E. ROSE - J. BENNETT
Il re dei milionari
Titoli originali delle edizioni in lingua inglese: More Than a Millionaire From Boardroom To Wedding Bed? Silhouette Desire © 2009 Emilie Rose Cunningham © 2010 Jules Bennett Traduzioni di Lucilla Negro e Franca Valente Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2010 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prime edizioni Harmony Destiny ottobre 2010; luglio 2011 Questa edizione myDream agosto 2017 Questo volume è stato stampato nel luglio 2017 da CPI, Moravia MYDREAM ISSN 2532 - 599X Periodico mensile n. 2 del 23/08/2017 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 170 del 26/05/2017 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano
Il marchio del possesso
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«E lei lo definisce un increscioso incidente?» si indignò Ryan Patrick con il direttore della clinica della fertilità Lakeview, seduto di fronte a lui alla sontuosa scrivania in noce. La poltrona di pelle del direttore scricchiolò, assecondando i movimenti nervosi del corpo dell'uomo. «Uno dei nostri tecnici di laboratorio ha purtroppo dimenticato di effettuare il controllo incrociato con il numero del suo campione. Ha solo verificato il nome, senza però accorgersi che nome e cognome erano invertiti. Ci tengo a precisare, signor Patrick, che si tratta di una circostanza del tutto eccezionale per il nostro centro, che lavora da anni con la massima scrupolosità, lasciando sempre soddisfatti i nostri clienti...» «E con questo? Che cosa vuole che me ne importi se i vostri clienti sono o no soddisfatti. Io di certo non lo sono» si infervorò Ryan ancora di più, serrando le dita attorno ai braccioli. Non era facile mantenere la calma. Soprattutto quando il suo interlocutore sembrava lì lì per avere un infarto. Il direttore inspirò lentamente prima di dichiarare: «Il suo... contributo è stato donato alla donna sbagliata». Ryan sentì i muscoli addominali contrarsi. «Sarebbe un bel guaio se...» «È incinta. La gravidanza è stata confermata due set7
timane fa» aggiunse il direttore in tono funebre. Che disastro. E ora come faceva a dimostrare a suo padre che aveva messo la testa a posto ed era pronto a prendere in mano le redini dell'azienda di famiglia, la Patrick Architectural Design? Purtroppo, Ryan era un campione nell'arte di cacciarsi nei guai. Non avrebbe dovuto puntare così in alto nella scala del successo, se poi era costretto a inciampare a ogni ostacolo. «Due settimane fa? Come mai ne vengo informato solo ora? E che ne è della donna che avevo scelto come madre surrogata?» «Ci siamo accorti del disguido solo ieri, quando lei è venuta qui al centro per il suo appuntamento. Non è stata inseminata perché, dietro sua insistenza, signor Patrick, avevamo una sola provetta con il suo contributo.» Ne avevano una sola perché, con la reputazione di cui godeva la clinica, chi andava a pensare che avrebbero combinato quel pasticcio? «E lei è proprio sicuro che ora questa donna sia incinta di mio figlio?» «Sì.» Era demoralizzato. Una volta che aveva deciso di ricorrere a una madre surrogata, aveva impiegato dei mesi per trovare la donna giusta, quella con i requisiti fisici, intellettivi e genetici più idonei. Una che non si sarebbe affezionata al bambino durante i nove mesi di gestazione e che non avrebbe poi cambiato idea al momento di consegnarglielo. E ora non era quella la donna che portava in grembo suo figlio. «Come si chiama?» «Non sono autorizzato a fornirle questa informazione.» Scattò in piedi. «Non è autorizzato a dirmi chi è che è incinta di mio figlio?» 8
«Mi dispiace. Sono notizie riservate che...» Ryan era intenzionato ad avere a tutti i costi quella informazione. Puntellò i pugni sul tavolo e si spinse verso il direttore. «Non mi costringa a portarle in clinica un plotone di avvocati. Non solo le costerebbe una fortuna, ma la pubblicità negativa sarebbe deleteria per il buon nome della Lakeview. Si tratta di mio figlio, e ho tutto il diritto di sapere chi è e dov'è sua madre e se è adatta al compito. Voglio che mi dica tutto di lei.» Il viso del direttore divenne paonazzo. «Signor Patrick, sono sicuro che lei comprende l'esigenza di segretezza della Lakeview...» «Voglio il suo nome e indirizzo immediatamente. Altrimenti i miei legali le piomberanno addosso come falchi prima di pranzo.» L'uomo si irrigidì e deglutì; poi sfogliò un fascicolo sopra la scrivania. «Sono sicuro che non sarà necessario. La signorina High... ehm, l'altra nostra cliente sembra essere una persona ragionevole e comprensiva. Una volta che le avrò spiegato la situazione...» «Me la sbrigo io. Lei ha già combinato abbastanza guai. Può pure coprire il suo errore con parole del tipo incidente, disguido, circostanza, ma la verità è che siete stati sciatti e negligenti.» Il direttore cominciava ad avere la fronte imperlata di sudore. Ryan fissò le goccioline senza battere ciglio. Una volta impallidito, sarebbe stato più semplice ottenere quello che voleva senza dover ricorrere alla legge. Il che era meglio anche per lui. Non voleva che suo padre venisse a sapere del disastro che aveva combinato. «E va bene. Le darò l'informazione che le occorre, signor Patrick.» Ryan si rimise a sedere mentre il direttore si affrettava verso la porta. 9
Non gli restava che trovare quella donna e convincerla a dargli il bambino... così come era stato pattuito con la persona che aveva inizialmente scelto per quel compito. Sarebbe stata la zia migliore che il suo bambino potesse avere. E questo doveva bastarle. Nicole Hightower si lisciò lo stomaco sottosopra e agguantò un cracker. Stava finalmente per mettere al mondo il figlio di Patrick. E di Beth. Le dita si contrassero attorno al pennino dell'agenda elettronica ripensando a come il suo grande sogno non si stesse realizzando proprio nei termini in cui aveva desiderato. Diede un morso al cracker integrale e si concentrò sul calendario. Doveva programmare pilota, aereo ed equipaggio per il suo cliente. Ci teneva a lasciare sempre contente le persone che trattavano con lei e a far sì che i loro viaggi fossero senza intoppi. Ma quel giorno la sua vita personale continuava a distrarla dal lavoro e dalla mole di scartoffie che affollava la sua scrivania. Rinunciare al suo bambino sarebbe stato difficile, ma poteva farcela, continuava a ripetersi, perché sarebbe stata non solo una madrina, ma anche una zia sempre presente. Sua sorella glielo aveva promesso e Beth era di parola. Nicole aveva sempre potuto contare sulla sorella maggiore, anche e soprattutto in quei periodi della sua vita in cui papà e mamma erano stati pressoché inesistenti. Portare in grembo un figlio di Beth era il minimo che potesse fare ora per lei. E poiché sua sorella avrebbe continuato a lavorare per la Hightower Aviation Management e a portare il bambino al lavoro tutti i giorni, lei avrebbe avuto modo di vederlo almeno durante la pausa pranzo, andandolo a trovare alla nursery 10
dell'azienda. O di osservarlo dalla scrivania. Cliccò su un'icona sullo schermo del computer e comparve un'immagine della nursery, con le alacri e affettuose babysitter che si prendevano cura degli adorabili figlioletti delle impiegate della HAMC. L'interfono gracchiò, distogliendola dai suoi pensieri. Chiuse immediatamente la connessione con la nursery. «Sì?» «C'è un certo Ryan Patrick che vuole parlare con te.» Nicole sorrise allo sbaglio della sua segretaria. «Vuoi dire Patrick Ryan.» «No. Non sto parlando di tuo cognato» sussurrò Lea. «Ma di un gran pezzo d'uomo dagli occhi azzurri che in questo momento sta spargendo testosterone nella sala d'aspetto. Il suo biglietto da visita dice che è il vicepresidente della Patrick Architectural Design. È uno dei più prestigiosi studi di architettura di Knoxville, nel caso non lo sapessi. Abbiamo deciso di espanderci?» «Che io sappia, no. La Hightower Aviation non ha attualmente in progetto di acquistare nuove strutture.» Ma era pur vero che suo fratello maggiore, Trent, l'amministratore delegato, non le diceva mai niente. Essendo la piccola di casa, Nicole continuava a essere tenuta all'oscuro di certe decisioni importanti. Ricontrollò il calendario per essere sicura di non aver dimenticato nessun appuntamento e verificò che per un'ora abbondante sarebbe stata libera. Poi, siccome non le piaceva presentarsi a un incontro impreparata, digitò il nome della Patrick Architectural Design sul motore di ricerca. Sullo schermo comparve una serie di link. Cliccò su quello che le sembrava più utile e scorse la pagina. Non vi erano foto dell'uomo in questione, solo di edifici progettati dalla sua compagnia e una breve storia dell'azienda. Incredibile, erano sul mercato da svariati anni. 11
«La Patrick Architectural è una ditta che ha disseminato di progetti il continente» disse attraverso l'interfono. «Credi che il signor Patrick possa essere un potenziale cliente?» Anche se, in realtà, i nuovi clienti arrivavano da lei attraverso l'ufficio vendite, dopo che avevano acquistato o noleggiato un servizio. Il suo nome, tuttavia, era un'interessante coincidenza. «Preferisco la mia fantasia alla tua logica» interloquì Lea. «Come sempre. Mandamelo.» «Subito.» Nicole si spazzolò le briciole dalla camicetta di seta e chiuse il pacchetto di cracker nel cassetto. Si alzò in piedi, proprio mentre Lea bussava alla porta e la apriva. L'uomo che entrò nel suo ufficio con aria da padrone corrispondeva esattamente al quadro che di lui le aveva fornito la segretaria. Lea non aveva detto, però, che aveva i capelli cortissimi, spalle larghe disegnate dalla giacca blu marina dall'impeccabile taglio, un ventre piatto, fianchi stretti e gambe lunghe. Gli occhi, poi, non erano semplicemente azzurri, ma di un'incredibile sfumatura cobalto. Occhi che ora la scrutavano intensi, come se lui fosse un esperto di aerei e stesse valutando il suo acquisto. Nicole frenò l'istinto di portarsi la mano agli angoli della bocca, per ripulirli da eventuali residui di briciole. «Nicole Hightower?» Anche la sua voce era profonda e sensuale, di quelle che eccitavano fantasie erotiche. Non che si fosse mai intrattenuta in pensieri di quel tipo su un suo cliente. Sarebbe stato di una totale mancanza di professionalità. E l'avrebbe accomunata a sua madre. Girò attorno alla scrivania e gli tese la mano. «In persona. In che cosa posso esserle d'aiuto, signor Patrick?» 12
La stretta fu calda e poderosa. Elettrizzante. La rinuncia alla caffeina aveva, evidentemente, strani effetti sul suo sistema nervoso. Altrimenti perché avrebbe dovuto provare un brivido, come una scossa elettrica al contatto? Ritirò la mano velocemente, non troppo, però, da risultare scortese. Lo sguardo intenso dell'uomo si spostò su Lea e la rossa, come decifrando un tacito messaggio, balbettò: «S... sì... vado». Sorpresa, Nicole osservò la sua segretaria, che solitamente non si lasciava scomporre da niente e da nessuno, affrettarsi verso la porta come una goffa scolaretta e chiuderla dopo che era uscita. Quell'uomo, oltre che alto e bello, sembrava dotato di qualche potere magico. Chissà che trucco aveva escogitato per far uscire Lea dalla stanza senza dire una parola. Lea non era una semplice impiegata. Era anche un'amica di Nicole e talvolta il confine tra amicizia e rapporto di lavoro si confondeva, come quando Lea aveva espresso la sua veemente disapprovazione alla decisione di Nicole di diventare una madre surrogata per la sorella Beth. Ma questo perché la segretaria sapeva bene quali fossero i sentimenti di Nicole per il cognato. Dividevano la stanza al college quando aveva perso la testa per Patrick. E Lea le aveva fornito una spalla su cui piangere quando poi il suo grande amore si era fidanzato con Beth. Lea era convinta che la scelta assurda di dare il suo utero in affitto le si sarebbe ritorta contro una volta rimasta incinta. «Si accomodi, signor Patrick, e mi dica che cosa posso fare per lei.» Nicole si sentì il suo sguardo addosso per tutto il tempo che rifaceva il giro della scrivania e si rimetteva 13
a sedere. La gravidanza le aveva donato dei seni più prosperosi. E in quel momento sperò che non avesse fatto altrettanto con il fondoschiena. Anche se non doveva importarle quale fosse il giudizio di quell'uomo a tale riguardo. Lui attese che si fosse seduta, poi si accomodò a sua volta, occupando la sedia di fronte alla scrivania. Quella galanteria d'altri tempi la stupì positivamente. Sempre meno uomini la praticavano, ormai, soprattutto fra i milionari con i quali aveva a che fare con il suo lavoro. «Congratulazioni per la gravidanza.» Nicole rimase di stucco. Nessuno sapeva che fosse incinta, a parte Beth, Patrick e Lea. Ai futuri genitori lo aveva detto lei, naturalmente, mentre Lea lo aveva capito da sola, dopo averla sorpresa un paio di volte correre in bagno a vomitare. Il resto degli amici e della famiglia lo avrebbe scoperto sabato, quando Beth e Patrick ne avrebbero dato l'annuncio ufficiale alla grigliata del Labour Day. Nicole immaginava che molte fra le persone che la conoscevano avrebbero disapprovato. «Grazie. Che cosa la porta alla Hightower Aviation?» «Lei è incinta di mio figlio.» «P... prego?» Il respiro le si intrappolò in gola. «La clinica della fertilità ha commesso un errore, inseminandola con il mio contributo e non con quello del donatore designato.» Nicole ebbe un capogiro e dovette sorreggersi al bordo della scrivania. «È impossibile.» L'uomo estrasse una busta dalla tasca della giacca e gliela porse. Allorché lei non la prese, la gettò sul tampone di carta assorbente. La busta scivolò sulla superficie levigata, fermandosi a una distanza a portata di mano di Nicole. Lei la fissò come se fosse un ragno enorme, peloso. «Il direttore della clinica ha scritto una lettera in cui 14
spiega come sono andate le cose. In sintesi, il mio nome è Ryan Patrick. Quello del donatore da lei prescelto è Patrick Ryan. Pare che non sia stato effettuato un controllo incrociato tra numeri dei campioni e nomi e a lei è stato donato lo sperma sbagliato, perché qualche idiota non si è accorto che nome e cognome erano invertiti.» Il cuore cominciò a batterle all'impazzata. «Non è vero. Si sbaglia.» Doveva essere così. «Legga.» Nicole fissò la busta. Aveva paura di aprirla. Ma anche di non aprirla. Se non avesse letto cosa c'era scritto in quella lettera non avrebbe potuto dimostrare che quell'uomo si sbagliava. Con mani tremanti la prese. Lo strappo del sigillo e il fruscio della carta mentre apriva il foglio le rimbombò nelle orecchie, in sintonia con il battito del suo cuore. La lettera recava il logo della Lakeview in cima al foglio e la firma del direttore in fondo. Si costrinse a leggere il documento. Alcune parole attirarono la sua attenzione. Increscioso errore... Scambio di seme del donatore... Profondiamo tutte le nostre scuse... L'allarme nel petto e nel cervello si espandeva a ogni frase, rendendole difficile respirare e pensare. Rilesse la lettera, ma la brutta notizia non migliorava. Non aveva capito male. Era tutto chiarissimo. A meno che non si trattasse di uno scherzo di pessimo gusto, portava in grembo il figlio di Ryan Patrick, e non di Patrick Ryan, l'uomo che amava dai tempi del college. L'uomo che aveva sposato sua sorella. Ti prego, Signore, fa' che sia uno scherzo. «Non è divertente.» L'uomo rimase impassibile. «È un esempio di sciatteria, non è uno scherzo.» 15
Sperava che sua sorella avesse sviluppato un improvviso e malsano senso dell'umorismo, che avesse voluto prendersi gioco di lei. Ma l'espressione stoica del suo visitatore diceva tutt'altro. Premendosi una mano sul ventre, lasciò cadere la lettera. «Ci dev'essere un errore.» «Un errore c'è stato, infatti. E l'ha commesso la Lakeview. In conseguenza di ciò, lei ora è incinta di mio figlio.» «Non può essere.» «Magari non lo fosse.» Nicole fissava la lettera mentre la mente rielaborava l'informazione e prendeva in esame le possibili ripercussioni. Per se stessa. Per Beth e Patrick. Per l'uomo di fronte a lei. Ma non era facile. E adesso? E se il bambino non fosse stato davvero di Patrick? Si sforzò di recuperare il suo atteggiamento professionale e il miglior modo per farlo fu di concentrarsi sul problema del suo interlocutore, piuttosto che sul proprio. «Mi dispiace. Dev'essere stato un duro colpo per lei e per sua moglie.» «Non ho moglie.» «Fidanzata.» «Niente fidanzata.» Nicole era più confusa che mai. «Temo di non seguirla.» «Sarò un genitore single.» «Non è insolito per una donna, ma di sicuro non è la norma per un uomo. Non poteva semplicemente sposarsi?» «Lo sono stato in passato e non intendo ripetere l'esperienza.» Il suo tono amaro lasciava pensare a una brutta storia alle spalle. Ma non aveva nessuna voglia di ascoltarla. 16
Aveva già abbastanza guai fra le mani. Sempre ammesso che quella storia fosse vera. Sarebbe stato molto più semplice gestire uno psicopatico nella sua stanza anziché la realtà della situazione descritta nella lettera. Sarebbe bastato chiamare la sicurezza... Poi lui le appoggiò sulla scrivania una seconda busta. «Sono disposto a offrirle lo stesso supporto medico ed economico che avevo offerto alla donna il cui utero avevo preso in affitto.» Colta di sorpresa, Nicole batté le palpebre. «Ha affittato un utero?» Perché un uomo così bello doveva ricorrere a quei sistemi per procreare? Le donne sarebbero dovute cadergli ai piedi e implorarlo di concedere loro quel privilegio. «Una madre surrogata accuratamente selezionata.» Nicole fu colta da un brivido di terrore all'idea di poter non essere all'altezza di portare in grembo un figlio suo. Per la seconda volta quella mattina si costrinse a leggere qualcosa che non voleva e aprì anche quell'altra busta. Sconcertata, scorse il documento che portava il suo nome scritto negli spazi appropriati. «Vuole comprare il mio bambino?» Che stupida. La maternità surrogata consisteva proprio in quello. Ma vederlo così, nero su bianco, le faceva un certo effetto. «È un normale contratto. Lei mi fornisce un prodotto e un servizio e io la pago per il suo tempo e per l'uso del suo corpo» le rispose lui con freddezza, come se stessero trattando sul prezzo di un aereo. Un prodotto? Con un senso di repulsione, Nicole chiuse le braccia attorno al ventre, come per proteggere la sua creatura e proclamarne il possesso. Sarebbe stata pronta a dare il suo bambino a Beth e Patrick. Con di17
gnità. Senza opporsi. Ma mai e poi mai avrebbe accettato di venderlo a un estraneo. «Lei sragiona, signor Patrick.» «È figlio mio.» «Anche mio, però.» «La mia offerta è molto generosa.» Indignata, gli gettò addosso il contratto. Lui non provò neppure ad afferrarlo e le pagine si sparpagliarono sulla scrivania. «Non me ne importa nulla della sua offerta. Si rivolga alla sua madre surrogata.» «Lei si dimentica che il figlio che porta in grembo è mio.» «Non ha investito alcun sentimento e non è obbligato a pagarmi alcunché. Può avere un altro figlio come e quando vuole. Io porterò questa creatura dentro di me per nove mesi. Il suo contributo è stato solo di qualche secondo.» «Ma è incinta di poche settimane. Non ha avuto il tempo di affezionarsi al bambino.» Nicole rimase a bocca aperta. «Lei non ha la più pallida idea di ciò di cui sta parlando.» Si era affezionata fin dal primo momento in cui si era accorta che le papille gustative erano impazzite, il che era accaduto appena qualche giorno dopo il concepimento e ancora prima del test di gravidanza. Ricordava l'esatto momento in cui si era resa conto di essere incinta del figlio di Patrick. Ma, secondo quanto diceva quell'uomo, non era il figlio di Patrick. Ti prego, Signore, fa' che si sbagli. «Mi dispiace, ma non sono disposta a credere alla sua storia senza delle prove.» «Ce le ha.» Lui indicò la lettera con il mento. «Non mi basta.» Sarebbe andata a verificare alla clinica personalmente, se fosse stato necessario. In casi e18
stremi, ci sarebbe stato il test del DNA. Quando lo si sarebbe potuto fare? Era sicuro che il bambino non avrebbe corso rischi? Avrebbe rivolto quella domanda alla sua ginecologa. Ryan Patrick serrò la mascella. «Ha solo ventott'anni. Ha tutto il tempo per avere altri figli.» Ne dubitava, dal momento che il suo cuore apparteneva a un solo uomo. «Neanche lei mi sembra così in là con gli anni.» «Ne ho trentacinque.» «Le donne hanno un tempo biologico più breve rispetto a quello degli uomini per procreare. Ha ancora altri cinquant'anni a disposizione per diventare padre.» «Voglio un figlio ora e non me ne andrò servendole su un piatto d'argento l'occasione per spillarmi poi dei quattrini per il sostentamento del bambino, trascinandomi magari davanti a un giudice.» Nicole era abituata a trovare del buono in ogni persona. Ma in quel caso specifico, a parte l'aspetto fisico, non c'era nulla che le piacesse di quell'individuo. Trasse un respiro profondo, rammentando a se stessa che qualsiasi problema si sarebbe potuto risolvere con la pazienza, la cortesia e la perseveranza. «Non farei mai una cosa del genere, signor Patrick. Non voglio e non mi aspetto nulla da lei.» «E lei pretende che mi fidi della parola di una persona che nemmeno conosco?» Era troppo intenta a riprendersi dallo shock di sapere che aveva probabilmente in grembo il figlio di uno sconosciuto per badare a quale fosse la sua opinione in proposito. «Le ripeto, non sono interessata ai suoi soldi e, se può farla stare più tranquillo, sono disposta a firmare un documento che lo attesti e che la sollevi da qualunque responsabilità nei confronti del bambino.» 19
«Non servirebbe a nulla. Io non cambio idea.» Le prudevano le mani. Quel suo atteggiamento la irritava oltremisura. «Signor Patrick, non le darei questo bambino neanche se volessi... e comunque non voglio.» Pigiò le dita contro il ventre e pronunciò le parole che erano ormai divenute una specie di formula magica. «Questo bambino non è mio. Porterò avanti la gestazione per conto di mia sorella e di mio cognato.» I quali non avrebbero voluto il bambino se non fosse stato di Patrick. Oh, mio Dio. Il panico le strinse il petto e iniziò a sudare freddo. Che cosa doveva fare? Di certo non avrebbe consegnato una creatura innocente nelle grinfie di quel primitivo che si comportava come se per lei dare via il suo bambino fosse così facile come regalare degli spiccioli a un mendicante. «Sta portando avanti una maternità surrogata per conto di qualcun altro?» Il ritmo sincopato di quelle parole interruppe il flusso caotico dei suoi pensieri. «Sì. Patrick Ryan è mio cognato.» «E quanto la paga?» Sconcertata, ribatté: «Nulla. È un mio dono». «Io le offro, invece, centomila dollari, più le spese. Poiché dovrà alla fine rinunciare al suo bambino, perché non darlo a me? Potrà avere il figlio di suo cognato l'anno prossimo.» «Guardi che non sono una macchina sforna-bebè.» Non avrebbe retto allo strazio di dar via un figlio suo per la seconda volta. «Le assicuro che non se ne pentirà.» «No, grazie. Non cambio idea.» Per una volta, almeno, voleva ricompensare Beth di 20
tutti i sacrifici che aveva fatto per lei. Doveva molto a sua sorella. E voleva dare a Patrick qualcosa che Beth non era in grado di dargli. Questo non è carino, Nicole. «Le dica che ci ha ripensato. L'ovulo è suo, ma il seme non è di suo cognato.» Doveva smetterla di ricordarglielo, accidenti. L'adrenalina le pompava nelle vene. Se il bambino non era di Patrick, significava che apparteneva a lei. A lei e a quell'essere arrogante e insensibile. «Ho firmato un contratto» spiegò, più a se stessa che al suo interlocutore. E con questo? Il contratto sarebbe stato sempre valido se si fosse accertato che il bambino non era di Patrick? «Dai contratti si può recedere.» Doveva consultare il suo avvocato prima di affrontare gli aspetti legali. «Lei non capisce. Io sarò la zia di questa creatura. Potrò stare con il bambino quasi tutti i giorni, vederlo crescere. Farò parte della sua vita, della sua famiglia.» Detestava l'impennata ansiosa della sua voce. Le era parsa così una bella idea prima che la gravidanza venisse confermata. «Si rivolga alla donna che aveva scelto.» «Lei porta in grembo il mio primogenito e tutti i primogeniti della famiglia dirigono la Patrick Architectural Design da generazioni.» «E se mio figlio non volesse fare l'architetto?» «Perché non dovrebbe?» «Perché io sono totalmente sprovvista di vena artistica e lui, o lei, potrebbe prendere da me.» «O da me. E in tal caso sarebbe un talento. Non trasformi questa faccenda in una battaglia legale, signorina Hightower.» 21
Questo mese Il potere dei soldi - Gabe Piretti ed Emilio Suarez sono uomini scaltri, votati agli affari, disposti a tutto pur di ottenere ciò vogliono, che si tratti di soldi o di cuore. Il re dei milionari - Due assi dell'architettura come Ryan Patrick e Cole Marcum hanno di fronte a sé una doppia sfida: un nuovo, prestigioso progetto e una temibile avversaria da conquistare.
La prossima uscita l'11 ottobre Le astuzie del milionario - Ricchissimi e scapoli, Evan Reese e Luke Garnier non conoscono la sconfitta e non accettano un no come risposta, tanto meno dalla donna che amano. Il volto del successo - Matt Ballard e Luc Cavals hanno costruito un impero dove ogni cosa risponde a una sola legge: la loro. Eppure ci sono situazioni che neppure l'uomo più potente e ricco può prevedere, soprattutto se riguardano il cuore.