Il principe dei sogni

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Raye Morgan

Il principe dei sogni


Titoli originali delle edizioni in lingua inglese: Royal Nights Counterfeit Princess Silhouette Romance © 2003 Helen Conrad © 2003 Helen Conrad Traduzioni di Laura Polli Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2006 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prime edizioni Harmony Serie Jolly maggio 2006; luglio 2006 Questa edizione myLit gennaio 2018 MYLIT ISSN 2282 - 3549 Periodico mensile n. 54 del 16/01/2018 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 162 del 31/05/2013 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


Il ballo della rosa rossa



Prologo

Santa Monica, California. Nulla, in quella magnifica giornata di sole californiana, faceva prevedere quello che stava per succedere. Nessun presentimento nella luce dorata del mattino, nella brezza che spirava dal mare e faceva stormire le palme, nel suono dei potenti motori dei motoscafi. Per quella ragione, il principe Damian Roseanov, penultimo dei quattro figli dei defunti sovrani di Nabotavia, provava un meraviglioso senso di euforia ed eccitazione. L'adrenalina gli scorreva nelle vene come la benzina nel motore del suo fuoribordo. A parte il tragico avvenimento della morte dei suoi genitori, che aveva segnato la sua infanzia, aveva trascorso un'esistenza dorata. In esilio negli Stati Uniti, aveva frequentato le migliori scuole e si era laureato a pieni voti ad Harvard. Grande appassionato di sport e di motori, vivace, brillante, dinamico, era un vero e proprio idolo per le donne, al pari di certi attori famosi. Le foto delle sue avventure riempivano le cronache delle pagine rosa di svariati rotocalchi. In quel momento, Thana Garnet, giovane star del 7


cinema che ambiva a diventare la sua fidanzata di turno, stava facendo il tifo per lui seduta su una delle tribune del Pacific Yacht Club di Santa Monica. Vincerò anche oggi, pensò Damian. Con questo non voleva dire che sarebbe stato facile. Suo cugino Sheridan gli dava sempre del filo da torcere. Erano in competizione per ogni cosa, e non era raro che Sheridan lo battesse a tennis, a golf, in una gara di surf o in una regata. Con maggiore difficoltà nelle gare di offshore. In quelle, il campione indiscusso era lui. In ogni caso, lui non avrebbe commesso l'errore di sottovalutare Sheridan e gli altri concorrenti. Erano tutti giovani, ben equipaggiati e decisi a batterlo. Quattro splendidi motoscafi erano fermi alla partenza, i motori che ronzavano in maniera promettente, pronti a scatenare tutta la loro potenza. I piloti erano tutti in gamba, ma la gara sarebbe stata come al solito fra lui e Sheridan, previde Damian. Guardò suo cugino e gli sorrise. Sheridan, che aveva dipinta in volto un'espressione accigliata, lo ignorò. «Santo cielo, cugino, rilassati!» rise Damian. «Altrimenti non ti divertirai.» Sheridan non rispose. Lui scosse il capo e guardò verso le tribune. Thana agitò una mano verso di lui, che rispose con un cenno del capo. Sedute accanto a Thana c'erano Penny Potherton e Muffy Van Snook, altre due sue accanite ammiratrici. Da quella distanza, Damian poteva vederle mentre 8


gli gridavano il loro incoraggiamento, anche se non riusciva a sentire le loro voci. Erano entrambe delle bellissime ragazze, con le quali aveva avuto delle brevi storie sentimentali. Fra i molti vantaggi di essere uno degli scapoli d'oro del Gotha internazionale, vi era quello di essere molto corteggiato dalle donne e lui non aveva che l'imbarazzo della scelta. Adesso, però, avrebbe fatto meglio a concentrarsi, decise, infilando il casco e controllando la strumentazione. La gara stava per iniziare e il numero dei giri dei motori era aumentato. Il percorso consisteva in un lungo tratto di mare rettilineo fino a una boa intorno alla quale virare a tutta velocità prima di tornare verso il traguardo. Damian strinse le mani intorno al volante del fuoribordo. Di colpo divenne freddo, concentrato. E nello stesso tempo sicuro di sé, fiducioso. La vittoria era sua. Lo sentiva. Al segnale di partenza, i quattro motoscafi balzarono in avanti a tutta velocità. Come al solito, in quell'accelerazione improvvisa, quasi rabbiosa, Damian gustò tutto il senso della velocità. Il suono assordante del motore, il vento, gli spruzzi d'acqua, l'odore pungente del carburante, tutto contribuiva ad aumentare l'atmosfera eccitante della gara. Tuttavia si sforzò di tenere a bada l'euforia. Ci sarebbe stato tempo, per quella, più tardi. Dopo la vittoria. Nel tratto rettilineo precedette senza difficoltà gli altri concorrenti. Adesso si trattava di rallentare per 9


virare intorno alla boa e non perdere il vantaggio che aveva. Rallentare? Neanche per sogno! Avrebbe virato a tutta velocità, come al solito, compiendo una manovra considerata impossibile per gli altri, ma non per lui. Quel giorno, però, qualcosa andò storto. Mentre virava, udì uno schianto secco. Poi la punta del motoscafo si alzò verso il cielo e ricadde con violenza sulla superficie dell'acqua. Il suono dell'esplosione fu assordante. Il fuoribordo si sfasciò intorno a lui come cartone. L'impatto con l'acqua a quella velocità fu tremendo. La sensazione di dolore fu l'ultimo ricordo prima di sprofondare nell'abisso buio dell'incoscienza.

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Due mesi dopo. Sara Joplin diede un'occhiata all'orologio e vide che era in ritardo. Quella giornata era iniziata nel peggiore dei modi quando sua sorella Mandy, che era al settimo mese di gravidanza, le aveva telefonato, chiedendole un passaggio per andare alla visita di controllo, dato che la sua auto non voleva saperne di mettersi in moto. La visita era durata piÚ di un'ora e, dopo avere riaccompagnato a casa la sorella, lei aveva trascorso il resto della mattinata nel suo ufficio al Sepulveda Atrium. Aveva fatto uno spuntino in fretta, seguito da una lunga e tempestosa telefonata con il suo agente assicurativo. Alle quattro aveva appena infilato nella valigetta alcuni documenti quando nell'edificio si verificò un blackout elettrico, probabilmente per colpa dei condizionatori d'aria che lavoravano alla massima potenza nel tentativo di neutralizzare il caldo di quella torrida estate californiana. A causa del guasto, fu costretta a scendere a piedi dal ventiquattresimo piano, per arrivare a scoprire che 11


la porta delle scale al pianterreno era bloccata. «Chiudere le uscite di emergenza è illegale» rammentò in tono un po' brusco all'agente di vigilanza, quando la liberò. Il ritardo si stava trasformando in una vera apocalisse temporale. Raggiunse il posteggio quasi di corsa e cercò di ignorare il calore che c'era nell'abitacolo della sua auto. Cinque minuti dopo, con il climatizzatore acceso, infilò la tangenziale che portava a Beverly Hills, dove si trovava Red Rose, la tenuta dei duchi di Nabotavia. Nonostante il traffico non fosse quello dell'ora di punta, procedeva ugualmente a rilento. Sara sospirò, esasperata. Detestava presentarsi in ritardo a un appuntamento di lavoro. Dava una pessima immagine della propria professionalità. Quando, dopo un breve interrogatorio e un controllo telefonico da parte della guardia che presidiava il cancello di Red Rose, Sara riuscì finalmente a varcare i confini della tenuta, il ritardo accumulato era di oltre mezz'ora. Era sudata nonostante il climatizzatore, spettinata, e il tailleur di lino che indossava era decisamente sciupato. Insomma, non avrebbe potuto biasimare la duchessa se le avesse fatto una pessima impressione. Sì, odiava essere in ritardo e fare le cose di fretta. In quello stato d'animo era più facile commettere degli errori. E lei odiava sbagliare, specialmente nel suo lavoro. Sara percorse un viale alberato e fermò l'auto a poca distanza da una lussuosa villa circondata da uno splendido prato all'inglese. 12


D'impulso, anziché dirigersi subito verso il patio della villa, Sara imboccò il sentiero che portava verso un ombroso pergolato coperto di rampicanti, decisa a concedersi qualche attimo per rimettersi in ordine prima di fare conoscenza con la duchessa Roseanov. Aveva quasi raggiunto il pergolato, quando uno dei suoi tacchi affondò malamente nel terreno morbido. Sara perse l'equilibrio e per poco non cadde lunga e distesa sul sentiero. «Maledizione!» imprecò. «Un linguaggio davvero poco appropriato per una signora» disse una voce maschile in tono divertito. Sara alzò lo sguardo e solo in quel momento notò un uomo all'ombra del gazebo. Alto, bruno, bel viso virile e abbronzato, gli occhi grigi un po' nascosti dalla tesa di un cappello da baseball. Indossava un paio di jeans e una maglietta, una tenuta semplice ma che gli metteva in risalto le spalle ampie. Chi era mai quel fusto?, si chiese Sara. Un giardiniere in pausa? Un operaio addetto alla manutenzione della villa? «Scusami tanto... credevo di essere sola» replicò Sara, leggermente imbarazzata. «Che ci fai qui?» le domandò lo sconosciuto. «Avevo appuntamento con la duchessa Irina Roseanov alle cinque, ma sono scandalosamente in ritardo. Sapresti dirmi dove posso trovarla?» «Non ti preoccupare» le sorrise lui. «L'avranno già avvertita del tuo arrivo. Questo posto è pieno di telecamere. Ti troverà lei.» «Capisco, ma...» «Prego, accomodati.» 13


Sara scosse il capo in segno di diniego. «No, grazie. Sono già in ritardo e...» «Siediti» le consigliò lo sconosciuto. Qualcosa, nel tono gentile e conciliante di lui, la convinse a ubbidire. Rimase comunque sulle spine, pronta a scattare non appena qualcuno fosse comparso sul patio della villa. Lui fece qualche passo e incespicò prima di sedersi a sua volta. Sara notò quel leggero passo falso e si chiese a che cosa fosse dovuto. Forse i postumi di un incidente alle gambe? «Come ti chiami?» le domandò lui in tono amichevole. «Sara. E tu?» «Damian... Posso sapere per quale motivo hai appuntamento con la duchessa?» «Per telefono mi ha spiegato che di recente uno dei suoi nipoti ha subito un grave incidente nel quale ha perso la vista. Così ha pensato che una terapista specializzata in mobilità e orientamento potesse aiutarlo ad adattarsi alla condizione di non vedente.» «E tu saresti la terapista?» «Esatto» gli confermò lei. «La duchessa è convinta che il principe riceverà dei benefici dalla terapia.» «Un pensiero davvero gentile da parte sua» commentò Damian, con una punta di ironia. Il tono di lui non le piacque. Si accigliò, chiedendosi se non fosse stato un errore confidare a un perfetto estraneo la ragione della sua visita a Red Rose. Alla duchessa non avrebbe fatto sicuramente piacere che lei avesse divulgato lo stato di salute del nipote a... 14


già, chi era quel tale che aveva di fronte? Aprì bocca per chiederglielo, ma lui la precedette. «Quanti anni ha il principe?» le domandò. Lei batté le palpebre, sorpresa dalla domanda. «Non lo so. Dal modo in cui la duchessa mi ha parlato di lui, suppongo che abbia circa undici o dodici anni.» Damian si mise a ridere e Sara sentì crescere il proprio imbarazzo. «Credo sia meglio che vada a cercare la duchessa...» mormorò a quel punto, alzandosi. Si voltò, udendo la ghiaia scricchiolare, e vide un uomo di una certa età, molto distinto. «Scusate, non avevo intenzione di disturbarvi» borbottò l'anziano signore, allontanandosi in tutta fretta. «Chi era?» domandò Sara, incuriosita. «Dalla voce, si direbbe il duca di Nabotavia» rispose Damian. «Il duca? Oh, allora lui forse sa dov'è la duchessa!» «Fidati di me, non lo sa.» «Ma se è suo marito...» «Appunto per questo. In genere preferisce non sapere dov'è sua moglie» le assicurò lui, divertito. Prima che Sara potesse replicare, un altro uomo, più giovane, apparve sul sentiero. Biondo, attraente, molto elegante. Uno dei nipoti della duchessa? Uno dei principi di Nabotavia?, si chiese Sara. Che cosa doveva fare? Rivolgergli un inchino? Una riverenza? Salutarlo per prima o aspettare che lo facesse lui? «Oh, eccoti Damian...» disse l'ultimo arrivato, rivolgendo a Sara un cenno di saluto. «Sai per caso dov'è zio Dimitri? Ha promesso di mostrarmi alcune 15


monete etrusche della sua collezione.» «È appena passato di qui» lo informò Damian. Zio Dimitri? Che cosa significava?, si interrogò Sara, sempre più confusa. Chi era il nipote del duca? L'uomo biondo? Damian? O entrambi? E le monete etrusche non si trovavano di solito nei musei? Se in quella casa erano custoditi simili tesori, non c'era da meravigliarsi che fare breccia nello sbarramento all'ingresso fosse più difficile che superare la frontiera con il Messico... «Chi era quel tale?» domandò Sara, non appena il biondo se ne fu andato. «Il conte Boris Wielkov, uno dei nipoti della duchessa.» «A quanto pare, non è quello che ha problemi alla vista» dedusse Sara. «Direi proprio di no» le confermò Damian. Lei non riuscì a trattenere una risatina. Era stanca, accaldata e a quel punto cominciava a sentirsi anche un po' stordita. «Che c'è da ridere?» le chiese lui. «Non lo so... tutti questi aristocratici... non ne avevo mai conosciuto uno in vita mia prima d'ora, e adesso di colpo mi capita di incontrare un duca e un conte. È, a dir poco, divertente.» «Hai qualcosa contro la nobiltà?» «Niente affatto. Ho il massimo rispetto per i nobili, soprattutto per i reali.» Sorrise, scuotendo il capo. «Da bambina sognavo spesso di sposare un principe che mi portasse a vivere nel suo castello. Ma ormai ho smesso di fare questi sogni da un pezzo.» «Non c'è nessun principe nella tua vita?» 16


«Nessuno» gli assicurò Sara. «E credo che mai ci sarà. Non sono il tipo di donna che può attirare l'attenzione di un principe. Tu, piuttosto, sei imparentato con i Roseanov, vero?» «Che cosa te lo fa pensare?» «Il modo con cui il conte poco fa si è rivolto a te... non certo come a un giardiniere o a un domestico.» «Boris, infatti, è mio cugino» ammise Damian a malincuore. Sara annuì. Avrebbe dovuto immaginarlo che quel fusto non fosse lì per decorazione. «Forse allora conosci anche il piccolo principe» replicò, speranzosa. «Il romanzo di Saint-Exupéry?» la stuzzicò lui, divertito. «Mi riferisco a uno dei nipoti dei padroni di casa, quello che ha perso la vista in un incidente.» Lui sorrise in un modo che le procurò un delizioso brivido. «Certo che lo conosco» si affrettò a rispondere lui. «Meglio di qualunque altro, direi.» Sorrise, divertito, poi aggiunse: «Sono io». «Tu?» mormorò Sara, accigliandosi. «Proprio così. Io sono il principe Damian Roseanov, terzogenito dei defunti sovrani di Nabotavia. Ma se preferisci, il piccolo principe» aggiunse con malcelata ironia. «Ma...» Sara lo osservò, confusa. «Tu non sei cieco...» «No? Dunque vuoi dire che i migliori oculisti della California mi hanno mentito? Eppure tu dovresti saperlo. Non sei forse una terapista specializzata? Ti assicuro che non vedo un accidente» dichiarò Damian, 17


togliendosi il cappello da baseball con uno scatto di impazienza. In quel momento Sara ringraziò il cielo che lui non potesse vedere la sua espressione sgomenta. Che sciocca era stata! Come aveva potuto non accorgersi che Damian aveva problemi alla vista? Che diamine di professionista era mai? Quando lui si era avvicinato, avrebbe dovuto intuire quale fosse la causa del passo falso che aveva fatto. Gran parte di quell'equivoco era sicuramente dovuto al fatto che lei si era aspettata come paziente un bambino, non un uomo adulto dall'aspetto così virile e attraente. «Mi spiace...» mormorò, contrita. «Io pensavo che il nipote della duchessa fosse molto più giovane.» Lui le rivolse un altro sorriso da batticuore. «Non ti preoccupare. Non sono il tipo che se la prende per così poco.» «Può darsi, ma...» «Lascia perdere. Abbiamo cose ben più importanti di cui discutere.» «Per esempio?» domandò Sara, cercando di assumere un tono professionale. «Non ho bisogno di alcuna terapia riabilitativa» dichiarò Damian con fermezza. «Hai avuto dei segnali di recupero della vista?» si informò lei. «Non ancora» ammise Damian. «Allora scoprirai quanto sia utile imparare a muoversi nell'ambiente che ci circonda anche senza l'ausilio della vista» disse Sara. «Ho parecchia esperienza con i non vedenti e...» «Definiscimi pure cieco» la interruppe lui, brusco. 18


Da quel particolare, Sara intuì quanto fosse difficile per Damian accettare la sua triste condizione, temporanea o meno che fosse. «Come preferisci» convenne. «Come stavo dicendo, ho molta esperienza con i ciechi. In genere, una delle cose più difficili da accettare è la sensazione di impotenza che comporta la privazione della vista. E poi dover dipendere dagli altri per svolgere le normali attività quotidiane. Con una terapia adeguata, io posso aiutarti a superare quasi tutti gli ostacoli.» «Quasi tutti?» osservò lui con un certo sarcasmo. «Nonostante la terapia, non potrai guidare l'auto o guardare le stelle attraverso un telescopio» ammise Sara in tutta onestà. «Ma potrai leggere, scrivere, usare un computer, muoverti con una certa sicurezza in ogni ambiente. In altre parole, riconquistare un certo grado di indipendenza.» «No, grazie...» borbottò Damian. «Non mi serve il tuo aiuto.» «A quanto pare, tua zia... voglio dire, la duchessa, non la pensa così.» «Non mi importa un accidente di quello che pensa mia zia. La mia cecità è solo temporanea. La vista tornerà presto.» «Questo è quello che ti hanno detto» replicò Sara a malincuore. Detestava togliere ogni illusione ai suoi pazienti, ma a volte era necessario farlo per il loro bene. «Mi stai forse dicendo che mi hanno mentito?» borbottò lui. «È possibile. Tuttavia, non ne sono certa. Prima dovrò studiare il tuo caso e consultare le cartelle cli19


niche dello specialista che ti ha curato finora.» «In effetti, immaginavo che non avessi ancora dato un'occhiata alle scartoffie del dottor Simpson. Se lo avessi fatto e ti fossi aspettata ancora un ragazzino di dodici anni, avrei cominciato a pensare che anche tu avevi qualche problema alla vista» ribatté Damian. «Proprio così» sorrise Sara, pensando che era già tanto che lui non dubitasse delle sue capacità professionali, considerato il fatto che non si era accorta subito che l'uomo che aveva di fronte aveva seri problemi alla vista. Questa sua mancanza di intuizione la turbava più di quanto fosse disposta ad ammettere... «Per risparmiarti la fatica» proseguì lui, «posso comunque annunciarti che il segaossa... pardon, l'oculista... sostiene che io ho il cinquanta per cento delle probabilità di recuperare la vista in un paio di mesi.» «Una previsione incoraggiante, che però non è una garanzia» osservò Sara, con grande cautela. «Il cinquanta per cento? Stai scherzando!» sorrise Damian. «Io sono un ottimista e un vincente per natura, mia cara terapista specializzata. Tornerò a vedere perfettamente. Scommettiamo? Sei settimane al massimo.» «Te lo auguro di cuore» si limitò a rispondere Sara. Sospirò, cercando qualcosa da aggiungere, ma non le venne in mente nulla. Di una cosa, però, era certa. Non voleva contribuire in alcun modo a illudere Damian.

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Tra sogno e realtĂ

Romanzo



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Dallas, Texas. «Fuori il rospo, Jordan. Dimmi quali informazioni hai avuto sulla principessa Iliana di Alovitia. Voglio sapere esattamente che cosa mi aspetta» disse al suo valletto il principe Marco Roman Roseanov, erede al trono di Nabotavia. Si fidava di Jordan come di se stesso, ma avrebbe avuto il coraggio di riferirgli i pettegolezzi? Il domestico assunse a quel punto un'aria imbarazzata. «Purtroppo ha una pessima reputazione, Altezza.» «Sii più preciso, per favore.» Jordan sospirò. «Della principessa si dice che...» Si interruppe, schiarendosi la voce. «Il suo fidanzato di turno è un gangster di Las Vegas.» Marco si accigliò. Se avesse potuto scegliere, avrebbe evitato di risposarsi, men che meno con la principessa Iliana di Alovitia, che a quanto pareva era una donna totalmente priva di classe. Era venuto a Dallas per partecipare all'annuale galà di beneficenza organizzato nei saloni di un lussuoso hotel dalla comunità nabotaviana locale, e nello stes159


so tempo per incontrare la candidata al ruolo di futura regina di Nabotavia. Dopo la tragica scomparsa della sua prima moglie, avvenuta due anni prima, aveva promesso a re Drake di Alovitia che avrebbe sposato sua figlia e aveva intenzione di mantenere la parola data. Nei limiti del possibile, naturalmente. Dopo la sanguinosa rivoluzione avvenuta in Nabotavia vent'anni prima, pochi mesi prima un referendum popolare aveva espresso parere favorevole al ritorno della monarchia costituzionale. Fra poche settimane, nella cattedrale di Kalavia si sarebbe svolta la solenne cerimonia di incoronazione e una millenaria tradizione nabotaviana prevedeva che lui avesse al suo fianco la regina. Inoltre, i suoi due bambini, ancora in tenera etĂ , avevano bisogno di una madre. Soprattutto per quella ragione gli importava capire se Iliana di Alovitia era la persona adatta a diventare sua moglie. Lui e Lorraine erano stati una coppia molto felice e se la ragion di stato non gli avesse imposto di sposarsi di nuovo, avrebbe ben volentieri evitato complicazioni sentimentali di qualunque tipo. Amare ed essere brutalmente privati dal destino della persona amata era stata un'esperienza molto dolorosa, che lo aveva segnato nel profondo. Strinse la mascella, pensando che tutti coloro che aveva amato di piĂš gli erano stati strappati in maniera tragica. Prima i suoi genitori, assassinati crudelmente da un manipolo di criminali che si erano spacciati per rivo160


luzionari. E poi sua moglie, rimasta vittima in un incidente stradale. Chi altri ancora avrebbe perso di coloro ai quali voleva bene?, si chiese con una punta di angoscia. Nella situazione psicologica in cui si trovava, non aveva alcun interesse a recitare la parte del principe in cerca di una nuova anima gemella. Tanto meno avrebbe tollerato i capricci di una giovane donna viziata, volgare e priva di senso morale. Se dopo avere approfondito la conoscenza con Iliana, lui l'avesse ritenuta inadatta al ruolo... In quel caso, sarebbe stato costretto a far capire a re Drake che sua figlia non era all'altezza del delicato compito che l'aspettava. «Che altro hai saputo, Jordan?» «Non è abbastanza, Altezza?» gemette il valletto. Non sapeva se essere più preoccupato o indignato al pensiero che una sgualdrina come Iliana di Alovitia potesse diventare la nuova regina di Nabotavia. Marco non rispose. La propensione di Iliana per il gioco d'azzardo e la sua incostanza sentimentale non erano certo una buona presentazione. Tuttavia, preferiva sempre valutare personalmente prima di dare giudizi definitivi. L'occasione del galà a Dallas, al quale Iliana aveva promesso di partecipare, sarebbe stata l'occasione propizia per un incontro informale fra loro. «È ora di scendere in salone» annunciò Marco a quel punto, controllando allo specchio l'annodatura del papillon. Jordan annuì e si voltò per aprire la porta della suite. 161


Presero l'ascensore e raggiunsero il pianterreno. Le porte scorrevoli si aprirono rivelando la piccola folla già radunata nel salone dell'hotel. «Sua Altezza il principe ereditario» annunciò prontamente ad alta voce il maggiordomo, non appena Marco mise piede nel salone. Gli sguardi di tutti i presenti si appuntarono su di lui. «La principessa Iliana è alla vostra sinistra, Altezza. Abito azzurro e tiara di diamanti e zaffiri» lo avvertì Jordan sottovoce. Marco la cercò con lo sguardo e nonostante il folto numero di invitati, non fece fatica a individuarla. Iliana di Alovitia era un vero splendore. Un cigno in mezzo a un branco di papere. L'adolescente in fiore di dieci anni prima si era trasformata in una donna bellissima. In un certo senso si era aspettato qualcosa del genere. Quello che invece non aveva previsto era l'espressione che lei aveva dipinta in volto in quel momento. Limpida, diretta, priva di altezzosità o di quel cinismo che c'era spesso nello sguardo delle persone che conducevano una vita sregolata. L'espressione di un angelo. Ma lui sapeva bene che non era così. Con uno sforzo di volontà, distolse lo sguardo da Iliana. «Più tardi» disse. «Prima devo sbrigare le formalità con il sindaco e gli altri ospiti d'onore» aggiunse, senza badare all'espressione di disapprovazione del valletto. 162


Una scusa bella e buona, ammise Marco fra sé, cercando di dominare l'emozione che provava in quel momento. Iliana di Alovitia era incantevole, ma il ricordo della sua amata Lorraine continuava a perseguitarlo. Dopo due anni di vedovanza, aveva ancora l'impressione di tradire la sua memoria quando guardava un'altra donna con interesse. Aveva bisogno di qualche istante per recuperare il controllo di se stesso e per farlo non c'era niente di meglio che stringere mani e scambiare frasi cordiali con perfetti estranei. Voltò le spalle a Iliana e si diresse verso il centro del salone. «Fantastico, Greta» commentò con ironia Shannon Harper, la donna che il principe Marco aveva scambiato per la principessa Iliana, lanciando una breve occhiata alla coppia di aristocratici alovitiani fermi accanto a lei. «Direi che il principe è più interessato ai notabili di Dallas che alla sua promessa sposa.» «Forse era emozionato» rimediò la contessa Vodorov, in tono poco convinto. «Mai visto nessuno che avesse un'aria meno emozionata» replicò Shannon. In realtà, non era riuscita nemmeno a decifrare l'espressione dell'erede al trono di Nabotavia. «Tornerà» disse il conte Alfred Vodorov. «Hai notato come ti ha guardata?» «Come?» domandò Shannon. «Come se avesse intuito che tu non sei la vera Iliana» mormorò Greta, con una certa apprensione. 163


«Credete che sappia? Oh, santo cielo, Alfred... Chi può avergli detto che Shannon è solo la sosia di Iliana?» «Dacci un taglio, Greta» le intimò lui a quel punto della conversazione, sorridendo come se la moglie avesse appena pronunciato un'amenità. «Ti prego caldamente di evitare questo genere di osservazioni in pubblico. Non si può mai sapere chi sta ascoltando.» «Ma...» cercò di obiettare Greta. «Il principe non ha affatto ignorato Iliana» proseguì il conte, calcando il tono sul nome della principessa. «Si è limitato a seguire l'etichetta, che prevede lo svolgimento dei suoi doveri pubblici prima di dedicarsi a quelli personali.» Shannon cercò di mantenere un contegno disinvolto e tranquillo, anche se cominciava a sentirsi stanca di essere trattata come un manichino, la cui unica funzione era quella di sorridere, stringere mani e fingere di essere la principessa Iliana di Alovitia. D'altra parte questo era esattamente il compito per cui era profumatamente pagata. Quella strana avventura era cominciata due mesi prima al Roundup Steak Corral, uno dei più esclusivi ristoranti di Dallas, dove lei lavorava in qualità di receptionist per pagarsi un master di specializzazione in storia dell'arte. Il restauro era la sua grande passione, e da quando si era laureata sognava di trasferirsi in Europa per frequentare un corso. A Roma, magari, o a Parigi... Sogni, appunto, che tali forse sarebbero rimasti se il destino non le avesse fatto incontrare Greta e Alfred Vodorov. 164


La coppia di aristocratici alovitiani, inviata nel Texas da re Drake in supporto alla figlia, era rimasta colpita dalla sua somiglianza con Iliana e le aveva proposto di lavorare come sosia della principessa. «Naturalmente ti istruiremo a dovere» le aveva assicurato Greta, notando la sua perplessità. «La principessa Iliana è attualmente impegnata in un'altra zona della vostra nazione e non ha tempo di partecipare a iniziative caritatevoli» aveva aggiunto in tono vago. «Tu potresti prendere il suo posto. Nessuno noterà la differenza.» Shannon non poteva negare di avere trovato molto interessante quella proposta. All'inizio riluttante, si era poi convinta che potesse essere la soluzione ai suoi problemi. Non solo perché anche lei aveva legami familiari e interessi professionali nell'Europa orientale. Ma soprattutto sotto il profilo economico. Con il compenso che i Vodorov le avevano offerto avrebbe potuto terminare tranquillamente gli studi e iscriversi a un corso di specializzazione in restauro. Inoltre, avrebbe estinto i debiti per le spese mediche sostenute durante la lunga malattia di sua madre. Quel denaro, insomma, era un vero e proprio dono dal cielo. «Siete proprio sicuri che nessuno si accorgerà che io sono solo la sosia della principessa Iliana?» aveva domandato. «È proprio questo il bello» aveva risposto Greta. «La principessa ha acquistato solo di recente un ranch nel Texas e la comunità locale non l'hai mai vista prima di persona.» 165


Così, lei aveva accettato di recitare una parte tanto diversa da quella che la vita le aveva riservato ed era stata catapultata in un ambiente sociale che fino a quel momento era esistito solo nella sua fervida fantasia. Per un po' di tempo ne era stata abbagliata, nonostante il tirocinio per trasformarsi in una principessa non si fosse rivelato dei più semplici. Lezioni di portamento, di etichetta, di ballo. Cure estetiche, prove in sartoria e poi le prime esercitazioni pratiche. Una vera e propria prova del fuoco. Pranzi, balli, conferenze, inaugurazioni, parate a cui presenziare, sorridere, stringere mani, dire sempre la cosa giusta. Dopo alcune settimane, aveva cominciato a capire la ragione per cui la vera principessa aveva deciso di gettare la spugna e rendersi irreperibile per un po' di tempo. Perché era questo che aveva scoperto dopo avere accettato il lavoro: altro che impegno in un'altra zona degli Stati Uniti! Iliana era irreperibile. I bene informati sostenevano che fosse a Las Vegas con la sua nuova fiamma, un gangster proprietario di casinò e sale illegali per il gioco d'azzardo. Comunque fosse, lei era stata assunta per un breve periodo. Non era ora che Iliana si assumesse di nuovo le sue responsabilità? Aveva sollevato quella questione quando Greta l'aveva informata che avrebbe dovuto partecipare anche al galà di beneficenza di Dallas al posto della principessa e in quell'occasione avrebbe avuto modo di in166


contrare il principe Marco Roseanov, lo sposo che re Drake di Alovitia aveva designato per la figlia. «Non mi aspettavo che il principe Marco prendesse sul serio questo accordo matrimoniale... La notizia che avrebbe partecipato al galà a Dallas ha colto anche me di sorpresa» aveva ammesso la contessa Vodorov. «Tutti pensavano che avesse premura di tornare in Nabotavia e invece pare che voglia prima risposarsi.» «Avete provato a mettervi in contatto con Iliana?» aveva domandato Shannon, sperando che il suo compito di sosia fosse ormai agli sgoccioli. «Certamente. Abbiamo assunto anche un investigatore privato. Ma per ora la principessa è introvabile» aveva risposto Greta in tono preoccupato. «Mi auguro che si faccia viva presto» aveva replicato lei, provando un vago senso d'allarme. «Un conto è tagliare nastri e partecipare a balli. Un altro è ingannare un uomo che crede di avere di fronte la sua futura moglie.» Nei giorni precedenti il galà quella preoccupazione aveva continuato ad assillarla, al punto che era stata più volte tentata di seguire l'esempio di Iliana e sparire nel nulla. Solo il suo innato senso di responsabilità e del dovere le aveva impedito di fare le valigie e archiviare definitivamente quella bizzarra esperienza professionale. «Eccolo che arriva» l'avvertì in quel momento Greta, con una certa emozione. «Chi?» «Il principe Marco sta venendo in questa direzione... Buona fortuna!» le augurò Greta con una risati167


na nervosa, prima di allontanarsi al braccio del marito. Tante grazie per il sostegno morale, pensò Shannon, respirando a fondo per cercare di calmare i battiti del cuore. In quei tre mesi di lavoro aveva incontrato molte persone importanti, politici, celebrità del mondo dello spettacolo, ma non le era mai capitato di fare la conoscenza di un principe in carne e ossa. La cornice era sicuramente quella adatta, osservò Shannon, con una punta di ironia. Il galà, organizzato dal Nabotavian Ladies Relief Society di Dallas, era uno degli appuntamenti più importanti del calendario sociale autunnale e tutti i vip del Texas erano presenti. La luce degli enormi lampadari di cristallo si rifletteva nelle parure di pietre preziose sfoggiate dalle signore. Gli uomini tutti rigorosamente in smoking e le donne in abito lungo da gran sera. Seta, raso, pizzo, chiffon e velluto in ogni sfumatura di colore. Un'orchestrina, situata dietro un sipario di piante ornamentali, provvedeva al sottofondo musicale, mentre un raffinato buffet freddo era stato allestito in un angolo dello spazioso salone. Decisa a non lasciare credere al principe Marco che lo stesse aspettando con una certa ansia, Shannon si diresse proprio verso il buffet. Scartò lo champagne, in previsione del fatto che probabilmente nella prossima mezz'ora avrebbe avuto bisogno di tutta la propria lucidità mentale, e preferì un bicchiere di limonata. Durante quel breve percorso Shannon si accorse 168


delle reazioni che il suo passaggio suscitava. Non si era ancora abituata all'ammirazione maschile. Evidentemente Alfred e Greta avevano fatto un ottimo lavoro. Quel pomeriggio, in vista dell'incontro con il principe Marco, avevano dato indicazioni ben precise a estetista, parrucchiera e sarta, e controllato che ogni minimo dettaglio relativo all'immagine della sua persona fosse perfetto. Lei stessa, quando si era guardata allo specchio, era rimasta sorpresa per un lungo istante. La fatina buona che si era occupata dei suoi capelli, aveva trasformato la sua capigliatura bionda in una cascata di riccioli lucenti fissati alla sommità del capo con alcune ciocche leggere che le incorniciavano il viso e le sfioravano il collo. Il tocco finale a quel capolavoro creativo era stata la tiara di zaffiri che le cingeva il capo. L'effetto finale era stato... regale. Esaltato dallo splendido abito da gran sera di seta azzurro, i tacchi a spillo e il trucco da star. Come erano riusciti a trasformare una tranquilla studentessa acqua e sapone in un sogno biondo, restava in parte un mistero anche per lei. Personalmente non si era mai accorta di avere certe potenzialità . Mentre sorseggiava la bibita, Shannon cercò Marco con lo sguardo. Stando a quanto le aveva detto Greta, lui era stato sul punto di raggiungerla. Shannon vide invece che era stato intercettato da una delle invitate, una rossa che stava chiaramente tentando una tattica di approccio molto sfacciata. 169


Alto, bruno, fisico atletico, bel viso virile illuminato da occhi azzurro acciaio, Marco Roseanov era davvero uno splendido esemplare maschile, ammise Shannon fra sé. In quel momento stava ascoltando con aria distratta la sua interlocutrice. Mentre rispondeva educatamente, lui si guardò intorno e per un istante il suo sguardo e quello di Shannon si fusero l'uno nell'altro. Lei distolse per prima il suo, deglutendo nervosamente un sorso di limonata. Quella faccenda stava diventando troppo complicata per i suoi gusti, pensò. Un conto era impersonare Iliana di Alovitia a inaugurazioni e feste di beneficenza e un altro fingere di essere la fidanzata del principe Roseanov. Poco dopo lui la raggiunse. Da vicino Marco le parve ancora più attraente. Un vero e proprio fusto, con un'aria da bel tenebroso che aggiungeva alla sua espressione un tocco di fascino in più. «Principessa» esordì lui, salutandola gentilmente con un cenno del capo. «Altezza Reale» rispose Shannon, accennando un inchino come prevedeva l'etichetta. Da quando era diventata la sosia di Iliana di Alovitia, molti uomini le avevano fatto il baciamano. Alfred l'aveva fatta esercitare a lungo su quel punto, in modo da farle acquisire quella naturalezza che rivelava un'educazione aristocratica. Un gesto che in pubblico era diventato di routine per lei. Ma quando Marco Roseanov le prese la mano e gliela sfiorò con 170


le labbra, Shannon provò un insolito brivido. «Sei più bella di quanto ricordavo...» mormorò lui, indugiando un istante prima di lasciarle andare la mano. «Anche tu» rispose Shannon con sincerità. Qualche volta, sfogliando delle riviste dal parrucchiere, aveva visto delle foto del principe Marco Roseanov, ma nessuna che gli rendesse giustizia, pensò, osservandolo da vicino. Lui abbozzò un sorriso. «Vuoi ballare?» «Dobbiamo proprio?» ribatté Shannon, allarmata. Alfred le aveva assicurato che il principe si sarebbe limitato a scambiare con lei qualche frase di cortesia e poi avrebbe continuato a dedicarsi agli altri ospiti. Invece adesso sembrava intenzionato a prolungare il loro colloquio. Cosa sarebbe successo se si fosse accorto che lei non era Iliana di Alovitia? «Ti sei forse ricordata che detesto ballare?» le chiese Marco con un sorriso. «Io... mmh... se preferisci, lasciamo perdere.» «Scampato pericolo, dunque?» «Che vuoi dire?» gli chiese Shannon, perplessa. «L'ultima volta che abbiamo ballato insieme mi hai perforato i piedi con i tacchi a spillo» le spiegò, abbozzando un sorriso. «Oh...» mormorò Shannon, sentendo il proprio nervosismo aumentare. Se Marco Roseanov aveva così tanti ricordi del loro unico incontro, avvenuto qualche anno prima, era davvero un bel guaio. «Da allora le mie doti di ballerina sono nettamente migliorate» rimediò, pensando alle numerose lezioni di ballo che le erano state impartite. 171


«Davvero? Allora il prossimo valzer è nostro» disse Marco, guidandola verso il punto in cui altre coppie stavano ballando. «Da come mi hai guardata quando sei arrivato, non pensavo che mi avresti chiesto di ballare» replicò Shannon, in tono leggermente accusatorio. In realtà stava solo cercando di non fare caso alle emozioni che le suscitava stare fra le braccia di quel perfetto sconosciuto. «Quando ti ho vista, mi sono reso conto che avevo bisogno di trovare il coraggio di avvicinarti.» «Stai scherzando...» mormorò lei, incredula. «Niente affatto» le assicurò lui. «Sono io che ti preoccupo o le donne in generale?» «Né tu né le altre. È la situazione in generale» le spiegò. «Non dirmi che per te non è lo stesso.» «Nemmeno per sogno» si costrinse a ribattere Shannon. Non era lei, naturalmente, che avrebbe dovuto sposare il principe Marco Roseanov, tuttavia per il momento doveva fingere di essere la sua promessa sposa e questo la spaventava. Abito, trucco e pettinatura erano solo una maschera. Da ciò che Alfred e Greta le avevano raccontato, Iliana di Alovitia, trasgressiva e spregiudicata, aveva un carattere molto diverso dal suo. Insomma, recitare quella parte nei dettagli non le si addiceva affatto. In quel momento le parve più che mai necessario rivedere l'accordo che aveva concluso coi Vodorov e tornare a essere quella che era prima che la situazione si complicasse ulteriormente. «Allora sei più coraggioso di me, Gunga Din» rispose Marco. 172


«Attenzione, Altezza. Citare Rudyard Kipling potrebbe provocare in me una reazione a base di Emily Dickinson» tentò di scherzare Shannon. «Non sapevo che fossi appassionata di letteratura. Questa è una novità» replicò lui, incuriosito. Passo falso, si rimproverò Shannon, dandosi della sciocca. Avrebbe dovuto immaginare che un tipo come Iliana di Alovitia non sprecasse tempo in letture colte. «Allora è questo il vero problema... Non hai una buona opinione delle principesse» lo stuzzicò, cercando di cambiare argomento. «Questo non è vero. Adoro mia sorella Karina e anche lei è una principessa» ribatté Marco, stando al gioco. «La famiglia non conta» tenne a fargli notare lei a quel punto. «Al contrario, la famiglia è l'unica cosa che conta davvero.» Lei aprì bocca per replicare ma poi cambiò idea. Quel colloquio stava diventando sempre più personale e quindi maggiormente pericoloso. La prudenza le consigliò di riportare la conversazione a un livello più generico. «Sei molto orgoglioso della tua famiglia, vero?» «Certamente. Tu no?» «Non nel modo che intendi tu» rispose Shannon, pensando alla propria. «Ciò che conta è quello che siamo e il modo in cui ci comportiamo.» Lui la guardò di nuovo con una certa sorpresa. «Mi hanno raccontato molte cose di te, ma nessuno mi aveva avvertito che ti piaceva filosofare.» 173


Questo mese Notte dopo notte, tra le dune del deserto, si consumano le passioni irrefrenabili di Asad e Khalil descritte da Lucy Monroe. Ogni ragazza può trasformarsi da Cenerentola in principessa, basta solo un pizzico di magia, come nei romanzi di Raye Morgan.

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Questo volume è stato stampato nel dicembre 2017 da CPI Moravia Books


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