Il principe dei sogni

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Raye Morgan

Il principe dei sogni


Titoli originali delle edizioni in lingua inglese: Royal Nights Counterfeit Princess Silhouette Romance © 2003 Helen Conrad © 2003 Helen Conrad Traduzioni di Laura Polli Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2006 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prime edizioni Harmony Serie Jolly maggio 2006; luglio 2006 Questa edizione myLit gennaio 2018 MYLIT ISSN 2282 - 3549 Periodico mensile n. 54 del 16/01/2018 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 162 del 31/05/2013 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


Il ballo della rosa rossa



Prologo

Santa Monica, California. Nulla, in quella magnifica giornata di sole californiana, faceva prevedere quello che stava per succedere. Nessun presentimento nella luce dorata del mattino, nella brezza che spirava dal mare e faceva stormire le palme, nel suono dei potenti motori dei motoscafi. Per quella ragione, il principe Damian Roseanov, penultimo dei quattro figli dei defunti sovrani di Nabotavia, provava un meraviglioso senso di euforia ed eccitazione. L'adrenalina gli scorreva nelle vene come la benzina nel motore del suo fuoribordo. A parte il tragico avvenimento della morte dei suoi genitori, che aveva segnato la sua infanzia, aveva trascorso un'esistenza dorata. In esilio negli Stati Uniti, aveva frequentato le migliori scuole e si era laureato a pieni voti ad Harvard. Grande appassionato di sport e di motori, vivace, brillante, dinamico, era un vero e proprio idolo per le donne, al pari di certi attori famosi. Le foto delle sue avventure riempivano le cronache delle pagine rosa di svariati rotocalchi. In quel momento, Thana Garnet, giovane star del 7


cinema che ambiva a diventare la sua fidanzata di turno, stava facendo il tifo per lui seduta su una delle tribune del Pacific Yacht Club di Santa Monica. Vincerò anche oggi, pensò Damian. Con questo non voleva dire che sarebbe stato facile. Suo cugino Sheridan gli dava sempre del filo da torcere. Erano in competizione per ogni cosa, e non era raro che Sheridan lo battesse a tennis, a golf, in una gara di surf o in una regata. Con maggiore difficoltà nelle gare di offshore. In quelle, il campione indiscusso era lui. In ogni caso, lui non avrebbe commesso l'errore di sottovalutare Sheridan e gli altri concorrenti. Erano tutti giovani, ben equipaggiati e decisi a batterlo. Quattro splendidi motoscafi erano fermi alla partenza, i motori che ronzavano in maniera promettente, pronti a scatenare tutta la loro potenza. I piloti erano tutti in gamba, ma la gara sarebbe stata come al solito fra lui e Sheridan, previde Damian. Guardò suo cugino e gli sorrise. Sheridan, che aveva dipinta in volto un'espressione accigliata, lo ignorò. «Santo cielo, cugino, rilassati!» rise Damian. «Altrimenti non ti divertirai.» Sheridan non rispose. Lui scosse il capo e guardò verso le tribune. Thana agitò una mano verso di lui, che rispose con un cenno del capo. Sedute accanto a Thana c'erano Penny Potherton e Muffy Van Snook, altre due sue accanite ammiratrici. Da quella distanza, Damian poteva vederle mentre 8


gli gridavano il loro incoraggiamento, anche se non riusciva a sentire le loro voci. Erano entrambe delle bellissime ragazze, con le quali aveva avuto delle brevi storie sentimentali. Fra i molti vantaggi di essere uno degli scapoli d'oro del Gotha internazionale, vi era quello di essere molto corteggiato dalle donne e lui non aveva che l'imbarazzo della scelta. Adesso, però, avrebbe fatto meglio a concentrarsi, decise, infilando il casco e controllando la strumentazione. La gara stava per iniziare e il numero dei giri dei motori era aumentato. Il percorso consisteva in un lungo tratto di mare rettilineo fino a una boa intorno alla quale virare a tutta velocità prima di tornare verso il traguardo. Damian strinse le mani intorno al volante del fuoribordo. Di colpo divenne freddo, concentrato. E nello stesso tempo sicuro di sé, fiducioso. La vittoria era sua. Lo sentiva. Al segnale di partenza, i quattro motoscafi balzarono in avanti a tutta velocità. Come al solito, in quell'accelerazione improvvisa, quasi rabbiosa, Damian gustò tutto il senso della velocità. Il suono assordante del motore, il vento, gli spruzzi d'acqua, l'odore pungente del carburante, tutto contribuiva ad aumentare l'atmosfera eccitante della gara. Tuttavia si sforzò di tenere a bada l'euforia. Ci sarebbe stato tempo, per quella, più tardi. Dopo la vittoria. Nel tratto rettilineo precedette senza difficoltà gli altri concorrenti. Adesso si trattava di rallentare per 9


virare intorno alla boa e non perdere il vantaggio che aveva. Rallentare? Neanche per sogno! Avrebbe virato a tutta velocità, come al solito, compiendo una manovra considerata impossibile per gli altri, ma non per lui. Quel giorno, però, qualcosa andò storto. Mentre virava, udì uno schianto secco. Poi la punta del motoscafo si alzò verso il cielo e ricadde con violenza sulla superficie dell'acqua. Il suono dell'esplosione fu assordante. Il fuoribordo si sfasciò intorno a lui come cartone. L'impatto con l'acqua a quella velocità fu tremendo. La sensazione di dolore fu l'ultimo ricordo prima di sprofondare nell'abisso buio dell'incoscienza.

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Due mesi dopo. Sara Joplin diede un'occhiata all'orologio e vide che era in ritardo. Quella giornata era iniziata nel peggiore dei modi quando sua sorella Mandy, che era al settimo mese di gravidanza, le aveva telefonato, chiedendole un passaggio per andare alla visita di controllo, dato che la sua auto non voleva saperne di mettersi in moto. La visita era durata piÚ di un'ora e, dopo avere riaccompagnato a casa la sorella, lei aveva trascorso il resto della mattinata nel suo ufficio al Sepulveda Atrium. Aveva fatto uno spuntino in fretta, seguito da una lunga e tempestosa telefonata con il suo agente assicurativo. Alle quattro aveva appena infilato nella valigetta alcuni documenti quando nell'edificio si verificò un blackout elettrico, probabilmente per colpa dei condizionatori d'aria che lavoravano alla massima potenza nel tentativo di neutralizzare il caldo di quella torrida estate californiana. A causa del guasto, fu costretta a scendere a piedi dal ventiquattresimo piano, per arrivare a scoprire che 11


la porta delle scale al pianterreno era bloccata. «Chiudere le uscite di emergenza è illegale» rammentò in tono un po' brusco all'agente di vigilanza, quando la liberò. Il ritardo si stava trasformando in una vera apocalisse temporale. Raggiunse il posteggio quasi di corsa e cercò di ignorare il calore che c'era nell'abitacolo della sua auto. Cinque minuti dopo, con il climatizzatore acceso, infilò la tangenziale che portava a Beverly Hills, dove si trovava Red Rose, la tenuta dei duchi di Nabotavia. Nonostante il traffico non fosse quello dell'ora di punta, procedeva ugualmente a rilento. Sara sospirò, esasperata. Detestava presentarsi in ritardo a un appuntamento di lavoro. Dava una pessima immagine della propria professionalità. Quando, dopo un breve interrogatorio e un controllo telefonico da parte della guardia che presidiava il cancello di Red Rose, Sara riuscì finalmente a varcare i confini della tenuta, il ritardo accumulato era di oltre mezz'ora. Era sudata nonostante il climatizzatore, spettinata, e il tailleur di lino che indossava era decisamente sciupato. Insomma, non avrebbe potuto biasimare la duchessa se le avesse fatto una pessima impressione. Sì, odiava essere in ritardo e fare le cose di fretta. In quello stato d'animo era più facile commettere degli errori. E lei odiava sbagliare, specialmente nel suo lavoro. Sara percorse un viale alberato e fermò l'auto a poca distanza da una lussuosa villa circondata da uno splendido prato all'inglese. 12


D'impulso, anziché dirigersi subito verso il patio della villa, Sara imboccò il sentiero che portava verso un ombroso pergolato coperto di rampicanti, decisa a concedersi qualche attimo per rimettersi in ordine prima di fare conoscenza con la duchessa Roseanov. Aveva quasi raggiunto il pergolato, quando uno dei suoi tacchi affondò malamente nel terreno morbido. Sara perse l'equilibrio e per poco non cadde lunga e distesa sul sentiero. «Maledizione!» imprecò. «Un linguaggio davvero poco appropriato per una signora» disse una voce maschile in tono divertito. Sara alzò lo sguardo e solo in quel momento notò un uomo all'ombra del gazebo. Alto, bruno, bel viso virile e abbronzato, gli occhi grigi un po' nascosti dalla tesa di un cappello da baseball. Indossava un paio di jeans e una maglietta, una tenuta semplice ma che gli metteva in risalto le spalle ampie. Chi era mai quel fusto?, si chiese Sara. Un giardiniere in pausa? Un operaio addetto alla manutenzione della villa? «Scusami tanto... credevo di essere sola» replicò Sara, leggermente imbarazzata. «Che ci fai qui?» le domandò lo sconosciuto. «Avevo appuntamento con la duchessa Irina Roseanov alle cinque, ma sono scandalosamente in ritardo. Sapresti dirmi dove posso trovarla?» «Non ti preoccupare» le sorrise lui. «L'avranno già avvertita del tuo arrivo. Questo posto è pieno di telecamere. Ti troverà lei.» «Capisco, ma...» «Prego, accomodati.» 13


Sara scosse il capo in segno di diniego. «No, grazie. Sono già in ritardo e...» «Siediti» le consigliò lo sconosciuto. Qualcosa, nel tono gentile e conciliante di lui, la convinse a ubbidire. Rimase comunque sulle spine, pronta a scattare non appena qualcuno fosse comparso sul patio della villa. Lui fece qualche passo e incespicò prima di sedersi a sua volta. Sara notò quel leggero passo falso e si chiese a che cosa fosse dovuto. Forse i postumi di un incidente alle gambe? «Come ti chiami?» le domandò lui in tono amichevole. «Sara. E tu?» «Damian... Posso sapere per quale motivo hai appuntamento con la duchessa?» «Per telefono mi ha spiegato che di recente uno dei suoi nipoti ha subito un grave incidente nel quale ha perso la vista. Così ha pensato che una terapista specializzata in mobilità e orientamento potesse aiutarlo ad adattarsi alla condizione di non vedente.» «E tu saresti la terapista?» «Esatto» gli confermò lei. «La duchessa è convinta che il principe riceverà dei benefici dalla terapia.» «Un pensiero davvero gentile da parte sua» commentò Damian, con una punta di ironia. Il tono di lui non le piacque. Si accigliò, chiedendosi se non fosse stato un errore confidare a un perfetto estraneo la ragione della sua visita a Red Rose. Alla duchessa non avrebbe fatto sicuramente piacere che lei avesse divulgato lo stato di salute del nipote a... 14


già, chi era quel tale che aveva di fronte? Aprì bocca per chiederglielo, ma lui la precedette. «Quanti anni ha il principe?» le domandò. Lei batté le palpebre, sorpresa dalla domanda. «Non lo so. Dal modo in cui la duchessa mi ha parlato di lui, suppongo che abbia circa undici o dodici anni.» Damian si mise a ridere e Sara sentì crescere il proprio imbarazzo. «Credo sia meglio che vada a cercare la duchessa...» mormorò a quel punto, alzandosi. Si voltò, udendo la ghiaia scricchiolare, e vide un uomo di una certa età, molto distinto. «Scusate, non avevo intenzione di disturbarvi» borbottò l'anziano signore, allontanandosi in tutta fretta. «Chi era?» domandò Sara, incuriosita. «Dalla voce, si direbbe il duca di Nabotavia» rispose Damian. «Il duca? Oh, allora lui forse sa dov'è la duchessa!» «Fidati di me, non lo sa.» «Ma se è suo marito...» «Appunto per questo. In genere preferisce non sapere dov'è sua moglie» le assicurò lui, divertito. Prima che Sara potesse replicare, un altro uomo, più giovane, apparve sul sentiero. Biondo, attraente, molto elegante. Uno dei nipoti della duchessa? Uno dei principi di Nabotavia?, si chiese Sara. Che cosa doveva fare? Rivolgergli un inchino? Una riverenza? Salutarlo per prima o aspettare che lo facesse lui? «Oh, eccoti Damian...» disse l'ultimo arrivato, rivolgendo a Sara un cenno di saluto. «Sai per caso dov'è zio Dimitri? Ha promesso di mostrarmi alcune 15


monete etrusche della sua collezione.» «È appena passato di qui» lo informò Damian. Zio Dimitri? Che cosa significava?, si interrogò Sara, sempre più confusa. Chi era il nipote del duca? L'uomo biondo? Damian? O entrambi? E le monete etrusche non si trovavano di solito nei musei? Se in quella casa erano custoditi simili tesori, non c'era da meravigliarsi che fare breccia nello sbarramento all'ingresso fosse più difficile che superare la frontiera con il Messico... «Chi era quel tale?» domandò Sara, non appena il biondo se ne fu andato. «Il conte Boris Wielkov, uno dei nipoti della duchessa.» «A quanto pare, non è quello che ha problemi alla vista» dedusse Sara. «Direi proprio di no» le confermò Damian. Lei non riuscì a trattenere una risatina. Era stanca, accaldata e a quel punto cominciava a sentirsi anche un po' stordita. «Che c'è da ridere?» le chiese lui. «Non lo so... tutti questi aristocratici... non ne avevo mai conosciuto uno in vita mia prima d'ora, e adesso di colpo mi capita di incontrare un duca e un conte. È, a dir poco, divertente.» «Hai qualcosa contro la nobiltà?» «Niente affatto. Ho il massimo rispetto per i nobili, soprattutto per i reali.» Sorrise, scuotendo il capo. «Da bambina sognavo spesso di sposare un principe che mi portasse a vivere nel suo castello. Ma ormai ho smesso di fare questi sogni da un pezzo.» «Non c'è nessun principe nella tua vita?» 16


«Nessuno» gli assicurò Sara. «E credo che mai ci sarà. Non sono il tipo di donna che può attirare l'attenzione di un principe. Tu, piuttosto, sei imparentato con i Roseanov, vero?» «Che cosa te lo fa pensare?» «Il modo con cui il conte poco fa si è rivolto a te... non certo come a un giardiniere o a un domestico.» «Boris, infatti, è mio cugino» ammise Damian a malincuore. Sara annuì. Avrebbe dovuto immaginarlo che quel fusto non fosse lì per decorazione. «Forse allora conosci anche il piccolo principe» replicò, speranzosa. «Il romanzo di Saint-Exupéry?» la stuzzicò lui, divertito. «Mi riferisco a uno dei nipoti dei padroni di casa, quello che ha perso la vista in un incidente.» Lui sorrise in un modo che le procurò un delizioso brivido. «Certo che lo conosco» si affrettò a rispondere lui. «Meglio di qualunque altro, direi.» Sorrise, divertito, poi aggiunse: «Sono io». «Tu?» mormorò Sara, accigliandosi. «Proprio così. Io sono il principe Damian Roseanov, terzogenito dei defunti sovrani di Nabotavia. Ma se preferisci, il piccolo principe» aggiunse con malcelata ironia. «Ma...» Sara lo osservò, confusa. «Tu non sei cieco...» «No? Dunque vuoi dire che i migliori oculisti della California mi hanno mentito? Eppure tu dovresti saperlo. Non sei forse una terapista specializzata? Ti assicuro che non vedo un accidente» dichiarò Damian, 17


togliendosi il cappello da baseball con uno scatto di impazienza. In quel momento Sara ringraziò il cielo che lui non potesse vedere la sua espressione sgomenta. Che sciocca era stata! Come aveva potuto non accorgersi che Damian aveva problemi alla vista? Che diamine di professionista era mai? Quando lui si era avvicinato, avrebbe dovuto intuire quale fosse la causa del passo falso che aveva fatto. Gran parte di quell'equivoco era sicuramente dovuto al fatto che lei si era aspettata come paziente un bambino, non un uomo adulto dall'aspetto così virile e attraente. «Mi spiace...» mormorò, contrita. «Io pensavo che il nipote della duchessa fosse molto più giovane.» Lui le rivolse un altro sorriso da batticuore. «Non ti preoccupare. Non sono il tipo che se la prende per così poco.» «Può darsi, ma...» «Lascia perdere. Abbiamo cose ben più importanti di cui discutere.» «Per esempio?» domandò Sara, cercando di assumere un tono professionale. «Non ho bisogno di alcuna terapia riabilitativa» dichiarò Damian con fermezza. «Hai avuto dei segnali di recupero della vista?» si informò lei. «Non ancora» ammise Damian. «Allora scoprirai quanto sia utile imparare a muoversi nell'ambiente che ci circonda anche senza l'ausilio della vista» disse Sara. «Ho parecchia esperienza con i non vedenti e...» «Definiscimi pure cieco» la interruppe lui, brusco. 18


Da quel particolare, Sara intuì quanto fosse difficile per Damian accettare la sua triste condizione, temporanea o meno che fosse. «Come preferisci» convenne. «Come stavo dicendo, ho molta esperienza con i ciechi. In genere, una delle cose più difficili da accettare è la sensazione di impotenza che comporta la privazione della vista. E poi dover dipendere dagli altri per svolgere le normali attività quotidiane. Con una terapia adeguata, io posso aiutarti a superare quasi tutti gli ostacoli.» «Quasi tutti?» osservò lui con un certo sarcasmo. «Nonostante la terapia, non potrai guidare l'auto o guardare le stelle attraverso un telescopio» ammise Sara in tutta onestà. «Ma potrai leggere, scrivere, usare un computer, muoverti con una certa sicurezza in ogni ambiente. In altre parole, riconquistare un certo grado di indipendenza.» «No, grazie...» borbottò Damian. «Non mi serve il tuo aiuto.» «A quanto pare, tua zia... voglio dire, la duchessa, non la pensa così.» «Non mi importa un accidente di quello che pensa mia zia. La mia cecità è solo temporanea. La vista tornerà presto.» «Questo è quello che ti hanno detto» replicò Sara a malincuore. Detestava togliere ogni illusione ai suoi pazienti, ma a volte era necessario farlo per il loro bene. «Mi stai forse dicendo che mi hanno mentito?» borbottò lui. «È possibile. Tuttavia, non ne sono certa. Prima dovrò studiare il tuo caso e consultare le cartelle cli19


niche dello specialista che ti ha curato finora.» «In effetti, immaginavo che non avessi ancora dato un'occhiata alle scartoffie del dottor Simpson. Se lo avessi fatto e ti fossi aspettata ancora un ragazzino di dodici anni, avrei cominciato a pensare che anche tu avevi qualche problema alla vista» ribatté Damian. «Proprio così» sorrise Sara, pensando che era già tanto che lui non dubitasse delle sue capacità professionali, considerato il fatto che non si era accorta subito che l'uomo che aveva di fronte aveva seri problemi alla vista. Questa sua mancanza di intuizione la turbava più di quanto fosse disposta ad ammettere... «Per risparmiarti la fatica» proseguì lui, «posso comunque annunciarti che il segaossa... pardon, l'oculista... sostiene che io ho il cinquanta per cento delle probabilità di recuperare la vista in un paio di mesi.» «Una previsione incoraggiante, che però non è una garanzia» osservò Sara, con grande cautela. «Il cinquanta per cento? Stai scherzando!» sorrise Damian. «Io sono un ottimista e un vincente per natura, mia cara terapista specializzata. Tornerò a vedere perfettamente. Scommettiamo? Sei settimane al massimo.» «Te lo auguro di cuore» si limitò a rispondere Sara. Sospirò, cercando qualcosa da aggiungere, ma non le venne in mente nulla. Di una cosa, però, era certa. Non voleva contribuire in alcun modo a illudere Damian.

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Questo mese Notte dopo notte, tra le dune del deserto, si consumano le passioni irrefrenabili di Asad e Khalil descritte da Lucy Monroe. Ogni ragazza può trasformarsi da Cenerentola in principessa, basta solo un pizzico di magia, come nei romanzi di Raye Morgan.

La prossima uscita il 16 marzo Preparati, affascinanti e abituati ad avere schiere di donne ai propri piedi, sono Mark e Seb, i medici protagonisti dei due libri di Sarah Morgan. Una piacevole vacanza, l'incontro con uno sconosciuto e la vita di Giselle e Leola si trasforma in una favola, raccontata dall'inconfondibile Robyn Donald.


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Questo volume è stato stampato nel dicembre 2017 da CPI Moravia Books


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