Il quadro di lily

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SARAH MACLEAN

Il quadro di Lily


Immagine di copertina: Katerina Lomonosov / Trevillion Images Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: A Scot in the Dark Avon Books An Imprint of HarperCollins Publishers © 2016 Sarah Trabucchi Traduzione di Rossana Lanfredi Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con HarperCollins Publishers, LLC, New York, U.S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2018 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici Special marzo 2018 Questo volume è stato stampato nel febbraio 2018 da CPI Moravia Books I GRANDI ROMANZI STORICI SPECIAL ISSN 1124 - 5379 Periodico mensile n. 252S del 10/03/2018 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 368 del 25/06/1994 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


Scandali e canaglie Domenica 9 maggio 1834 LA PROTETTA RIBELLE DI WARNICK Secondo quanto abbiamo appreso da fonte autorevole, gli allibratori di St. James's accettano scommesse sul fatto che un certo duca sia tornato a Londra per rammentare alla sua non più tanto giovane protetta che i pettegolezzi su di lei non sono un vantaggio per lui. Nella frizzante aria primaverile, il Duca di Warnick ha così indossato le vesti da paraninfo per Miss Lillian Hargrove, ora nota come MISS MUSA a chi ha saputo (o, meglio ancora, a chi l'ha visto!) dell'indecente dipinto che ha scandalizzato l'alta società e chiamato al sud il MASCALZONE SCOZZESE! Si prevede che l'arrivo del Diavolo delle Highlands (nonché Duca Annacquato) creerà una notevole eccitazione. Quel che è certo è che la primavera porterà più tartan in città... e nell'alta società. Vi daremo presto ulteriori particolari.

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Prologo DEVASTAZIONE DUCALE! DODICI GIORNI DI OSCURITÀ E TRAGEDIA Marzo 1829 Bernard Settlesworth, avvocato, riteneva che il nome di un uomo indicasse il suo destino e in verità, essendo lui terzo di una stirpe di giuristi al servizio dell'aristocrazia, era difficile non crederlo. Bernard era immensamente orgoglioso della professione che esercitava con precisione quasi ogni giorno dell'anno. Dopotutto, diceva a se stesso, l'aristocrazia britannica si reggeva sul duro lavoro di uomini come lui. Senza i Bernard Settlesworth del mondo, che con maestria tenevano i libri mastri e con altrettanta maestria amministravano enormi proprietà, la Camera dei Lord sarebbe crollata, lasciando soltanto la polvere di antichi titoli e patrimoni nobiliari. Lui faceva il lavoro dei gentiluomini, assicurandosi che l'aristocrazia restasse in piedi. E in soddisfacenti condizioni finanziarie. E nonostante lo inorgoglissero tutti gli aspetti della sua professione, non c'era nulla che trovasse più gratificante che incontrare nuovi eredi, poiché era in quei frangenti che il nome Settlesworth esprimeva al meglio il suo significato letterale: settle, ossia sistemare, e worth, ciò che ha valore. Sistemare beni di valore, appunto. O, per meglio dire, Bernard aveva trovato gratificante 6


quell'aspetto fino a quando la tragedia non si era abbattuta sul Ducato di Warnick. Due marchesi. Sei, tra conti e baronetti. Un proprietario terriero e i suoi tre figli. Un sacerdote. Un comandante di nave. Un cappellaio. Un allevatore di cavalli. E un duca. Un diluvio di tragedie che aveva compreso una disgrazia in carrozza, un incidente di caccia, una rapina finita male, un annegamento nel Tamigi, lo sfortunato esito di un'influenza e un problema davvero sconvolgente con un cormorano. E l'elenco non finiva qui. Diciassette duchi... tutti morti. E nello spazio di due settimane. Era stato un evento, anzi erano stati diciassette eventi senza precedenti nella storia britannica. Ma Bernard era un tipo zelante e dedito al suo lavoro, ancor più quando gli capitava di dover interpretare il ruolo di protettore di un titolo tanto antico e venerabile, nonché delle vaste terre (rese ancora più vaste dal rapido susseguirsi della morte di diciassette uomini, molti dei quali deceduti senza lasciare discendenti) e dei cospicui patrimoni (diventati ancora più cospicui per lo stesso motivo) a esso connessi. E così accadde che si ritrovò nel grande ingresso in pietra di Dunworthy Castle, nella fredda, ventosa, selvaggia Scozia, faccia a faccia con Alec Stuart, un tempo diciassettesimo nella linea di successione del Ducato di Warnick e ora ultimo erede conosciuto del titolo. Dire faccia a faccia, tuttavia, non era preciso. Dopo essere stato accolto da una graziosa giovane donna, infatti, Bernard era stato lasciato in quell'ingresso ad aspettare, circondato da imponenti arazzi e da una manciata di armi antiche che sembravano essere state appese a casaccio al muro. Così aspettò. E aspettò. Dopo tre quarti d'ora comparvero due grossi cani, i più grandi che avesse mai visto, grigi e selvatici. Gli si avvicinarono, i movimenti ingannevolmente pigri, e Bernard si 7


schiacciò contro il muro di pietra, pregando che decidessero di andarsi a cercare un'altra, più appetitosa vittima. Invece quelli si sedettero ai suoi piedi, le teste ispide che gli arrivavano quasi al petto, fissandolo con un sogghigno e senza dubbio pensando che dovesse essere molto gustoso. Bernard li ignorò e, per la prima volta in tutta la sua carriera, gli venne il dubbio che quella di avvocato non fosse una professione così divertente. Poi arrivò l'uomo, che aveva un aspetto ancor più selvaggio di quello dei suoi cani. Era scuro di capelli e grosso come una casa. Bernard non aveva mai visto un uomo tanto grosso... doveva essere alto più di sei piedi e mezzo, con una corporatura possente, muscolosa, e senza un'ombra di grasso. Bernard lo poté affermare con precisione poiché l'uomo non indossava la camicia. A dire il vero non indossava nemmeno i pantaloni. Portava il kilt. E una grossa spada. Per un momento Bernard si chiese se non avesse anche viaggiato nel tempo, oltre che nello spazio, per venire in Scozia. Dopotutto, era il 1829, nonostante quell'energumeno scozzese sembrasse arrivare da tre secoli prima. Il gigante lo ignorò e lanciò la spada sul muro, dove restò attaccata come se fosse stata sospinta dalla pura forza di volontà del suo proprietario. Lo stesso proprietario che poi voltò le spalle a Bernard e fece per andarsene. Bernard allora si schiarì la gola. Il suono echeggiò più forte di quanto lui avesse inteso nell'imponente spazio di pietra, abbastanza forte perché l'uomo si girasse e indugiasse con lo sguardo sulla figura dell'avvocato, minuscola al confronto della sua. Dopo un lungo silenzio, chiese: «Chi siete?». O almeno, questo fu quello che Bernard pensò avesse detto, giacché le parole suonarono spesse sulla lingua dell'uomo e distorte da un pesante accento. «Io... io...» Bernard si costrinse a riprendersi e a smettere di balbettare, a dispetto del fatto di ritrovarsi circondato da 8


belve, sia umane sia canine. «Sto aspettando di essere ricevuto dal padrone di casa.» L'uomo tuonò, e Bernard immaginò che quel suono profondo fosse una risata divertita. «Attento. A queste pietre non piacerà sentire che pensate che abbiano un padrone.» Bernard sbatté le palpebre. Aveva sentito storie su scozzesi pazzi, ma non si aspettava di incontrarne uno. Forse però non aveva capito bene, in tutta quella confusione di erre arrotate e sillabe mancanti. «Vi prego di scusarmi.» L'uomo lo studiò a lungo. «Pregate me o la fortezza?» «Io...» Bernard non sapeva bene che cosa dire. Non si stava scusando con il castello, no? Inclinò il capo. «Mr. Stuart è qui?» Il gigante lo fissò pensieroso, e Bernard ebbe la netta impressione che quel bruto si stesse godendo il suo evidente disagio. Come se non dovesse essere lui a sentirsi a disagio, ad andarsene in giro per il castello mezzo nudo. «Sì.» «Lo sto aspettando da quasi un'ora.» I cani avvertirono la sua irritazione e si alzarono, evidentemente offesi. Bernard deglutì. «Angus. Hardy.» I cani tornarono all'istante al fianco del loro padrone. E fu allora che Bernard capì. Guardò l'uomo mezzo nudo sull'altro lato dell'ingresso e disse: «Voi siete lui». «Sì, ma non abbiamo ancora stabilito chi siete voi, invece.» «Alec!» Una voce di giovane donna echeggiò nel castello. «È arrivato un uomo! Dice di essere un avvocato di Londra!» Il nuovo Duca di Warnick non distolse lo sguardo da Bernard mentre gridava di rimando: «Dice anche che mi sta aspettando da un'ora». «A me pare che non possa venire nulla di buono da un costoso avvocato di Londra» trillò di nuovo la voce. «Perché mai hai interrotto l'allenamento?» «Già, perché?» replicò lo scozzese. «Vi chiedo scusa. A mia sorella non piacciono molto gli inglesi.» 9


Bernard annuì. «C'è un posto dove possiamo parlare in privato?» «Poiché a me gli inglesi piacciono ancora meno che a mia sorella» rispose il duca, «non occorre che ci dilunghiamo in cerimonie. Prego, dichiarate il motivo della vostra visita qui e adesso. Dopodiché potrete andarvene.» Bernard immaginava che le opinioni dello scozzese sull'Inghilterra sarebbero alquanto cambiate una volta che avesse appreso di essere diventato un Pari del Regno. Un Pari immensamente ricco. «Come desiderate. È mio grande piacere comunicarvi che, da dodici giorni, siete il Duca di Warnick.» Nel corso della sua carriera Bernard aveva assistito a ogni sorta di reazione alla notizia di un'eredità. Si era trovato di fronte alla desolazione di coloro che avevano perduto padri molto amati e aveva riconosciuto l'impazienza sui volti degli eredi di genitori non altrettanto amati. Aveva visto lo stupore di discendenti lontani e la gioia di coloro la cui sorte era cambiata nello spazio di un battito di ciglia. E, nella meno piacevole delle sue giornate, era stato testimone del peso devastante dell'eredità... quando un aristocratico nuovo di zecca aveva scoperto che insieme al titolo gli era arrivata soltanto una montagna di debiti. Ma in più di vent'anni trascorsi al servizio dei ranghi più elevati dell'aristocrazia, nemmeno una volta si era trovato davanti l'apatia. Mai. Fino a quel momento, quando lo scozzese per incontrare il quale aveva attraversato tutto il Paese, disse con calma: «No», dopodiché girò sui tacchi e si diresse verso l'uscita, i cani alle calcagna. Bernard non riuscì a fare altro che balbettare, confuso: «Vo... Vostra Grazia...». Quell'appellativo provocò una lunga, fragorosa risata. «Io non voglio nessun titolo inglese. E di certo non voglio essere la grazia di nessuno.» E con quelle parole il ventunesimo Duca di Warnick, ultimo di una venerabile stirpe e ricco come un re, scomparve. 10


Bernard aspettò un'altra ora nella fortezza di pietra e tre giorni nell'unica locanda della città vicina, ma il duca non mostrò alcun interesse a parlargli di nuovo. E fu così che, per i successivi cinque anni, il duca si fece vedere di rado a Londra e, quando lo faceva, rifuggiva da tutto quanto fosse aristocratico. Nel giro di qualche mese, gli aristocratici londinesi compresero il suo disdegno e stabilirono che erano loro, in realtà, a disdegnare lui, e non il contrario. Il Duca Annacquato, affermarono, non meritava né il loro tempo né la loro energia. Dopotutto, essere diciassettesimo nella linea di successione di un ducato significava teoricamente non essere duca per nulla. Un punto di vista che andava più che bene ad Alec Stuart, orgoglioso scozzese, il quale tornò così alla sua solita vita, senza più dedicare un solo pensiero ai segni esteriori del suo titolo. Poiché non era un mostro, amministrò le sue vaste proprietà con meticolosa cura, assicurandosi che coloro i quali vivevano delle terre di Warnick stessero bene e prosperassero, ma evitò Londra, ritenendo che, fintantoché l'Inghilterra ignorava lui, lui potesse ignorare l'Inghilterra. E l'Inghilterra lo ignorò... fino a che, un giorno, smise di farlo. Fino a che arrivò una missiva. E quella missiva svelò che, oltre alle terre, ai domestici, ai dipinti e ai tappeti, nonché un titolo che non gli interessava, il Duca di Warnick aveva ereditato anche un'altra cosa. Una donna.

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1 LA BELLA LILY DIVENTA MISS MUSA! Londra, Somerset House, aprile 1834 Mostra della Royal Academy Miss Lillian Hargrove era la donna più bella d'Inghilterra. Quello era un dato di fatto, e come tale non richiedeva alcuna conferma da parte di esperti nel tema. Bastava posare lo sguardo su di lei, notare la sua carnagione di porcellana, i lineamenti dalla perfetta simmetria, gli zigomi alti, le labbra piene, le orecchie dalla linea ricurva e un naso grazioso e dritto che ricordava le migliori sculture dell'età classica, e semplicemente lo si capiva. Se poi a tutto ciò si aggiungevano i capelli rossi, niente affatto sfacciati ma di una morbida tonalità dorata che evocava il più paradisiaco dei tramonti, e gli occhi grigi come un temporale d'estate, non v'era dubbio alcuno. Lillian Hargrove era perfetta. Così perfetta che il fatto che venisse dal nulla – che non avesse né titolo né posizione sociale o dote, che fosse stata scovata Dio solo sapeva dove dal migliore artista di Londra, con cui non era sposata – il fatto che venisse dal nulla, appunto, diventava in qualche modo irrilevante quando lei entrava in una stanza. Dopotutto, nulla accecava i gentiluomini, titolati o meno, quanto la bellezza; era un dato di fatto e innervosiva non poco qualunque matrona in cerca di marito 12


per la figlia e in possesso di un invito per Almack's. Fu per questo motivo, perciò, che la metà femminile dell'aristocrazia provò un indescrivibile godimento negli eventi del 24 aprile 1834, giornata inaugurale della Mostra di Arte Contemporanea alla Royal Academy, nonché giorno in cui Lillian Hargrove – in quel momento il personaggio preferito dei fogli scandalistici – diventò uno scandalo. E fu rovinata. Totalmente. Più tardi, quando la stessa parte della cosiddetta alta società spettegolò furiosamente degli eventi di quella giornata, i guanti bianchi che nascondevano le dita macchiate dell'inchiostro proveniente dai fogliacci scandalistici che le dame giuravano di non leggere mai, le conversazioni finirono sempre con un inorridito, quanto giubilante: La poverina proprio non se lo aspettava. E lei non se lo era aspettato davvero. A dirla tutta, Lily aveva pensato che quello sarebbe stato il giorno più bello della sua vita. Il giorno che aspettava da quando era nata... ventitré anni e quarantotto settimane prima. Il giorno in cui Derek Hawkins le avrebbe chiesto di sposarlo. Non che conoscesse Derek da quando era nata, no. Lo conosceva esattamente da sei mesi, tre settimane e cinque giorni... ossia da quando l'aveva avvicinata il pomeriggio della festa di San Michele, a Hyde Park, dove lei si godeva uno degli ultimi giorni caldi dell'anno, e le aveva annunciato, senza mezzi termini, di volerla sposare. «Siete una rivelazione» aveva dichiarato con quel suo tono un po' freddo e indifferente, facendole alzare di scatto lo sguardo dal libro che stava leggendo. Qualcuno avrebbe potuto pensare che la ragione per cui Lily era rimasta senza fiato fosse stato quell'arrivo inaspettato, ma lei no, lei sapeva che non era così. Lui le aveva tolto il respiro perché l'aveva notata là dov'era, nel suo posto ai margini della società e ignorata da 13


tutti. Nonostante la sua bellezza, infatti, Lily era sola, dimenticata dal mondo e tre volte orfana: la prima del padre amministratore di tenute, poi di una sfilza di duchi tutori che avevano incontrato una morte rapida e prematura, e infine dell'attuale duca, il quale con ogni probabilità non sapeva nemmeno della sua esistenza. In quella sua solitudine, si era ormai abituata a non essere vista, e così, quando Derek Hawkins l'aveva notata – quando aveva posato su di lei la forza piena e abbagliante del suo sguardo – Lily si era innamorata. All'istante. Aveva fatto del suo meglio per sembrare indifferente a un simile approccio. Le era pur servito a qualcosa leggere tutte le riviste femminili pubblicate a Londra negli ultimi cinque anni. Così, levando lo sguardo su di lui, aveva cercato di rivolgergli il suo sorriso più dolce e aveva risposto: «Non ci conosciamo, signore». Derek si era accovacciato accanto a lei e le aveva tolto il libro dal grembo, affascinandola con i suoi denti di un bianco abbagliante e con un'ancora più abbagliante impertinenza. «Una creatura bella come voi non dovrebbe avere tempo per i libri.» Lily aveva sbattuto le palpebre, attirata verso quei freddi occhi azzurri, fissi su di lei come se a Londra ci fossero soltanto loro due. Come se in tutto il mondo ci fossero soltanto loro due. «Ma a me piacciono i libri.» Lui aveva scosso la testa. «Non quanto vi piacerò io.» A tanta spudoratezza lei aveva riso. «Sembrate molto sicuro di voi.» «Sono molto sicuro di voi» aveva replicato lui, sollevandole la mano dal grembo e posando un bacio sulle nocche inguantate. «Sono Derek Hawkins. E voi siete la musa che stavo cercando. Intendo tenervi con me. Per l'eternità.» Quel giuramento l'aveva lasciata senza fiato, soprattutto per il modo in cui ne evocava altri, più formali. Di certo conoscere Derek Hawkins era stato sconvolgente. Da anni leggeva di lui... era una vera leggenda, un artista 14


e una stella del palcoscenico. Era conosciuto in tutta Londra come una delle più abili menti teatrali di tutta una generazione. Si parlava molto del suo talento e del suo bell'aspetto, e se in quel momento Lily non aveva potuto confermare il primo, il secondo era apparso alquanto evidente. Ma non era stata la sua fama a conquistare Lily. Dopotutto, non era stupida. Lei non sognava un pretendente famoso. Sognava un pretendente che non la lasciasse mai più sola. Perché era stata sola per tutta la vita. Nei giorni e nelle settimane che erano seguiti, Derek l'aveva corteggiata, interpretando il ruolo del perfetto gentiluomo, scortandola a feste autunnali e a eventi invernali. Aveva persino assunto una donna anziana che facesse loro da chaperon in occasione delle uscite pubbliche. Poi, un freddo, nevoso pomeriggio di gennaio, aveva mandato una carrozza a prenderla e l'aveva fatta portare al suo studio... il sancta sanctorum del mondo di un artista. Da sola. Là, in quella stanza luminosa, circondati da dozzine di tele, l'aveva inondata di parole e promesse, magnificando la sua bellezza, la sua perfezione e giurando di tenerla con sé. Per sempre. Quelle frasi, così belle e tentatrici, proprio quelle che lei aveva sempre sognato di sentirsi rivolgere da un uomo attraente e stimato, l'avevano colmata di ulteriore felicità e di una speranza che non aveva mai creduto possibile. Per due mesi e cinque giorni, era tornata allo studio più e più volte, posando orgogliosa nella stanza riscaldata dal sole invernale e dallo sguardo di Derek. Gli aveva dato tutto ciò che lui chiedeva. Perché era così che si faceva quando si amava. E lei e Derek si amavano... una realtà di cui quel momento era una lampante dimostrazione: loro due insieme, nella grande sala della Royal Academy, circondati dai londinesi più importanti. Lily si teneva mezzo passo dietro la spalla destra di De15


rek (là dove lui preferiva che fosse); indossava un abito giallo pallido (forse un po' più scollato di quanto avrebbe voluto, ma lo aveva scelto lui stesso), e portava i capelli raccolti in una stretta, salda treccia (l'acconciatura che lui preferiva). Durante il tragitto verso la mostra – la pioggia li aveva costretti a usare la carrozza chiusa e sul suo tetto le gocce battevano ritmicamente chiudendo fuori il resto del mondo – lui le aveva preso la mano e aveva sussurrato: «Oggi è il giorno che cambia ogni cosa. Per sempre. Dopo oggi, tutto sarà diverso. Il mio nome sarà sussurrato in tutto il mondo. E anche il vostro». Lei lo aveva guardato strabuzzando gli occhi, il cuore che esplodeva di felicità, poiché Derek aveva potuto voler dire una cosa soltanto. Il matrimonio. Così gli aveva sorriso e aveva bisbigliato: «Insieme». La carrozza aveva rallentato in quel momento perché erano arrivati alla mostra, ma Lily aveva sentito ugualmente la voce di Derek ripetere, sopra il tuonare del temporale: «Insieme». Ora erano là e lei si sentiva orgogliosa, come mai era stata nella sua vita, di quell'uomo che presto sarebbe diventato suo marito, e anche di se stessa. In fondo, non accadeva tutti i giorni che la figlia orfana di un amministratore di tenute avesse il privilegio di trovarsi davanti a tutta Londra in compagnia dell'uomo che amava. La stanza era imponente, le pareti erano alte venti piedi e completamente coperte da opere d'arte. O, meglio, completamente eccetto che per uno spazio al centro della parete in fondo alla sala, dietro a una sorta di piattaforma. Questo spazio era nascosto da un tendaggio, come se ci si dovesse aspettare una magnifica rivelazione. Derek si voltò verso di lei e le fece l'occhiolino. «Quello è per noi.» Lily sorrise. Noi. Che parola deliziosa. 16


Da quanto desiderava essere parte di un noi? «Mr. Hawkins.» Il segretario dell'accademia li accolse al centro della sala, salutandoli con una ferma stretta di mano e un impaziente sussurro all'orecchio di Derek. «Grazie al cielo siete arrivato! Siamo pronti a dare immediatamente l'annuncio, signore, se lo siete anche voi.» Derek annuì, curvando le labbra in un largo, trionfante sorriso. «Sono sempre pronto per annunci come questo.» Lily si guardò intorno nella stanza, osservando la folla che attendeva l'inizio dell'esibizione. Nel riconoscere diverse eminenti personalità londinesi, subito s'innervosì, e all'improvviso s'irrigidì. Desiderò che Derek si fosse proposto il giorno precedente, così lei avrebbe potuto allungare una mano verso di lui... per non vacillare sotto la potenza dello sguardo di una città intera. «Ha portato quella Hargrove con sé.» Lily resistette all'impulso di voltarsi nel sentire il suo nome, sussurrato ma non tanto da non essere sentito. E proprio farsi sentire, supponeva, doveva essere stato l'intento di chi aveva parlato. «Naturalmente» fu la risposta. «Lui adora essere venerato. E guarda come lei lo fissa. Sembra una cagnolina con l'osso.» La prima voce emise un suono di disgusto. «Come se non bastasse l'aspetto che ha.» Lily si costrinse a non ascoltare e fissò lo sguardo sulla nuca di Derek, là dove i capelli neri si curvavano in riccioli perfetti. Quella gente non aveva nessuna importanza. Soltanto Derek importava. Soltanto il loro futuro. Insieme. «Tutti sanno che chiunque abbia quell'aspetto non può che essere una persona scandalosa. Non riesco a credere che l'abbia portata qui. E proprio oggi, poi. Ci sono dei duchi in questa sala.» «Ho sentito che potrebbe comparire la regina.» 17


«Se è vero, è ancora più disgustoso che se la sia portata dietro.» «La sua accompagnatrice!» Le parole furono pronunciate con una risatina, come se fossero divertenti. Non lo erano. Lily respinse con forza il pensiero di essere qualcosa di diverso della fidanzata di Derek. Di essere davvero una donna scandalosa. E anche se non lo era, anche se non c'era nulla di scandaloso nell'amore, le sue gote s'infiammarono e la stanza diventò d'un tratto più calda. Si voltò verso Derek, sperando che avesse sentito le donne. Che si girasse e dicesse loro che non soltanto parlavano a sproposito, ma parlavano a sproposito della sua futura moglie. Ma lui non le sentì. Si stava già allontanando da lei e saliva le scale fino al tendaggio che nascondeva il suo capolavoro. Non le aveva permesso di vederlo, naturalmente. Non aveva voluto sfidare il destino. Lei però conosceva il suo talento e sapeva che, qualunque tela avesse scelto per la mostra, avrebbe conquistato Londra. Derek stesso glielo aveva detto appena pochi minuti prima. E quando quel dipinto avesse conquistato Londra, le pettegole alle sue spalle si sarebbero dovute rimangiare le loro parole. Raggiunto il centro del palco, Derek sbirciò ostentatamente dietro la tenda prima di voltarsi verso la folla. Intanto Sir Martin Archer Shee, il presidente della Royal Academy, accoglieva Londra alla mostra. Il suo fu un discorso solenne, pronunciato nella tonante, distinta voce dalla cadenza irlandese; un discorso che ricordò l'illustre storia dell'accademia e delle sue mostre. A dire il vero, le opere appese alle pareti erano davvero notevoli. Non raggiungevano la qualità di quelle di Derek, naturalmente, ma erano pur sempre opere d'arte. C'erano numerosi paesaggi gradevoli. 18


998 L'ispirazione per questo e gli altri libri della collana mi è venuta dai moderni pettegolezzi sulle celebrità. I lettori che, come me, amano segretamente US Weekly, TMZ e Tatler, avranno notato subito certe somiglianze. Se questa serie è una mia invenzione, i giornali scandalistici non sono una creazione recente. I ritratti di nudi ora non fanno più sensazione, ma basta pensare ai cellulari violati illegalmente e ai video segreti per rendersi conto che più il mondo cambia... più resta uguale. Io mi sento in debito con tutte le donne che mi hanno ispirato, donne che, negli anni recenti, hanno affrontato con orgoglio e a testa alta gli scandali come è accaduto a Lily. Questa serie non avrebbe potuto vedere la luce senza le ampie, affascinanti collezioni della New York Public Library e quelle della British Library. È nei loro archivi che ho trovato le rubriche di pettegolezzi stampate su giornali ormai scomparsi. Per questo libro in particolare sono anche riconoscente agli archivi della Royal Academy of Arts, ora arrivata al suo duecentoquarantanovesimo anno di vita, che continua ad attirare un vasto pubblico con la sua mostra annuale estiva dedicata all'arte contemporanea britannica. Devo anche aggiungere che, se i personaggi collegati alla mostra e i dipinti di cui si parla nel libro sono reali, l'idea di un unico pezzo rivelato nell'ultimo giorno dell'esibizione è mia. Come per tutte le mie opere, anche questa sarebbe stata una pallida versione di ciò che è senza Carrie Feron (che ha sempre ragione), Nicole Fischer, Leora Bernstein e il formi380


dabile gruppo dell'Avon Books, fra cui Liate Stehlik, Shawn Nicholls, Pam Jaffee, Caroline Perny, Tobly McSmith, Carla Parker, Brian Grogan, Frank Albanese, Eileen DeWald ed Eleanor Mikucki. Un ringraziamento speciale a Lucia Macro per le meravigliose conversazioni avute con lei. E, naturalmente, mille grazie all'eccezionale Steve Axelrod. Grazie a Lily Everett per la ricerca sulle celebritĂ , a Carrie Ryan e a Sophie Jordan per avere sempre risposto al telefono, a mia sorella Chiara per la sua prima lettura e ad Ally Carter per l'ultima. A Eric, grazie per essere il migliore degli uomini. A V., possa tu affrontare sempre gli scandali con forza e superarli. E ai miei stupefacenti lettori, grazie per avere sempre scelto di viaggiare con me... Non ci sarebbe nulla senza di voi.

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Il quadro di Lily SARAH MACLEAN Londra, 1834 - A causa del suo passato e delle sue origini scozzesi il Duca di Warnick detesta tutto ciò che è inglese, soprattutto l'aristocrazia. Per questo, nonostante abbia ereditato uno dei più antichi ducati d’Inghilterra, non vuole averci nulla a che fare. A maggior ragione dopo aver appreso che allo sgradito titolo si accompagna anche il ruolo di tutore di una donna troppo indipendente e bella perché lui possa occuparsene. Si reca quindi a Londra con un unico obiettivo: trovarle un marito e farla così diventare il problema di qualcun altro. Sarebbe un piano perfetto, se solo Miss Lillian Hargrove non si trovasse in un grosso guaio e non avesse davvero bisogno del suo aiuto. Costretto a starle accanto per salvarla da un terribile scandalo legato a un quadro, Warnick finirà per scoprire che, dopotutto, in Inghilterra c'è qualcosa che gli piace... anche troppo!

Una donna coraggiosa KAREN RANNEY Scozia-Carolina del Nord, 1863 - La guerra civile, che imperversa in America da ormai due anni, ha messo in ginocchio la piantagione dei MacIain nella Carolina del Nord. La tenace e coraggiosa Rose si carica sulle spalle il futuro della tenuta e dei suoi abitanti affrontando un viaggio irto di pericoli, soprattutto per una donna sola, per raggiungere in Scozia alcuni parenti del cognato, ora al fronte. Fingendo di esserne la vedova, intende persuaderli a comprare l'ultimo raccolto di cotone. Il compito si rivela più semplice del previsto, tanto che poco dopo il suo arrivo si imbarca con l'affascinante Duncan MacIain alla volta di Charleston per visionare la merce. La traversata li costringe a confrontarsi con tempeste, fughe, sotterfugi, ma soprattutto con una passione irresistibile che li spinge l'una verso l'altro. Tuttavia, ciò che più dovrebbero temere è quanto troveranno ad attenderli...


Il segreto svelato CANDACE CAMP Scozia, 1807 - Dopo la scoperta di nuovi indizi, Coll Munro e la bellissima archeologa Violet Thornhill lavorano fianco a fianco per trovare il tesoro di Malcolm Rose nelle vecchie rovine di Duncally. Fra battibecchi e ripicche comprendono presto, però, che il premio più prezioso per loro non sarà l'antico oro scomparso.

Una famiglia per il duca MEGAN FRAMPTON Londra, 1844 - Vedova e con una figlia piccola, Edwina considera una benedizione aver trovato lavoro come segretaria presso il Duca di Hadlow. Ben presto il loro rapporto professionale si trasforma in amicizia, e l'amicizia in passione. Tuttavia, a causa del loro differente stato sociale, lei è costretta a prendere una decisione dolorosa.

Partita con il desiderio SABRINA JEFFRIES Inghilterra, 1830 - Per smascherare il responsabile della morte del fratello, Delia trascorre le serate nei saloni da ballo nei panni di una sciocca civetta, e le notti nelle bische della capitale travestita da ragazzo abile con le carte. L'incontro con l'affascinante Marchese di Knightford rischia però di rovinare tutti i suoi piani.

Schermaglie d'amore SOPHIE JORDAN Londra, 1852 - Il Visconte Camden fatica a ricordare un tempo in cui Lady Aurelia non sia stata una spina nel fianco. Arguta e talentuosa, Max la eviterebbe volentieri, soprattutto perché è già stato vittima di una delle sue taglienti caricature. Quando lei si spinge troppo oltre, lui decide di vendicarsi... All'interno una novella INEDITA per te.

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