Il ritorno di william

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VANESSA KELLY

Il ritorno di William


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: How to Plan a Wedding for a Royal Spy Kensington Publishing Corp. and Donzelli Fietta Agency srls © 2015 Vanessa Kelly Traduzione di Rossana Lanfredi Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2017 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici novembre 2017 Questo volume è stato stampato nell'ottobre 2017 da CPI, Barcelona I GRANDI ROMANZI STORICI ISSN 1122 - 5410 Periodico settimanale n. 1088 dello 02/11/2017 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 75 dello 01/02/1992 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


Prologo

Waterloo, giugno 1815 La morte gli ghermiva gli stivali. Asciugandosi il sudore e la polvere dagli occhi, il capitano William Endicott guardò l'uomo accasciato ai suoi piedi. Era un corazziere francese, l'élite della cavalleria di Bonaparte. Will lo aveva creduto morto quando, pochi minuti prima, era balzato giù dal cavallo cercando di evitare l'intrico di cadaveri sul terreno irregolare. La battaglia li aveva impilati l'uno sull'altro come un'onda, un'onda che però si era infranta contro il muro della fanteria inglese. Ma quel cavaliere, crollato a faccia in giù sulla terra fradicia, era vivo. La sua mano inguantata afferrò disperatamente uno stivale di Will. Sibilando un'imprecazione, lui lo girò con un piede. Il francese sobbalzò, poi cominciò a tossire grumi di fango. Il poveretto, troppo ferito per muoversi, stava rischiando di annegare nella mota che, in seguito alle piogge torrenziali del giorno prima, arrivava alle caviglie. Dopo ore di indicibile violenza, Will era piombato in uno stato di insensibilità. Aveva visto centinaia di uomini e cavalli esplodere, essere calpestati o fatti a pezzi sul campo di battaglia. Questo nuovo orrore, però, penetrò 5


nella nebbia che gli avvolgeva il cervello. S'inginocchiò accanto al corazziere, lo girò su un fianco e gli batté forte sulla schiena, sorreggendolo mentre quello sputava fango e chissà che altro. Quando l'uomo fu in grado di respirare di nuovo, lo voltò sulla schiena. L'ufficiale lo guardò, gli occhi annebbiati dal dolore e dalla morte imminente. Il sangue usciva da un foro sul suo petto, scurendo la giubba rossa del Tredicesimo Reggimento francese. Le labbra spaccate del ferito si dischiusero. «Merci, monsieur.» Will aveva creduto di non essere più in grado di sentire nulla: la rabbia, il rimpianto, persino il dolore erano sepolti dai cadaveri di tanti suoi amici e di uomini che conosceva da anni. Soltanto sopravvivere contava, e fare il possibile per eseguire gli ordini dei suoi comandanti. Ma ora l'emozione si faceva strada da chissà dove nel profondo della sua anima e saliva in un'ondata nera che minacciava di chiudergli la gola. Il bersaglio della sua ira non era l'ufficiale che gli giaceva davanti, e neppure il nemico contro cui aveva disperatamente combattuto tutto il giorno. No, era il modo straziante in cui quell'uomo solo scivolava verso la morte, un soldato che aveva fatto il suo dovere come tutte le altre sfortunate anime perdute quel giorno... inglesi, scozzesi, francesi, prussiani. Uomini che avevano solo eseguito gli ordini. A quale costo, Will non riusciva nemmeno a immaginarlo. Un istante più tardi il francese tossì sangue, lottò ancora una volta per respirare, poi restò immobile, lo sguardo fisso e vitreo. Will gli chiuse gli occhi, quindi stancamente si rialzò, cercando di soffocare le angoscianti emozioni che la morte del soldato nemico aveva suscitato. Ma non ci riuscì. Il muro era stato crepato e tutto ciò che aveva tentato di tenere a bada per ore gli inondò la gola, stordendolo. Si disse che era la stanchezza, la mancanza di acqua e cibo, quei lunghi giorni di tensione, ma c'era 6


di più. Era sopravvissuto ad altre battaglie e la pericolosa vita da spia nella Penisola lo aveva temprato. Mai aveva avuto paura, mai aveva dubitato della sua missione. Ma quel giorno era franato qualcosa, generando presto un gigantesco sconvolgimento che minacciava di cambiare per sempre il suo mondo. Aveva l'impressione che un pozzo si fosse aperto sotto i suoi piedi, un pozzo oscuro e traboccante di incognite. D'istinto, afferrò la criniera del suo cavallo, traendo conforto dal contatto con l'animale. Gli pareva un miracolo che qualcosa fosse ancora vivo in quell'inferno. Riprenditi, pazzo. Non era quello il momento di crollare come un ragazzino alle prime armi. La battaglia era vinta, ma la giornata non era finita. La ritirata di Napoleone era diventata una rotta, con gli Alleati che inseguivano i francesi, e Will doveva riunirsi al più presto a ciò che restava del suo reggimento. Aveva passato ore a cavalcare lungo la linea di combattimento, trasmettendo ordini ai vari comandanti. Aveva perduto due cavalli e il braccio destro gli doleva terribilmente per i continui attacchi che, con la sua sciabola, aveva sferrato alla fanteria francese. Era stato uno dei fortunati a cavarsela con qualche graffio, una ferita superficiale alla schiena e un colpo in testa. E giacché era sopravvissuto, ora doveva ritrovare ciò che restava del Primo Reggimento dei Dragoni Reali e ricominciare a fare il suo dovere. La Brigata dell'Unione, tre reggimenti di cavalleria compreso il Primo dei Dragoni Reali, aveva subito perdite devastanti nel primo attacco della giornata. Il maggiore Dorville, il comandante di Will, con ogni probabilità lo cercava per radunare l'unità e infastidire il nemico in ritirata. Per alcuni momenti Will restò fermo sul ciglio della strada, mentre un reggimento di artiglieri, o quello che ne restava, gli sfilava davanti. Una volta che fu passato, Will fece per risalire in sella, quando una voce familiare chia7


mò il suo nome. Travolto da un'ondata di sollievo, si girò e sollevò una mano, salutando l'ufficiale che gli veniva incontro in sella a un gigantesco destriero nero. Il cavaliere era un muscoloso giovane scozzese con indosso l'uniforme, al momento chiazzata di fango, della Guardia Scozzese. Era evidente che il capitano Alasdair Gilbride doveva essersi unito al suo reggimento a Quatre Bras, direttamente dal ballo della Duchessa di Richmond. Il Quarantaduesimo Highlanders aveva subito una dura sconfitta in quella battaglia, ma era riuscito a marciare verso Waterloo dove si era distinto con onore. I suoi ranghi, però, erano stati decimati e Will aveva perso di vista Alec durante la giornata. Per fortuna il suo amico era sopravvissuto. Lo scozzese scese di sella e abbracciò Will con calore. Will non era certo un uomo piccolo, ma il suo amico sembrava un lottatore, pur essendo dotato di un'agilità che gli aveva permesso di sorprendere alle spalle molti francesi. Era anche una delle più abili spie di Wellington e aveva accompagnato Will in numerose missioni nella Guerra della Penisola. Come Will, Alec era uno dei figli illegittimi dei principi reali inglesi. I due erano cugini ed erano legati sia perché avevano un carattere simile e facevano lo stesso lavoro, sia perché per il fatto di essere rampolli illegittimi di esponenti reali a volte venivano emarginati sia dai colleghi ufficiali sia dagli altri membri dell'alta società. Will aveva imparato a ignorare i pettegolezzi, anche se certe battute volgari gli riuscivano insopportabili; la stessa cosa non si poteva dire di Alec. Lui si era battuto spesso per difendere la loro reputazione, e nonostante Will continuasse a dirgli che non aveva importanza ciò che di loro dicevano gli altri, entrambi sapevano che non era così. Dopo l'orrore di quella battaglia, tuttavia, di chi erano figli sembrava questione del tutto irrilevante. «Gesù, sono felice di vedere che sei ancora da questo lato della polvere, Wolf» ringhiò Alec, chiamando Will con il suo soprannome. La fatica e la preoccupazione ave8


vano reso più duro il suo accento, facendolo sembrare in tutto e per tutto un highlander. «Non ti vedo da quando sei caduto da cavallo nel pieno di quel fuoco di sbarramento. Ho cercato di raggiungerti, ma quel dannato Reggimento della Guardia di Napoleone si è messo di mezzo.» «Oh, sono stato fortunato, mi sono preso solo una botta in testa, poi due fucilieri gallesi mi hanno portato al sicuro.» Will guardò l'uniforme del cugino, cui mancavano le spalline e con i polsini a brandelli. «A parte l'uniforme, sembri in buono stato.» La bocca di Alec diventò una dura linea sottile mentre abbassava lo sguardo sul francese morto ai loro piedi e sulle dozzine di cadaveri ammassati lungo i lati della strada. «Sì, sono stato fortunato anch'io. Non ho un graffio.» Alec però non sembrava particolarmente contento, ed era comprensibile, date le spaventose perdite subite dalla Guardia Scozzese non in una, ma in ben due battaglie. Will sapeva che presto il senso di colpa li avrebbe soffocati entrambi. Senso di colpa per essere sopravvissuti, mentre tanti non c'erano riusciti. Per qualche minuto restarono entrambi a osservare il campo di battaglia e la caotica ritirata dei francesi, che fuggivano verso Charleroi inseguiti dalla cavalleria britannica. Quello che un tempo era stato un terreno agricolo, con verdi vallate e campi di segale, era diventato un paesaggio da incubo disseminato di cadaveri maciullati di uomini e cavalli. E Dio solo sapeva quanti soldati respiravano ancora in quell'inferno. Feriti troppo gravemente per muoversi, potevano soltanto aspettare un soccorso che forse non sarebbe mai arrivato. «Che disastro» ringhiò Will, sentendosi il cuore colmo di amarezza. «Se non altro abbiamo vinto, anche se è meglio dare una mano per finire il lavoro» replicò Alec, guardando il caos di uomini e animali che si allontanavano da loro. Scendeva il crepuscolo, lunghe ombre si allungavano sul campo di battaglia. «Non mi va di inseguire la Guardia 9


Imperiale di Boney nel mezzo della notte, Wolf.» Will annuì, anche se entrambi sapevano che l'avrebbero fatto. Portavano sempre a termine l'incarico che era stato loro assegnato. Mentre risalivano in sella, Alec si guardò intorno, un velo sugli occhi grigi. «Credi che ne sia valsa la pena?» domandò alla fine. «Dopo oggi, pensi ci sia rimasto qualcosa che valga la pena di salvare? Una vita decente, intendo, per noi. Per tutti noi che siamo rimasti.» «È meglio che ci sia, amico» rispose Will, amaro. «È maledettamente meglio che ci sia.»

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Londra, agosto 1815 Dopo avere pagato il conducente della vettura pubblica, Will guardò l'elegante casa in Upper Wimpole Street. Negli ultimi quattro anni era stato a casa di Sir Dominic Hunter tre volte, per riferire le informazioni ottenute al potente capo di una delle reti di spie di Wellington. Nonostante fosse stato proprio Dominic ad assoldare Will nei servizi segreti, dopo poco tempo aveva agevolato il suo trasferimento al gruppo di ufficiali ricognitori del duca, militari in grado di tracciare mappe, di raccogliere informazioni, lavorare con guide locali ed evitare di farsi catturare dal nemico. Dominic aveva scelto anche Alasdair, e dal reggimento scozzese della Black Watch, lo aveva trasferito tra gli uomini di Wellington. Alec si era dimostrato un agente segreto militare perfetto: parlava bene spagnolo e portoghese, disegnava come un ingegnere ed era diabolicamente abile. Dominic aveva poi suggerito a Wellington che Will e Alec lavorassero in coppia in quasi tutte le missioni. PerchÊ poi avesse insistito tanto su quella collaborazione era un mistero, ma era noto che il capo delle spie s'interessava sempre molto alle vite dei figli illegittimi dei principi reali. Aden St. George, per esempio, un tempo capitano 11


dei Dragoni Reali nonché una delle migliori spie di Dominic, era figlio illegittimo del Principe Reggente, e non poteva essere certo una coincidenza che tre bastardi reali fossero stati reclutati nei servizi segreti inglesi. Spesso Will pensava che Dominic avesse avuto qualcosa in mente, un progetto segreto, per tutti loro tre. Naturalmente la guerra ormai era finita, così quello che voleva Dominic non contava più. Niente più appostamenti dietro le linee nemiche travestiti in modo assurdo e rischiando di finire chiusi in una prigione francese. Quella parte della vita di Will si era conclusa, lui ora aveva altri progetti. D'altronde, era vero che uomini appartenenti a buone famiglie avevano collaborato con i servizi segreti durante la guerra, ma la professione di spia non era certo considerata rispettabile per un ufficiale o per un gentiluomo. E Will voleva una vita e una carriera rispettabile, una vita che gli permettesse di superare la macchia della sua nascita e della sua modesta situazione finanziaria. Perciò doveva lasciarsi alle spalle l'attuale esistenza. Emerse dalle sue riflessioni quando due donne di mezza età, occupando con i loro parasole quasi tutto il marciapiede, gli passarono accanto. Una borbottò un commento acido sui soldati maleducati e Will si fece subito da parte, rischiando di essere accecato da uno di quegli assurdi ombrellini. Cielo, era bello essere tornati in Inghilterra. Qui il pericolo peggiore che ci si potesse trovare di fronte era prendersi la stecca di un parasole in un occhio, o ricevere occhiatacce dalle matrone dell'alta società. Sogghignando, Will salì i gradini del portico di Dominic e sollevò il battente. Prima ancora che bussasse, la porta si spalancò e comparve un uomo di una certa età, in abiti borghesi, un tipo che un tempo era stato agente di Dominic e che ora prestava servizio nella sua casa. L'uomo prese cappello e guanti di Will, poi li porse al maggiordomo, comparso come per magia dal retro della casa. 12


«Ah, Smithwell, vedo che continuate ad appostarvi dietro gli usci» osservò Will. «Lascio gli appostamenti ai ranghi inferiori, capitano Endicott» replicò Smithwell con elegante disdegno. Gli piaceva interpretare il ruolo dell'inamidato maggiordomo, ma in realtà era stato uno degli agenti più spietati di Dominic. «Sir Dominic vi chiede di aspettarlo nel soggiorno.» Will sospirò, sapendo che l'attesa avrebbe potuto non essere breve. A Dominic non piaceva che gli si mettesse fretta. Quell'incontro, in ogni caso, sarebbe stato solo una perdita di tempo, giacché Will non aveva intenzione di accettare nessun'altra missione. A dirla tutta, quel giorno intendeva dimettersi dal suo lavoro di spia. Smithwell lo condusse nel soggiorno che dava su un piccolo giardino dietro la casa. Will si fermò sulla soglia, sorpreso. Era stato altre volte in quella stanza e la ricordava elegante ma severa, decorata nei toni più tenui dell'azzurro e del grigio. Ora, invece, l'ambiente era un tripudio di pareti gialle e cortine rosse a righe gialle che schermavano la grande finestra a golfo. I mobili di un tempo erano stati sostituiti da divani imbottiti e poltrone dalla tappezzeria a fiori. Era come se le finestre fossero state spalancate e un giardino estivo fosse stato trasportato all'interno. La stanza si addiceva così poco a Dominic, un uomo sempre molto cupo, che Will scoppiò in una risata divertita. «Somiglia a un boudoir femminile, non è vero? Se non conoscessi Dominic direi che ha perso la testa» disse una voce familiare. Will si voltò e vide suo cugino alzarsi pigramente da una poltrona sistemata in un angolo pieno di librerie. «Alec! Credevo fossi inchiodato con il tuo reggimento a Parigi!» A differenza di Will, che aveva trascorso le ultime settimane a inseguire ciò che rimaneva dell'esercito napoleo13


nico, Alec aveva marciato fino a Parigi, di rinforzo alle truppe di occupazione. «Ah, sì.» Alec sospirò. «È stata dura laggiù mentre tu ti divertivi alla frontiera. Ti ho invidiato, bastardo fortunato.» Will fece una risatina sarcastica. «Certo, sono sicuro che Parigi sia stata una vera tortura per te.» Alec doveva avere approfittato del soggiorno in terra francese per bere e andare a donne. Ovunque si trovasse, le donzelle gli si gettavano ai piedi e Will era stato spesso costretto a salvarlo da qualche padre o marito furibondo. «Quando sei arrivato a Londra?» volle sapere Alec. «Ieri, anche se sono in Inghilterra da alcune settimane. Sono andato a trovare zia Rebecca, nello Hampshire. Volevo vedere come stava dopo la morte dello zio.» Will ancora non credeva che zio Philip fosse morto e gli era dispiaciuto molto non poter tornare in Inghilterra per il funerale. Nipote di un baronetto, da piccolo Will era stato mandato a vivere con Philip Endicott, che era diventato il suo tutore. Zio Philip, cugino della famiglia reale, era un agiato gentiluomo che conduceva un'esistenza confortevole nella campagna dello Hampshire con la moglie Rebecca. Senza figli, i due avevano accolto con generosità Will, trattandolo come dei veri genitori. Giacché la madre di Will era morta quando lui aveva meno di un anno, gli Endicott erano stati per lui l'unica famiglia che avesse mai avuto. Suo padre, il Duca di York, aveva cominciato a interessarsi della sua esistenza solo quando Will aveva compiuto sedici anni, ma nessuno rimpiazzava zio Philip. «Come sta tua zia?» chiese Alec. «Abbastanza bene. Il nipote di zio Philip ha ereditato la proprietà e la casa, ma lei ha una rendita generosa e ha preso una casa vicino a Basingstoke, non lontano dalle sue sorelle.» Alec aggrottò le sopracciglia. «E a te? Lo zio ti ha lasciato qualcosa del suo patrimonio... o sei rimasto fuori?» 14


Will guardò il carrello accanto al camino, dove vi erano posate diverse bottiglie. «Che cosa stai bevendo? A quanto pare dovremo aspettare, perciò tanto vale che mi unisca a te» dichiarò, e si versò una dose di quello che sapeva essere un ottimo cognac. «Oh, per inciso, ma che cosa diavolo è successo a Dominic?» domandò, deciso a evitare che si parlasse della sua situazione finanziaria. Indicò con un gesto l'arredamento di impronta femminile. «Questo non è il suo gusto.» Alec si guardò intorno a occhi socchiusi, chiedendosi se insistere sull'argomento del denaro di Will. Poi stabilì che era inutile e che c'era ben poco da dire. Nonostante zio Philip avesse assegnato una rendita a Will, quel denaro non gli avrebbe certo permesso di vivere come un gentiluomo. O perlomeno, come un gentiluomo che viveva a Londra, o desiderava fare carriera militare. «Sir Dominic di recente si è sposato. Non lo sapevi?» «Ho sempre pensato che fosse sposato con il suo lavoro» replicò Will, sorpreso. «E chi è la fortunata?» Alec alzò gli occhi al cielo. «Confesso che non ne ho la minima idea e che l'argomento non mi interessa granché. E il fatto che tu tenti di evitare di parlare della tua situazione finanziaria significa che tuo zio non ha pensato a te nel suo testamento. È andato tutto a quel suo stupido nipote, non è vero?» «Lo zio ha fatto quello che poteva, ma tutta la proprietà era vincolata, anche a causa degli accordi matrimoniali con la zia.» Alec cominciò a imprecare, ma Will lo fermò con un gesto della mano. «Zio Philip è stato più che generoso e quello che mi ha lasciato dovrebbe permettermi di andare avanti fino a che non otterrò una promozione oppure un posto in uno dei ministeri.» Con un sospiro Alec si lasciò cadere su una graziosa poltroncina. «Vorrei che mi permettessi di aiutarti. Sai che ho più di quanto mi serva.» Le ultime parole erano un eufemismo. Alec era l'erede di una ricca contea, il cui titolare al momento era suo non15


no. Per la legge scozzese i titoli potevano trasmettersi anche alle donne, e la madre di Alec, defunta da tempo, era stata l'unica figlia del Conte di Riddick. Dopo una breve relazione con un duca reale, si era sposata come si conveniva. Così ora Alec era destinatario di una rendita generosa, che lui era sempre stato desideroso di condividere. Will però si rifiutava di accettare la carità dal cugino, non volendo dipendere da nessuno. «E tu sai che non accetterei nulla da te.» Will bevve un sorso del liquido ambrato. Lui e Alec avevano fatto un centinaio di volte quella discussione e il risultato era sempre lo stesso. «Ebbene, non dare la colpa a me se finirai in un ospizio» concluse Alec, frustrato. Will rise. «Non accadrà, e ora perché non cambiamo argomento?» «Come vuoi.» Il tono conciliante del cugino mise subito in allarme Will. «Mentre eri nello Hampshire, hai fatto visita a qualcuno dei notabili del luogo?» Santo cielo. Alec era davvero incorreggibile. «Non ne ho avuto il tempo.» Alec inarcò un sopracciglio. «Non hai trovato nemmeno un minuto per andare a trovare i vecchi amici? Non ci credo.» «Credici» replicò Will, una nota di avvertimento nella voce. Naturalmente il cugino la ignorò. «Quanto è triste che tu non abbia avuto il tempo di vedere i tuoi cari amici, il Visconte e la Viscontessa Reese. Credo abbiano due gemelle, non è così?» Dopo avere posato il bicchiere su un tavolino, Will si appoggiò alla mensola del camino. «Sai che posso ancora prenderti a pugni, vero?» Alec scoppiò in una risata. «Provaci e vediamo dove arrivi. Ora però torniamo alle incantevoli fanciulle Reese e a quando hai intenzione di vederle. Di vederne una in particolare, oserei dire.» 16


«Oh, per la miseria. Tu hai visto quelle ragazze una volta sola, a una parata e da lontano. È stato tre anni fa. Non hai la minima idea di come possono essere adesso.» Alec cominciò a obiettare e Will contemplò seriamente l'idea di trascinarlo in giardino e prenderlo a pugni. Dopo la sua situazione finanziaria, il secondo argomento che più detestava era Miss Evelyn Whitney, il suo amore giovanile. Ormai però Evie apparteneva al passato, un passato da ricordare con affetto, certo, ma che non aveva più nulla a che fare con la sua vita attuale. L'ingresso di Smithwell gli evitò la necessità di chiudere la bocca con la forza al cugino. «Finalmente» borbottò, mentre il maggiordomo li scortava di sopra, nello studio di Dominic. «Codardo» sibilò Alec di rimando. «I capitani Endicott e Gilbride, Sir Dominic.» Sulla soglia della stanza, Smithwell si fece da parte per lasciarli passare. Will entrò per primo, ma si fermò di colpo quando vide chi li aspettava, e Alec sbatté contro la sua schiena, rischiando di farlo cadere. Buon Dio, sembravano davvero due scolaretti idioti, o almeno così doveva pensare Dominic, a giudicare dalla sua espressione. «Vi prego, signori, entrate» li invitò con tono di disapprovazione. «Non volete far aspettare Sua Altezza, non è vero?» «No, Sir Dominic» replicò Will, e avanzò nella stanza, inchinandosi all'uomo seduto su una delle poltrone di cuoio di fronte alla scrivania di Dominic. «Perdonatemi, signore, ma non mi aspettavo di trovarvi qui, oggi.» Frederick, Duca di York e di Albania, oltre che comandante in capo dell'esercito del re e padre di Will, sollevò la sua formidabile figura dalla poltrona e tese la mano a Will, salutandolo con più calore del solito. «Lo immagino, ragazzo mio. Ho appreso che hai avuto una licenza per andare a trovare tua zia nello Hampshire. Ti porgo le mie condoglianze per la perdita del tuo stimabile zio.» 17


«Vi ringrazio, signore. Era un uomo molto gentile e la zia ne sente la mancanza.» «Come te, suppongo» replicò il duca. «Sono tuttavia lieto di vederti in ottimo stato dopo quella orribile faccenda in Belgio.» Il duca si voltò verso Alec. «Bentornato in Inghilterra, Gilbride. Ho saputo che anche voi vi siete comportato bene a Waterloo. Voi e il Quarantaduesimo dovete essere orgogliosi.» Alec rispose alle lodi chinando il capo. «Grazie, signore, ma il mio contributo è stato modesto se comparato a quello degli altri uomini del reggimento.» «Molti e ottimi soldati sono scomparsi quel giorno. È intollerabile pensarlo, non è vero?» Un'ombra di dolore attraversò il volto florido del duca, che però si riprese subito. «Ma non è per indugiare in simili reminiscenze, che ho chiesto a Dominic di convocarvi entrambi.» «No, infatti» intervenne Dominic. «Se volete accomodarvi, Vostra Altezza, possiamo procedere.» Will e Alec si scambiarono uno sguardo incuriosito, poi sedettero, mentre Dominic sedeva dietro la scrivania. Da dietro quel tavolo imponente, Dominic dirigeva molti agenti segreti inglesi, esercitando con abilità e discrezione il suo formidabile potere. O almeno, così aveva fatto nel passato. Will, infatti, aveva sentito dire che intendeva ritirarsi, e non poteva fare a meno di domandarsi se fosse stato il matrimonio a spingerlo verso quella decisione. Scomparire dalla scena proprio quando si era al culmine del proprio prestigio era una scelta che Will non avrebbe mai fatto se si fosse trovato nella stessa posizione, e trovava difficile immaginare che Dominic rinunciasse al proprio posto al centro del potere per una placida vita domestica. Un silenzio meditativo era calato nella stanza. Il duca, le sopracciglia aggrottate, fissava con aria assente una scena di caccia alle spalle di Dominic. E anche quest'ultimo taceva, nell'evidente attesa che il suo superiore cominciasse a parlare. 18


«Ebbene, signore, perché ci avete fatto venire qui oggi?» domandò infine Alec. Will ebbe un sussulto a quell'infrazione del protocollo, ma Alec era sempre stato un tipo insofferente alle regole sociali. Dominic borbottò un rimprovero, ma per fortuna il duca non si alterò. Ignorando Alec, si rivolse a Will. «Suppongo di essere l'ultima persona che ti aspettavi di vedere oggi» commentò. «Devo ammettere che sono un po' sorpreso» rispose Will, e in effetti gli sembrava singolare che suo padre avesse deciso di incontrarlo in casa di Dominic quando avrebbe potuto convocarlo presso il suo ufficio al palazzo delle Horse Guards. Il duca non indossava l'uniforme e la sua carrozza non era sulla strada, segno evidente che aveva desiderato evitare sguardi curiosi. «Forse desideravate che il nostro incontro non fosse visto dal personale delle Horse Guards?» «Sì, volevo che restasse un dannato segreto» replicò suo padre senza mezzi termini. «Abbiamo per le mani una situazione maledettamente complicata e vogliamo che tu e tuo cugino ve ne occupiate.» A Will quelle parole non piacquero. «Davvero, signore? E come potrei aiutarvi?» Il duca lanciò un'occhiata a Dominic, il quale prese la parola. «Signori, mi rendo conto che entrambi meritate di riposare, tuttavia si richiedono i vostri servigi per una missione urgente.» «Per l'amor del cielo!» bofonchiò Alec. «Di nuovo Napoleone?» L'accenno di un sorriso piegò le labbra di Dominic. «No, si tratta di una faccenda più vicino a casa, e infatti quasi tutta la missione verrà condotta proprio da qui, da Londra.» «E qual è la natura di questo incarico?» Will si costrinse a soffocare la frustrazione che lo attanagliava. Dominic non sbagliava. Lui e Alec meritavano di riposare e l'idea 19


di un'altra missione gli faceva venire voglia di imprecare. «Si tratta di impedire un assassinio» rispose il duca. «Forse l'assassinio di un reale, che potrebbe avere luogo nelle prossime settimane.» Anche Alec non poté fare a meno di restare allibito. «State scherzando, vero?» Il duca socchiuse gli occhi. «Lo vorrei, capitano, e vi sarei grato se non m'interrompeste più.» Alec fece una smorfia, mormorando qualche parola di scusa. «Perdonatemi, signore» intervenne Will, sperando di distogliere l'ira del padre dal povero Alec, «ma avete idea di chi sarà il bersaglio dell'assassinio? Forse il Principe Reggente? O voi stesso?» Will e il duca non erano mai stati vicini; dopotutto, lui aveva incontrato il padre soltanto quando aveva sedici anni. Ciononostante, l'idea che fosse in pericolo lo turbava. E non era difficile pensare che la minaccia fosse reale, giacché erano passati solo tre anni da quando il Primo Ministro Spencer Perceval era stato vittima di un attentato. Dominic prese il controllo della conversazione. «Al momento, questa informazione ci manca.» Poi guardò il duca. «Con il vostro permesso, Vostra Altezza, comincerò dal principio. Come spero saprete, prima dell'Atto di Unione abbiamo avuto molti problemi in Irlanda.» Will aggrottò la fronte. Anche se al tempo era soltanto un bambino, era al corrente dei tumulti e dello spargimento di sangue che avevano straziato per anni l'Irlanda, con fazioni di cattolici e protestanti unite contro la supremazia inglese a Dublino. Nel 1798, un gruppo di ribelli cattolici aveva fomentato una grave sollevazione, questa volta in lega con i francesi, i quali avevano tentato di supportare i ribelli inviando una forza di invasione. Purtroppo per i ribelli, il maltempo e la sfortuna avevano provocato la cattura o la dispersione delle navi francesi, e l'insurrezione era stata soffocata con brutalità. L'Atto di Unione del 1801, unendo i regni di Inghilterra e Irlanda, 20


aveva posto fine alle rivolte, e gli ultimi quattordici anni erano trascorsi in relativa calma, per quel che riguardava le ambizioni repubblicane irlandesi e l'emancipazione dei cattolici. Per Will, le limitazioni imposte per legge alla popolazione cattolica, sia in Irlanda sia in Inghilterra, erano ingiuste. In fondo, lui sapeva bene cosa significava essere un diverso. Sapeva anche, però, che suo padre e la maggior parte dei reali si opponevano con veemenza all'emancipazione dei cattolici, così teneva per sé le sue opinioni. «Sì» rispose, «ma pensavo che la situazione in Irlanda fosse sotto controllo, soprattutto dopo la costituzione, l'anno scorso, della Polizia Reale Irlandese.» Robert Peel, il Capo Segretario per l'Irlanda, aveva creato un corpo di polizia speciale irlandese soprannominato Peelers, dal nome del suo fondatore. «Esatto» confermò Dominic. «Gli uomini di Peel hanno soffocato con efficacia i disordini, ma c'è ancora qualche turbolenza, che riguarda soprattutto dispute su casi di affitti e sfratti in campagna. A queste turbolenze si risponde con la forza, e ciò, come potrai immaginare, è malvisto dalla popolazione.» «Allora dovrebbero obbedire alle leggi senza provocare tanti problemi» sbottò il duca. «Fanno soltanto il loro male con quelle dannate proteste agrarie. Se un proprietario vuole cacciare qualche inutile fittavolo cattolico dalla sua terra, ha il diritto di farlo.» Gli occhi verdi di Dominic divennero di ghiaccio e Will ebbe la netta impressione che stesse lottando per non rispondere per le rime al duca. «La situazione non è semplice» dichiarò alla fine Dominic in tono neutro. «In ogni caso, sebbene l'Irlanda sia ora una terra quasi del tutto pacifica, l'amministrazione di Dublino deve sorvegliare con attenzione la situazione.» «Il che suppongo significhi avere occhi e orecchie sul posto» disse Will. «Spie, vuoi dire» lo corresse Alec. 21


Dominic fece un gesto, come a dire: non proprio. «Diciamo che c'è chi teme lo spargimento di sangue che deriverebbe da un'altra rivolta, anche se costoro in genere sono solidali con la causa cattolica. Date le circostanze, tuttavia, questi individui ritengono sia saggio riferire le loro preoccupazioni a Peel.» «In pratica sono informatori» precisò Alec in tono asciutto. Dominic si strinse nelle spalle senza rispondere. Il duca guardò con impazienza l'orologio sulla mensola del camino. «Proseguite, Dominic, volete?» Dominic annuì, anche se la piega delle sue labbra tradì quanto fosse irritato. «Ci sono state avvisaglie della formazione di gruppi di radicali a Limerick e a Tipperary, e anche a nord, vicino all'Ulster. La maggior parte delle voci che ci hanno raggiunto si sono rivelate soltanto voci, appunto. Ma una fonte molto affidabile nell'Ulster è venuta in possesso di un'informazione inquietante. Pare che un gruppo di questi radicali si trovi già in Inghilterra e stia pianificando l'assassinio di un alto membro del governo, forse persino della famiglia reale. I bersagli più ovvi sarebbero Peel o Liverpool, o il Reggente, ma anche altri potrebbero essere in pericolo.» «Non è molto su cui lavorare» commentò Will. «Come al solito» rincarò Alec, sarcastico. «La difesa del proprio paese non è mai cosa facile, Gilbride» sbottò il duca, e Will si affrettò a intervenire prima che Alec si spingesse oltre. «No, signore, non lo è. E io e Alasdair siamo pronti a fare ciò che è necessario. Di certo però ci sono agenti che comprendono meglio la questione irlandese e che hanno maggiori informazioni su dove trovare questi cospiratori.» «In genere concorderei con voi» disse Dominic. «Ma c'è una ragione particolare per cui voi, Will, siete l'uomo più adatto a questa missione.» Dominic esitò e un campanello d'allarme cominciò a suonare nella testa di Will. «E qual è questa ragione?» 22


Dominic reclinò il capo. «Vedete, una vostra vecchia conoscenza potrebbe essere coinvolta nel complotto, forse senza volerlo, più probabilmente solo perché frequenta certe persone.» «E chi sarebbe questa vecchia conoscenza?» domandò Will, con un sinistro presentimento. «Miss Evelyn Whitney, figlia di Lord e Lady Reese. Credo la conosciate bene.»

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Il ritorno di William VANESSA KELLY LONDRA, 1815 - Il capitano William Endicott deve indagare su Evie Whitney, la giovane di cui è da sempre innamorato e che ha lasciato anni addietro dopo il loro primo bacio.

Il premio più ambito JULIANNE MACLEAN INGHILTERRA, 1881 - Lord Martin giunge sull'Isola di Wight per la regata di Cowes e viene a sapere di una bella vedova restia alle avventure. Considerandola il vero premio, lui...

Il patto dello scandalo DIANE GASTON INGHILTERRA, 1815 - Ross rimanda da anni la ricerca di una compagna destinata a essere la sua duchessa. E Genna Summerfield è di certo la meno adatta a ricoprire quel ruolo!

Per amore della Scozia SHARON CULLEN SCOZIA, 1746 - L'ultimo uomo a cui Cait vorrebbe offrire i propri servigi di guaritrice è il capoclan Iain Campbell, considerato da tutti un traditore. Quando però lei scopre che...


La scelta di Alasdair VANESSA KELLY INGHILTERRA-SCOZIA, 1815 - Alastair deve condurre con sé nelle Highlands la bellissima Eden Whitney, costretta ad allontanarsi da Londra per scongiurare un terribile scandalo.

Per ordine della regina AMANDA MCCABE GREENWICH-LISBONA, 1588 - Chi è Sir John Huntley? Dopo averlo conosciuto con tre identità diverse, Alys teme che sia una spia, eppure è unita a lui da un pericoloso legame...

La sorella sbagliata CHRISTINE MERRILL INGHILTERRA, 1817 - Belle è la moglie ideale per l'ambizioso Benjamin Lovell. Peccato che anche solo per avvicinarla debba prima fare i conti con l'acida sorella della giovane!

Ostaggio per vendetta JULIET LANDON INGHILTERRA-DANIMARCA, 993 - Lady Fearn viene rapita dal vichingo Aric lo Spietato. Durante il viaggio verso la Danimarca, però, l'uomo risveglia in lei il desiderio e la passione... Dall'1 dicembre




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