un'occhiata, Archer e Nolan si precipitarono dietro a Haviland. A poppa regnava il caos. Haviland stava urlando, Brennan stava correndo, il cavallo lo aveva raggiunto e affiancato, ma i due inseguitori stavano guadagnando terreno. Finché avessero continuato a inseguirlo, non avrebbero potuto sparare. Era il momento in cui si sarebbero fermati a spaventare Archer e quel momento non avrebbe tardato a presentarsi. Non c'era un altro posto dove andare. Il veliero, nel frattempo, si era allontanato dal molo, lasciando una striscia di acqua piuttosto ampia fra la banchina e la poppa. Archer valutò la distanza. Perfino alla velocità a cui correva Brennan sarebbe stato un salto estremamente rischioso, se non impossibile. «Sali sul quel cavallo, Bren!» gridò nel vento, indicando l'animale. E se questi si fosse rifiutato di saltare? E se entrambi fossero precipitati in acqua? Al pari di lui, Bren era nato in sella. Se qualcuno era in grado di compiere un'impresa del genere, quello era Bren. Del resto, non aveva una possibilità di scelta, a meno che non volesse trovarsi a fissare la canna di una pistola. Tutti trattennero il fiato allorché Brennan Carr afferrò la criniera e si issò sulla groppa dello stallone lanciato a tutta velocità. Saltarono. Atterrarono. Per puro miracolo. Un altro piede di distanza e non ce l'avrebbero mai fatta. Scosso dal balzo e sbilanciato dalle oscillazioni del ponte, il cavallo cadde sulle ginocchia. Archer e Haviland si precipitarono verso di lui. Brennan scivolò giù dalla groppa. Haviland accorse per sorreggerlo, ma l'amico lo respinse con una raffica di parole 16


affannose. «Stai giù, Hav! Arch... il cavallo... tienilo giù!» La prima pallottola passò fischiando sopra le loro teste, mancando Haviland per un pelo. Archer si accovacciò accanto al cavallo atterrito, servendosi delle mani e delle parole per impedirgli di trasformarsi in un bersaglio. Ora che erano tutti in salvo, desiderò che il veliero si muovesse più in fretta. A un tratto, non c'era più uno spazio sufficiente fra loro e il molo. Non si sarebbe meravigliato di veder comparire l'uomo che Nolan aveva pugnalato. Loro, d'altro canto, erano tutti lì, compreso il cavallo. Grazie a Nolan e Brennan, la loro partenza era risultata spettacolare. Quando ebbero la certezza di essere ormai fuori tiro, i quattro giovani si rialzarono cautamente, spolverandosi gli abiti. Archer e Haviland si scambiarono un'occhiata di intesa. Sarebbe stato un viaggio turbolento insieme a quei due. Haviland, però, stava sorridendo mentre la costa inglese svaniva in lontananza. Archer accennò in direzione della briglia che aveva in mano. «Vado a parlare con il capitano per chiedergli dove posso mettere questo ragazzo.» Mentre si allontanava con il cavallo, gli giunse all'orecchio la voce cantilenante di Nolan. «La vera domanda, Bren, non è dove sei stato, ma se lei ne valeva la pena.» La risata di Brennan si levò nel vento, come se quell'inseguimento fosse stato una burla, come se non fossero state sparate delle pallottole. «Ne vale sempre la pena, Nol, sempre.» C'erano delle volte in cui Archer invidiava quei suoi due amici per il loro atteggiamento noncurante, per la loro apparente indifferenza. Dimostravano che con ogni probabilità la sventatezza era sottovalutata. C'era un box improvvisato sul ponte, dove il cavallo sarebbe stato relativamente al sicuro. Nonostante la traversata del 17


Canale fosse breve, solo ventuno miglia, il mare poteva essere molto mosso. Non volendo rischiare che il cavallo riportasse altri danni, lo condusse personalmente nel recinto e gli fece scorrere le mani lungo le zampe per accertarsi che non si fosse ferito mentre saltava. Una volta che ebbe constatato che non era in condizioni peggiori di quel mattino, gli posò la mano sul collo. «Immagino che dovrò darti un nome se hai intenzione di stare con me.» Rifletté un istante. «Che ne diresti di Amicus? Significa amico in latino e oggi hai dimostrato di esserlo, aiutando Brennan quando ne aveva bisogno.» «Tanto più che i bai del Cleveland vengono allevati per tirare le carrozze» osservò Haviland, che si era avvicinato. Archer scrollò le spalle. Aveva cessato da tempo di curarsi che qualcuno lo sentisse parlare ai cavalli. Accarezzò il muso di Amicus. «Soprattutto per questo.» Percorse l'animale con lo sguardo. «Mi chiedo se tu non sia stato un cavallo da caccia in passato, ragazzo. Ho avuto l'impressione che sapessi che cosa stavi facendo quando hai spiccato quel salto.» Senza la benché minima esitazione, come se fosse abituato a saltare siepi e alberi caduti, dossi e ruscelli. Benché i bai del Cleveland venissero allevati nella zona nordorientale della Gran Bretagna, che comprendeva appunto il Cleveland, e addestrati per tirare le carrozze reali, lui conosceva alcuni allevatori che li usavano per la caccia. Haviland accarezzò Amicus a sua volta. «Perché immagini che lo abbia fatto? È stato un salto eccezionale. Conosco molti cavalli che si sarebbero impuntati. Avrebbe potuto uccidersi.» «Ha deciso che l'Inghilterra è diventata troppo stretta per lui.» «Come te, amico mio? Sei ancora deciso ad attuare quel 18


piano?» Nolan e Brennan non sapevano che lui aveva deciso di stabilirsi in Italia, ma Archer si era confidato con Haviland. Annuì. «E tu?» Anche Haviland si era confidato. Lui non era l'unico a considerare quel viaggio come una via di fuga. «Sì, voglio assaporare un periodo di libertà. Voglio mettermi alla prova, vedere come avrebbe potuto essere prima di...» Haviland scrollò le spalle, lasciando la frase in sospeso. Archer, tuttavia, conosceva il resto della frase: prima che fosse costretto a tornare a casa e contrarre un matrimonio combinato con una donna che non gli ispirava che indifferenza. Ringraziò il cielo ancora una volta di non essere un primogenito. Se non altro, aveva una possibilità di scelta. E aveva una cosa in comune con Amicus. Al pari del cavallo, aveva deciso che l'Inghilterra era diventata troppo stretta per lui.

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Il seduttore delle Highlands VONDA SINCLAIR INGHILTERRA - SCOZIA, 1618 - Quando Re Giacomo le ordina di sposare Sir Lachlan MacGrath, detto il Seduttore delle Highlands, Angelique accetta anche se la sola idea le fa orrore. L'affascinante scozzese, però, si rivela più dolce e rispettoso del previsto, e a poco a poco il fuoco che gli arde negli occhi ogni volta che la guarda scioglie le sue riserve. Ma proprio quando Angelique inizia a pensare che la vita coniugale possa rivelarsi piacevole, nuove e antiche minacce si affacciano all'orizzonte, mettendo in pericolo la fragile fiducia che Lachlan è riuscito a far germogliare nel suo cuore ferito.

Il piacere rubato BRONWYN SCOTT TOSCANA, 1835 - Quando Elisabetta di Nofri vede per la prima volta Archer Crowford, un desiderio irresistibile la spinge a concedersi un fugace istante di passione tra le sue braccia. Promessa a Ridolfo, uomo che detesta, è consapevole dei propri doveri nei confronti della famiglia eppure non vuole rinunciare al piacere appena assaporato con il giovane visconte inglese... Ma Ridolfo è disposto alle più ignobili ritorsioni pur di ostacolare i due amanti e Archer, arrivato a Siena per correre nel famoso palio, dovrà rischiare il tutto per tutto se vuole vincere ciò che desidera davvero.


Audace tentazione VONDA SINCLAIR SCOZIA, 1618 - Dirk MacKay sta tornando a Durness per riprendere il posto che gli spetta di diritto nel clan, quando si imbatte in Isobel MacKenzie. La giovane vedova non è più la bellezza acerba che lui ricordava: si è trasformata in una donna sensuale che gli risveglia i sensi. Per giunta, sembra intenzionata a conoscere la passione e ha scelto lui per scoprire i piaceri che fino a quel momento il destino le ha negato. Isobel, però, è già promessa a un altro, e se Dik accettasse di cedere alla tentazione finirebbe per innescare una sanguinosa faida. Sarà disposto a correre il rischio, pur di avere Isobel?

Notturno veneziano BRONWYN SCOTT VENEZIA, 1836 - Abile giocatore d'azzardo, Nolan Grey è partito per il Grand Tour in Europa deciso a godersi tutte le vincite e le donne su cui riesce a mettere le mani. Finché non si ritrova a Venezia, impegnato in una partita a carte a dir poco insolita. Sul piatto c'è la verginità della donna più ammaliante che lui abbia mai visto, eppure Nolan, per la prima volta in vita sua, scopre di non voler riscuotere la vincita. Ma quando lascia la bellissima giovane libera di andarsene, incredibilmente lei rifiuta di accontentarlo e, anzi, cerca di sedurlo. Perché? E soprattutto, lui come farà a resisterle? Dal 16 giugno


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