Il rifugio del milionario

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MAUREEN CHILD

Il rifugio del milionario


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Maid Under the Mistletoe Harlequin Desire © 2016 Maureen Child Traduzione di Giada Fattoretto Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2018 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Destiny gennaio 2018 Questo volume è stato stampato nel dicembre 2017 da CPI, Barcelona HARMONY DESTINY ISSN 1122 - 5470 Periodico settimanale n. 2272 del 27/01/2018 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 413 del 31/08/1983 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


1 Sam Henry odiava il mese di dicembre. Le giornate erano troppo corte e le notti sembravano eterne. Faceva freddo... e poi c'era l'incessante baraonda natalizia. Luci, alberi, canti e un crescente bombardamento di pubblicità che invitava a fare shopping, spendere, comprare. Ogni rimando alle vacanze natalizie gli corrodeva l'anima e il cuore come gocce di un acido. Guardò in malo modo il fuoco crepitare nel camino e colpì con la mano la mensola, facendo scorrere le dita sul legno lucido. Con lo sguardo fisso sulle fiamme si disse che se avesse potuto avrebbe depennato dicembre dal calendario. «Non puoi nascondere la testa nella neve e fingere che non sia Natale.» Sam scoccò un'occhiata alla donna sulla soglia. La sua governante/cuoca/tormento, Kaye Porter, se ne stava lì a osservarlo con quei suoi penetranti occhi azzurri. Scosse la testa portandosi le mani sui fianchi larghi, i capelli scuri ingrigiti raccolti in una spessa treccia che le scendeva su una spalla. «Comunque non c'è abbastanza neve, e che ti piaccia o no il Natale è alle porte.» «Non mi piace, ed è alle porte solo se ci presto attenzione» le fece notare. «Be', dovrai farlo allora, perché domani parto.» «Ti do un aumento se disdici il viaggio» le propose, disposto a contrattare pur di non perdere la donna che si 5


occupava della casa, così non avrebbe dovuto pensarci lui. Kaye rise. «Neanche per sogno. Io e la mia amica Ruthie lo facciamo ogni anno, come ben sai. Abbiamo prenotato le stanze e non le cancelleremo.» Sam lo sapeva, solo che non aveva voluto farci i conti. Un motivo in più per odiare dicembre. Ogni anno Kaye e Ruthie si prendevano un mese di vacanza. Una crociera alle Bahamas, poi un soggiorno in un sensazionale hotel lungo il mare, seguito da un'altra crociera per tornare a casa. A Kaye piaceva definirla la sua terapia per farle superare il resto dell'anno con un brontolone come lui. «Se ti piace così tanto il Natale, perché ti rifugi in una spiaggia ogni anno?» Lei sospirò. «Il Natale è ovunque, sai. Anche in luoghi pieni di sabbia! Compriamo degli alberelli, li addobbiamo nelle nostre stanze. E l'hotel illumina tutte le palme...» Sospirò nuovamente, ma questa volta di felicità. «È meraviglioso.» «Bene.» Sam si allontanò dal camino, infilò le mani nelle tasche dei jeans e la fissò. Ogni anno cercava di convincerla a non partire e ogni anno perdeva la sfida. Arrendendosi all'inevitabile, le chiese: «Ti serve un passaggio fino all'aeroporto?». Quell'offerta la fece sorridere. «No, ma grazie. Domani mattina presto passa Ruthie. Lascerà l'auto lì, così quando torniamo non dovremo preoccuparci di prendere una di quelle tremende navette.» «Va bene allora.» Sospirò visibilmente e mormorò: «Divertitevi». «L'entusiasmo che ci metti è proprio una delle ragioni per cui ho bisogno di questo viaggio.» Lui la guardò perplesso. «Mi preoccupi, Sam. Qui rinchiuso su queste montagne, senza parlare mai con nessuno a parte me...» Continuò a parlare, ma Sam si isolò. Aveva già sentito quella storia. Kaye voleva vederlo cominciare a vi6


vere di nuovo. Non sembrava importarle che a lui non interessasse affatto. La lasciò parlare, guardando il salone di quella che Kaye chiamava la sua prigione personale. Era uno chalet, il legno del colore del miele caldo, con molte vetrate per valorizzare la vista mozzafiato di ogni stanza. Foreste di pini circondavano la casa, e un ampio lago si stendeva oltre una sottile striscia di spiaggia. Possedeva un garage enorme e parecchi fabbricati annessi, incluso uno studio progettato su misura dove sarebbe voluto essere in quel momento. Quella casa, quel santuario, era esattamente ciò che stava cercando quando si era trasferito nell'Idaho, cinque anni prima. Era isolata, tuttavia distava solo quindici minuti da una cittadina, Franklin, dove si recava se aveva bisogno di fare provviste. Una grande città, dotata di aeroporto e divertimenti, si trovava a un'ora di distanza, ma non ci andava mai. Se aveva bisogno di qualcosa mandava Kaye a prenderla, e solo raramente andava lui. Si era trasferito principalmente per trovare pace. Solitudine. Cielo, poteva trascorrere settimane senza parlare con nessuno, a parte la sua governante. Pensare a lei lo riportò al presente. «... Comunque» gli stava dicendo, «la mia amica Joy sarà qui domani verso le dieci, per sostituirmi mentre sarò via.» Sam annuì. Almeno Kaye aveva fatto quello che faceva sempre: aveva fatto in modo che una delle sue amiche la sostituisse per il mese in cui sarebbe stata assente. Sam non avrebbe dovuto preoccuparsi di cucinare, fare le pulizie né di altro, a parte tenersi alla larga da chissà quale ficcanaso gli aveva trovato come sostituta quell'anno. Incrociò le braccia. «Non la sorprenderò a rovistare nella mia scrivania, vero?» Kaye sussultò. «Devo ammettere che far venire qui 7


Betty l'anno scorso non è stata una buona idea.» «Già» concordò. Era sembrata alla mano, in realtà quella donna curiosava dappertutto. Nel giro di una settimana Sam l'aveva rispedita a casa e aveva trascorso le successive tre settimane a mangiare panini al formaggio, zuppa in scatola e pizza surgelata. «Direi.» «È una tipa curiosa.» «È un'impicciona.» «Sì, be'...» Kaye si schiarì la gola. «È stata colpa mia, lo so. Comunque Joy non è una ficcanaso. Credo ti piacerà.» «Non necessariamente» le assicurò. Non voleva che Joy gli andasse a genio. Non voleva nemmeno parlarle, se poteva evitarlo. «Certo che no.» La donna scosse di nuovo la testa, rivolgendogli il tipico sguardo di una professoressa verso l'alunno che faceva i capricci in classe. «Non sia mai che ti comporti come un normale essere umano. Potrebbe creare un brutto precedente.» «Kaye...» Lavorava per lui da quando si era trasferito, cinque anni prima. E da allora si era fatta largo nella sua vita, più di quanto avesse pensato di concederle. Non si occupava solo della casa, ma anche di lui, sebbene non gli andasse a genio. Kaye, però, era una forza della natura, e a quanto pareva anche le sue amiche. «Non preoccuparti. A proposito di quello che stavo dicendo, Joy sa già che sei irascibile e che vuoi essere lasciato in pace...» La guardò torvo. «Grazie.» «Mi sbaglio?» Quando non le rispose lei annuì. «È una brava cuoca e lavora da casa in internet.» «Me l'hai già detto» puntualizzò. Anche se non gli aveva detto che lavoro facesse la meravigliosa Joy. Tuttavia, quante cose poteva fare online una donna sulla cinquantina o sulla sessantina? Dare lezioni di cucito? Gestire un servizio di babysitter? Di dogsitter? Cielo, 8


perfino sua madre vendeva online vestiti cuciti a mano, quindi poteva trattarsi di qualsiasi cosa. «Lo so, lo so.» Kaye fece un gesto con la mano per evitare di essere interrotta. «Ti lascerà in pace, perché ha bisogno di passare un po' di tempo qui. L'impresa le ha comunicato che non riuscirà a riparare il danno provocato a casa sua dall'incendio prima di gennaio, quindi alloggiare e lavorare qui è stata come una manna dal cielo per lei.» «Mi hai detto anche questo» le ricordò. In effetti aveva sentito già fin troppo sul conto di Joy, la super amica. Secondo Kaye era intelligente, lavorava sodo, aveva uno straordinario senso dell'umorismo e sapeva fare praticamente tutto, tranne camminare sull'acqua. «Come ha fatto a incendiare di nuovo casa? È una piromane? Una cuoca terribile che dà fuoco ai fornelli?» «Certo che no!» Kaye sbuffò platealmente e si irrigidì. «Te l'ho detto, c'è stato un guasto all'impianto elettrico. La casa dove vive in affitto è vecchia, e prima o poi qualcosa doveva rompersi. Comunque il proprietario di casa sta facendo rifare l'impianto, quindi adesso dovrebbe essere sicuro.» «Mi fa piacere.» Era sollevato di non doversi preoccupare del fatto che l'amica di Kaye fosse così vecchia da essersi dimenticata di spegnere il forno o altro. «Sto solo cercando di dirti...» si interruppe per rivolgergli un sorrisetto d'intesa, «che, come ogni anno, sopravviverai anche a questo dicembre.» Lui digrignò i denti nel vedere un guizzo di compassione balenare brevemente negli occhi della donna. Era questo il problema con le persone che iniziavano a conoscerlo bene. Si sentivano in diritto di offrirgli conforto, ma lui non lo voleva, e non ne aveva nemmeno bisogno. Gli piaceva Kaye, ma c'era un motivo se teneva per sé certi aspetti della sua vita. Trascorreva le vacanze a modo suo. Il che significava ignorare la forzata allegria e l'infinita carrellata di mie9


losi film natalizi, in cui il protagonista dal cuore di pietra si apre all'amore e allo spirito del Natale. Non si dovrebbe mai aprire il proprio cuore. Renderlo vulnerabile, fino a farselo spezzare. Non si sarebbe mai più prestato a un simile dolore. Il giorno seguente, di buon'ora, Kaye partì per la sua vacanza, e Sam venne inghiottito dal silenzio. Si ricordò che era così che gli piaceva vivere. Nessuno che lo disturbasse. Che gli parlasse. Uno dei motivi per cui lui e Kaye andavano così d'accordo era che lei rispettava il suo desiderio di solitudine. Allora perché, adesso che era solo in quella grande casa, sentiva un brivido lungo la schiena? «È dicembre» disse ad alta voce. Era sufficiente a spiegare il senso di sconforto che lo attanagliava. Cavoli, ogni anno quel mese maledetto gli rendeva la vita insopportabile. Si passò una mano tra i capelli, poi sull'accenno di barba. Non trovava pace. Non era ancora andato nemmeno nel suo studio, e solitamente stare lì gli alleggeriva la mente e lo teneva occupato, così non pensava a... Scacciò alla svelta quel pensiero, perché non poteva rischiare di aprire porte che era meglio lasciare sigillate. Guardò cupo fuori dalla finestra, verso la giornata buia e fredda. Le nuvole grigie erano talmente basse all'orizzonte che sembrava sfiorassero le cime dei pini. Il lago, che d'estate assumeva un brillante colore azzurro, si stendeva di fronte a lui come un vassoio di peltro ghiacciato. Tutto l'universo sembrava tetro e triste, e contribuiva a farlo sentire sempre peggio. I ricordi iniziarono ad affiorargli alla mente, ma li soffocò, come sempre. Aveva lavorato per superare il passato, per vivere – o meglio, per sopravvivere – troppo duramente e troppo a lungo per abbattersi ora. Aveva combattuto i propri demoni e per nulla al mondo si sarebbe fatto sopraffare ancora una volta. 10


Tornò ad accigliarsi appena una vecchia berlina blu a quattro porte sfrecciò lungo il viale, facendo schizzare il ghiaino quando si fermò di fronte a casa. Per un attimo pensò che si trattasse dell'amica di Kaye, Joy. Poi chi era alla guida scese dall'auto, e Sam cambiò idea. Per prima cosa quella donna era troppo giovane. Di solito le amiche che Kaye trovava per sostituirla avevano la sua stessa età, oppure erano più vecchie. Quella ragazza doveva essere sulla trentina, pensò, fissandola mentre la vedeva voltarsi per guardare la casa. Un solo sguardo e venne pervaso da un desiderio che gli mozzò il respiro. Ogni fibra del suo essere era in allerta mentre continuava a guardarla. Non riusciva a distogliere lo sguardo da quella ragazza, in piedi sul viale a osservare lo chalet. Era come un raggio di sole nel cielo grigio. I capelli ricci e biondi le svolazzavano sul viso per via del vento, aveva le guance arrossate e i suoi occhi perlustravano la casa. I jeans scuri le fasciavano le gambe lunghe, e gli scarponcini sembravano logori. La giacca a vento rossa che indossava sopra un maglione color crema dava uno sprazzo di colore a un mondo in bianco e nero. Era bella, e aveva movenze aggraziate che rapivano lo sguardo. Anche se doveva ammettere che la cosa lo infastidiva comunque. Le donne non lo interessavano. Non voleva provare quello che gli suscitava quella ragazza. Doveva scoprire perché diavolo si trovasse lì e liquidarla il prima possibile. Doveva essersi persa. Casa sua non era così facile da trovare, anche volendo. Riceveva visite di rado, soprattutto dalla sua famiglia, quando non riusciva più a tenere lontani i genitori o la sorella. Be', se si era persa sarebbe uscito a darle indicazioni per tornare in città, poi se ne sarebbe andata e lui sarebbe potuto tornare a fare... quello che gli pareva. «Maledizione.» Sam non riuscì a fare a meno di im11


precare quando la ragazza aprì la portiera e fece scendere una bambina. L'allegria della piccola fu come una pugnalata al cuore. Inspirò a fatica e si sforzò di non guardare la piccina. Non sopportava i bambini. Non per molto tempo. Le loro voci. Le loro risate. Erano troppo piccoli, troppo vulnerabili. Troppo fragili. Sentì una voragine squarciargli il petto. Voltò le spalle alla finestra e si diresse verso la porta. Avrebbe fatto meglio a liberarsi in fretta di quella donna bellissima e di sua figlia. «È un castello incantato, mamma!» Joy Curran guardò attraverso il finestrino e sorrise per l'eccitazione che illuminava il viso della figlia. A cinque anni, Holly impazziva per le principesse, le favole e la magia che sembrava vedere in ogni cosa. Continuando a sorridere, spostò lo sguardo dalla figlia all'enorme casa che aveva di fronte. Scrutò lo chalet e fu d'accordo con Holly. Sembrava davvero un castello. Costruito su due piani, si allungava sul terreno circondato da alti pini che sembravano sentinelle sull'attenti. Le assi di legno levigate e ricoperte di vetrate erano di un caldo color miele, e le ampie finestre lasciavano intravedere l'interno. Nel porticato che correva tutto intorno alla casa c'erano sedie e poggiapiedi che invitavano a sedersi e a mettersi a proprio agio. La casa si affacciava su un piccolo lago, dove un lungo pontile si protendeva sull'acqua che adesso era ghiacciata. Un'ampia pedana in legno ospitava dei mobili avvolti in tela cerata per l'inverno e un caminetto in pietra. Ci sarebbe voluta probabilmente mezz'ora per osservare tutto, e faceva troppo freddo per starsene lì a studiare il luogo. Così fece scendere Holly dal seggiolino. Mentre la bambina saltellava eccitata, i codini al ven12


to, Joy prese la borsa e si diresse verso la porta di ingresso. Il freddo avvolse entrambe e Joy rabbrividì. Non aveva nevicato ancora molto, eppure quel freddo pungente penetrava fin nelle ossa. Tutto intorno i pini erano verdi, l'erba, però, aveva assunto un colore marrone, punteggiato da spruzzi di neve bianca. Holly continuava a sperare di costruire pupazzi di neve, invece fino a quel momento Madre Natura si era rifiutata di collaborare. Quella casa imponente sembrava sbucare direttamente dal bosco circostante. Era stupenda, ma un po' inquietante. E da quello che aveva sentito dire, lo era anche l'uomo che ci viveva. Oh, Kaye lo adorava, tuttavia lei adottava anche cani randagi, gatti, uccellini feriti e ogni anima solitaria che le capitava di incontrare. Comunque in città circolavano parecchie ipotesi su Sam Henry. Joy sapeva che era un pittore, e aveva visto qualche suo quadro online. A giudicare dalla sua arte lo avrebbe definito un uomo accogliente, ottimista e, be', socievole. Secondo Kaye, invece, era taciturno, solitario quasi quanto un eremita, e pensava si sentisse molto solo. Per come la vedeva Joy, se non ci si vuole sentire soli si esce e si incontrano persone. Cavolo, era raro incontrare Sam Henry in città, vederlo era come avvistare l'Uomo delle nevi. Lei stessa lo aveva incrociato solo di tanto in tanto. In ogni caso non aveva importanza, si disse. Lei e Holly avevano bisogno di un posto dove stare per un mese, e quel lavoro da governante era capitato proprio al momento giusto. Prese Holly per mano e avanzò, la bambina che saltellava al suo fianco farfugliando su principesse e castelli. Per un attimo invidiò quel suo modo semplice di vedere la vita. Per Holly si trattava di un'avventura in un castello magico. Per Joy significava trasferirsi in una casa grande e isolata con un uomo riservato e, secondo Kaye, pure scontroso. Okay, adesso cominciava a sem13


brare la protagonista di un romanzo gotico. Kaye ci abitava tutto l'anno, giusto? Da anni. Sicuramente lei poteva resisterci un mese. Determinata a partire con il piede giusto, si impose di sorridere e salì le scale fin sul portico, bussando poi alla porta. Stava ancora sorridendo quando la porta si spalancò e si ritrovò davanti un paio di sospettosi occhi marroni. Si sentì subito attratta da quell'uomo. Aveva i capelli neri, lunghi fin sul colletto della maglia rosso scuro; una folata di vento li fece svolazzare. Un accenno di barba gli ombreggiava le guance, e la bocca era serrata in una linea sottile. Era alto, con spalle ampie, fianchi stretti e lunghe gambe fasciate in jeans consunti e sbiaditi, corredati da stivali da cowboy altrettanto logori. Se non fosse stato per quello sguardo torvo e l'espressione cupa, avrebbe potuto essere la star delle sue fantasie personali. Poi parlò, e ogni fantasia venne spazzata via. «Questa è una proprietà privata» dichiarò, con voce simile a un ringhio. «Se deve andare in città si rimetta sulla strada principale e giri a sinistra. Ci arriverà in una ventina di minuti.» Be', questo sì che era un buon inizio. «Grazie» rispose, cercando disperatamente di aggrapparsi al sorriso che le increspava le labbra e all'ottimismo che non la abbandonava mai. «Ma non mi sono persa. Vengo giusto adesso dalla città.» Questo lo fece incupire ulteriormente. «Allora perché è qui?» «Anche per me è un piacere conoscerla» gli disse, cercando di far stare la figlia dietro di sé. Non che avesse paura di Sam, perché, però, avrebbe dovuto sottoporla allo sguardo di un uomo che sembrava voler sbattere loro la porta in faccia? «Ripeto» disse lui, «chi è lei?» «Sono Joy. L'amica di Kaye?» Le uscì come una domanda, anche se non sapeva perché. 14


«Stai scherzando.» Sgranò gli occhi mentre la squadrava dall'alto in basso. Non sapeva se esserne lusingata o sentirsi offesa. Quando, però, lo vide mantenere un atteggiamento freddo e ostile, decise che doveva sentirsi offesa. «C'è qualche problema?» chiese. «Kaye mi ha detto che mi stavi aspettando e...» «Non sei vecchia.» Rimase di stucco. «Grazie per averlo notato, anche se devo dire che se Kaye sentisse che la definisci vecchia non ne sarebbe felice.» «Non è...» Si fermò e ricominciò. «Mi aspettavo una donna dell'età di Kaye» continuò. «Non una come te. O...» aggiunse dando una rapida occhiata a Holly, «una bambina.» Perché Kaye non gli aveva detto di Holly? Per un attimo Joy si preoccupò, chiedendosi se adesso quell'uomo si sarebbe tirato indietro. Poi si disse che al di là di quello che era successo gli avrebbe fatto tenere fede alla parola data. Aveva bisogno di stare lì, e non se ne sarebbe andata. Prese un respiro e ignorò il suo sguardo glaciale. «Be', è un'accoglienza calorosa, grazie. Senti, fa freddo qui fuori. Se non ti dispiace, vorrei entrare e sistemarmi.» Lui scosse la testa, aprì la bocca per dire qualcosa, ma Holly lo interruppe. «Tu sei il principe?» Fece capolino da dietro la madre, inclinò la testa all'indietro e lo osservò. «Cosa?» Joy si irrigidì. Non voleva zittire la figlia – non era nemmeno sicura di riuscirci – tuttavia era disposta a intervenire se quell'uomo avesse detto qualcosa di spiacevole. «Il principe» ripeté Holly con voce squillante. «I principi vivono nei castelli.» Joy colse nel viso di Sam un fuggevole sorriso. 15


Se non altro quel briciolo di emozione la fece sentire meglio. «No» rispose lui con voce più morbida. «Non sono un principe.» Joy avrebbe potuto aggiungere qualcosa, e a giudicare dallo sguardo che le rivolse, anche lui se lo aspettava. D'altra parte indisporlo ulteriormente non le avrebbe fatte entrare in quella casa, al riparo dal freddo. «Però sembra un principe, vero, mamma?» Un principe dalle maniere poco ortodosse. Un principe oscuro, magari. «Certo, tesoro» disse con un sorriso alla piccola, che non vedeva l'ora di entrare nel castello. Tornando a rivolgersi all'uomo che ostruiva ancora il passaggio, Joy disse: «Ascolta, mi dispiace se non siamo quello che ti aspettavi. Tuttavia siamo qui. Kaye ti ha detto dell'incendio che c'è stato a casa nostra, vero?». «I pompieri mi hanno fatta sedere nel grande camion con le luci che lampeggiavano, era tutto luminoso.» «Sul serio?» Quel flebile sorriso sul volto di Sam riapparve e scomparve nuovamente in un attimo. «E puzzava tanto» aggiunse Holly, liberando la mano per pizzicarsi il naso. «È vero» concordò Joy, accarezzando la nuca della figlia. «E» continuò, «ha fatto parecchi danni, tanto che non possiamo rimanere lì mentre riparano l'impianto...» Si interruppe. «Possiamo finire di parlare dentro? Fa freddo qui fuori.» Non era certa che avrebbe acconsentito, poi però Sam annuì, arretrò e spalancò la porta. Vennero avvolte dal calore, e Joy fu quasi sul punto di sospirare per il sollievo. Diede un rapido sguardo all'entrata. Le travi in legno color miele brillavano alla luce dei lampadari. Il pavimento era composto da grandi mattonelle quadrate. Forse era più facile pulire la neve sciolta da quel tipo di pavimento anziché da un parquet, si disse, e si concesse di 16


dare una rapida occhiata a quello che riusciva a vedere del resto della casa. Vista dall'interno sembrava ancora più grande, il che era quasi incredibile, e grazie alle luci che contrastavano con il cupo inverno quel posto sembrava risplendere. Un lungo corridoio conduceva verso il retro della casa, e sulla destra c'era una scala che saliva al piano superiore. Accanto alla porta c'era un appendiabiti fatto a mano con una mezza dozzina di ganci in ottone e una panca imbottita. Joy si tolse la giacca a vento e la appese a uno dei ganci, poi si voltò e tolse la giacca anche a Holly, appendendola accanto alla sua. Il calore della casa la circondava, e pensò che voleva davvero rimanere lì. Lei e Holly avevano bisogno di un posto dove stare e quella casa, con quella atmosfera era... accogliente, nonostante il proprietario. Guardò Sam che la stava osservando, e un solo sguardo le fece capire quanto desiderava che se ne andasse. Be', non lo avrebbe accontentato. La casa era enorme, piena di spazio per accogliere lei e Holly senza infastidirlo. C'era abbastanza prato tutto intorno perché la bambina potesse giocare. Doveva cucinare e lavare solo per un uomo, il che le avrebbe lasciato molto tempo libero per lavorare al computer. Se le avesse cacciate sarebbero dovute rimanere in un hotel in città per un mese. Solo il pensiero di non far annoiare una bambina di cinque anni rinchiusa in una piccola stanza d'albergo per settimane la sfiancava. «Okay, siamo dentro» le disse. «Parliamo.» «Giusto. È una bella casa.» Lo superò, forzandolo a seguirla mentre si affacciava a una delle stanze. Davvero una stanza spaziosa. Le finestre alte fino al soffitto fornivano un'ampia vista sul lago ghiacciato, il prato e un esercito di pini che sembravano graffiare il fondo delle nuvole grigie a bassa quota. Su una parete si ergeva un imponente caminet17


to, dove scoppiettava un fuoco vivace. Un grande televisore occupava quasi interamente un'altra parete, e nella stanza erano sparsi divani e poltrone in pelle su tappeti dai colori vivaci. Su tavoli in legno fatti a mano c'erano lampade e libri, e altri volumi erano allineati sulle mensole che correvano su una terza parete. «Anch'io adoro leggere, e quello è proprio il posto adatto per farlo» disse, guardando Holly che vagava per la stanza e poi puntava verso la finestra, su cui appoggiò entrambe le mani per guardare fuori. «Sì, a me piace.» Le si avvicinò, incrociò le braccia e disse: «Comunque...». «Non ti accorgerai nemmeno di noi» lo bloccò. «E sarà un piacere occuparmi della casa. Kaye adora lavorare qui, quindi sono sicura che anche io e Holly ci troveremo benissimo.» «Sì, ma...» Joy ignorò l'interruzione e la sua espressione poco convinta. Non aveva intenzione di fermarsi. «Do un'occhiata in giro. Non preoccuparti, non devi accompagnarmi. Mi arrangio...» «A proposito...» Lo vide irritarsi, e si sentì quasi in pena per lui. Non tanto, però, da smettere di parlare. «A che ora vuoi cenare stasera?» Prima che potesse rispondere aggiunse: «Che ne dici delle sei? Se per te va bene ceneremo sempre a quell'ora. Altrimenti possiamo cambiare». «Non ho detto che ero d'accordo...» «Kaye ha detto che io e Holly potevamo usare la dépendance accanto alla cucina, così possiamo sistemarci lì, mentre tu puoi tornare alle tue cose.» Con un sorriso luminoso gridò: «Holly, vieni con me». Lo guardò. «Dopo che avrò disfatto le valigie, darò un'occhiata alla dispensa e preparerò la cena, se ti va.» E anche se non ti va, borbottò tra sé e sé. «Parlare troppo in fretta per non essere interrotti non 18


significa che siamo d'accordo» le fece notare in tono piatto. La serietà dell'espressione rifletteva la freddezza nel suo tono. Tuttavia Joy non si sarebbe arresa facilmente. «Non c'è niente su cui mettersi d'accordo. Abbiamo deciso che sarei rimasta qui un mese, ed è quello che farò.» Lui scosse la testa. «Non credo che funzionerà.» «Non puoi saperlo, e credo che ti sbagli» replicò, raddrizzando le spalle. Aveva bisogno di quel lavoro. Di quella casa. Per un mese. E non gli avrebbe permesso di strapparglieli dalle mani. Parlando a voce bassa per non farsi sentire da Holly sussurrò: «Voglio che rispetti l'accordo che abbiamo fatto». «Non abbiamo fatto un accordo.» «Sì, con Kaye.» «Kaye non è qui.» «Ed è per questo che siamo arrivate noi.» Uno a zero per me. Gli sorrise, incrociando il suo sguardo poco amichevole. «Ci sono le fate nel bosco?» chiese Holly a voce alta. «Non lo so, tesoro» rispose Joy. «No» disse Sam. La bambina si rattristò, e Joy gli rivolse un'occhiataccia. Con lei poteva essere burbero quanto voleva. Non con sua figlia. «Vuole dire che non le ha mai viste, piccola.» «Oh.» La bambina tornò a sorridere. «Nemmeno io. Forse un giorno sì.» Con un solo sguardo, Joy sfidò Sam a disilludere ancora una volta i sogni di Holly. Non successe. «Allora dovrai impegnarti a cercarle, no?» suggerì invece, poi guardò Joy. Con uno sguardo che sembrava pentito, aggiunse: «Hai un mese intero per farlo».

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2269 - Innocente seduzione di J. Maynard Liam Kavanagh ha preso in mano l'immenso impero della famiglia. È un uomo responsabile, che detesta i segreti, ma quando l'indecifrabile Zoe piomba nel suo albergo con un bagaglio di sofferenza e mistero non può restare indifferente. LA SAGA DEI KAVANAGH 2270 - San Valentino di passione di J. Bennett Jack Carson è preoccupato per aver messo la sua assistente Vivianna in pericolo, decidendo di usarla per smascherare gli intrighi degli O'Shea. Fino ad allora Jack ha portato avanti con profitti milionari la sua società, ma le sue priorità sono improvvisamente cambiate. 2271 - Il prezzo del segreto di Y. Lindsay Quando Tamsyn scopre che Ellen - la madre ritenuta morta - è invece viva, decide che è arrivato il momento di pretendere qualche chiarimento. Durante la ricerca della donna incontra Finn Gallagher, affascinante milionario, disposto a tutto per... 2272 - Il rifugio del milionario di M. Child Sam Henry, pittore di fama, abbandona la sua arte per il dolore, isolandosi nel silenzio delle montagne. Joy è una giovane madre single che ha bisogno di lavoro e di casa per sé e la figlia. Sbrigare le faccende domestiche per quell'uomo solitario potrebbe essere la soluzione ideale...


dal 27 febbraio 2273 - Salvata dal milionario di J. Maynard Dylan Kavanagh, scapolo di successo di Silver Glen, ha incrementato la propria fortuna con il Silver Dollar Saloon. Ed è al bancone del suo lussuoso bar che incontra nuovamente Mia Larin. La donna ha bisogno del suo aiuto, e lui... LA SAGA DEI KAVANAGH 2274 - Passione extra contratto di K. Cantrell Desmond un inventore milionario che ha grosse difficoltà nelle relazioni con l'altro sesso, ma desidera più di ogni altra cosa un figlio. Decide così di trovare una madre surrogata che accetti tutte le sue condizioni, e McKenna è la donna giusta per quel ruolo. 2275 - Voglio te di Y. Lindsay Il milionario Raoul decide di affidare la figlioletta alle cure della migliore amica della moglie che non c'è più. Alexis dovrebbe dare alla piccola Ruby l'affetto di cui ha bisogno, lui ha però intenzione di stare alla larga dalla donna per dissimulare l'attrazione che da sempre prova per lei. 2276 - L'eredità di D. Wade Mason ha avuto una vita turbolenta e quando un'eredità gli regala l'opportunità di tornare al suo paese d'origine si appresta a prendersi le proprie rivincite. Prima fra tutte, impossessarsi della rinomata scuderia che appartiene a EvaMarie, la donna che gli ha spezzato il cuore.


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