Il premio più ambito

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JULIANNE MACLEAN

Il premio più ambito


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Surrender to a Scoundrel Avon Books Published by arrangement with HarperCollins Publisher © 2007 Julianne MacLean Traduzione di Anna Polo Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2017 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici novembre 2017 Questo volume è stato stampato nell'ottobre 2017 da CPI, Barcelona I GRANDI ROMANZI STORICI ISSN 1122 - 5410 Periodico settimanale n. 1089 dello 09/11/2017 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 75 dello 01/02/1992 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


Dedica

Tra vent’anni sarai deluso piÚ dalle cose che non hai fatto piuttosto che da quelle che hai fatto. Quindi leva l’ancora. Salpa dal porto sicuro. Cattura il vento nelle tue vele. Esplora. Sogna. Scopri. Mark Twain (1835-1910)



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Aprile 1881 Per la prima volta nei suoi irreprensibili sedici anni di vita, Evelyn Foster stava per fare qualcosa di terribilmente scorretto. A dispetto di quanto si sarebbe potuto pensare – era giovane e impulsiva, e dunque avrebbe dovuto provare un fremito di eccitazione – non sentiva nulla del genere. Anzi, era indispettita, irritata e arrabbiata: non le sarebbe mai venuto in mente che potesse essere divertente per lei e la sua migliore amica Penelope introdursi di nascosto nei dormitori maschili di Eton mentre tutti erano a cena. Forse la parte piÚ penosa era la motivazione: lo facevano per lui, Lord Martin Langdon, fratello minore del Duca di Wentworth, il ragazzo che si cacciava sempre nei guai con i suoi scherzi esagerati. Una volta aveva sistemato un secchio d'acqua in bilico sulla porta del suo precettore, e un'altra aveva spedito una zattera piena di fuochi artificiali lungo il Tamigi, facendola passare sotto il Castello di Windsor proprio quando vi soggiornava la regina. Inoltre, a sedici anni Mar7


tin era già un noto donnaiolo, un giovane antipatico e disdicevole. Evelyn lo sapeva benissimo, dunque perché si era lasciata coinvolgere in quell'assurda impresa? Se lo domandò per la centesima volta, mentre attraversava un campo illuminato dalla luna insieme a Penelope. Era là perché la sua bella e bionda amica era convinta di essere innamorata di quel mascalzone e non c'era stato verso di dissuaderla. Lei non poteva certo restare a casa a chiedersi cosa sarebbe successo. Inoltre, per quanto odiasse ammetterlo, provava una strana e confusa attrazione per lui. «Sbrigati, Evelyn» sussurrò Penelope, mentre percorrevano le stradine buie in direzione del college, vestite con gli abiti del fratello minore dell'amica. «Non abbiamo molto tempo. Non dobbiamo farci sorprendere mentre usciamo.» «Arrivo.» Devo essere impazzita, pensò Evelyn allungando il passo, la fredda aria notturna che le gelava le guance. In quel momento, Penelope si mise a correre. Percorsero veloci la strada, tenendo la testa bassa sotto la tesa dei berretti di tweed. Finalmente raggiunsero il cancello di ferro davanti alla cappella e Penelope lo aprì. Evelyn trasalì allo stridore metallico dei cardini. «Nessuno ha pensato di oliarli?» «Non preoccuparti e seguimi» rispose l'amica. Attraversarono il piccolo cimitero, per fermarsi di colpo quando un segugio si mise ad abbaiare dall'altra parte della staccionata. Evelyn sussultò per la paura. «Buon Dio! E ora?» 8


Penelope l'afferrò per un braccio e la trascinò verso il retro della cappella. «Ignoralo. Ci siamo quasi. Conosco un punto in cui possiamo infilarci attraverso la recinzione e arrivare nel cortile.» Evelyn ansimava e non si stava affatto divertendo. «Dovremmo tornare indietro. Ci prenderanno, e quando mio padre lo saprà...» Penelope non si fermò a discutere. «Sono venuta fin qui e non torno certo indietro adesso» dichiarò. «Voglio vedere dove dorme.» Evelyn si bloccò sul sentiero di ghiaia. «Dove dorme? Che il cielo ci aiuti, Penny. Pensavo che volessi solo far scivolare il biglietto sotto la porta.» «Sì, se non riuscirò ad aprirla con una delle mie forcine.» Evelyn sbuffò incredula e frustrata. «Sei proprio impazzita.» Quando l'amica si fermò e si girò, lei non riuscì a distinguere la sua espressione nella luce della luna, ma indovinò il suo sorriso raggiante dal tono di voce. «Sì. Sono pazza d'amore.» Evelyn provò uno scatto di irritazione. O era gelosia? No, no, impossibile. Non doveva nemmeno pensare a una sciocchezza simile. Scosse la testa e si fece avanti per un ultimo tentativo. «Conosci le storie su di lui, Penny. Non è degno del tuo amore. Ti spezzerà il cuore. Se solo ascoltassi la voce della ragione...» Penelope raggiunse l'angolo in fondo al cimitero vicino alla cappella e strinse le sbarre della recinzione. «È questo il tuo problema, Evelyn. Sei sempre logica, 9


ma a volte bisogna ascoltare il cuore e lasciar perdere la ragione.» Ferma sul sentiero, lei la guardò infilarsi in un varco della recinzione. Lasciar perdere la ragione? E perché mai? Per ritrovarsi con il cuore in frantumi e calpestato, come era successo a sua madre? «Dopo quello che ha fatto per te, dovresti considerarlo il tuo eroe» continuò Penelope. «In fondo ti ha salvato la vita! Come puoi pensare male di lui?» Evelyn ricordò il giorno di sei anni prima, quando era caduta in un lago ghiacciato e Martin l'aveva soccorsa tirandola fuori. «Eravamo bambini» rispose con un brivido. «Naturalmente gli sarò sempre grata per quello che ha fatto. Quel giorno è stato un eroe, ma poi è cambiato. È diventato un furfante, e tutti lo sanno. Non vado in solluchero davanti a lui come fai tu.» A cosa sarebbe servito? Era una ragazza occhialuta, goffa e poco attraente, fin troppo sveglia e dotata di un'insolita passione per la scienza e la fisica. Era magra come un chiodo, con opachi capelli castani e un naso troppo lungo. Non aveva la minima possibilità di attrarre l'attenzione di uno come Martin. Le poche volte che lo aveva incontrato in città, durante le visite alla famiglia di Penelope, lui si era comportato come se non l'avesse riconosciuta e non si ricordasse di averle salvato la vita, neanche quando lei gli aveva detto il proprio nome, troppo distratto dai modi civettuoli della bionda, graziosa, allegra e vivace Penny. Non aveva mai accennato a quella terribile giornata al lago, ed Evelyn dubitava che la rammentasse. «Non è un furfante» sbottò Penelope irritata. «Vor10


rei che la smettessi di chiamarlo così, visto che lo amo.» Si girò, pronta a scendere nel cortile. «Senti, non devi venire con me, se non vuoi. Puoi aspettarmi qui. Da sola farò più in fretta.» Evelyn esitò per un momento. In effetti avrebbe potuto fermarsi là. Avrebbe così evitato di guardare l'amica che si abbandonava all'estasi della sua prima storia amorosa, sospirando e vantandosi del bel principe che ricambiava il suo affetto e della loro immensa felicità. Maledizione, perché Penny aveva dovuto scegliere proprio lui? Non avrebbe potuto innamorarsi di qualcun altro? Perché Martin? Evelyn la guardò scendere dal muro e scomparire alla vista, poi sentì le sue scarpe che toccavano il suolo del cortile sottostante. «Allora, vieni o no?» sussurrò Penelope. Lei avvertì la morsa allo stomaco farsi ancora più forte e capì che non poteva restare indietro. Doveva andare; in un certo, strano senso Martin era suo, anche se sapeva che non le sarebbe mai appartenuto. «Va bene, vengo» rispose di malavoglia, avvicinandosi alla recinzione. Pochi minuti dopo erano davanti al dormitorio di Martin, sotto la finestra aperta del cugino di Penelope al pianterreno. «Sollevami» disse questa, alzando un piede. Evelyn si lasciò sfuggire un sospiro di frustrazione e si chinò unendo le mani, una manovra che conoscevano piuttosto bene: la usavano da anni per arrampicarsi su una roccia dietro la casa di Penny e arrivare prima in città. 11


Un attimo dopo Penelope entrava in camera di suo cugino Gregory, per poi voltarsi, sporgersi dalla finestra e tenderle le mani. «Non c'è nessuno. Aggrappati che ti tiro su.» Anche questa era una manovra familiare e molto più facile da eseguire senza il busto, anche se scavalcare una finestra presentava le sue sfide. Una volta dentro, Evelyn si ripulì le mani sui pantaloni e si guardò intorno. La stanza era spoglia, con un letto dalle lenzuola azzurro scuro e una fotografia incorniciata appesa al muro. «Non avevo mai visto prima la camera di un ragazzo» ammise, essendo figlia unica. Penelope, che invece aveva quattro fratelli, si limitò a scrollare le spalle. «Andiamo. La stanza di Martin è a tre porte di distanza, ma dobbiamo sbrigarci. Tra poco più di un quarto d'ora alcuni di loro cominceranno a tornare dalla cena.» «Hai il biglietto?» chiese Evelyn. Concentrarsi sugli aspetti pratici la distraeva dal panico che l'assaliva all'idea di essersi introdotta in un dormitorio maschile e di essere diretta alla camera di Martin. Penelope batté un colpetto sulla tasca della giacca. «Sì. Ce l'ho qui.» Evelyn lo aveva letto. Era pieno di sdolcinate dichiarazioni d'amore. Vista la reputazione di Martin con le ragazze, probabilmente lo avrebbe fatto scappare a gambe levate. Aveva cercato di avvertire l'amica, ma Penny non era disposta ad ascoltarla. Socchiusero la porta e sbirciarono nel corridoio silenzioso. Non c'era nessuno, così lo percorsero in punta di piedi. 12


«Ci siamo» sussurrò Penelope, gli occhi brillanti di eccitazione. «È qui che tutte le notti appoggia la sua bella testa. Cosa sognerà? Me? Posso osare sperarlo? Mi ha detto che ero la ragazza più carina di Windsor, te lo ricordi?» Evelyn la guardò senza parole, chiedendosi se le cose potessero ancora peggiorare. «D'accordo, ci siamo. Infila il biglietto sotto la porta e andiamocene prima di farci sorprendere.» Penelope annuì e trasse dalla tasca il foglietto, ma prima di chinarsi per farlo scivolare sotto il battente si fermò e puntò lo sguardo sulla maniglia. Oh, no, non farlo... Evelyn non lo disse, tanto sapeva che sarebbe stato inutile. L'amica non se ne sarebbe andata senza prima tentare di vedere il letto di Martin e magari annusare il suo cuscino. «Voglio solo dare un'occhiatina» sussurrò, posando le dita sulla maniglia. «Va bene, ma fai in fretta.» Evelyn lanciò uno sguardo al di sopra della spalla per assicurarsi che non stesse arrivando nessuno, poi lottò con un confuso miscuglio di emozioni. Era arrabbiata con Penelope per averla trascinata in quell'assurda avventura, ma anche eccitata all'idea che stava per vedere il letto di Martin Langdon. Doveva ammetterlo: voleva vederlo, per quanto fosse disdicevole. Così si preparò a seguire l'amica nella stanza. Penelope si portò un dito alle labbra e girò piano la maniglia. Per fortuna la porta non scricchiolò. Entrarono in punta di piedi nella stanza buia, ma quando la luce del corridoio rischiarò il pavimento ci fu un re13


pentino movimento sulla sinistra. Lenzuola e coperte vennero scostate, il materasso cigolò e rimbalzò e loro due si trovarono a fissare il petto nudo di un giovane – di Martin! – mentre si metteva seduto e strizzava gli occhi per ripararsi dalla luce improvvisa. «Cosa diavolo...?» sbottò, sollevando una mano per proteggersi gli occhi. Nessuna delle due riuscì a parlare. Evelyn non poteva staccare lo sguardo da quel petto nudo e muscoloso e dai capelli neri e arruffati, mentre lui vi passava le dita esasperato. Era sconvolta e paralizzata da quello spettacolo. Buon Dio, era di una bellezza mozzafiato! La lucidità tornò quando sbucò un'altra testa... quella di una giovane donna, i capelli rossi crespi e arruffati, le coperte tirate fino al collo. Evelyn distinse comunque le braccia e le spalle nude. Ne sapeva abbastanza del peccato da capire in quale viziosa attività erano impegnati e a un tratto provò un senso di nausea. «Accidenti, non sapete bussare?» inveì la ragazza dal letto. Poi allungò una mano dietro la testa per afferrare un cuscino, facendo cadere per terra con uno schianto una bottiglia semivuota di brandy. «Fuori di qui, maledetti idioti!» Lanciò quindi il cuscino, che colpì Penny in faccia. Il berretto volò via e i suoi capelli ondulati si sciolsero, ricadendole sulle spalle. Martin si mise seduto più diritto. «Gesù, siete delle ragazze!» proruppe. Fissò Penelope con uno sguardo attento. «Ti conosco. Come ti chiami?» Penny si lasciò sfuggire un singhiozzo e scappò 14


dalla stanza. Evelyn la seguì in fretta, chiudendosi la porta alle spalle. Non si concesse il tempo di pensare alla scena a cui aveva appena assistito. Un'altra porta si aprì lungo il corridoio e un rumore di passi si avvicinò. Lei sfrecciò nella direzione opposta e raggiunse nella stanza del cugino l'amica, che stava già scavalcando la finestra, scossa da singhiozzi irrefrenabili. Evelyn le si avvicinò. «Non fare rumore, Penny! Ci hanno sentito. Dobbiamo andarcene di qui!» sussurrò in tono pressante. Uscì dalla finestra e atterrò accanto a Penelope, quindi la prese per un braccio per trascinarla attraverso il campo buio, ma questa piangeva così forte da non riuscire quasi a starle dietro. «Non pensarci!» le disse senza girarsi. «Corri più in fretta che puoi!» Scivolarono giù per un canale di scolo in fondo al campo, per poi risalirlo e mettersi al riparo di alcune costruzioni. Evelyn si girò e vide il dormitorio con le finestre illuminate. Pareva che nell'edificio ci fosse un'attività frenetica. Martin era stato senza dubbio sorpreso con la ragazza nel letto. Era improbabile che nel futuro immediato avrebbe avuto voglia di amoreggiare con Penelope. Dopo quanto era accaduto era di certo furioso nei suoi confronti. Pochi minuti dopo erano lontane dalle luci della scuola e costeggiavano il fiume dirette alla casa di Penny. Evelyn si fermò a riprendere fiato e lanciò un'occhiata alle sue spalle. «Ormai dovremmo essere al si15


curo» osservò ansimante. «Speriamo che Martin non racconti a nessuno che siamo state noi a entrare in camera sua.» Penny si fermò e cadde in ginocchio nell'erba. «Oh, Evelyn, l'hai vista? Come ha potuto?» Lei deglutì con forza per scacciare lo stupore, l'incredulità e lo strano impulso possessivo che l'aveva colta. Chi era quella ragazza e cosa stava facendo di preciso con Martin sotto le coperte? Non voleva saperlo. La sola idea la faceva stare male. Si inginocchiò accanto all'amica. «Mi dispiace tanto.» Penelope continuò a piangere inconsolabile, mentre Evelyn cercava di seppellire il suo turbamento. Non era ferita da quello che aveva appena visto, si ripeté. In fondo non era una sorpresa. Era consapevole di che tipo di ragazzo fosse Martin e aveva tentato di avvertire Penny. Era selvaggio, pericoloso e indegno di qualsiasi adulazione. Posò una mano sulla spalla dell'amica nel tentativo di consolarla. «Hai cercato di dirmelo, ma io non ho voluto ascoltarti» singhiozzò questa. «Avevi ragione: è un furfante. Un libertino odioso, infido e ignobile. Lo odio!» proruppe disperata. «Andrà tutto bene» la confortò lei gentile. «Supererai questo momento.» «Tu credi? E come? Io lo amavo! Lo amavo! Era l'unico uomo al mondo per me e ora passerò tutta la vita con il cuore spezzato! Non voglio vivere così! Forse dovrei annegarmi nel fiume, così magari si pentirà di ciò che mi ha fatto.» 16


«Non ti butterai nel fiume» replicò Evelyn con fermezza. «Non ne vale la pena per uno come lui.» Penelope fu scossa da un singulto. «Lo hai già detto, ma tu non capisci. Non sai cosa significa essere follemente innamorati. Sei troppo assennata. Non hai idea di quello che sto passando.» Evelyn fissò gli occhi lucidi di lacrime dell'amica, vi lesse una totale disperazione e provò il desiderio di ribattere furiosa. Avrebbe voluto dirle che capiva più di quanto l'altra immaginasse. Non gridò quelle parole perché sapeva che in un certo senso Penny aveva ragione. Era davvero troppo assennata per gettare al vento la prudenza e abbandonarsi alle emozioni, e in fondo ringraziava Dio per questo. Dopo quella notte sarebbe stata ancora più cauta e non avrebbe mai più corso un pericolo simile. Non voleva finire come Penelope, con il cuore a pezzi per una canaglia come Martin, che di certo non meritava le sue lacrime. «Nessuno può capire quanto sia distrutta!» riprese l'altra tra i singhiozzi. «Non mi ama. Perché non mi ama? Cosa c'è che non va in me?» Lei scosse la testa. «Non c'è niente che non vada in te. Sei una bella ragazza; vedrai, presto qualcun altro ti saprà conquistare.» «No, non amerò più nessuno» dichiarò Penelope. «Entrerò in convento.» Evelyn si alzò con un sospiro e l'aiutò a rimettersi in piedi. «Su, andiamo a casa. Ti sentirai meglio dopo una buona notte di sonno.» «Non mi sentirò mai più meglio» proclamò Penny. «La mia vita è finita.» 17


Evelyn però la conosceva: avrebbe superato quel momento di disperazione e si sarebbe innamorata di nuovo. Era passionale, adorava le attenzioni maschili e i giovani gentiluomini adoravano amoreggiare con lei. Per fortuna Penny trovò la forza di rialzarsi e camminare. Lei le cinse la vita con un braccio e la condusse a casa.

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Nel corso della settimana seguente, Evelyn e Penelope vissero in trepidante attesa che un rappresentante della scuola chiedesse un appuntamento ai loro genitori. Non si presentò nessuno, però, né sentirono parlare di uno scandalo scoppiato a Eton. Certo, era probabile che scandali del genere venissero soffocati rapidamente, soprattutto se coinvolgevano il fratello minore di un duca. Trascorsero così la settimana nelle solite attività, passando da un negozio all'altro con le madri, che erano amiche fin dall'infanzia, bevendo il tè e mangiando pasticcini nel giardino di Penelope, dedicandosi alla lettura e alle passeggiate lungo la riva del fiume prima di cena. Per fortuna con il passare dei giorni le lacrime di Penny cominciarono a scemare. Alla fine della settimana, Lord Martin Langdon era diventato ai suoi occhi il ragazzo più detestabile di Windsor; non aveva idea di come una ragazza potesse considerarlo attraente, visto che aveva i capelli sempre arruffati, era un libertino della peggior specie, destinato a fallire in ogni 19


campo, e aveva perfino un sorriso sgradevole. Per Evelyn quel sorriso era affascinante e capace di conquistare qualsiasi donna nel raggio di poche iarde, ma si guardò bene dal dirlo all'amica. Concordò invece con le sue affermazioni e le assicurò che aveva pienamente ragione sotto ogni aspetto. Pareva quindi che quell'episodio sconveniente si fosse esaurito. Alla fine della settimana, però, quando venne il momento di tornare a casa con la madre, Evelyn scoprì allarmata che la tempesta non era affatto passata. Lord Martin Langdon in persona aspettava il treno a poca distanza da loro. Solo dieci giorni prima, lo aveva visto nel suo letto con il petto scoperto accanto a una ragazza nuda, e lui le aveva inveito contro. Evelyn si morse il labbro inferiore e deglutì a fatica. «Il treno è in ritardo come al solito» osservò la madre. Consultò l'orologio e fece un passo avanti per osservare i binari. «Forse avremmo dovuto chiedere a tuo padre di mandarci la carrozza.» Innervosita dalla presenza di Martin, lei non rispose. Sapeva che era una delle due intruse di quella notte? E perché la fissava? O forse se lo stava immaginando, ossessionata com'era dal timore di essere riconosciuta? Continuò a rimanere in piedi sul binario, guardando dritto davanti a sé con il cuore che le martellava nel petto, fino a quando non riuscì più a resistere alla tensione. Doveva sapere se lui la stava fissando, così si girò discreta nella sua direzione. E scoprì inorridita che la stava davvero scrutando, 20


con una evidente luce inviperita negli occhi. Evelyn trasse un rapido respiro e distolse lo sguardo. Dio del cielo, lo sapeva! «Questo ritardo sta diventando ridicolo» borbottò la madre consultando ancora una volta l'orologio e battendo il piede a terra. «Resta qui con i bagagli, cara. Io vado a chiedere informazioni.» E prima che lei potesse protestare, tornò nella stazione, lasciandola sola sul binario. Be', non proprio sola. C'era anche Martin. Evelyn si umettò le labbra. Il cuore le batteva all'impazzata mentre cercava di darsi un contegno tranquillo. Lui poteva vedere il petto che si alzava e abbassava ansimante? Poi la colse di sorpresa parlando. «Bene, bene, bene» commentò ondeggiando sui talloni. «Ma guarda chi c'è: Miss Evelyn Foster.» Lei inarcò le sopracciglia stupefatta. Non pensava che conoscesse il suo nome... sembrava che non se lo ricordasse. Non le aveva mai rivolto la parola prima di quel momento, anzi aveva del tutto ignorato la sua esistenza. «Vi rendete conto dello scompiglio che avete causato?» le chiese, lanciando uno sguardo al di sopra della spalla, probabilmente per controllare che sua madre non fosse di ritorno. Evelyn lottò per nascondere il disagio e riuscì in qualche modo a fissarlo con lo stesso indignato calore. «Lo scompiglio che io ho causato? È forse colpa mia se avevate una donna nel vostro letto? Scusatemi, ma non sono d'accordo.» Stentava a credere di essere impegnata in una con21


versazione così sconveniente, e tanto più con Lord Martin Langdon. Lui socchiuse gli occhi azzurri frangiati da lunghe ciglia nere. «È colpa vostra se sono stato scoperto, Miss Foster.» All'improvviso l'ansia si trasformò in rabbia. Evelyn non aveva nemmeno voluto introdursi nel suo dormitorio. E la responsabilità era del tutto sua, per aver indotto Penelope Steeves a credersi innamorata di lui. Non poté più trattenersi. Travolta dalla frustrazione, lo fissò attraverso gli occhiali spessi: «Vi chiedo scusa, signore, ma quando un gentiluomo come voi si comporta in modo inappropriato, inducendo una giovane signora suggestionabile a credere che tra loro ci sia un sentimento sincero, allora quel gentiluomo deve accettare le conseguenze delle sue azioni». Martin la guardò per un lungo, intenso momento. Sembrava quasi divertito, ma quando parlò la sua voce era venata di amarezza. «Perdonatemi, Miss Foster, ma penso che la vostra amica abbia una testa sulle spalle, no?» chiese. «Entrambe avreste dovuto sapere che non era il caso di intrufolarsi in un dormitorio maschile, in una scuola dove l'ingresso alla donne è severamente proibito.» Lei lo guardò torva. «E la donna nel vostro letto, signore? Dove aveva la testa?» Martin le rivolse un sorrisetto di superiorità. «Non credo che vogliate saperlo.» Evelyn fece un respiro profondo. Non aveva idea a cosa alludesse con esattezza, ma era sicura che fosse oltremodo scandaloso. 22


Decisa a non fargli capire che quella risposta l'aveva turbata, sollevò il mento, raddrizzò le spalle e si finse impassibile, anche se in realtà non sapeva cosa dire. Martin contrasse la mascella e guardò davanti a sé, come se fosse nello stesso stato. Rimasero in silenzio per parecchi secondi. Evelyn era furiosa; che diritto aveva di incolparla per la sua trasgressione? In fondo si era fatto trovare con una donna e una bottiglia di brandy in camera sua durante l'ora di cena! Lanciò un'occhiata al di sopra della spalla per vedere se la madre stava tornando, ma la scorse nella stazione, intenta a chiacchierare insieme a una donna con un grande cappello. Con il passare dei secondi la tensione lungo il binario divenne sempre più insopportabile. Prima di riflettere su ciò che stava facendo, Evelyn si trovò a porgli una domanda esitante: «Che scompiglio è avvenuto dopo che siete stato scoperto?». Non avrebbe dovuto chiederlo, ma voleva sapere se Martin aveva rivelato il loro coinvolgimento. Non osava pensare alla reazione del padre, se ne fosse venuto a conoscenza. Già così la considerava una seccatura. Lui la guardò con sdegno. «Ho dovuto spiegarmi con il preside. Non l'ha presa bene, ma questa non è una novità. Mi ha sospeso da scuola; dovrò andare a stare con mia zia a Exeter, e lei non perderà occasione per ricordarmi che sono condannato a una vita di totale fallimento.» Fissò irato le rotaie. «Conterò i giorni che mi separano dalla riammissione a scuola. Sempre che mi accettino.» 23


«Non tornate a casa da vostro fratello, il duca?» «Mio fratello preferisce affidare ad altri il compito di farmi rigare dritto.» All'improvviso, Evelyn provò un moto di pietà per quel ragazzo che pareva del tutto privo di appoggi. Aveva sentito dire che la sua casa, Wentworth Castle, era un posto cupo e desolato. Poi ricordò che in fondo era stato lui a comportarsi male. Ora doveva sopportare le conseguenze della sua scelta. «Forse dovreste pensarci da solo» gli disse piatta. Martin fece una smorfia incredula. «Siete proprio moralista, eh, Miss Foster?» «E voi, signore, siete proprio scortese.» Non aveva mai parlato con tanta schiettezza in vita sua. Lui distolse lo sguardo e scosse la testa con aria di sufficienza, come se lei fosse una stupida che non sapeva niente del mondo. Evelyn strinse la borsetta a reticella. Era sempre umiliante constatare che i giovani gentiluomini non trovavano nulla di attraente in lei, soprattutto quando il giovane in questione era Lord Martin Langdon. A volte ricordava l'impeto di gratitudine provato nei suoi confronti sei anni prima, quando l'aveva tirata fuori dall'acqua gelida. All'epoca aveva avuto solo dieci anni e ai suoi occhi lui era apparso l'eroe più forte del mondo. Adesso però non lo era affatto. Era amareggiato e ribelle, e pareva curarsi solo dei suoi piaceri egoisti e irresponsabili. Era caduto davvero in basso. Le stringeva il cuore sapere che l'eroe dei suoi sogni infantili stava sprecando il coraggio e la galanteria che aveva visto in lui quel giorno sul lago. 24


Martin si girò per un ultimo commento. «Non preoccupatevi, Miss Foster, non ho denunciato voi e la vostra amica. Ho detto al preside che non sapevo chi foste e sembra che lui mi abbia creduto. È convinto di dover cercare dei ragazzi.» Evelyn strinse di nuovo la borsetta e a un tratto si sentì imbarazzata. «Be', immagino che dovrei ringraziarvi per questo.» Lui non incontrò il suo sguardo. «Non ce n'è bisogno» rispose freddo. In quel momento Evelyn sentì il rumore dei passi della madre che si dirigeva verso il binario. «Non dovremmo avere ancora molto da aspettare» osservò indicando le rotaie. «Oh, eccolo, finalmente!» Si sporse in avanti per guardare il treno a vapore in arrivo. Martin non la degnò più di un'occhiata. Si chinò a prendere la sua valigia, poi si avviò nella direzione opposta. Poco dopo salivano in una carrozza di prima classe. Ce n'erano due ed Evelyn non rimase sorpresa quando lui scelse l'altra. Non appena si furono sedute, la madre si sporse verso di lei. «Quello non era Lord Martin Langdon, il fratello del Duca di Wentworth?» Evelyn guardò fuori dal finestrino e cercò di apparire indifferente. «Ah sì? Non l'ho notato.» «Non lo hai notato?» le chiese incredula. «Ma di certo lo hai riconosciuto. Una volta ti ha salvato la vita, cara.» Evelyn sospettava che la madre vedesse al di là della sua maschera di disinteresse, tuttavia mantenne la finzione. «Be', se era lui, non mi ha riconosciuta. È 25


passato molto tempo. Dubito che se lo ricordi.» «Insomma, Evelyn, come si può dimenticare di aver tirato fuori una bambina da un lago gelato?» Lei si strinse nelle spalle. «Forse lo ricorda, ma non sa che ero io.» Quell'idea le procurò uno strano senso di solitudine. Nel vagone di prima classe dietro a quello di Miss Foster, Martin chiuse gli occhi, appoggiò la testa al sedile imbottito e si chiese se la caduta nel lago di tanti anni prima fosse il motivo per cui lei aveva acqua gelata nelle vene. Era la ragazza più rigida, fredda e moralista che avesse mai conosciuto. Si comportava sempre come se non lo conoscesse, quando rammentava di certo che le aveva salvato la vita. Come poteva averlo dimenticato? Maledizione, odiava il modo in cui lo guardava sempre dall'alto in basso, ammesso che si degnasse di incontrare il suo sguardo. Qualunque cosa lui dicesse o facesse, non lo salutava mai, né gli rivolgeva un sorriso. Non che gliene importasse, comunque. Miss Foster poteva anche camminare su una decina di laghi coperti da un sottile strato di ghiaccio, se ne aveva voglia. Lui non avrebbe certo tentato di fermarla. Per colpa sua e della sua stupida amica – come si chiamava? Penelope qualcosa? – avrebbe dovuto trascorrere il resto del mese ad annoiarsi a morte a Exeter, con una zia che avrebbe passato il tempo a rimproverarlo e a prevedere un fosco futuro di fallimenti per lui.

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Il ritorno di William VANESSA KELLY LONDRA, 1815 - Il capitano William Endicott deve indagare su Evie Whitney, la giovane di cui è da sempre innamorato e che ha lasciato anni addietro dopo il loro primo bacio.

Il premio più ambito JULIANNE MACLEAN INGHILTERRA, 1881 - Lord Martin giunge sull'Isola di Wight per la regata di Cowes e viene a sapere di una bella vedova restia alle avventure. Considerandola il vero premio, lui...

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Per ordine della regina AMANDA MCCABE GREENWICH-LISBONA, 1588 - Chi è Sir John Huntley? Dopo averlo conosciuto con tre identità diverse, Alys teme che sia una spia, eppure è unita a lui da un pericoloso legame...

La sorella sbagliata CHRISTINE MERRILL INGHILTERRA, 1817 - Belle è la moglie ideale per l'ambizioso Benjamin Lovell. Peccato che anche solo per avvicinarla debba prima fare i conti con l'acida sorella della giovane!

Ostaggio per vendetta JULIET LANDON INGHILTERRA-DANIMARCA, 993 - Lady Fearn viene rapita dal vichingo Aric lo Spietato. Durante il viaggio verso la Danimarca, però, l'uomo risveglia in lei il desiderio e la passione... Dall'1 dicembre




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