Il ritorno del libertino

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972 - Gli eredi perduti di Pembrook: Sebastian L. Heath 973 - Il passato della cortigiana - B. Stuart 974 - L'abito scarlatto - S. Mallory 975 - Una rosa nella tempesta - B. Joyce 976 - Sedotta da un principe - K. Hawkins 977 - I misteri di Belryth Abbey - A. Everett 978 - Gli eredi perduti di Pembrook: Tristan L. Heath 979 - Nel castello del Lupo - M. Moore 980 - Gli eredi perduti di Pembrook: Rafe L. Heath 981 - Una seconda opportunitĂ - J. Justiss 982 - La rosa e la spada - B. Joyce 983 - Intrighi d'autunno - A. Gracie 984 - Un campione per Lady Matilda - M. Fuller 985 - Innocente seduzione - S. Bennett 986 - Il segreto del soldato - M. Kaye 987 - Il Diavolo di Jedburgh - C. Robyns 988 - Il ritorno del libertino - J. Justiss 989 - Il ricatto del marchese - C. Merrill 990 - Il profumo della passione - S. Bennett 991 - La Signora di Dunborough - M. Moore


JULIA JUSTISS

Il ritorno del libertino


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Rake to Reveal Her Harlequin Mills & Boon Historical Romance © 2015 Janet Justiss Traduzione di Maria Grazia Bassissi Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici ottobre 2015 Questo volume è stato stampato nel settembre 2015 presso la Rotolito Lombarda - Milano I GRANDI ROMANZI STORICI ISSN 1122 - 5410 Periodico settimanale n. 988 dello 01/10/2015 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 75 dello 01/02/1992 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


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Suffolk, primavera 1816 Ancora stordito per l'impatto della caduta da cavallo, Dominic Fitzallen Ransleigh si tirò faticosamente a sedere nel fangoso viottolo del Suffolk. L'aria entrava e usciva sibilando dai suoi denti serrati mentre aspettava che la rossa ondata di sofferenza che gli offuscava la vista si dileguasse. Cosa che puntualmente avvenne, giusto in tempo per vedere quel demonio nero degno del suo nome, Diablo, scomparire al galoppo dietro la curva. Con ogni probabilità diretto alle scuderie, pensò Dom. Se i cavalli avessero potuto ridere, senza dubbio quell'irascibile mascalzone lo avrebbe fatto. Era colpa sua, era lui che sceglieva sempre i puledri più difficili ed esuberanti da addestrare per la caccia. Cavalli veloci e coraggiosi, capaci di galoppare per la campagna, di saltare senza difficoltà qualsiasi ostacolo trovassero sul loro percorso, ma che avevano bisogno di due mani energiche in grado di controllare la loro indole testarda e capricciosa. Abbassò lo sguardo sulla mano sinistra, quella che 5


gli restava: tremava per la fatica della folle cavalcata. Flettendo il polso stabilì che non era rotto, solo dolorante. Negli anni trascorsi in guerra, come ufficiale del Sedicesimo Dragoni, si era spesso curato da solo le ferite, quindi gli bastò piegare il braccio con cautela per capire che neppure lì c'era qualcosa di rotto. La spalla sinistra pulsava ancora, ma almeno non era caduto sul moncone del braccio destro. In quel caso, sarebbe probabilmente svenuto per il dolore lancinante. Rassegnato a restare seduto nel fango fin quando avesse recuperato la lucidità, Dom guardò nella direzione in cui il cavallo era scomparso. I dottori l'avevano avvisato, ma lui non aveva voluto accettare la sentenza che gli era stata appena confermata: con una sola mano, non sarebbe più riuscito a controllare né Diablo né gli altri animali della sua scuderia, piena di cavalli da caccia. Si rimise in piedi sospirando. Tanto valeva affrontare l'inevitabile. Non potendo più cavalcare Diablo e gli altri, non aveva senso tenerli. Con il sapore amaro della sconfitta in bocca, pensò che avrebbe fatto meglio a venderli a Tattersall's fintanto che erano giovani e veloci, almeno avrebbe spuntato un ottimo prezzo. E naturalmente avrebbe dovuto mettere in vendita anche i suoi tiri a quattro. Al massimo, con una mano, avrebbe potuto guidare un calessino. Un altro legame da troncare con l'uomo che era stato prima di Waterloo. Lasciare la fidanzata, congedarsi dall'esercito e ora vendere i cavalli. Nel giro di una settimana il suo mondo si era ribaltato completamente. Ma posso rinunciare a tutto?, si domandò mentre si incamminava lungo il viottolo. Seguire le orme di suo padre, un fanatico di cavalli da caccia, era sempre stato 6


il suo obiettivo, dalla prima caccia alla quale aveva partecipato. E addestrare i cavalli era un talento che Dom aveva sviluppato fino a raggiungere la perfezione. Prima di entrare nell'esercito e durante le vacanze da Oxford, aveva passato tutto il tempo a studiare quegli animali, cercando la perfetta combinazione di potenza, resistenza e vivacità che caratterizzava un eccellente cavallo da caccia, ad acquistarli, addestrarli e poi andare a caccia e saltare ostacoli con gli amici che condividevano la stessa passione e che si erano soprannominati i Temerari di Dom. Senza quell'occupazione, il futuro gli si spalancava davanti come un vuoto spaventoso. Dom, che non era mai stato amante della solitudine, pochi giorni dopo il suo ritorno aveva sentito il bisogno di allontanarsi da Londra. La prospettiva di frequentare i soliti club, di partecipare ai balli, di mescolarsi con la solita gente a Tattersall's, di esaminare i cavalli prima di un'asta – in definitiva, di dedicarsi alle attività che un tempo aveva amato – ora gli ripugnava. Mandando via perfino suo cugino Will, che l'aveva salvato dal campo di battaglia e l'aveva curato nei mesi successivi, si era ritirato a Bildenstone, la proprietà di famiglia nella quale non andava da anni, tanto da non sapere nemmeno se fosse ancora abitabile. Aveva chiuso anche con Elizabeth. Dom fu pervaso dalla sofferenza e dal rimorso quando ripensò al suo viso incantevole. Come aveva potuto chiederle di aspettare che lui guarisse, quando l'uomo che era diventato non era in grado di dedicarsi alla vita di cacce e divertimenti che un tempo avevano pensato di condividere? Scacciò spietatamente l'immagine della sua ex fidanzata; era troppo doloroso pensare a lei e alle speranze che un tempo avevano accarezzato insieme. Me7


glio concentrarsi sul piccolo passo successivo che lo aspettava, sui piccoli passi che erano tutto quello che ora poteva permettersi di fare verso un futuro avvolto in una nebbia di incertezza. Lottando contro la disperazione che minacciava di risucchiarlo, si impose di ricordare il motivo per il quale aveva lasciato amici, fidanzata e tutto quello che gli era familiare. Ritrovare se stesso... o, per meglio dire, quello che era rimasto di lui. Continuò stancamente a camminare. Non si era ancora del tutto ripreso dallo stordimento. Dopo la curva a gomito oltre la quale aveva visto sparire Diablo, Dom si ritrovò a faccia a faccia con una giovane donna che conduceva una giumenta per le briglie. Entrambi trasalirono e la cavalla indietreggiò, innervosita. «Buona, Firefly» ordinò una voce femminile. Alzando lo sguardo su di lui con aria speranzosa, la giovane gli sorrise. «Signore, potete aiutarmi? Per poco non sono stata investita da uno stallone che ha spaventato la mia giumenta. Ero distratta e sono caduta. Mi serve il vostro aiuto per risalire a cavallo.» Ancora confuso, Dom la fissò. Pur essendo di statura superiore alla media, gli parve uno scricciolo: carnagione chiara, grandi occhi castani, capelli di un colore indeterminato raccolti sotto un cappellino malconcio, e un logoro abito marrone la cui foggia era stata in voga anni prima. La sconosciuta non ebbe il minimo trasalimento nel vedere la benda che lui portava sull'occhio, quello glielo dovette concedere. Né il suo sguardo vagò sulla manica vuota della giacca... una manica in quel momento sporca di fango e decorata di foglie, come il resto del suo abbigliamento. Buon Dio, doveva avere l'aspetto di 8


un vagabondo che avesse passato la notte nella foresta. C'era da stupirsi che lei non fosse ancora fuggita urlando nella direzione opposta. Le labbra di lui si incurvarono in un sorriso bizzarro a quel pensiero, mentre l'espressione cordiale della giovane donna svaniva. «Ebbene, signore, volete darmi una mano per risalire a cavallo?» ripeté, quasi gridando. Dom sussultò. Mi prenderà per un sempliciotto, oltre che per uno straccione. Alla fine la sua mente si schiarì e, nel momento in cui registrò la richiesta di lei, il divertimento si dissolse. Mille immagini gli si presentarono: tutte le fanciulle che aveva fatto volteggiare ai balli, quelle che aveva messo in sella... le donne che aveva preso in braccio e portato a letto. Con due braccia sane e forti. Un impeto di collera lo investì. «Temo che sarebbe un problema.» Indicò la manica vuota. «Non posso aiutarvi. Buona giornata, signorina.» Lei sgranò gli occhi quando Dom fece per passarle accanto. «Non potete aiutarmi?» gli fece eco. «Non potete... o non volete?» Furioso, si girò a guardarla. «Non vedete?» proruppe. «Io sono... invalido.» Storpio sarebbe stata una definizione più appropriata, ma non riusciva a pronunciare quella parola. Quando fece per riprendere a camminare, la giovane donna si mosse in fretta, tirandosi dietro il cavallo, fino a pararglisi davanti. «Quello che vedo» dichiarò, gli occhi scintillanti, «è che avete un braccio sano, che sta soltanto a voi decidere di usare o meno. E questo è molto di più di quanto si possa dire dei tanti soldati che non sono sopravvissuti a Waterloo, compreso mio padre. Lui non avrebbe mai esitato ad aiutarmi, anche con una sola mano!» Prima che Dom potesse replicare, 9


la giovane accorciò le redini della giumenta brontolando: «D'accordo. Vado a cercare un tronco abbattuto, sarà di sicuro più compiacente di voi. Buona giornata, signore». Disorientato, Dom rimase a fissare il fondoschiena piccolo e rotondo della sconosciuta che si allontanava a passi furiosi. Il viottolo attraversava una foresta molto ben tenuta, dalla quale veniva rimossa tutta la legna spezzata da usare per i caminetti, dunque era altamente improbabile che lei trovasse quello che cercava. Si avviò di nuovo in direzione di Bildenstone, chiedendosi chi diamine fosse. Non che, avendo trascorso gli ultimi dieci anni nell'esercito, nei padiglioni di caccia del Leicestershire e a Londra, potesse aspettarsi di riconoscere la gente del posto. Quella giovane donna doveva essere stata una ragazzina l'ultima volta che lui era andato a Bildenstone, sette anni prima. Probabilmente aveva appena offeso la figlia di un notabile del luogo anche se, a giudicare dalle condizioni del suo abito da equitazione, non doveva essere particolarmente abbiente. Per quanto avesse tutte le intenzioni di limitare al minimo i rapporti con i suoi vicini, in campagna era difficile evitare gli incontri. Forse avrebbe avuto presto l'occasione di scusarsi con lei. Theodora Branwell percorse un lungo tratto di strada senza trovare un montatoio per risalire a cavallo. Era sempre più in collera. Dopo dieci minuti buoni, si rassegnò al fatto che sarebbe probabilmente arrivata fino a Thornfield Place senza riuscire a rimontare in sella. E questo significava che avrebbe dovuto rinviare il suo progetto al giorno seguente. In realtà la sua rabbia e la sua frustrazione erano rivolte in primo luogo verso lei stessa. Se non fosse stata 10


tanto occupata a ripassare le sue argomentazioni, avrebbe udito il rumore degli zoccoli del cavallo e mantenuto saldamente la presa sulle redini prima che lo stallone sbucasse di gran carriera da dietro la curva e la superasse. Dopo tutti gli ostacoli che avevano affrontato in India e nella penisola iberica, suo padre si sarebbe rotolato dal ridere sapendo che lei si era fatta disarcionare in quel modo. Inutile lamentarsi. La sua sbadataggine le avrebbe impedito di far visita quel giorno al suo futuro padrone di casa, tanto valeva rassegnarsi. Doveva ancora assicurarsi che Charles stesse bene, si disse, pensando con affetto al bambino che aveva cresciuto. E poi c'erano gli altri piccoli da sistemare, soprattutto i due nuovi arrivati che il colonnello le aveva appena mandato da Bruxelles. Anche se la stanza dei bambini e la camera da letto adiacente del maniero stavano diventando molto affollate, rendendo cosĂŹ ancora piĂš urgente la questione della nuova scuola e del dormitorio, Constancia e Jemmie avrebbero trovato un posto per loro. Ma Theo sapeva che il bambino smunto e la bambina muta e pallida si sarebbero sentiti meglio dopo qualche dolcetto, un abbraccio rassicurante e una favola di benvenuto. La campagna inglese doveva apparire strana e spaventosa a un bambino strappato alla vita incerta, ma familiare, al seguito di un esercito che aveva attraversato le pianure polverose e le valli del Portogallo e della Spagna. Soprattutto dopo aver perso i genitori. Una prospettiva angosciosa perfino per lei che era adulta. Il rinvio di un giorno le avrebbe permesso di ripassare il discorso. Thornfield Place le piaceva davvero moltissimo, doveva soltanto convincere Mr. Ransleigh, l'elusivo gentiluomo che aveva improvvisamente deci11


so di tornare a risiedere a Bildenstone Hall, l'antica dimora della sua famiglia, che trasformare un fienile dismesso ai confini della sua proprietà in alloggio e scuola per gli orfani dei soldati non gli avrebbe causato alcun problema e che sarebbe stato un nobile gesto. Di colpo provò una fitta di rimorso. Era stata troppo dura con l'uomo privo di un braccio e di un occhio, che aveva incontrato nel viottolo. Non era escluso che fosse rimasto vittima di un incidente, tuttavia lei aveva riconosciuto l'inconfondibile portamento del militare. Che fosse stato ferito a Waterloo? Guarire da lesioni tanto gravi doveva essere stato un processo lento; la frustrazione per le sue limitazioni di sicuro a volte gli faceva rimpiangere di non essere rimasto ucciso sul campo di battaglia. Anche lei ne sapeva qualcosa. Avrebbe dato tutto quello che possedeva perché suo padre fosse stato ritrovato vivo, in qualunque stato. E anche Marshall, morto ormai da cinque anni. Un'amarezza carica di angoscia per la perdita del fidanzato arrivò puntuale, come le succedeva sempre quando pensava a lui. Quanto sarebbe stata diversa ora la sua vita se lui non fosse caduto in quella pianura spagnola? Sarebbero stati sposati da molto tempo, avrebbero avuto dei bambini, lei avrebbe amato sapendo di essere ricambiata e avrebbe avuto un posto sicuro in società quale moglie di Marshall. Nonostante tutto, non era stato giusto indirizzare la sua amarezza verso quel povero soldato. Era stata talmente concentrata sul suo progetto, che solo ora ripensò all'estrema magrezza della sua figura e agli abiti logori. Quand'era stata l'ultima volta che aveva consumato un pasto decente? Con un braccio solo, doveva essere molto difficile per un reduce trovare un lavoro. Le venne in mente che non aveva con sé nessun fa12


gotto, quindi doveva risiedere nei paraggi. In campagna le comunità erano ristrette, le avevano detto, pressappoco come nell'esercito. Questo significava che probabilmente lo avrebbe incontrato ancora. Ne avrebbe approfittato per scusarsi e magari, nel frattempo, le sarebbe venuto in mente un incarico da proporgli a Thornfield Place. Soddisfatta perché aveva trovato il modo di rimediare alla scortesia di poco prima, cancellò l'uomo dalla mente e si rimise in cammino per tornare a casa. Un'ora più tardi Theo raggiunse finalmente le stalle e affidò la giumenta al garzone. Aveva sprecato un pomeriggio, tuttavia scacciò senza troppo sforzo l'irritazione. Quando entrò dalla porta di servizio, il maggiordomo appena assunto, Franklin, la informò che aveva un ospite. Theo non conosceva nessuno nella contea, a parte l'avvocato del villaggio al quale aveva scritto perché la aiutasse ad assumere la servitù, quindi non aveva idea di chi potesse essere il visitatore. La curiosità le fece accelerare il passo e raggiunse il salotto prima di rendersi conto che, in base alle regole di comportamento che sua madre, scomparsa da molto tempo, aveva cercato di inculcarle e delle quali serbava un vago ricordo, prima di accogliere una persona sarebbe dovuta andare di sopra a rendersi presentabile. Solo che l'identità della dama che la aspettava in salotto cancellò del tutto quei pensieri dalla sua mente. «Zia Amelia!» esclamò, sorpresa ed entusiasta. «Mia carissima Theo! Sono così felice che siate finalmente tornata a casa» dichiarò la dama, stringendola tra le braccia grassocce e profumate. Con la gola stretta, Theo ricambiò l'abbraccio della sua unica parente stretta ancora vivente. «Sono felice 13


anch'io di vedervi. Ma per quale motivo siete qui? E come facevate a sapere che mi avreste trovata a Thornfield Place?» «Speravo che sareste venuta a trovarmi a Londra di ritorno da Bruxelles. Quando mi avete scritto che avevate già consultato il legale di Richard, trovato una dimora di campagna di vostro gradimento e che volevate sistemarvi prima di venire da me, non ho più voluto aspettare.» Tirandosi indietro, Theo guardò la dama che non vedeva da almeno cinque anni. «Questo abito rosso ciliegia vi dona moltissimo! Scommetto che è l'ultimo grido in fatto di moda... Non che me ne intenda, naturalmente.» «E io vi trovo molto bene, mia cara... anche se, in tutta sincerità, non posso ricambiare il complimento riguardo all'abito.» Con una smorfia diretta all'indumento che offendeva il suo senso estetico, la dama proseguì: «Adesso che vi siete finalmente stabilita in Inghilterra, dobbiamo provvedere al vostro guardaroba. È comprensibile che non si riesca a seguire le tendenze londinesi, in tutti quei posti dimenticati da Dio dove mio fratello vi ha trascinato, ma come avete fatto a mantenere un incarnato tanto fresco? Credevo di trovarvi secca e bruna come una nocciola». «Ho sempre goduto di una salute disgustosamente perfetta, come dicevano sempre a papà le memsahib inglesi.» «A differenza della vostra povera mamma, che Dio l'abbia in gloria.» Un lampo di tristezza le attraversò lo sguardo, ma subito si riprese. «Non riesco a credere che abbiamo perduto anche Richard.» Facendosi animo per sopportare il dolore che non la abbandonava mai, Theo osservò: «Mi fa piacere che non portiate più il lutto. Il nero non vi dona». 14


«Non pensate che sia troppo presto? Sono passati solo nove mesi da quando...» La voce di sua zia si spense. «Da quando papà è caduto a Waterloo» concluse per lei Theo, sforzandosi di pronunciare quelle parole in tono neutro. «Non è giusto.» Lady Amelia aggrottò la fronte. «Mio fratello era sopravvissuto a tutte quelle orribili battaglie, prima in India, poi in Spagna, ed è rimasto ucciso nell'ultima! Ma adesso basta» soggiunse dopo aver lanciato un'occhiata alla nipote... la quale forse non riusciva a mascherare la sofferenza come aveva creduto. «Volete far portare il tè?» «Naturalmente. Sto morendo di sete anch'io» dichiarò Theo con voce piatta. «Chiamo Franklin.» Dopo che ebbe dato istruzioni al maggiordomo, andò a sedersi sul divano vicino a Lady Amelia. «Per quanto potete restare, zia? Dirò a Reeves di prepararvi una stanza. C'è un po' di confusione visto che i bambini non sono ancora sistemati, ma credo che starete comoda.» «Li avete portati qui?» chiese la dama. «C'è Jemmie, ricordo, il figlio del sergente maggiore di Richard che venne a vivere con voi quando suo padre morì. E la bambina di cui mi avete scritto. Oltre a Charles, naturalmente. Come sta il povero orfanello?» «Benissimo» rispose Theo. Le bastava pensare a lui perché il suo cuore si riscaldasse. «Ha quattro anni ed è sano e robusto.» «Buon Dio, già quattro anni! E la famiglia di suo padre non ha mai...» «No. Il colonnello Vaughn, che era stato comandante di Lord Everly, scrisse di nuovo a suo padre quando raggiunsi l'esercito con Charles neonato, per informarlo che la vedova di Lord Everly era morta di parto, ma 15


il marchese non si degnò nemmeno di rispondere.» Theo omise di aggiungere che si era rallegrata moltissimo apprendendo che avrebbe potuto tenere il bambino. «Quindi è ancora con me. Anzi, non potrei sopportare di separarmi da lui.» «Siete abbastanza giovane per sposarvi e avere dei figli vostri» ribatté sua zia con una punta di asprezza. «Avete fatto il vostro dovere cristiano offrendovi di accompagnare in Inghilterra quella sfortunata ragazza, prostrata e incinta, dopo che Everly era stato ucciso. Sarebbe stato meglio se il bambino fosse nato a Londra. Fu una vera disgrazia quando la madre si ammalò e doveste rifugiarvi in un convento sperduto del Portogallo! Naturalmente, dopo la sua morte vi siete sentita in obbligo di occuparvi del neonato fin quando fosse stato accolto dalla sua famiglia. Ma adesso che Richard non c'è più... siete sicura di dover continuare a provvedere a lui? Quanto agli altri, non sarebbe meglio affidarli alla carità della parrocchia? Una situazione così bizzarra è stata tollerata all'interno di un esercito di stanza all'estero solo grazie al patrocinio di un colonnello, ma qui in Inghilterra, anche se vostro padre fosse stato in vita, sarebbe considerata molto strana.» Lady Amelia sospirò. «Fin da bambina avete sempre avuto l'abitudine di raccogliere i feriti e i bisognosi.» «Avreste fatto altrettanto se foste stata là, vedendo quelle povere creature abbandonate a loro stesse e condannate a mendicare o a morire di fame.» «Ciononostante, senza Richard... Non è opportuno che una giovane donna con un'eccellente educazione si prenda cura di... bambini come quelli.» Theo rise. «Essendo cresciuta in India e avendo passato tanti anni con l'esercito, non credo che la mia possa essere definita "un'eccellente educazione".» Sua zia la fulminò con lo sguardo. «Appartenete pur 16


sempre a un'ottima famiglia, benché siate stata allevata in modo poco convenzionale. Inoltre siete un'ereditiera. Nonostante le... insolite circostanze, non dispero di riuscire a farvi contrarre un ottimo matrimonio. Non volete venire a Londra da me per la Stagione? Vi aiuterò a trovare una brava persona che prenda il posto di vostro padre.» Con un deciso cenno di diniego, Theo rispose: «Non riesco proprio a immaginare che un gentiluomo accetterebbe di buon grado di allevare un bambino non suo. Non sono disposta a rinunciare a Charles, quindi dubito che il mio patrimonio sia sufficiente per indurre un uomo a sposarmi. Ovviamente, uno che io sarei disposta a sposare». «Ma così vi danneggiate da sola» protestò Lady Amelia. Dopo avere scrutato la nipote per qualche istante, soggiunse: «Avete un bel personale, una carnagione perfetta e gli occhi luminosi. La mia cameriera farebbe meraviglie con i vostri riccioli scuri. Siete un po' troppo alta, ma con il guardaroba giusto sono sicura che diversi gentiluomini adatti si farebbero avanti. Dopotutto siete la nipote di un conte.» Fece un cenno per prevenire la protesta di Theo. «Se amate Charles come dite, la cosa migliore per lui sarebbe che vi sposaste! Dategli un padre che possa essergli d'esempio, qualcuno che gli insegni tutte quelle cose che sono tanto importanti per un gentiluomo, che lo presenti, negli ambienti giusti, alle persone che dovrà frequentare per essere accettato dai suoi pari. Per quanto riguarda gli altri bambini... con tutta la stima che ho per voi, resto convinta che sarà veramente meglio per loro se li sistemerete presso un'istituzione dove impareranno un mestiere. Non fate certo un favore a quei piccoli educandoli al di sopra della loro condizione sociale.» Ignorando le parole della zia riguardo a Charles, un 17


po' troppo vicine al vero per i suoi gusti, Theo rispose: «Non intendo crescerli al di sopra dei loro mezzi. Anzi, se ho deciso di venire qui è stato proprio per prendermi cura di loro nel modo più conveniente. E non vedevo l'ora di avere una dimora mia e stabile, come non ho più avuto da quando lasciammo l'India». Non aggiunse i suoi timori riguardo al vivere da sola in Inghilterra, il paese nel quale non era praticamente mai stata, i cui costumi le sembravano strani tanto quanto quelli indiani lo sarebbero stati per Lady Amelia. Ma non aveva importanza. Ce l'avrebbe fatta. Lo doveva ai bambini e a se stessa. «Mi ero chiesta come mai aveste scelto di stabilirvi in una tenuta del Suffolk. Nel suo testamento, Richard vi ha lasciato parecchie proprietà, oltre alla considerevole fortuna di vostra madre. Perché non vi siete sistemata in una di esse?» «L'avvocato mi ha detto che tutte le proprietà sono affittate con contratti a lunga scadenza, che non mi sono sentita di annullare. Allora ho chiesto a Mr. Mitchell di trovarmi una dimora conveniente, che avesse nelle vicinanze un edificio solido e grande abbastanza da trasformare in scuola e dormitorio. Un posto dove i bambini possano imparare a leggere e scrivere e, a tempo debito, una professione.» Sua zia scoppiò a ridere. «Santo cielo, è un progetto molto impegnativo! Non sarebbe più semplice affidarli alla parrocchia? In fondo sono solo due bambini.» Notando l'espressione di Theo aggiunse, incerta: «Sono... ancora due?». «Be', sapete» spiegò Theo, anticipando la probabile reazione della dama alla notizia che stava per darle, «prima che lasciassi Bruxelles, il colonnello Vaughn mi ha espresso il suo apprezzamento per ciò che io e 18


papà avevamo fatto per gli orfani. Dopo Waterloo io... ne ho trovati altri due, e in una lettera che gli ho appena spedito in risposta a una sua richiesta di ulteriore disponibilità, gli ho confermato che sarò felice di accoglierne ancora.» «Theo, no!» gridò Lady Amelia. «Non potete seppellirvi in campagna per badare ai figli di chissà chi!» «Chi altri si prenderebbe cura di loro, se non lo facessi io? Dovrei stare in disparte a guardare gli orfani dei nostri valorosi soldati finire in un ospizio? Inoltre, ho bisogno di fare qualcosa di utile adesso che... adesso che non devo più occuparmi di papà» concluse, orgogliosa per essere riuscita a completare la frase senza che le tremasse la voce. «Mia cara Theo, siete troppo giovane per comportarvi come se la vostra vita fosse finita! So che avete seppellito il vostro cuore quando Marshall cadde a Fuentes de Oñoro. Ma vi assicuro che amerete di nuovo, se solo concederete a voi stessa la possibilità di farlo. Sono certa che il tenente Hazlett non avrebbe mai voluto che vi condannaste a declinare come una vecchia zitella, sola e triste.» «A ventisette anni, immagino che la società mi consideri già... finita» replicò Theo. Sebbene fossero passati più di cinque anni, non riusciva ancora a parlare di Marshall. Un amore tanto grande aveva prodotto un dolore intollerabile. E non aveva intenzione di rischiare di nuovo. E poi non avrebbe potuto sposarsi senza confessare la verità al suo futuro marito. Un altro rischio che non osava correre. «Non mi metterò a discutere... per il momento!» esclamò la zia. «Ma vorrei tanto che veniste a Londra. Anche se capisco perfettamente perché vi sentiste in dovere di restare accanto alla madre di Charles nell'ora 19


del bisogno, rimasi molto delusa quando non veniste a stare da me come deciso. Da allora ho sempre sperato che avrei avuto un'altra occasione per viziarvi un po', dopo tutto il tempo che avete passato in luoghi selvaggi, alloggiando chissà dove, senza sapere quando avreste mangiato di nuovo, e sotto la minaccia sempre incombente di una nuova battaglia.» «Non si smette mai di preoccuparsi» ammise Theo, «ma le battaglie erano un'eccezione. La maggior parte del tempo era dedicata all'addestramento, ai trasferimenti da un accampamento all'altro, oppure la trascorrevamo negli acquartieramenti invernali. Il cibo era generalmente buono e in più gli uomini cacciavano la selvaggina per arricchire le zuppe. Quanto agli alloggi...» Ridacchiò, ricordando. «... io e papà abbiamo dormito ovunque, dalle tende a un pagliericcio in una stalla, alla camera da letto nel palazzo di una marquesa! È stata una grande avventura condivisa con dei compagni meravigliosi, e non ci avrei rinunciato per niente al mondo!» Le aveva anche portato Charles e, pensò Theo con una fitta di dolore, una fiera passione che non si aspettava di vivere mai più. Questo le rammentava anche che non tutti i suoi compagni erano stati meravigliosi. Dopo la devastante morte del suo fidanzato, aveva dovuto subire le vessazioni di un ufficiale che non si era comportato affatto da gentiluomo, sicuro che alla fine lei avrebbe ceduto alle lusinghe di un personaggio di ottima famiglia e con un'elevata posizione sociale, anche se privo di mezzi. L'unico beneficio di aver lasciato il reggimento di suo padre era che non avrebbe mai più avuto niente a che fare con Audley Tremaine. «Selvaggina nella zuppa e un pagliericcio in una 20


stalla!» esclamò la zia, richiamando la sua attenzione. «Sarò vigliacca, ma preferisco il mio letto con le lenzuola di lino sotto un tetto robusto, e non essere svegliata da qualcosa di più minaccioso delle grida del lattaio.» «Quella vita non avrebbe fatto per voi» riconobbe Theo. «Ma ora devo andare a controllare i bambini. Constancia vi accompagnerà nella vostra stanza. Vi ricordate di Constancia, la balia che ho portato con me dal convento dopo la nascita di Charles? Mi auguro, zia, che resterete a lungo.» «Devo tornare a Londra abbastanza presto e voi avrete tanto da fare per sistemarvi qui. Sempre che non riesca a distogliervi dai vostri progetti. Potreste sempre lasciare i bambini con coloro che sono abituati a occuparsi degli orfani e concentrarvi sul vostro futuro.» «Abbandonarli in un ospizio?» Le si strinse il cuore al pensiero di quegli innocenti che finivano in mani estranee e meno amorevoli delle sue. «No, non mi lascerò dissuadere.» Lady Amelia sospirò. «Come temevo. Siete cocciuta quanto Richard quando vi mettete in testa qualcosa. Tutta la famiglia cercò di convincerlo a non andare in India, ma nessuno riuscì a farlo restare a casa, a occuparsi delle sue terre come un vero gentiluomo inglese.» «Apprezzo il vostro desiderio di assicurarmi un futuro adeguato» le assicurò Theo. «Ma non avendo mai vissuto in Inghilterra ed essendo poco abituata a rispettare le regole dell'alta società, temo che vi deluderei ancora più di papà, se cercaste di introdurmi nel mercato matrimoniale.» «Una ragazza incantevole, intelligente e capace come voi? Non credo proprio! Pur ammirando la dedizione che avete per quegli sfortunati bambini, mi rifiuto di recedere dalla mia posizione. Resto convinta che il ma21


trimonio sarebbe la scelta più opportuna per voi e per loro, e cercherò un modo per far sì che accada.» Theo scoppiò in una risata. «Tramate pure, zia, se vi rende felice.» «È della vostra felicità che mi preoccupo, mia cara. Siete ancora tanto giovane. Voglio che ritroviate la gioia.» Gioia. Theo aveva provato una gioia inebriante... e l'aveva pagata a caro prezzo. Da allora aveva deciso che si sarebbe accontentata di una più modesta serenità, purché Charles fosse al sicuro e felice. «Ho trovato la gioia nell'aiutare i miei sfortunati bambini» dichiarò in tono fermo mentre baciava la zia sulla guancia. E così sarebbe stato sempre, pensò uscendo dalla stanza. Quella era l'unica vita possibile, una scelta che aveva fatto anni prima, uscendo da quel convento in Portogallo con un bimbo in fasce tra le braccia.

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Il ritorno del libertino JULIA JUSTISS INGHILTERRA, 1816 - Reduce da Waterloo, Dominic Ransleigh si ritira in campagna. Ma l'esuberante vicina di casa, Theodora Branwell, ha altre idee per riportarlo alla vita...

Il ricatto del marchese CHRISTINE MERRILL BATH, XIX SEC. - Per non finire in prigione Margot è costretta a cedere al ricatto dell'affascinante Marchese di Fanworth e a diventare prima la sua amante e poi la sua sposa!

Il profumo della passione SARA BENNETT INGHILTERRA, 1837 - Marissa vuole conoscere il piacere in tutte le sue sfumature, e vuole che a condurla in questo seducente viaggio sia Lord Valentine. C'è un solo problema...

La Signora di Dunborough MARGARET MOORE INGHILTERRA, 1214 - Lady Mavis è certa che dietro l'austera facciata di Sir Roland di Dunborough si nasconda un uomo sensibile e accetta di sposarlo. Ma già dopo le nozze...


I segreti di Sugarland BRONWYN SCOTT BARBADOS, 1835 - Ren Dryden eredita una piantagione di canna da zucchero a Barbados. Nonché una socia bella e sensuale che letteralmente lo strega! Ma troppi segreti li dividono.

Le tentazioni del duca SARA BENNETT INGHILTERRA, 1837 - Eugenie Belmont intende sposare Sinclair St. John, l'altezzoso Duca di Somerton. Tra i due scocca una scintilla inattesa, ma l'algido gentiluomo sa bene che...

Il riscatto di un gentiluomo MARGARET MCPHEE CARAIBI - LONDRA, 1812 - Kit North ha giurato che laverà la macchia che offusca il suo nome. Quando incontra la bellissima Kate Medhurst, però, tutti i suoi programmi vanno in fumo.

Giustizia per il guerriero DENISE LYNN INGHILTERRA, 1145 - Richard di Dunstan rapisce Isabella per vendetta e le impone il matrimonio. Durante il lungo inverno che trascorre con l'uomo, lei imparerà a conoscerlo e... Dal 2 novembre


Le più belle saghe storiche d’autore, da collezionare.

Irlanda - Inghilterra, 1175-1180 Coraggio, spirito di sacrificio, lealtà scorrono da sempre nel sangue dei MacEgan, i valorosi guerrieri di Laochre. Malgrado l’indiscusso valore, tuttavia, ciascuno di loro cela un animo sensibile segnato spesso da dolorosi segreti. Connor, che nel passato ha dovuto subire un’ingiusta punizione, ha trovato sollievo dalla sua profonda disperazione grazie alla amorevoli cure di Aileen, una bellissima guaritrice. Ewan, da parte sua, ha obblighi dinastici cui far fronte ed è alla ricerca di una moglie che gli porti una cospicua dote. Trahern, infine, colpito da una terribile tragedia, si è trasformato in un uomo amareggiato e pieno di rancore. Solo l’incontro con Morren, come lui sofferente e desiderosa di giustizia, apre una breccia nel suo cuore lasciandogli intravedere la speranza di un futuro meno cupo.

“Attraverso il realismo con cui sono trattati i personaggi e le dettagliate ambientazioni tocca le corde del cuore.” Publishers Weekly

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Hanno sembianze umane, sono sempre più vicini…

I draghi sono tra noi.

Una serie epica senza precedenti firmata Julie Kagawa. Una guerra millenaria pagata col sangue, l’Ordine di San Giorgio li ha sterminati tutti, uno dopo l’altro. Ma alcuni di loro sono sopravvissuti… ora sono tornati, più forti, sono tra noi sotto il vessillo di Talon, i draghi combatteranno per riprendersi ciò che è sempre stato loro. A qualunque costo. “Un Fantasy moderno intriso di romanticismo, adrenalinico e coinvolgente. Una corsa sulle montagne russe delle emozioni.” School Library Journal

Julie Kagawa vi aspetta a Bookcity il

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