Il ritratto del visconte

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Sophia James Il ritratto del visconte


Immagine di copertina: Simona Reggimenti Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Ruined by the Reckless Viscount Harlequin Historical © 2017 Sophia James Traduzione di Giorgia Lucchi Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2017 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione Harmony History novembre 2017 Questo volume è stato stampato nell'ottobre 2017 da CPI, Barcelona HARMONY HISTORY ISSN 1124 - 7320 Periodico quindicinale n. 595 dello 01/11/2017 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 624 dell'11/10/1996 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


1 Londra, 1810 La carrozza le si fermò accanto all'improvviso, e lo sportello si spalancò. «Dentro!» «Come, prego?» Lady Florentia Hale-Burton stentò a credere alle proprie orecchie, finché lo sconosciuto che torreggiava sopra di lei sul primo gradino della carrozza senza livrea lo ripeté con voce ancor più stentorea. «Ho detto: dentro.» L'uomo si rabbuiò quando lei non si mosse, e si chinò in avanti, finché il volto non fu vicino al suo. Un volto magnifico, come un angelo, pensò lei, benché la sua voce non avesse niente di celestiale. «Statemi a sentire. A differenza del vostro paziente spasimante, non intendo prestarmi ai vostri stupidi giochi. Se non entrate all'istante, vi trascinerò dentro, così la faremo finita. Avete capito?» «Non farò niente del genere, signore. Certo che no.» Ritrovata la voce, Florentia si guardò intorno in cerca di aiuto da parte della sua cameriera, Milly, ma la ragazza era arretrata, la bocca spalancata dallo sgomento, in procinto di darsi alla fuga. Sembrava un sogno, pensò Flora, orribile, come un incubo dal quale era impossibile fuggire, per quanto lo si desiderasse. Si irrigidì per la paura. Il cielo era grigio, la giornata ventosa, sentiva l'odore del5


l'erba tagliata e il cinguettio degli uccelli nel parco dall'altra parte della strada. Un mercoledì del tutto normale, lungo un marciapiede che aveva percorso centinaia di volte, in precedenza, finché... Quando lo sconosciuto scese dalla carrozza e le afferrò il braccio, Florentia trovò la forza di resistere e lo colpì al viso con la pesante pompadour. I due volumi all'interno della borsa erano tomi di storia dell'arte, rilegati in pelle e ponderosi. Il bordo di uno gli tagliò la pelle sopra l'occhio destro, e il sangue prese a scorrergli sulla guancia, ma, invece di andare su tutte le furie come sarebbe stato lecito aspettarsi, lui scoppiò a ridere. «Diavolo!» esclamò. «Thomas è in debito con me, anche se mi aveva avvertito che avreste potuto protestare, se lui non fosse stato presente. Ora basta, però. Cominciamo ad attirare l'attenzione e, se volete che vi sia di aiuto, dobbiamo andarcene subito.» L'uomo l'afferrò per stringerla a sé e lei gli morse la mano. Imprecando, la cinse premendole un braccio sul petto quando la giovane gridò con tutto il fiato che aveva in gola, dopodiché strinse le dita sulla spalla destra, e lei fu avvolta dalle tenebre. James Waverley, Visconte Winterton, non riusciva a crederci. Stava sequestrando la sgualdrina di suo cugino di fronte a Hyde Park e le stava facendo perdere i sensi. Tom aveva insistito e implorato, e alla fine aveva reclamato qualunque favore James gli avesse mai promesso. Così aveva accettato. «È esuberante, vedrai» lo aveva avvertito il cugino di secondo grado. «Se potessi andare a prenderla io stesso lo farei, ma...» Aveva abbassato lo sguardo sulla gamba fasciata dalla caviglia alla coscia. «Deve lasciare Londra, Winter, deve essere al sicuro da quanti potrebbero farle del male.» E dal momento che uno dei suoi cavalli bizzosi era il responsabile della gamba rotta del cugino, James aveva acconsentito. 6


«Che aspetto ha?» «È bionda e sensuale. Senza dubbio sarà vestita di rosso, come sempre, e aspetterà all'angolo con Mount Street di fronte a Hyde Park alle cinque precise.» Che Dio mi aiuti, pensò James. Tom aveva omesso che avrebbe potuto gridare a pieni polmoni per la rabbia o colpirlo con una borsa piena di libri. Non sembrava una prostituta, con l'abito da giorno rosa e rosso dalla scollatura modesta e il cappellino fuori moda, ma James non aveva idea di quale fosse l'aspetto di quelle donne. Non aveva mai richiesto i servigi di una dama della notte, anche se gli era capitato di vederle nei pressi di Covent Garden e di Haymarket, e molte gli erano parse del tutto... ordinarie. Forse Acacia Kensington era una di quelle ragazze che le circostanze e la necessità di sopravvivere avevano costretto a quel genere di vita. Di certo aveva un'ottima dentatura. Il morso sulla sua mano bruciava, la pelle scalfita, gonfia e pulsante. Dopo averla deposta sul sedile di fronte al suo, si sfilò la giacca e gliela arrotolò sotto la testa a mo' di cuscino. Presto si sarebbe svegliata e sarebbe stato un inferno, visto che il tragitto sarebbe durato alcune ore. Distolse lo sguardo, rabbuiandosi. Cos'era diventato? Un uomo disposto a far del male a una donna? Un uomo disposto a optare per un comportamento del genere, quando era chiaramente la cosa sbagliata da fare? Si appoggiò allo schienale con un'imprecazione e guardò fuori del finestrino. Una giovane gridava a pieni polmoni correndo lungo la strada, e presto una coppia la raggiunse. Quando l'uomo levò il pugno serrato lui fu percorso da un brivido, come se le cose non stessero andando secondo i piani, e fu lieto quando la carrozza svoltò sulla strada principale a nord e accelerò. Il sangue del taglio sopra l'occhio destro gli offuscava la vista e lui si asciugò con la manica, tamponandosi con la lana nera. 7


Gamba rotta o no, all'occasione successiva Thomas se la sarebbe sbrigata da solo, pensò. Se la ragazza si fosse svegliata furente come era stata poco prima, non avrebbe saputo come comportarsi. Scaricarla e lasciare che tornasse da sola a Londra, oppure no, per la verità non gli importava più. Al medio della mano destra portava un anello dannatamente costoso, i cui diamanti scintillavano alla luce. Non era vetro tagliato né oro falso, patina e forma del gioiello gli rivelarono che era autentico. Forse il dono di uno spasimante. Thomas disponeva dei fondi per procurarsi un ninnolo del genere, se avesse voluto, forse era opera sua. Era un uomo incline a gesti eclatanti. La rabbia che lo accompagnava sempre minacciò di soffocarlo e respinse la familiare furia. Una volta avrebbe detto al cugino cosa farne, dei suoi piani idioti per procurarsi una donna, ma ormai... La guerra lo aveva svuotato, era ritornato scosso dall'Europa e dalla guerra d'indipendenza spagnola. Non si sentiva più a casa, non possedeva proprietà né profondi vincoli familiari, eccetto un padre sempre più propenso all'alcol. Voleva allontanarsi da Londra e dalle sue aspettative ma, più di ogni altra cosa, voleva allontanarsi dalla brutalità della guerra. I postumi delle violenze cui aveva assistito lo rendevano nervoso e incerto, e i fantasmi dei ricordi si intrecciavano perfino con gli aspetti più comuni della sua vita. Imprecò di nuovo alcuni momenti dopo, quando due occhi azzurri come il cielo si aprirono e lo fissarono, il pallore delle guance allarmante. «Sto per... dare... di stomaco» ansimò lei. E fu proprio ciò che fece, sugli stivali di Winter e sul suo vestito, rigettando nello spazio tra loro, scossa da conati spaventosi. Le si riempirono gli occhi di lacrime, il naso colò, nell'aria si diffuse un forte tanfo e lei cominciò a piangere. 8


James batté il bastone sul tetto e fu lieto quando la carrozza si fermò, la campagna intorno a loro ampia e verde, la strada vuota in ogni direzione. Non tentò di fermarla quando lei scese in tutta fretta, ma gettò l'acqua che aveva portato per il viaggio sul pavimento del veicolo, asciugandolo come poté con grossi ciuffi di erba che aveva strappato dal ciglio della strada. Quando ebbe finito la giovane era scomparsa tra alcuni cespugli dietro un muretto di pietra. Colse un guizzo della sua gonna rossa in lontananza, tra gli alberi di una piccola radura. Una parte di lui avrebbe voluto lasciarla lì e proseguire, ma si stava facendo tardi e presto sarebbe calato il crepuscolo. Se fosse caduta in un fosso o fosse incappata in qualcuno che avrebbe potuto farle davvero del male... Imprecando per l'ennesima volta, ordinò al cocchiere di Thomas di aspettarlo e la seguì. Florentia correva da un albero all'altro, il respiro irregolare a causa di un attacco dell'asma di cui soffriva fin da bambina, scatenato da quello sforzo inatteso. Piangeva e al tempo stesso correva e cercava di respirare, mentre rami taglienti le laceravano la gonna e la pelle scoperta di braccia e gambe. Il suo rapitore l'avrebbe inseguita? L'avrebbe uccisa? Le avrebbe dato la caccia, intrappolandola lì tra i boschi, lontano da Londra, mentre calava l'oscurità? Inciampò e cadde, poi si rialzò, il sentiero più difficile da scorgere. Colse il gorgoglio di un ruscello e il latrare di alcuni cani. Cani? Le balzò il cuore in gola. Grossi cani? L'orrore la paralizzò mentre il suono di passi si avvicinava. Nel frattempo due enormi mastini neri e marrone emersero dalla boscaglia e si diressero verso di lei, le zanne messe in mostra da un ringhio. «Non muovetevi.» La sua voce. L'uomo della carrozza, grezzo, brutale, furioso. Sembrava pronto a ucciderla in9


sieme ai due animali, benché ciascuno dei due cani avesse il pelo irto sul dorso ossuto, pronto ad aggredirla. Lui si chinò a raccogliere alcune delle pietre più grosse ai loro piedi e ne scagliò una. Un colpo in pieno fianco indusse il cane più vicino ad appiattirsi a terra, arretrando. Nella luce morente Florentia scorse due lunghe cicatrici dietro la testa del suo rapitore e si domandò come fosse possibile sopravvivere a ferite simili. «Indietro, maledizione!» Le parole di lui parvero sortire un qualche effetto quando il secondo cane seguì il primo. «Avanzate piano verso di me.» Stava parlando con lei. «Non correte. Sono cani da caccia, addestrati a proteggere e a difendere. Un movimento brusco, e vi saranno addosso, e le mie pistole sono sulla carrozza.» «Spa... sparereste a questi cani?» Lui scoppiò a ridere, un suono ruvido e selvaggio. «All'istante, se fossi armato e attaccassero. Ora fate come vi dico.» Florentia obbedì, perché in quel momento i denti dei due cani da caccia la preoccupavano assai più della possibilità che quello sconosciuto le facesse del male. Ancora una volta. Fu lieta quando le si mise di fronte, schermandola dalla minaccia. «Ora camminate all'indietro, tenendo il mio corpo tra voi e gli animali. Non guardateli negli occhi. Non inciampate. Date l'impressione di avere il controllo finché non arriverete ai cespugli sul limitare della radura, poi voltatevi e correte verso la carrozza più in fretta che potete ed entrateci. Mi avete capito?» «E... voi?» «Me la caverò.» Raccolse un'altra pietra con una mano e un ramo secco da usare come arma con l'altra e lo brandì di fronte a sé. Uno dei cani reagì ringhiando, e quel rumore la indusse ad arretrare oltre i cespugli. Dopo aver superato la boscaglia sul limitare della radura, si voltò e corse verso la carrozza, gridando al cocchiere per informarlo dei cani e del 10


pericolo, prima di chiudersi lo sportello alle spalle. L'abitacolo era umido e odorava di fieno, sebbene il suo vestito emanasse un forte tanfo di vomito. Presa una borraccia d'acqua da una mensola in fondo al veicolo, se la versò sulle gonne. Il freddo attraversò la mussola a fiorellini rossi e la fece rabbrividire. Il respiro era peggiorato, riusciva a malapena a inspirare e sentiva crescere il panico, che avrebbe aggravato la situazione. Appoggiò la testa al sedile e chiuse gli occhi. A volte l'aiutava, ma le sarebbero serviti l'espettorante e i medicamenti che sua madre si procurava dal dottor Bracewell a Harley Street. Aveva bisogno di calma, pace e serenità. Sarebbe morta lì, sola sul ciglio di una strada di campagna? La sua famiglia avrebbe mai saputo cosa le fosse successo? Il suo corpo sarebbe stato lasciato in balia dei cani, dopo che degli sconosciuti le avessero rubato gioielli, libri e abito? Per non parlare della verginità. Il terrore la pervase e cominciò a sentirsi strana, distante da ogni cosa. Era l'aria, non riusciva a respirarne abbastanza. Alla fine, con un gemito sommesso, sprofondò di nuovo in una misericordiosa oscurità. Diavolo, quel viaggio si stava trasformando in un fiasco completo, si disse James quando raggiunse l'amante di Thomas sulla carrozza. Lei giaceva a terra in una pozza d'acqua, il liquido freddo le aveva imbevuto il vestito rosso, rendendolo scarlatto. Respirava in modo strano, la pelle del collo tesa, le labbra bluastre. Preso il pugnale, si chinò e tagliò il tessuto stretto dell'abito dal corpetto all'orlo, sfilandoglielo. Gettò l'indumento maleodorante fuori del finestrino senza esitazione e l'avvolse nella sua giacca, prima di sistemarla sul sedile. La posizione eretta avrebbe facilitato la respirazione, pensò, perché una volta aveva aiutato un soldato con il me11


desimo disturbo sulle strade gelate tra Lugos e Betanzos, e l'uomo aveva insistito affinché la sua testa restasse più in alto dei polmoni, o sarebbe morto. Frugò nella rete in fondo al veicolo alla ricerca dell'unguento alla menta acquistato da un guaritore in una locanda mentre si recava a Londra. I polmoni di suo cugino erano deboli, e l'uomo aveva insistito sulle proprietà curative dell'unguento. James aveva trovato una moneta e lo aveva acquistato. Si mise sul palmo della mano una noce traslucida di gelatina e la strofinò sulla pelle del collo della giovane, benché l'odore dell'unguento fosse così intenso che gli fece lacrimare gli occhi. Di certo un balsamo così potente avrebbe aiutato il respiro. Avrebbe voluto che lei gli rivolgesse la parola per capire come stesse, ma la giovane rimase seduta immobile, una presenza rigida e rabbiosa. Sapeva che aveva ripreso i sensi, gli anni da soldato gli avevano insegnato a cogliere la differenza, ma non voleva assillarla ricordandole la situazione in cui si trovava e l'abbigliamento succinto, pertanto la lasciò tranquilla, sperando che il viaggio terminasse al più presto. Aveva le gambe graffiate, sotto le gonne, lo aveva notato quando l'aveva sollevata, e le scarpette che indossava erano di pelle sottile e seta. Una donna abituata al boudoir e a una vita al chiuso. Nella luce morente i suoi capelli avevano il colore del miele e dell'oro. Si era immaginato che le prostitute fossero volgari, tutte apparenza in mostra per i potenziali clienti. I riccioli di Acacia Kensington, invece, sembravano del tutto naturali. Quaranta minuti dopo, quando la carrozza rallentò per lasciar riposare i cavalli presso una locanda, i suoi occhi si aprirono. Quando si mosse, la giacca di James le scivolò dal collo e le guance impallidirono nuovamente appena realizzò che non indossava più il vestito. Quella recita lo infastidì. «Non ho alcun dubbio che, data la vostra professione, vi sia già capitato di trascorre12


re giornate intere senza sottovesti, Miss Kensington.» «Miss... Kensington?» La voce era roca, la paura evidente in ogni sillaba. «Penso che vi siate... sbagliato» pronunciò con un tremito. «Acacia Kensington?» Colse l'orrore nella propria voce. «Voi siete Acacia Kensington, l'amante di mio cugino Thomas, non è vero?» «No, signore. Sono... Lady Florentia Hale-B... Burton... figlia minore del... Conte di Albany.» Ogni respiro era reso penoso dallo sforzo di parlare. «Diavolo!» No, non era possibile. «Diavolo!» ripeté lui, e tutti i tasselli del rompicapo scivolarono al loro posto. La cameriera che correva gridando lungo la strada di fronte al parco. L'anello. L'abito castigato. La sua voce. Aveva rapito la donna sbagliata, le aveva fatto perdere i sensi, l'aveva spogliata e le aveva fatto vivere il genere di pericolo e terrore da cui probabilmente non si sarebbe mai più ripresa. Per la prima volta in vita sua James rimase quasi senza parole. «Quanti anni... avete?» gracchiò poi. «Diciotto. Questa era... la mia prima... Stagione.» Giovane, inerme, innocente. «Siete sposata?» «No, signore. Ma presto... potrei esserlo. Ho... un corteggiatore cui... interesso e sono sicura che...» Non finì la frase, il cortile della locanda si riempì di grida quando un altro veicolo sopraggiunse a rotta di collo. Alcuni uomini scesero a terra e si diressero verso di loro, lo sportello venne spalancato e James fu sopraffatto dal dolore quando un'arma da fuoco gli esplose in piena faccia, l'odore di polvere da sparo uno dei suoi ultimi ricordi. Era morto. Suo padre lo aveva ucciso, il sangue gli sgorgava dal collo e dalla bocca. Il suono dello sparo l'aveva assordata, vedeva soltanto 13


persone che muovevano le labbra, gole contratte e mani che gesticolavano, impazzite. Lo sentì cadere e cadde insieme a lui, lo sconosciuto dagli occhi verdi che l'aveva rapita. Vide lo zampillo del suo sangue e i movimenti rapidi dei cavalli spaventati. Vide anche il volto duro e teso di suo padre sopra di lei. Piangeva. Quel singolo dettaglio la colpì più di tutto il resto, le sue lacrime sul viso di lei mentre cercava di aiutarla a rialzarsi. Tutto aveva l'odore sbagliato. Il sangue, la polvere da sparo, la paura dei cavalli, il suo sudore, le ultime tracce di vomito nell'aria. Era l'odore della fine, per lui e per lei. Una punizione rapida e definitiva per qualcosa di tanto terribile che riusciva a stento a immaginare cosa sarebbe successo. Il suo rapitore giaceva a terra accanto a lei, giovane e vulnerabile, un braccio piegato sotto di sé, un osso che sporgeva dalla camicia di lino, il sangue che si allargava sul tessuto. Avrebbe voluto aggrapparsi a lui, sentire la mancanza del polso, comprendere la sua morte, ma suo padre la stava trascinando via, lontano dalle persone che si erano radunate intorno alla carrozza, lontano dal cocchiere che gridava, lontano dal chiarore di una luna crescente. La seguì il profumo di menta, radicato e assoluto, il suo calore subito sopra il cuore che le batteva rapido. Le aveva spalmato un unguento, se lo ricordava. L'aveva sistemata sul sedile e le aveva messo la giacca sulle spalle per celare la sua nudità, per nasconderla. Le aveva tolto il vestito affinché potesse respirare, proteggendola come aveva fatto dalla minaccia dei cani. La persona sbagliata. Lo aveva detto lui stesso. Anche la punizione sbagliata. Cominciò a tremare con violenza quando suo padre le tolse la giacca cui si era aggrappata, prima di chiamare cocchiere e lacchè. Poi i ca14


valli partirono e lasciarono la locanda di campagna, correndo verso la sicurezza di Mayfair e Londra. Si sentì avvolgere da una calda coperta di lana e udì le preghiere del padre. Fuori aveva cominciato a piovere. «L'ha rovinata, John?» Era la voce di sua madre, piena di lacrime, esitante. «Non lo so, Esther. Giuro, non lo so.» «L'ha...» La voce di sua madre si fermò, le parole troppo dure per essere pronunciate a voce alta. «Non penso, ma le sue sottovesti erano in disordine e l'abito era sparito.» «I tagli su braccia e gambe?» «Suppongo che abbia opposto resistenza. Finché le è mancato il respiro, e forse è stato proprio questo a salvarla. Perfino la depravazione di un mostro deve avere i suoi limiti.» «È morto?» «Sì.» «Chi era?» «Dio solo lo sa. Florentia respirava a malapena, e ce ne siamo andati. Non voglio mandare nessuno a informarsi alla locanda, nel caso...» «Nel caso il nostro nome fosse riconosciuto?» «Milly ha detto che gli Urquhart avevano visto Florentia nel parco un momento prima del rapimento e che aveva parlato con loro. Non sono persone capaci di mantenere un segreto. E dubito che Milly sia una ragazza molto discreta. Ma non hanno visto nostra figlia come l'ho vista io. Non l'hanno vista spogliata in compagnia di uno sconosciuto, i capelli sciolti. Potrebbe esserci una speranza.» Il singhiozzo della madre fu soffocato, poi seguirono sussurri allarmati, fruscio di seta, la candela fu spenta, la porta si chiuse dietro di loro e, infine, il silenzio. Si trovava in camera sua a Mayfair, nel suo letto, sul comodino accanto a lei il mazzo di rose rosa acquistato al mercato il giorno prima. Era buio, era tardi, e nel camino 15


ardeva un fuoco. Per scaldarla, immaginò, perché sentiva un freddo mortale. Mosse le dita dei piedi e infilò le mani sotto il lenzuolo, per passarsele lungo il corpo. Tutto era a posto, ma sentì i graffi che si era procurata durante la fuga nei boschi. Inspirò, lieta di riuscire a respirare più aria di quanto fosse riuscita a fare nella carrozza. Le pulsò la vena del collo e deglutì. Aveva una benda avvolta intorno al pollice destro e legata al polso. Era morto, tutta quella bellezza era morta, perduta. Ricordò il sangue sul selciato, sulle sue sottovesti e tra i capelli chiari di lui. Il battito del suo cuore sembrava echeggiare nella stanza con la falce di luna sulle coperte del letto. Una luna ormai bassa, morente. Era rovinata per colpa sua? Rovinata per sempre? Difficile credere il contrario. Sua sorella non era andata a cercarla per sapere cosa fosse successo. Immaginò che a Maria fosse stato detto di lasciarla in pace. Anche la sua cameriera, Milly, se n'era andata, in vacanza presso la sua famiglia nel Kent. Per riprendersi dallo spavento terribile, le aveva spiegato il padre quando si era svegliata, ma nei suoi occhi aveva letto molto di più. Le tornarono in mente gli ululati dei cani, e poi la voce del suo rapitore, dura ma decisa. Ricordò la sua risata quando lo aveva colpito con i libri. Aveva una fossetta sul mento. Dove lo avrebbero sepolto? Si era girata a guardare e aveva visto il cocchiere sollevarlo da terra con cautela, gentilmente, nessuna traccia della violenza palese in suo padre, solo protezione e sollecitudine. Ne era lieta. Davvero. Ed era lieta di trovarsi al sicuro e che di lui restasse soltanto il ricordo. I suoi occhi verde chiaro, i capelli corti, le due cicatrici parallele sul cuoio capelluto. L'odore di lana e sapone nella sua giacca. Scacciò quei pensieri. L'aveva rovinata, aveva preso la sua vita e l'aveva trasformata in qualcosa di diverso. L'aveva 16


tolta dalla luce per scaraventarla nell'ombra. Le lacerazioni profonde causate dai rami sulle braccia bruciavano, e sentiva ancora il profumo della menta, perfino dopo un lungo bagno caldo con olio di lavanda. Il profumo le era rimasto addosso, e ricordò le sue dita mentre le massaggiavano l'unguento sulla pelle. Gentili, senza alcuna minaccia. Era morto a causa della sua stupidità. Avrebbe affrontato il giudizio divino, una punizione meritata, una fine adeguata. Ciononostante le parve uno spreco terribile. Sentì bussare alla porta, voltò la testa e vide sua sorella sulla soglia, in camicia da notte, pallida. «Flora, posso entrare? Papà ha detto che dormivi e che non bisognava disturbarti fino al mattino. Però Milly è stata mandata a casa, ed era così spaventata per l'orrore del tuo rapimento che ho temuto non saresti più tornata. Ci hai fatto prendere un tale spavento!» Il diluvio di parole della sorella fu confortante. «La mamma dice che potremmo dover lasciare Londra per qualche tempo e ritiraci ad Albany. L'uomo che ti ha rapita in Mount Street ti ha fatto del male? Ho sentito dire che papà gli ha sparato e lo ha ucciso, da qualche parte a nord.» Flora sentì lo stomaco contrarsi e si affrettò a sedersi, temendo di vomitare. Fu contenta quando la nausea diminuì. Dita calde la sfiorarono quando Maria le si mise accanto e le prese la mano, seguendo i graffi lungo le dita mentre evitava il pollice con cautela. «Ora sei al sicuro e quell'uomo non potrà farti mai più del male, papà lo ha promesso. Se non altro potremo lasciare Londra e tornare a casa, qui è così difficile adattarsi.» Le sorelle fuori passo, pensò Flora all'improvviso. Aveva sentito quel commento durante la loro prima soirée. Lo aveva fatto una delle appartenenti al gruppo delle giovani più belle del ton, e le altre erano scoppiate a ridere. Forse lì a Londra erano una stranezza, le due figlie di 17


un conte impoverito che non conosceva davvero l'alta società e le sue aspettative. Il dolore le aveva temprate, affilando i contorni della fiducia, ma non voleva pensarci, in quel momento, perché era pericolosamente vicina alle lacrime. «Ho sentito la mamma piangere e papà parlarle. Lei gli ha chiesto se fossimo maledetti.» «E lui che cosa ha risposto?» Flora rimase pietrificata all'udire le parole di Maria. «Ha detto che solo qualcuno con una forza di volontà debole potrebbe abbattersi così, e che la vera maledizione sarebbe stata non ritrovarti più» rispose la sorella. «Ha aggiunto anche che finché c'è vita c'è speranza.» Vita, respiro, calore. Tuttavia non c'era stata alcuna speranza per lui, lo sconosciuto il cui sangue era scorso sul selciato. «Papà ha anche detto che forse non saremmo mai dovuti venire a Londra, ma la mamma gli ha chiesto come le sue figlie avrebbero trovato marito, altrimenti. Lui ha ribattuto che qui c'è una scortesia che trova deludente e penso abbia ragione, perché a volte la gente ride di noi. Forse non siamo eleganti come dovremmo o interessanti quanto gli altri? Il titolo di papà ha una qualche importanza, qui, ma suppongo tutti si rendano conto che dietro il nostro nome non c'è molto altro.» Flora si ricompose e parlò. «Siamo chi siamo, Maria. E andiamo bene così.» «Andiamo bene così» ripeté la sorella, chiudendo le dita a pugno. Era una vecchia tradizione, tra loro, congiungere le mani e formare una catena che le unisse e le mantenesse forti. Maria aveva solo un anno più di lei, ed erano sempre state molto vicine. Tuttavia, mentre cercava di farsi forza, Florentia sentì che qualcosa era stato spezzato in modo irrevocabile dentro di lei, strappato e depredato. Si domandò se si sarebbe mai ripresa da una tristezza che non riusciva a comprendere. 18


Suo padre la chiamò nella biblioteca il giorno successivo, sembrava stanco quanto si sentiva lei, la notte precedente era stata lunga e difficile. «Penso che dovremmo cercare di ricordare qualcosa di ieri, mia cara. Per custodirlo nella memoria, per così dire, in caso dovessimo pensarci ancora, in futuro.» «In futuro?» «Se dovesse averti messa in stato interessante...» Florentia non lo lasciò finire. «Non è andata così, papà. Non mi ha...» Si interruppe. «Credo si sia trattato di uno scambio di persona. Mi aveva scambiato per una donna che aveva bisogno di essere accompagnata a nord perché era in pericolo. Non mi ha toccata in quel modo.» Il sollievo fu evidente nei tratti del volto e negli occhi di lui. «Ma... il tuo vestito? E i graffi?» «Ho vomitato, ho cercato di pulirmi il vestito con dell'acqua, e lui me l'ha tolto perché era bagnato, e tremavo e non riuscivo a respirare. Ho corso in una foresta per cercare di fuggire, e i rami mi hanno graffiato la pelle.» «È un mostro, per ciò che ti ha fatto.» «È? Pensavo fosse morto. Stai dicendo che potrebbe essere ancora vivo?» Le mani del padre si levarono in aria. «Sono certo che non lo sia, ma non resteremo a Londra per scoprirlo. Ho ordinato di chiudere la casa in città e di dare inizio ai preparativi per il nostro ritorno nel Kent. Partiremo venerdì.» Albany Manor. Di lì a due giorni. La gratitudine le diede le vertigini. «C'è un'altra cosa che penso tu dovresti sapere.» Il tono delle sue parole era gentile. «La notizia del tuo rapimento è sulla bocca di tutti. C'erano alcune persone, in Mount Street, che hanno parlato quando avrebbero dovuto tacere e persino Milly non ha... misurato le parole.» «Capisco.» Il padre scosse il capo. «Forse non capisci del tutto. Ormai non ci sarà un solo gentiluomo a Londra disposto a 19


chiedere la tua mano. Una rovina privata è molto diversa da questa condanna pubblica, e dubito riusciremo a riprenderci da un colpo simile. Se disponessi di un capitale maggiore, o se il mio titolo non fosse vincolato...» Tacque qualche istante, poi aggiunse: «Per il momento penso che la ritirata possa essere la nostra difesa migliore. Tua madre è d'accordo. Mr. Timothy Calderwood ha inviato un messaggio per comunicare che non potrà più venire a trovarti, ma che è molto dispiaciuto per le tue vicissitudini». La tristezza la pervase. Aveva gradito la compagnia di Timothy, le sue risate e la sua conversazione. Quando aveva danzato con lui, qualche giorno prima al ballo dei Rushton, le aveva lasciato intendere che avrebbe voluto conoscerla meglio, e lei gli aveva sorriso come se tutto fosse perfetto. Un uomo gentile, di solidi principi, il primo che l'avesse fatta sentire speciale. Le sopracciglia del padre si inarcarono. «Il tuo rapitore ti ha detto qualcosa riguardo alla sua identità?» «No.» Florentia si domandò se fosse il caso di menzionare Acacia Kensington e un uomo di nome Thomas. Poi decise di tacere. Se il suo rapitore fosse stato identificato e fosse sopravvissuto, doveva essere ferito, e gli sarebbe stato difficile difendersi da recriminazioni ulteriori. «Sono sicura che mi abbia scambiata per un'altra e si sia reso conto del suo errore solo quando gli avete sparato.» «E, sul mio onore, lo rifarei, perché non so come potrai riprenderti da questa tragedia.» «Con la forza d'animo, papà.» La sua risposta gli strappò una risata, del tutto priva di allegria. «Mi piacerebbe tanto che Bryson fosse qui...» mormorò, e subito si interruppe, rendendosi conto di cosa avesse appena detto. Suo fratello emerse nello spazio vuoto tra loro. Il bellissimo, divertente Bryson con i suoi capelli dorati, gli occhi azzurri e l'intelligenza pronta. Il collante in una famiglia che si era persa dopo la sua morte. 20


Il figlio maschio, l'erede. Il gemello di Florentia. Si sedette sulla poltrona più vicina, cercando di riprendere fiato. Era passato molto tempo dall'ultima volta che il nome di suo fratello era stato pronunciato a voce alta, sebbene fosse una presenza silenziosa in ogni momento della giornata. «Non penso più che sia colpa tua, Flora. E mi dispiace per avertelo lasciato intendere.» Parole che aveva già sentito, scuse vacue che da tempo aveva cessato di confutare. «Ne verremo fuori. Da tutto. Questo dolore cesserà, te lo prometto.» No, non era cessato e non sarebbe cessato. Mai. La nausea che l'aveva assalita in carrozza tornò e si costrinse a inghiottirla. Non era riuscita a mangiare nulla e, benché avesse fame, non poteva mandar giù nemmeno un boccone. Un nuovo sintomo, forse stava impazzendo, stava portando a termine il processo cominciato quando era rimasta con suo fratello moribondo tra le braccia, i loro vestiti chiazzati di sangue. Colpa sua, della sua audacia, della sua imprudenza. Cominciò a tremare. «Flora, vuoi che vada a chiamare la mamma?» «No.» Lei scosse il capo con decisione, e il ricordo andò in frantumi. Il dolore era diminuito, il bruciore pulsante dove il collo incontrava la clavicola. Tommy era seduto accanto a lui. «Tieni, bevi questo, ti aiuterà.» Amaro come le mandorle. James fece una smorfia, ma dopo un momento si sentì galleggiare, come se la terra non fosse più sotto i suoi piedi e lui si librasse tra le nuvole con un sussurro. Quella sensazione gli piacque, apprezzò quella libertà, benché la testa gli pulsasse a ogni battito del cuore, costringendolo a stringere gli occhi per proteggerli dalla luce. «Cos'è successo?» domandò. «Ti hanno sparato.» Il cugino si chinò su di lui, gli oc21


chi cupi. «Era la donna sbagliata, Winter. Hai preso la donna sbagliata, maledizione!» Il vestito rosso, i cani, il fiato corto. Tutto tornò in un turbine sconnesso. «È al sicuro? La giovane che ho rapito?» Un'imprecazione e un fremito nella luce furono la sua risposta, finché il cugino non parlò di nuovo. «Sta bene. È per te che sono preoccupato.» «Non... morirò» riuscì a ribattere. «Come diavolo fai a crederlo, con tutto il sangue che hai perso?» «Perché... devo... scusarmi.» «Per l'amor di Dio, suo padre ti ha sparato! A bruciapelo, senza dire una parola.» «Me lo... meritavo.» Poi tornò il buio, e lui scivolò via dalla luce dolorosa.

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595 - IL RITRATTO DEL VISCONTE

di Sophia James

Uno scambio di persona, un rapimento, una liberazione rocambolesca: ci sono tutti gli elementi perché Florentia HaleBurton non scordi la brutta avventura. In particolare quello che non riesce a dimenticare, però, sono gli occhi magnetici del suo misterioso rapitore. Per questo, anni dopo, decide di porre fine al proprio esilio e di rientrare a Londra insieme alla sorella e al cognato sotto le mentite spoglie di Frederick Rutherford, pittore. Il travestimento le consente di dedicarsi alla sua passione e di mettersi alla ricerca dell'uomo che non è ancora riuscita a dimenticare. E non dovrà aspettare a lungo...

596 - UNA LADY DA PROTEGGERE

di Louise Allen

Ellie sa che le ragazze intelligenti e non particolarmente ricche come lei non sono destinate al matrimonio, e le va benissimo così; le basta poter fare la scrittrice mentre si occupa della casa del fratellastro. Ma un giorno bussa alla sua porta Blake Pencarrow, Conte di Hainford, portandole una notizia che cambierà la sua vita per sempre. Il fratello è morto lasciandola in gravi difficoltà economiche e l'unico responsabile, agli occhi di Ellie, è proprio Blake. Ora il minimo che lui possa fare è scortarla fino a una fattoria del Lancashire, la sola proprietà che le sia rimasta. Durante il viaggio però i due scoprono...


597 - UNA PERICOLOSA EREDITÀ

di Virginia Heath

La vita di Violet Dunston, ereditiera sempre al centro degli eventi mondani, dovrebbe essere simile a una favola. In realtà Violet è sola al mondo, vittima dell'avidità di uno zio che ha architettato un losco piano per appropriarsi del suo denaro prima che compia ventun anni. In combutta con il Conte di Bainbridge, lo zio la fa rapire con l'intento di darla in moglie all'anziano conte e dividere con lui i suoi averi. Entrambi hanno però sottovalutato le risorse di Violet, che riesce a fuggire. Soccorsa da Jack Warriner, trascorre nascosta nella sua tenuta il mese che manca al fatidico compleanno. E con lui...

598 - L'IDENTITÀ SEGRETA DELLA GOVERNANTE

di Elizabeth Beacon

Lontana dal ton londinese, Eleanor Hancourt è costretta a vivere sotto la falsa identità della governante Nell Court per sfuggire agli scandali che hanno travolto la sua famiglia. In realtà Nell, timida e riservata di natura, è contenta di occuparsi di Berry Brampton House. Tutto cambia però quando alla tenuta si presenta il conte di Barberry, nuovo proprietario delle terre. Anche lui è in incognito: scambiato proprio da Nell per il nuovo amministratore, Fergus decide di sfruttare quella circostanza. L'attrazione che prova per la governante è immediata, e quando la vera identità di Nell la mette in pericolo...

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