Il tesoro piu' prezioso

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CANDACE CAMP

Il tesoro piĂš prezioso


Immagine di copertina: Lee Avison / Trevillion Images Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Pleasured Pocket Books A Division of Simon & Schuster, Inc. - New York © 2015 Candace Camp Traduzione di Francesca Barbanera Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2017 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici Special luglio 2017 Questo volume è stato stampato nel giugno 2017 da CPI, Moravia I GRANDI ROMANZI STORICI SPECIAL ISSN 1124 - 5379 Periodico mensile n. 240S dello 05/07/2017 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 368 del 25/06/1994 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


Prologo 1746 Appena bussarono alla porta, lei spalancò gli occhi. Aspettò, tesissima, finché non sentì bussare di nuovo. Allora si alzò velocemente e prese l'attizzatoio di ferro appoggiato davanti al camino, poi attraversò la stanza in punta di piedi. La porta era molto pesante e avrebbe resistito ai colpi, ma era vecchia e si poteva vedere fuori attraverso il piccolo spazio che la separava dallo stipite. L'unica cosa che vide fuori fu l'oscurità di quella notte senza luna. Rimase ferma con il fiato sospeso, ragionando sul da farsi. Chi c'era lì fuori? Un pover'uomo che aveva bisogno del suo aiuto nel cuore della notte? Un combattente delle Highlands in fuga dai britannici? O, peggio ancora, un soldato britannico che vagava nella campagna per saccheggiare e uccidere? Quando bussarono per la terza volta, dichiarò con voce decisa: «Allontanatevi da questa dimora. Ho un moschetto carico che punta dritto al vostro cuore». Con sua grande sorpresa, quelle parole suscitarono una risata fragorosa dall'altra parte della pesante porta, poi una potente voce maschile ribatté: «Ah, ma io non ho un cuore e tu lo sai bene, perché è nelle tue mani da molto tempo». 5


Per un attimo quella voce, a lei tanto cara e familiare, la raggelò. I suoi occhi si riempirono di lacrime e un nodo le strinse la gola. «Malcolm!» «Sì, proprio io. Ora apri la porta, amore mio?» Lei finalmente ritrovò la forza; tirò su la spranga e spalancò il battente con il cuore che batteva all'impazzata. Era Malcolm, alto e forte, i capelli biondi un po' arruffati, il tartan del clan Rose gettato di traverso su una spalla. Tutte le lacrime che aveva trattenuto per mesi le sgorgarono dagli occhi. Con un grido strozzato, gettò in terra l'attizzatoio e si lanciò tra le sue braccia. «Oh, Malcolm, Malcolm.» Lo strinse forte e nascose il volto sul suo collo, inebriandosi del suo odore. «Su, su, piccola, mi farai bagnare tutto» protestò lui, ma la sua voce era piena di soddisfazione mentre la stringeva a sé, allontanandosi dalla soglia per nascondersi tra le ombre. «Mi sei mancato tanto.» Lei cercò di trattenere le lacrime e premette le labbra sul suo collo. «Avevo paura che non tornassi più.» Malcolm le accarezzò la lunga chioma. «Non ti libererai di me così facilmente. Dovresti saperlo ormai.» Sollevò la testa e aggiunse: «Non oso baciarti ora o non smetterò più». «E tu non smettere.» Un sorriso malizioso le incurvò le labbra. «Mia madre è andata da nostra cugina. Sono da sola per tutta la notte, forse anche di più.» Si allontanò da Malcolm e fece un passo verso casa, guardandolo con un sorriso di pura gioia. «Allora, non vuoi entrare?» «Oh, sì» rispose lui con un sorriso quasi feroce. «Sai che ti seguirei ovunque, amore.» Malcolm si chiuse la porta alle spalle, sistemò la 6


spranga pesante al suo posto e si chinò a raccogliere l'attizzatoio. «Dobbiamo trovarti un'arma migliore di questa. Prendi il mio pugnale.» «No, non darmi il pugnale. Sei pazzo? C'è la tua rosa sull'elsa.» «Non mi riferivo a quello.» Mise una mano nella calza e tirò fuori un coltello più piccolo con l'impugnatura nera. «Ne ho più d'uno, lo sai.» «So che sei un uomo pericoloso» rispose lei, appoggiando il coltello sul tavolo. Lo prese per mano e si avviò verso il letto, nell'angolo più lontano del cottage. Malcolm, però, la tirò verso il camino, nella direzione opposta, poi utilizzò l'attizzatoio per ravvivare il fuoco. «Aspetta, prima voglio guardarti bene. Penso al tuo volto da così tanto tempo... Voglio vedere se lo ricordavo bene.» Appoggiò l'attizzatoio e le inclinò il viso verso la luce. Il fuoco la illuminò con un gioco di luci e ombre, accendendole gli occhi e addolcendole i tratti. «Allora, sono come mi ricordavi?» gli domandò lei con un sorriso provocante. «No, sei molto più bella.» Le accarezzò una guancia. «Più morbida, più invitante... Non sai quante notti mi hai fatto passare sveglio negli ultimi mesi.» «Davvero?» chiese lei, mettendo una mano sotto il tartan e la camicia, sfiorandogli delicatamente il petto. «Oh, sì, e mi hai anche fatto soffrire molto.» «Pensavo che avessi trovato una marea di fanciulle francesi pronte ad alleviare la tua sofferenza.» «Sai che le altre non vanno bene per me.» La sua voce si fece più intensa. «Non voglio nessuna a parte te.» Malcolm lasciò scorrere la punta delle dita sul seno della giovane e, quando vide i capezzoli indurirsi, i suoi occhi 7


si accesero di passione. «E io ti sono mancato?» «Non ho fatto altro che pensarti» ammise lei con voce bassa e piena di emozione. «Desideravo solo averti ancora qui con me, assaggiare le tue labbra, sentire le tue mani sulla pelle... Sentirti dentro di me.» Gli occhi azzurri di Malcolm divennero famelici. La attirò a sé con forza e, proprio come aveva detto poco prima, quando iniziò a baciarla non smise più. Caddero insieme sul pavimento, baciandosi avidamente, con frenesia, liberandosi dei vestiti con gesti impazienti alla ricerca disperata del contatto con la pelle nuda dell'altro. Malcolm le baciò i seni, il ventre piatto, la pelle serica delle cosce, poi le sollevò i fianchi ed entrò a fondo dentro di lei, strappandole un gemito di piacere intenso. «Amore mio» mormorò Malcolm. La forza della loro passione era tale che lei prese a tremare e, proprio quando le sembrava di non poter più resistere, l'orgasmo la travolse in una grande onda. Si aggrappò al corpo di Malcolm, che tremava di piacere con lei. Dopo giacquero a lungo abbracciati e avvolti nel tartan di Malcolm, troppo stanchi e soddisfatti per muoversi, finché il freddo non li costrinse a spostarsi a letto. Lì si rannicchiarono sotto le coperte pesanti, accarezzandosi e baciandosi con tenerezza finché la fiamma della loro passione non si ravvivò ancora. Fecero di nuovo l'amore, stavolta con tutta la calma e la dolcezza di chi si è amato spesso, ma mai abbastanza. «Sei stato a casa?» gli chiese lei infine, mentre giacevano abbracciati e felici. «No» rispose Malcolm. Lei sentì il ruggito profondo della sua voce nel petto, un suono che trovava sempre rassicurante ed eccitante. «Dovevo vedere te.» Sospirò. 8


«Ma devo andare al castello prima dell'alba. Si dice che sia pieno di inglesi qui intorno.» «Sì, non devi farti vedere, mi raccomando.» Lei si tirò su e lo guardò, poi disse con voce angosciata: «Se ti trovano, ti uccidono. Oh, Malcolm...». La sua voce si incrinò per la preoccupazione. «Non dovevi tornare. Saresti dovuto restare in Francia.» «Mentre il mio popolo qui combatte e muore? No. Come potevo restare lì?» Malcolm la guardò con una luce intensa negli occhi. «Non tutto è perduto, amore mio. Possiamo rovesciare il corso degli eventi con ciò che ho riportato qui.» «Hai riportato un esercito?» «Quasi. Ho riportato i mezzi per formare un esercito.» «Malcolm!» esclamò lei, sbarrando gli occhi. «Non dirmi che hai l'oro?» «Non hai nessuna fiducia in me, piccola? Davvero credevi che Baillannan fosse tornato a casa a mani vuote?» le chiese lui sorridendo. «Avrei dovuto immaginarlo... Nessun re francese può competere con la testa dura di Malcolm Rose» disse lei, guardando la porta. «Ma dov'è? Non dirmi che l'hai lasciato sulla nave. Ti fidi così tanto di quegli uomini?» «Io non mi fido di nessuno.» Le prese la mano e il suo volto si addolcì. «Di nessuno tranne te, mia adorata.» «Di me?» chiese lei, guardandolo con aria interrogativa. «Che cosa intendi dire?» «Devo trovare il principe, ma non posso vagare per tutte le Highlands portandomi dietro un simile tesoro. L'ho nascosto nel nostro posto, dove ci lasciamo i messaggi. Devi tenerlo al sicuro per me.» «Io? Ma... ma io non sono una guerriera... Come farò a proteggerlo?» 9


«È proprio per questo che nessuno sospetterà mai di te. Se gli inglesi pensassero che il tesoro è a Baillannan, distruggerebbero tutto per cercarlo. Avrei potuto portarlo a casa di mio fratello, a Kinclannoch, ma non so dove si trovi Fergus ora né se sia ancora vivo. Non avevo idea di cosa fosse successo finché non siamo sbarcati e abbiamo saputo di Culloden. In ogni caso, Fergus è il primo da cui andrebbero se a Baillannan non trovassero niente, ma nel tuo caso... una povera ragazza indifesa... non sospetterebbero mai di te. Nessuno sa cosa c'è tra di noi.» «Ma io non sono...» «Sei una donna intelligente che conosce questi boschi, queste grotte e tutti i posti più antichi meglio di chiunque altro. Se c'è un posto ancora più sicuro in cui nasconderlo, nessuno lo sa meglio di te. L'oro si trova in diverse borse che puoi trasportare una alla volta senza difficoltà nel caso ce ne fosse bisogno.» Malcolm sorrise e le lisciò la fronte corrugata con una mano. «Non fare quest'espressione preoccupata, amore. Non dovrai tenerlo a lungo. Troverò il principe e sarò di ritorno prima di quanto pensi.» «Ogni minuto sarà un'eternità» mormorò lei, stringendogli le spalle e attirandolo a sé. Malcolm la baciò, accarezzandole tutto il corpo, ma dopo pochi istanti emise un sospiro frustrato e si allontanò. «Sei una tentazione troppo forte. Devo andarmene subito se voglio arrivare dall'altra parte del lago prima dell'alba.» Anche lei emise un lungo sospiro, ma non protestò. Si alzò, avvolgendosi la coperta intorno alle spalle, e restò a guardare l'uomo che si vestiva. Malcolm si aggiustò il tartan sulla spalla, rimise la spada e il pugnale al loro posto e guardò il tavolo. «Ero serio quando parlavo di quel 10


coltello. Tienilo sempre con te. Impossibile sapere se e quando uno di quei maledetti inglesi spunterà fuori dai boschi.» Le diede un bacio sulla fronte, poi appoggiò la testa alla sua. «Non possiamo rivederci prima che parta. È troppo pericoloso. Vorrei... Accidenti, non c'è tempo nemmeno per i desideri.» Scosse la testa e la baciò con passione. «Sta' attenta, amore mio.» Lo seguì fino alla porta, ma quando Malcolm la aprì, lei lanciò un grido e lo circondò con le braccia. «Non te ne andare, Malcolm, ti prego! Non ce la faccio a separarmi di nuovo da te.» «Oh, piccola, così mi spezzi il cuore.» Malcolm la strinse forte a sé e nascose il volto nei suoi capelli. «Non posso restare, lo sai. Il mio principe ha bisogno di me. E anche il mio popolo. Baillannan non si sottrae mai ai suoi doveri di guerriero.» «Ma anch'io ho bisogno di te.» «Lo so, e ne sono felice. Lo stesso vale per me, ma tornerò presto e allora avremo tutta la vita da passare insieme.» «Tutta la vita, dici?» Lei si ritrasse e gli puntò contro uno sguardo intenso. «Sai che non possiamo. Non è questo il nostro destino. Non vivrò mai con te, Malcolm. Non porterò mai il tuo nome.» «Lo so, mia adorata, lo so.» Malcolm le prese la mano e la baciò, guardandola negli occhi con intensità. «Però avrai sempre tutto il mio cuore.» Detto questo, Malcolm si voltò e si allontanò. Lei restò ferma sulla soglia, raggelata dalla morsa del terrore mentre lo osservava svanire lentamente nel buio.

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1 Agosto 1807 La ruota della carrozza prese l'ennesima buca; il Conte di Mardoun si risvegliò di soprassalto per il colpo e guardò l'altro sedile, dove erano sedute sua figlia e l'istitutrice. Miss Pettigrew abbassò subito lo sguardo e fece del suo meglio per confondersi con la tappezzeria, come al solito. Lynette, invece, doveva essersi appisolata perché si stirò pigramente e sbadigliò, poi allungò un braccio e aprì le tendine. «Guardate! È bellissimo!» gridò, infilando la testa fuori dal finestrino. «Papà! Sembra un tappeto di fiori.» «Miss Lynette, fate attenzione» la riprese l'istitutrice. «Così rischiate di prendervi un malanno» aggiunse, affrettandosi a mettere una coperta sulle ginocchia della ragazza. «Ma è quasi agosto» commentò Damon seccamente. «Non credo ci sia il rischio che Lynette si prenda un raffreddore.» Le continue raccomandazioni di quella donna apprensiva gli davano ai nervi. Cominciava a pentirsi di non averla mandata prima a Duncally insieme al resto della servitù. Guardò la figlia e nei suoi occhi scuri vide la stessa a12


ria divertita che doveva avere anche lui in quel momento. «È bello vederti sorridere.» «Sì, povera piccola» convenne Miss Pettigrew, sistemandole meglio la coperta sulle gambe. «La perdita della madre è stato un duro colpo. Che santa donna era la povera Lady Mardoun! E naturalmente Miss Lynette è una bambina molto sensibile.» «Mmh.» Damon non aveva idea di come rispondere a una simile affermazione, dato che aveva provato più sollievo che dolore alla notizia della morte di sua moglie. D'altra parte, lui non era né santo né sensibile. Lanciò un'altra occhiata alla figlia e vide che il sorriso era scomparso dalle sue labbra. Accidenti a Miss Pettigrew! Aveva un talento naturale nel portare malumore in qualunque situazione. Damon scostò la tendina dal finestrino che aveva accanto. «Quello che chiami "tappeto di fiori" in realtà è erica. Non c'era quando sono venuto qui, ma tutti mi hanno detto che era un vero peccato aver perso questo spettacolo. Avevano ragione, non ti pare?» «Oh, sì! Sono così felice di essere in Scozia! Stiamo per arrivare? Vedo delle costruzioni laggiù... Fanno parte della tenuta di Duncally?» Damon si sporse nella direzione che Lynette gli indicava e ridacchiò. «No, quella non è Duncally. Non ci si avvicina neanche. La riconoscerai a prima vista.» «E come? Non ci sono mai stata.» Lynette parlava con una timidezza che gli causava immancabilmente una fitta di rimorso e di senso di colpa. Damon le sorrise. «Aspetta e vedrai.» «È come il Castello di Edimburgo?» «No, non è così tetra. Sembra... Sì, assomiglia ai castelli sul Reno o a uno di quei disegni che trovi nei libri. 13


A quanto pare mio nonno amava i luoghi spettacolari. Quello che vedi laggiù è il villaggio più vicino al castello... Kincannon... Kenkilling... Un nome del genere.» «Kinclannoch» lo corresse Lynette, poi si fece rossa di imbarazzo. «Ho svolto qualche ricerca quando ho saputo che saremmo venuti qui.» «Sì, hai ragione, si chiama Kinclannoch. Non lo definirei un luogo imperdibile.» «No, ma guarda i tipici tetti di paglia... Sono suggestivi, no?» «Sì. Vedo che sei entusiasta di immergerti nella vita del posto.» «Sì, è vero» ammise lei, arrossendo un po'. «Quindi noi siamo scozzesi?» «Sì, in parte. Mia nonna era scozzese ed era l'ultima discendente della sua famiglia. Essendo l'unica detentrice del titolo di Contessa di Mardoun, quando si sposò il titolo passò al marito, Lord Rutherford, e poi al figlio. Ma il nonno era inglese, naturalmente, e anche mia madre.» «Come la mia» replicò Lynette sospirando. «Quindi sono scozzese solo per... un ottavo?» Damon annuì. «Sembri delusa.» «Sì, un po'» disse lei, arrossendo di nuovo. «La trovo una cosa molto poetica. La tragica vicenda della regina Maria, fuggita nella notte con Bothwell... Carlo Edoardo, il Giovane Pretendente...» «Anche lui fuggito. Due vicende tutt'altro che confortanti.» «Già, è vero.» «Ma decisamente eccitanti.» Damon notò con piacere che il volto di Lynette si illuminava di nuovo. 14


«Oh, ci stiamo fermando... Dobbiamo sostare in una locanda? Non arriveremmo oggi a Duncally?» «Sì, Duncally è poco distante da qui, ma credo che il cocchiere sia andato a chiedere indicazioni. Le strade sono segnalate in maniera pessima da queste parti.» Damon si chinò per guardare fuori dalla carrozza. Di colpo, rimase raggelato. Lungo la strada angusta vide una donna che chiacchierava con un giovane. Era vestita con un semplice abito di cotone blu, dalla vita un po' troppo bassa rispetto alla moda del momento e totalmente privo di balze e ornamenti. Tuttavia, quel bel corpo pieno di curve non aveva alcun bisogno di adorni. Le maniche corte lasciavano scoperte due belle braccia candide. Non indossava guanti né cappellino e la luce del sole pomeridiano illuminava una chioma selvaggia di riccioli rossi. Il suo volto aveva quasi la forma di un cuore, con le guance rotonde e il mento piccolo e ben definito. La donna si voltò verso la carrozza e i suoi occhi incontrarono quelli di Damon. Per un attimo lui credette che il cuore gli si fosse fermato. Che occhi incredibili! Grandi e sinceri, incorniciati da ciglia folte e di un marrone così chiaro che sembrava oro. «Oh, papà, guarda quella donna» disse piano sua figlia. «Non è bellissima?» «Sì» convenne lui con voce roca. «Sì, lo è davvero.» Meg Munro si voltò verso il rumore degli zoccoli dei cavalli e inarcò le sopracciglia con stupore quando vide un'elegante vettura nera trainata da quattro cavalli scurissimi. «Ehi, guarda.» Gregory Rose, al suo fianco, stava guardando nella stessa direzione. «Bene, bene.» 15


«Credi sia il Conte di Mardoun?» «Penso di sì. Tutta Kinclannoch ne parla da quando è arrivata la sua servitù, la settimana scorsa. Tuttavia, non credevo che sarebbe venuto davvero. Ah, guarda, il signore sta osservando i contadini.» Un uomo si affacciò dal finestrino della carrozza. I capelli folti e scuri incorniciavano un volto dalle linee decise. La sua pelle era chiarissima, ma le sopracciglia nere come i capelli mettevano in risalto gli occhi. La sua espressione era un misto di arroganza e noia, ma nessuno dei due sentimenti riusciva a sminuire la bellezza dei suoi tratti. L'uomo puntò lo sguardo dritto su Meg. Lei era abituata ad avere addosso gli occhi degli uomini, perciò rimase sorpresa dal fremito viscerale con cui il proprio corpo reagì a quello sguardo. Di colpo percepì con forza il calore del sole sulle braccia nude e la carezza dell'aria sul volto, come se i sensi le si fossero risvegliati da un lungo letargo. Perfino gli odori portati dalla brezza divennero di colpo più intensi e i suoni più distinti. Eppure, allo stesso tempo, le parve che tutto il mondo intorno svanisse, perché la sua attenzione era concentrata solo ed esclusivamente sul finestrino della carrozza. «Meg? Stai bene?» La voce di Gregory la riportò alla realtà. «Cosa?» Lei distolse lo sguardo dal finestrino e si voltò verso l'uomo che conosceva fin da quando era bambina. «Scusa, cosa hai detto?» «Niente di importante, mi stavo solo chiedendo quanto tempo durerà il conte stavolta» rispose Gregory, poi la guardò in modo strano. «C'è qualcosa che non va? Non ti senti bene?» Meg si costrinse a ridere. «Ho un aspetto tremendo?» 16


«Non hai mai un aspetto tremendo, lo sai» ribatté Gregory. «Sembravi solo... assente.» Lanciò un'occhiata alla carrozza. L'uomo si era ritirato e ora era solo una sagoma scura e indistinta all'interno della vettura. «Mi chiedevo... Per caso conosci quell'uomo?» «Chi, il Conte di Mardoun? Oh, sì, lo conosco. Non lo avevo mai visto prima d'ora, ma è preceduto dalla sua fama orribile. Priva le persone della loro casa senza preoccuparsi minimamente di dove vivranno o cosa faranno, tutto per guadagnare qualche sterlina in più con l'allevamento delle pecore. È un diavolo dal cuore di pietra.» Bellissimo, ma pur sempre un diavolo. «Forse non è al corrente di ciò che fa il suo sovrintendente» ipotizzò Gregory. Meg gli lanciò un'occhiata scettica. «Tu cerchi sempre di trovare il buono nelle persone, ma io ne ho conosciuti troppi come lui per avere una visione ottimista. È proprio il genere di persone che Andrew riportava a casa da Oxford: gentiluomini inglesi, altezzosi e pieni di sé, convinti che il resto del mondo esista solo per servirli. Ricorda che è stato il conte a dare a MacRae l'incarico di sovrintendente e dubito che un verme come MacRae oserebbe mai andare contro gli ordini del suo padrone.» «Sì, hai ragione. Con che coraggio Mardoun viene qui? Di sicuro saprà che tutti lo detestano da queste parti.» «Dubito che gliene importi qualcosa. O forse è come MacRae e ama vedere con i propri occhi le sofferenze che infligge ai mezzadri.» «MacRae» ripeté Gregory con disgusto. «Quell'uomo è una serpe.» «Sì, è vero» convenne Meg, stringendo le mascelle. «Ti ha dato fastidio in qualche modo?» le domandò 17


Gregory, socchiudendo le palpebre con rabbia. «Se è così, gli dirò due parole.» «Non cominciare anche tu, per favore.» Meg alzò gli occhi al cielo. «So come trattare con MacRae. È solo una gran seccatura, niente di più.» «Bene, allora non insisto... ma tu promettimi che mi dirai se quell'uomo ha bisogno di una lezione un po' più fisica, nel caso superasse i limiti.» «Sì, sì» minimizzò Meg, tirando un sospiro esasperato. «Prometto che ti dirò se MacRae mi dà problemi seri. Almeno so che tu non lo manderai all'altro mondo, cosa di cui non posso essere certa con mio fratello.» «Se MacRae morisse, non sarebbe una gran perdita.» «Non è per MacRae che mi preoccupo, è che non voglio che Coll finisca in prigione.» Alle loro spalle risuonarono un grido e uno schiocco di redini. Si voltarono e videro la carrozza del conte allontanarsi velocemente. «Carrozza straordinaria, vero?» commentò Gregory in tono ammirato. «Anche se io preferirei qualcosa di più vistoso.» Meg rise. «Le strade delle Highlands metteranno a dura prova quegli assali.» Fece una smorfia e agitò una mano con aria noncurante. «Basta parlare del Conte di Mardoun. Come vanno le cose?» Prese Gregory sottobraccio e insieme si incamminarono lungo la strada. «Come sta tuo padre? Ho saputo che sei andato a trovarlo la scorsa settimana.» «Sì» rispose Gregory, poi sospirò e il suo volto assunse un'espressione stranamente seria. «Sembra che stia meglio. La coppia che si occupa di lui è molto brava, ma hanno capito che non devono perderlo di vista. L'Orkney non è abbastanza lontano, lo so, ma non mi sembrava saggio portarlo in una grande città. Jack si è mostrato di18


sponibile in proposito, molto più di quanto mio padre meriti.» «Jack è diverso dagli altri aristocratici e tuo padre ormai fa parte della sua famiglia.» «È vero.» Gregory sorrise. «Quell'uomo farebbe di tutto per Isobel.» «E viceversa» osservò Meg ridendo. «A vederli insieme fanno quasi venire voglia di sposarsi.» «No!» esclamò lui incredulo. «Non a te. Non è possibile.» «No, non a me. E neanche a te, ne sono certa. Come stanno? Hai avuto loro notizie?» «Zia Elizabeth ha ricevuto una lettera di Isobel. Pare che si stiano godendo molto Londra, ma credo che sentano la mancanza delle Highlands. Non mi sorprenderebbe se tornassero entro breve.» Quando raggiunsero le porte del villaggio, Meg salutò l'amico e imboccò la stessa strada che aveva preso la carrozza poco prima. Dopo qualche minuto raggiunse un bivio e si fermò per qualche istante, come faceva sempre, per ammirare il panorama. Alla sua sinistra c'erano i boschi, la sua casa e il lago, anche se da quel punto non poteva scorgere l'acqua. Dall'altra parte del lago, in una posizione strategica che dominava tutta la campagna, svettava Duncally, la residenza dei Conti di Mardoun. I suoi splendidi giardini terrazzati si estendevano su tutta la collina e, sulla vetta, si stagliava il castello in tutta la sua magnificenza. La dimora dei Conti di Mardoun non era una fortezza medievale, ma un vero e proprio palazzo con torri alte e strette, guglie e terrazze bianchissime che scintillavano sotto il sole. Tuttavia, non era quello spettacolo sfarzoso ad attirare 19


l'attenzione di Meg. Ciò che immancabilmente suscitava la sua ammirazione era la distesa verde che si apriva davanti a lei e le enormi pietre che si ergevano al centro. Ogni pietra misurava il doppio dell'altezza di Meg, se non di più, e insieme formavano un ovale gigantesco. Qua e là mancava qualche masso, ma un tempo doveva essere stato un ovale perfetto. In lontananza si scorgeva un tumulo erboso e, su entrambi i lati del cerchio – ma chiaramente al di fuori di esso – c'erano altre due pietre, una delle quali era più piccola delle altre e aveva uno strano foro al centro. Meg fece un respiro profondo e chiuse gli occhi, pervasa dal familiare senso di pace che la coglieva sempre in quel luogo. A volte, quando si trovava tra quelle vecchie pietre, riusciva quasi a credere alle storie che sua madre ed Elizabeth Rose le raccontavano, leggende che narravano di spiriti e creature magiche. Riusciva quasi a credere alle voci sulle donne della famiglia Munro, sulla loro smisurata conoscenza dei boschi e delle caverne e sulle loro abilità con le erbe e le pozioni. Una volta Isobel Rose aveva definito Meg un tutt'uno con la terra e, quando si trovava in quel luogo, lei sentiva che era proprio così. Quella sensazione durava finché non riapriva gli occhi e faceva un sospiro; allora quello tornava a essere solo un bel luogo pieno di pace, un posto molto caro alla gente di Kinclannoch, sebbene nessuno sapesse cosa avesse rappresentato in passato. E lei tornava a essere una donna qualunque, cresciuta vagando in quei luoghi e imparando i loro segreti, la discendente di una lunga stirpe di donne erboriste e guaritrici. Proseguì il cammino intorno alle pietre per prendere la via di casa e, mentre si voltava, lanciò un'occhiata al ca20


stello che svettava sulla linea dell'orizzonte. Si chiese se la carrozza fosse già arrivata a Duncally. Ci voleva parecchio per girare intorno al lago e raggiungere la dimora. Come mai il conte aveva deciso di onorare quella valle della sua presenza? Si chiese se nella carrozza, con lui, ci fosse anche Lady Mardoun. Qualunque moglie dotata di buonsenso avrebbe capito che non si poteva perdere di vista un uomo come il conte. Meg fece schioccare la lingua, infastidita. Ma che cosa le prendeva? Stare lì a pensare a Mardoun e alla sua signora... I nobili non erano niente per lei, soprattutto la gente meschina come Mardoun. Il conte non era l'unico che cacciava i mezzadri dalle terre in cui le loro famiglie vivevano da secoli. I proprietari terrieri come Isobel Rose e il suo nuovo marito, più attenti alle sorti della loro gente che al guadagno, si contavano sulla punta delle dita. In tutte le Highlands, le cosiddette clearances, espulsioni forzose della popolazione dai terreni agricoli, stavano allontanando centinaia di persone dalla loro terra. La gente si ritrovava in mezzo alla strada senza sapere dove andare e senza alcuna ricchezza se non gli abiti e i pochi beni che poteva portare in spalla. Mardoun, però, essendo il più grande proprietario terriero della zona, era responsabile del maggior numero di espulsioni e, peggio ancora, era rinomato per il modo freddo e spietato con cui cacciava i mezzadri quasi senza preavviso. Aveva sempre detestato quell'uomo, anche se non lo aveva mai visto, il che aveva reso ancora più singolare il momento del loro incontro quel giorno perché, sorprendentemente, lei aveva provato un forte brivido di eccitazione. Pensò di nuovo a quel viso magro e attraente, agli occhi scuri e intensi, messi in risalto dall'arco delle sopracciglia... La chioma folta e scura, la posa arrogante 21


Questo mese Il tesoro più prezioso Candace Camp Scozia, 1807 - Meg Munro è una guaritrice delle Highlands che vede il Conte di Mardoun, un affascinante inglese, come un nemico.

Il dono di Lucilla Cynster Stephanie Laurens Scozia, 1848 - Lucilla Cynster possiede un dono premonitore con cui ha riconosciuto in Thomas Carrick il proprio compagno di vita.

Le ragioni del cuore Courtney Milan Londra, 1838 - Il Marchese di Blakely vuole dimostrare che Madame Esmeralda è un’imbrogliona. Ma la bella sirena tentatrice...

Una gentildonna in cerca di guai Sarah Maclean Inghilterra, 1833 - Sophie fugge da un ricevimento e incappa nel Marchese di Eversley, che ha parecchi altri guai in serbo per lei!

Imperdonabile inganno Lorraine Heath Londra, 1874 - Quando Drake Darling salva l’altezzosa Lady Ophelia, approfitta della sua temporanea amnesia per farle credere di...

Il bacio del libertino Judith James Inghilterra, 1659 - Elizabeth si concede a William de Veres senza riserve. Anni dopo, i due si incontrano a corte e la passione inevitabilmente...


Il gioco degli opposti SABRINA JEFFRIES Inghilterra, 1830 - Edwin Barlow, Conte di Blakeborough, è intenzionato a trovare moglie. Così, quando un amico gli chiede di prendersi cura della sua impetuosa pupilla, Lady Clarissa Lindsey, bisognosa di protezione a causa di un corteggiatore troppo invadente, Edwin accetta con l'idea di partecipare alla Stagione e portare così avanti la propria ricerca. La vivace, brillante e sfrontata Clarissa non corrisponde certo alle sue preferenze, tuttavia nel momento in cui la situazione con il minaccioso spasimante precipita, Edwin comprende che l'unico modo per salvare lei e risolvere i propri problemi è combinare un matrimonio di pura facciata. Peccato, però, che Clarissa smuova in lui tutte le emozioni che è sempre stato riluttante a provare: rabbia, divertimento, frustrazione e, soprattutto, desiderio...

La scandalosa signora del duca MEGAN FRAMPTON Londra, 1844 - Da due anni ormai Lady Margaret Sawford vive ai margini della società, dopo essere stata ripudiata dai genitori per aver rifiutato una vantaggiosa proposta di matrimonio da parte di un duca. Ma determinata e indipendente, non si è mai data per vinta. Scrivendo romanzi pubblicati a puntate su un giornale londinese e giocando a carte, provvede a se stessa e alle donne vittime di abusi che chiedono il suo aiuto. L'insolito incontro con un affascinante sconosciuto con una benda sull'occhio, durante una festa, le fa sperare di aver trovato il compagno ideale, non sottomesso alle noiose e insulse restrizioni dell'etichetta. Quando però scopre che quello che credeva un corsaro ribelle è in realtà un duca, oltremodo rispettoso di quelle restrizioni, Margaret non può fare a meno di stuzzicarlo per fargli scoprire l'ebbrezza della libertà.

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