JANE PORTER In amore niente regole
Titoli originali delle edizioni in lingua inglese: The Sicilian's Defiant Mistress The Italian's Blackmailed Bride Harlequin Mills & Boon Modern Romance Harlequin Mills & Boon Romance © 2005 Jane Porter-Gaskins © 2004 Jane Porter-Gaskins Traduzioni di Laura Appiani e Silvana Mancuso Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2007 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Collezione Harmony luglio 2007 Prima edizione Harmony Pack novembre 2008 Questa edizione Harmony Vedogrande dicembre 2017 Questo volume è stato stampato nel novembre 2017 da CPI, Barcelona HARMONY VEDOGRANDE ISSN 1826 - 168X Periodico mensile n. 132 del 14/12/2017 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 912 del 28/11/2005 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano
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INCONTRO SICILIANO
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AMORE PIRATA
INCONTRO SICILIANO
Prologo
La mascella serrata, i muscoli del viso contratti, Massimo osservava Cassandra, la sua donna, la sua amante, mentre prendeva la mano di Emilio Sobato e scendeva dall'auto sportiva posteggiata a lato del viale soleggiato. Combattuto tra la gelosia e la repulsione, guardò Emilio stringere un braccio attorno al corpo di Cass e sussurrarle dolcemente qualcosa all'orecchio. Massimo deglutÏ dalla rabbia. Non c'era niente di strano, si disse cercando di allontanarsi dalla finestra del palazzo. Le donne sono tanto infedeli quanto i maschi... se non di piÚ! Ma Cass non gli era sembrata il tipo di donna a cui piace prendere in giro gli uomini. Lei era diversa. O forse si sbagliava? La gola gli bruciava dal nervoso. 9
La porta dello studio si aprì. Sentì dei passi e una mano leggera sulla spalla. «Emilio è qui.» Era Adriana, sua sorella minore. Il giorno seguente si sarebbe sposata e quella sera ci sarebbe stato il ricevimento a palazzo. «Va bene» rispose Massimo, non lasciando che dalla propria voce trasparisse la rabbia. «Ha portato anche una delle sue "amichette"» gli fece notare Adriana in tono furioso. «Come osa? Che razza di persona è?» Le labbra di Massimo si curvarono in una smorfia mentre guardava fuori dalla finestra, studiando Cass, la camicia nera firmata, il taglio della gonna scura che esaltava le più incredibili gambe che avesse mai visto. Massimo conosceva intimamente quelle gambe. Per circa tre anni erano state sue, le aveva accarezzate, avvolte attorno alla propria vita mentre la faceva sua. E questo era successo molte, molte volte durante i due anni e mezzo che avevano passato insieme. Lei era stata l'amante ideale, perfetta, fino a quando non aveva rotto il patto. 10
A quel punto, Massimo si era comportato come avevano concordato: l'aveva lasciata e se ne era andato. Si voltò verso sua sorella con un'espressione contrita che lasciava intuire più di quanto volesse. «Conosciamo bene la risposta.» Si avvicinò ad Adriana e le accarezzò il volto dai lineamenti tesi dall'indignazione. «È un uomo che ti pugnala alle spalle...» Per un istante nessuno dei due parlò, ognuno assorto nei propri pensieri, poi Massimo si voltò di nuovo verso la finestra per guardare la coppia salire la scalinata del palazzo. Adriana gli si avvicinò, appoggiando il mento sulla sua spalla. «Lo odio» sussurrò con un tono carico di rabbia. «Lo odierò sempre per quello che ti ha fatto.» Massimo si voltò e le prese il viso tra le mani. «Non se lo merita, tesoro.» Adriana gli appoggiò la testa sul petto e lui si accorse che stava piangendo. Con la voce rotta e il viso sempre nascosto contro il corpo del fratello, lei sussurrò: «Lo faccio per te. Sei sempre stato il mio eroe». Per un istante a Massimo mancò il respiro. Non riusciva a pensare, a sentire nulla. 11
Sei sempre stato il mio eroe. L'innocenza di quelle parole lo aveva piacevolmente stupito. Lentamente la morsa al petto si allentò e Massimo riuscì infine a lasciarsi andare a una risata. «Non esistono più gli eroi, Adriana. Ci sono solo semplici uomini.» Sua sorella sciolse l'abbraccio e lo guardò, gli occhi scuri lucidi. «Ti sbagli. Tu sei siciliano e sei un grande uomo.» Lo baciò sulla guancia e lo prese sottobraccio. «Forza, andiamo. Devi festeggiare con me.»
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«Sei sicura di volerlo fare?» chiese Emilio in tono denigratorio. «Facciamo ancora in tempo ad andarcene.» Cass rimase in silenzio, in piedi sulla scalinata d'ingresso del palazzo, abbagliata dalla intensa luce del sole. Si impose di non pensare ad altro che al presente. Alzò di scatto la testa e osservò Emilio. Dall'espressione dura dei suoi occhi capì che non stava scherzando. Un tempo era stato il miglior amico di Massimo, suo socio in affari, ma ora i rapporti tra loro non erano più gli stessi. «Una volta entrata, non potrai più cambiare idea. Se vuoi scappare, fallo adesso.» La malvagità negli occhi dell'uomo la disgustò. Distolse lo sguardo e si sistemò la camicia e la gonna. «Non ho intenzione di fuggire» disse seccamente alzando lo 13
sguardo verso l'imponente facciata del palazzo dei Giuliano. Le alte e agili colonne ai lati del portone erano sormontate da un elegante balcone in ferro battuto, e altri balconcini nello stesso stile incorniciavano le finestre che si affacciavano sul cortile. Era un edificio solenne e magnifico, proprio come Massimo. Lui era un uomo solenne, appunto, magnifico e... crudele. Per un istante la rabbia le colorò il viso. Una rabbia che nasceva dal ricordo della perdita, da un dolore che era ritornato violento come sei mesi prima, quando Massimo l'aveva lasciata. Trasse un profondo respiro nel tentativo di scacciare quei pensieri. Massimo l'aveva distrutta, aveva cancellato qualcosa di prezioso in lei. E tutto nel tempo di uno sguardo, di una parola, di un battito del cuore. Cass sentiva il fuoco scorrerle ora nelle vene. Fuoco, rabbia, ira. Lo aveva amato, più di quanto potesse immaginare, ma a lui non importava. Lei era solamente un corpo nel suo letto. Emilio le prese la mano e quel contatto la riportò alla realtà. «Se vuoi che questo funzioni, deve credere che stiamo insieme, che la nostra è una storia seria.» 14
«Ci crederà» lo rassicurò Cass, cercando di controllare le emozioni. Non le era mai piaciuto Emilio, e la sua opinione non era cambiata, nemmeno ora, dopo un giorno di viaggio insieme da Roma. Ma in fondo lui era il suo lasciapassare per il palazzo. «Non sono arrivata fino a qui per rinunciare proprio sul più bello.» «Allora quando ci sposiamo?» insistette Emilio. «Il 16 aprile, tra sei mesi» rispose Cass in tono determinato. Massimo odiava Emilio e, da quando li aveva visti insieme, probabilmente odiava anche lei. «E come ti avrei fatto la proposta?» continuò a domandare. «Durante un romantico fine settimana alle Seychelles» concluse Cass. Emilio le si avvicinò e con una mano le spostò dalla fronte una ciocca di capelli castani. «Non ti dimenticherà mai» le sussurrò. Per un momento il cuore di Cass si fermò. Non voleva che Massimo la odiasse, non voleva che fosse suo nemico. Un tempo era completamente sua, gli apparteneva, corpo e anima... Ma non è proprio questa la ragione per cui ora mi trovo 15
qui? Per chiudere una porta sul passato e iniziare a pensare al futuro. Erano passati piÚ di sei mesi dalla fine della loro relazione e ancora non era riuscita a riprendersi del tutto. Continuava a ripensare a quel periodo e a Massimo. Non poteva andare avanti in quel modo e se ne rese conto presto. Al lavoro era distratta e svogliata, stava perdendo i clienti e il rispetto. Non poteva permettere che una delusione d'amore le rovinasse la vita. Era giunto il momento di passare oltre e per questo aveva accettato di fingere di essere la fidanzata di Emilio. Cass pensò a quanto gli uomini adorassero la guerra. E quella che stavano combattendo quel giorno era una lotta tremenda, che usava l'amore e il tradimento come armi. Emilio l'aveva invitata ad andare con lui al matrimonio della sorella di Massimo perchÊ voleva il sangue di Massimo. Cass aveva accettato perchÊ in un certo senso anche lei desiderava la medesima cosa. Aveva pensato che solo un gesto disperato potesse mettere termine a quella situazione. Aveva amato Massimo con tutto il suo cuore e lo aveva aspettato per tre 16
anni... «Bene» disse infine Cass con un filo di voce, cercando di mascherare la rabbia. Era furiosa. «Non sto cercando una giornata piacevole, ma solo un po' di pace.» Aveva passato i sei mesi più brutti della sua vita nel tentativo di accettare il fatto che la sua storia con Massimo era terminata. La sua mente però continuava a pensare a lui, lo sognava e lo rivedeva in ogni uomo che incontrava. Da quando si erano detti addio, in tutti quei mesi, non aveva ricevuto nemmeno una telefonata, un messaggio, una parola. L'aveva semplicemente lasciata andare. Ma in fondo, lei era solo la sua amante e Massimo aveva il diritto di avere chi voleva e quando voleva. E poi, lui era Massimo Giuliano e Cass non gli aveva mai chiesto niente di più che una storia di sesso. Cass si incamminò di scatto verso la porta, salendo rapidamente la larga scalinata della villa, con alle spalle il sole che dipingeva di un rosso intenso il portone d'ingresso. Prima di ripensare a quello che stava per fare, bussò un paio di volte e fece un passo indietro. L'imponente portone di legno si aprì ed Emilio le rivolse un 17
enorme sorriso. «Congratulazioni, Cass. Ce l'hai fatta.» Il maggiordomo li condusse nell'immenso salone dai soffitti alti affrescati in oro, rosa e azzurro e in quel preciso istante, la consapevolezza di quanto fosse stupida quella messinscena colpì Cass come un fulmine. Era la fine drammatica dell'amore, del suo amore, perché Massimo non la aveva mai realmente amata. Aveva approfittato del suo corpo e lei lo aveva accettato; almeno fino a sei mesi prima, quando era stata colpita dalla cruda realtà. Da quel momento, il ghiaccio le aveva avvolto il cuore e Massimo aveva semplicemente scrollato le spalle, come faceva sempre per tutte le questioni che riguardavano loro due. Tutto quello che avevano in comune era solamente il sesso. Carnale, violento, insaziabile. A quel pensiero, un brivido le percorse la schiena e sentì il dolore fisico della mancanza di Massimo. Il desiderio era ancora vivo sotto la pelle, le emozioni ancora palpabili. «Cosa diavolo ci fai qui?» La familiarità di quella voce la gelò. 18
Massimo. Cass si voltò lentamente, tremante. Finalmente lo vide. Era estremamente elegante, con un abito scuro, sicuramente di fattura italiana, e una camicia color sabbia che esaltava la sua pelle abbronzata. I capelli castani erano perfettamente in ordine e per Cass era più bello che mai. Non aveva mai visto delle ciglia tanto lunghe e scure come quelle di Massimo, una bocca che sorrideva tanto raramente, ma baciava tanto appassionatamente. Cass sentì un nodo allo stomaco. Il dolore del suo desiderio per quell'uomo era tanto intenso quanto quello della rottura. Cercò di distogliere lo sguardo ma non ci riuscì. Aveva sentito la sua mancanza per troppo tempo. Le era mancato tutto di lui, ma soprattutto il suo corpo. C'erano anche altri uomini nella sala, ma nessuno aveva il fascino di Massimo. Nessuno era tanto sicuro di sé, tanto arrogante e con una presenza fisica simile. Anche se fosse stata dall'altra parte dell'enorme salone, Cass avrebbe potuto percepire la sua presenza e solamente guardandolo sentì una fitta di desiderio. «È un piacere vederti» disse Emilio 19
rompendo quel silenzio imbarazzante. «Non hai più nessun motivo per essere qui» rispose Massimo, ignorando completamente Cass. Ma lei non ne era sorpresa. Anche mentre se ne andava, non si era mai voltato indietro. «Sono stato invitato al matrimonio» spiegò Emilio, sollevando il bicchiere di spumante come per brindare. «Non dalla mia famiglia» commentò Massimo. Emilio gli rivolse un sorrisetto. «No, mi ha invitato lo sposo. Mio padre e il padre di Antonio sono amici.» «Che fortuna!» rispose sarcasticamente Massimo. «Hai intenzione di mandare a monte il matrimonio solo perché ci sono io?» «Non è necessario» lo rassicurò Massimo. «Mi occuperò di te in modo civile e senza dare nell'occhio. Non dovrebbe essere difficile.» «Non con le tue conoscenze» commentò Emilio. «Se davvero avessi le conoscenze che insinui, in questo momento non saresti nemmeno qui.» Massimo si voltò e posò il suo intenso sguardo su Cass. «E non avrei 20
saputo nulla di voi due» aggiunse con un filo di voce. Il cuore di Cass si fermò per un istante sotto lo sguardo penetrante di Massimo. Era come se le stesse osservando l'anima e sentiva lo scomodo peso del suo giudizio. L'espressione sul volto di Massimo era enigmatica e impenetrabile. A Cass sembrava di non conoscerlo, e forse era davvero così. Probabilmente non era stato mai nemmeno suo. Quell'incontro la stava sconvolgendo più di quanto immaginasse e sentì una vampata di calore salirle al volto. Era andata lì per affrontarlo, ma ora si chiese cosa veramente sperava di ottenere da quell'incontro. Non ci sarebbe mai stata una riconciliazione pacifica tra loro, come poteva solo averlo pensato? Era una sfida quasi impossibile. Ma in tutta la sua vita, Cass non aveva mai scelto la strada più facile, non aveva mai cercato una storia semplice. Non le piacevano le scorciatoie, ma preferiva faticare per ottenere ciò che voleva. «Vi accompagno all'uscita» concluse Massimo con tono freddo e indicando con un gesto la porta. 21
«Mi dispiace deluderti» rispose Emilio, posando un braccio attorno a Cass e baciandola sulla tempia. «Non ce ne andremo. Siamo venuti fin qui e abbiamo intenzione di rimanere.» Massimo rimase in silenzio per un momento, la rabbia visibile nei suoi occhi scuri. «È il matrimonio di mia sorella.» «Molto romantico, vero?» ribatté Emilio. Massimo non gli prestò attenzione. Fissava Cass con un'espressione pericolosa. «Sei veramente qui con lui?» le chiese infine abbassando la voce. Emilio la attirò a sé. «È un problema?» domandò. «Non l'ho chiesto a te» rispose bruscamente Massimo, senza mai togliere gli occhi da Cass. «Voglio che mi risponda lei.» «Perché?» sussurrò Cass, la gola improvvisamente secca e il cuore che batteva all'impazzata. «Mi hai lasciata, se non ricordo male.» Sul volto di Massimo si disegnò una smorfia. «Ma Cass, con Sobato! Perché proprio lui?» «Perché sapevo che ti avrebbe dato fa22
stidio.» Cass sorrise tentando di nascondere il dolore che le attanagliava il cuore. «Puttana.» Massimo pronunciò quella parola piano, la voce carica di dolore e rabbia. «Sei solo una puttana» ripeté sottovoce. Cass sentì le lacrime salirle agli occhi, ma rimase impassibile, anche se si sentiva morire dentro. Massimo non le aveva mai parlato a quel modo e, sebbene fosse preparata a una reazione del genere, la durezza della sua voce le fece molto male. Lo osservò allontanarsi. Non era ancora pronta a ferire l'uomo che aveva amato tanto intensamente. È sbagliato, si disse. Non posso fargli questo, e, anziché cercare la forza e la determinazione per andare avanti, si sentì insicura e debole. Il ricordo le faceva ancora male e il cuore le bruciava. Massimo voltò improvvisamente la testa e il suo sguardo crudele e profondo incrociò quello di Cass. Era alto, imponente, con le spalle larghe e la vita stretta, le gambe lunghe e muscolose. Era molto determinato e affrontava a fronte alta le difficoltà della vita. Cass aveva sempre ammirato la sua sicurezza, la tenacia, che la 23
avevano affascinata inizialmente, ma che erano state anche uno dei motivi che li aveva portati alla rottura. «Me la pagherai» disse Massimo a denti stretti. «Non pensare di cavartela.» Sentì una stretta allo stomaco e divenne sempre più difficile controllare la rabbia che gli stava crescendo dentro. E pensare che quella era la donna che un tempo aveva desiderato più di ogni altra. Non riusciva comunque a rimanere indifferente alla sua bellezza, alla sua sensualità, al suo corpo formoso e desiderabile. La giacca nera le sottolineava il seno pieno e la vita stretta ed esaltava il colorito ambrato della pelle. Cass non aveva bisogno del trucco per essere bella e nemmeno di vestiti o gioielli speciali. Nessun accessorio al mondo poteva rendere Cassandra Gardner più femminile e seducente di quanto non lo fosse già. «Non mi fai paura» rispose Cass, stringendo più forte il bicchiere di vino. Massimo posò lo sguardo sulle delicate labbra. Era tentato di avvicinarsi per sentire ancora quella bocca morbida, la pelle calda; voleva che fosse sua ancora una volta. Cass non apparteneva a Emilio So24
bato; lei era sua, la sua donna. Non riusciva a pensare a lei in nessun altro modo. Era solo sua. «Invece dovresti» rispose Massimo. Gli vennero alla mente i momenti che aveva passato con lei a letto, la sensazione del corpo di Cass accanto al suo, il desiderio, il modo in cui la faceva sua due, tre volte, notte dopo notte. «Ti conosco, Cass.» Lei indietreggiò di un passo. Dentro di sé stava tremando, intimidita dalla vicinanza di Massimo e dall'intensità delle sue stesse emozioni. Era ancora attratta da lui, troppo attratta. Era stata una follia presentarsi al matrimonio. Massimo abbassò lentamente lo sguardo, facendolo scorrere lungo il corpo della donna. Cass sentì quasi fisicamente quello sguardo che le accarezzava il viso, la scollatura, i fianchi, le gambe. Era ancora attratto dal suo corpo... ma non da lei. Cass cercò di ignorare quella terribile sensazione e di non cedere al suo sguardo. Era andata lì per chiudere un capitolo della sua vita. «No, non sai nulla di me» gli rispose alzando la testa. Massimo posò gli occhi sul suo volto. «Sei cambiata?» 25
«Non sono qui con te, no?» Massimo sorrise, con espressione soddisfatta. «Lo saresti, se potessi.» Cass si sentiva in trappola, costretta a mentire per non confessare che lui aveva pienamente ragione. Se non l'avesse lasciata, in quel momento sarebbe ancora con lui. Per nessun motivo al mondo Cass avrebbe rotto con Massimo, non ne avrebbe mai avuto la forza. Aveva bisogno di lui, lo desiderava. «Ti odio» disse infine Cass, con il cuore infranto dalle sue stesse parole. Massimo non è l'uomo giusto, si disse respirando profondamente. Eppure, fissandolo dritto negli occhi, riusciva a percepire l'attrazione che li legava. Forse non era amore, ma c'era ancora passione e desiderio, un desiderio selvaggio e carnale. «Non mi sorprende» rispose Massimo in tono calmo. Cass spalancò gli occhi, stupita, ma si impose di ritrovare il contegno. Doveva controllarsi, non poteva fallire proprio ora, con Emilio che soppesava ogni sua parola e nel bel mezzo di un ricevimento di nozze. Si voltò verso Emilio e gli prese il brac26
cio, notando l'ombra di rabbia che attraversò gli occhi di Massimo. «Prendiamo qualcosa da bere?» chiese a Emilio, sorridendo. «Se hai sete, Sobato sarà felice di portarti un altro drink» le rispose Massimo in tono sarcastico. «Noi non abbiamo ancora finito il nostro discorso.» Cass quasi non alzò lo sguardo. «Invece credo che non ci sia più niente da dire.» «Secondo me tu non hai ancora ben realizzato dove ti trovi» ribatté Massimo avvicinandosi. «Hai violato la mia privacy, sei entrata a casa mia senza invito.» «E allora dimmi, quale sarebbe il prezzo da pagare?» lo interruppe Cass, trovando il coraggio di opporsi. «Qual è la punizione?» chiese in tono furioso. Il passato stava ora ritornando più vivido che mai: l'amore, la perdita, il ricordo dei momenti con Massimo, la corsa in ospedale, il dolore, la solitudine. «Dimmelo, avanti. Muoio dalla curiosità.» «Volete stare un po' da soli?» chiese Emilio, improvvisamente apprensivo. «Vado a prendere qualcosa da bere.» «Bella idea» rispose prontamente Massimo e fece una smorfia ironica. «Il tuo 27
fidanzato non sembra desideroso di prendere le tue difese.» Cass guardò Emilio che si allontanava in direzione del buffet e si sentì improvvisamente debole e indifesa, le gambe quasi incapaci di sorreggerla. «Forse perché sa bene che tu non sei un pericolo.» Massimo scoppiò in una fragorosa risata. «Mi conosci così poco che mi spaventi.» Massimo rimase in silenzio per un istante e poi posò lo sguardo sul viso di Cass. «Allora, perché sei venuta qui?» «Te l'ho già detto...» rispose Cass. «Non mentire, voglio la verità» Massimo la fissava. Sotto quello sguardo scrutatore, Cass si sentiva consapevole del suo corpo e della sua femminilità. Tra di loro non c'era alcun contatto fisico, ma era come se Massimo le stesse accarezzando la pelle. Il cuore iniziò a batterle più velocemente e le ginocchia le tremavano per l'emozione. Come era possibile che si sentisse ancora tanto attratta da quell'uomo? Cass stava per perdere il controllo, completamente sopraffatta dal desiderio. Non poteva lasciarsi andare, doveva risolvere quella situazione. Stava cercando un 28
po' di pace, ma con Massimo non era possibile. Con lui c'erano solo rabbia, dolore... desiderio. «Sì, la verità» ripeté Massimo. «O forse Sobato ti ha influenzato a tal punto che non sai più cosa significa questa parola?» «Emilio è un perfetto gentiluomo...» lo difese Cass. «Non ci credo» la interruppe Massimo. «Ma continua pure, raccontami cosa avete in mente... se riesci a dare un senso logico alla tua storia.» Cass rimase ammutolita e avrebbe voluto cancellare dal viso di Massimo quel suo insopportabile sorriso arrogante. Lo odiava. Massimo allungò una mano e le scostò dal viso una ciocca di capelli. «Non stai davvero con lui, vero bella?» Bella... l'aveva sempre chiamata a quel modo quando la accarezzava e la possedeva. Quella parola le bruciava dentro come il fuoco e la toccava nel profondo dell'anima. Cass sollevò lo sguardo decisa. «E invece è proprio così» rispose a testa alta, cercando di sembrare convincente. «Siamo fidanzati.» «Fidanzati?» ripeté Massimo incredulo. 29
Cass sentiva le lacrime salirle agli occhi, ma si controllò. «Sì, ci sposiamo in aprile.» Massimo rimase in silenzio, poi finalmente sussurrò: «Perché lo fai, Cass?». Cass sentì una stretta al cuore. Avrebbe voluto concludere subito quella ridicola messinscena. «Faccio cosa?» «Fingere di...» «È la verità» lo interruppe, sforzandosi di sorridere. «Ci sposeremo ad aprile, a Padova.» Massimo impallidì. «A Padova?» «Sì.» Cass sperava che la maschera che cercava di indossare fosse sufficientemente credibile e iniziò a giocherellare nervosamente con gli orecchini. Si sentiva falsa, vigliacca e orribile. Desiderava solamente finire tutto il prima possibile e tornare a casa, alla sua vita. «Ci siamo dati sei mesi per preparare il matrimonio e il ricevimento.» Massimo sentì un nodo alla gola. «Perché proprio a Padova?» La stava fissando come se avesse visto un fantasma e aspettava trepidante quella risposta. «Emilio ha detto che quella città ha un significato speciale per lui.» 30
Massimo si voltò di scatto e fece per andarsene. I suoi lineamenti si erano induriti e l'espressione del suo viso era imperscrutabile. «Andate via di qui» disse bruscamente. «Andatevene prima che vi sbatta fuori io.»
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Romanzo
AMORE PIRATA
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«Non può arrestarmi.» La voce di Emily Pelosi non lasciò trasparire in alcun modo il gelo che avvertiva dentro di sé. «Non ho fatto nulla di male.» «Si faccia da parte, mademoiselle» ripeté monotono l'agente della dogana in uniforme, azzerando l'effetto dell'accento musicale dei Caraibi. Emily si sforzò di nascondere l'irritazione. Non si lasciava intimidire facilmente, non era mai stata timida, e adesso, dopo cinque anni di lotta spietata, senza esclusione di colpi, manteneva la propria posizione, rimanendo attaccata a quanto il Times aveva sottolineato di lei una volta, ossia alla sua notevole freddezza. «Può legalmente trattenermi?» L'agente la guardò come se fosse stupida. «Certo.» 265
Il cervello di Emily si mise in moto, cercando di metabolizzare i fatti. Era chiaro che si trovava nei guai, com'era chiaro che non sarebbe servito a nulla continuare ad alienarsi l'agente della dogana. «Capisco. Ma se qualcuno potesse avvertire la mia amica...è fuori che mi aspetta.» «Non può fare altro che aspettare.» Emily guardò altrove e deglutì, il suo viso era nascosto per metà dai capelli castani che mascheravano così la sua frustrazione. Mantieniti calma, fredda. Annelise alla fine tornerà al terminal e risolveremo insieme la questione. Con la testa che le pulsava, gli occhi secchi e sabbiosi dopo il volo notturno da Heathrow, si mise a osservare attentamente il piccolo terminal dell'isola. Il tozzo edificio di cemento era di fatto deserto, c'erano solo lei e l'agente. Per la prima volta desiderò di aver preso qualcosa per dormire, come aveva fatto Annelise, anziché lavorare. Invece aveva continuato a lavorare per tutta la notte, ormai era diventata per lei una consuetudine. Emily Pelosi, la stacanovista. Per un attimo ebbe una strana visione 266
della propria vita. Una vita passata tra aeroporti internazionali, alberghi all'estero e incontri di lavoro davanti a una tazza di tè verde. Non viveva, pensò stanca, si limitava a esistere. Per attaccare, depredare, distruggere... Ma adesso doveva concentrarsi su questioni più pratiche: Annelise fuori ad aspettare, per esempio. «Capisco che a lei non interessi nulla della mia amica, ma se qualcuno potesse almeno informarla di ciò che sta succedendo.» «Alla sua amica è già stato detto che non può tornare al terminal.» L'agente incrociò le braccia sul petto. «E lei dovrà aspettare finché non arriveranno gli investigatori.» Investigatori? E da dove? Emily era atterrata ad Anguilla per anni, facendovi scalo per St. Matt's, e non era mai stata fermata prima, né era mai stata seccata per alcun motivo. «Ha un mandato, quindi?» chiese, sentendosi come se stesse cercando di mettere insieme un puzzle al buio. «Sì, mademoiselle. Abbiamo un mandato emesso da un paese membro della Comunità Europea.» L'agente in uniforme parlò con l'inglese fortemente accentato 267
dei Caraibi orientali. La maggior parte delle isole vicine al Sud America era multilingue, vi si parlava il francese, l'olandese, l'inglese e lo spagnolo; e molte delle isole minori, come St. Matt's, erano di proprietà privata. «Ma qui non siamo nella Comunità Europea.» «Stiamo lavorando a stretto contatto con le dogane degli Stati Uniti e della Comunità Europea per controllare la pirateria.» Pirateria. Contrabbando internazionale. A quel punto le fu tutto improvvisamente chiaro. «Quale membro della Comunità Europea?» «L'Italia. E per essere più precisi, una società che si chiama Altagamma.» Altagamma. Le sue labbra presero appena la piega di un sorriso amaro, duro. Ma certo. Tutto cominciava a quadrare. L'Altagamma era un'associazione che rappresentava prodotti italiani di qualità nei mercati nazionali e internazionali. Ne facevano parte circa quaranta marchi, con vendite che superavano gli undici miliardi di dollari, e la maggior parte di queste proveniva dalle esporta268
zioni. E Tommaso Ferri era il nuovo presidente della Altagamma. Tommaso Ferri. Emily avvertì una fitta gelata nel petto. Tommaso Ferri. Questa era opera sua. Per un attimo le ronzò in testa un rumore indefinito, quel genere di vuoto statico che copre ogni altro suono. Conosceva bene Tommaso come poche altre persone. E lo odiava come pochi altri. Qualche anno prima, Tommaso era subentrato al padre, Adriano, e se quest'ultimo era stato duro, inflessibile, senza pietà, Tommaso era mille volte peggio. «Ah» sospirò sollevato l'agente. «Sono arrivati. Gli investigatori stanno venendo qua.» Si udì un suono metallico, e voltandosi Emily vide le porte che si aprivano dall'altra parte del piccolo terminal. Entrarono tre uomini, due in uniforme, l'altro con abiti civili, ed Emily si rese conto che la sua guerra contro la Ferri Design cominciava a farsi interessante. Gli investigatori se ne andarono due ore dopo, e per un attimo Emily rimase seduta da sola in una piccola stanza, che proba269
bilmente non era mai stata usata da quando il piccolo aeroporto dell'isola era stato costruito. Era atterrata o decollata da Anguilla tante di quelle volte, e non aveva mai saputo dell'esistenza di quella stanza. Stanca e affamata – non le era stato offerto nulla né da bere né da mangiare – si guardò le mani, piegando ripetutamente le dita. Non portava anelli, non li portava mai, le unghie non erano laccate ed erano corte e lisce. Aveva mani pratiche, eppure la vita che conduceva non era affatto pratica. I suoi viaggi in Cina, gli appuntamenti con i produttori... Quello che un tempo era stato solo una stoccata ai Ferri, era diventato col passare degli anni un forte impegno con l'Asia in sé. Aveva imparato che molti cinesi erano grossi capitalisti, creativi, motivati, dediti al perfezionamento della tecnologia, e lei aveva provato rispetto per questa ricerca del successo. Aveva ammirato il fatto che tutti quelli che aveva conosciuto in Cina cercassero l'opportunità di lavorare in proprio, tutti avevano il sogno di diventare imprenditori. La porta si aprì senza far rumore, eppure Emily la sentì. Sollevò la testa. 270
Tommaso era fermo sulla soglia. I capelli castano scuro erano ben pettinati, e nonostante l'abbigliamento raffinato rimaneva qualcosa di fiera mascolinità in lui. Era molto alto e aveva le spalle larghe. Il suo fisico robusto sembrava più quello di un agricoltore toscano che non quello di uno dei più ricchi imprenditori della moda italiana. «Buongiorno, Emily.» La sua voce, così profonda, fu come un sussurro che le corse sulla pelle. Lei serrò la mascella, e per la prima volta si sentì veramente male. Si era chiesta quando sarebbe comparso. Si era aspettata di vederlo quando l'agente della dogana le aveva detto che si trattava della Altagamma, ma in qualche modo trovarselo lì, faccia a faccia, fu peggio di quanto si aspettasse. Odiava Tommaso. Lo odiava al punto da desiderarne il sangue. «Non puoi sfuggirmi, stavolta» continuò lui con un tono gioviale, come fossero due amici che si incontravano in mezzo a una piazza assolata. Invece era chiaro che non si era dato per vinto. Non lo avrebbe mai fatto. Non fino a quando lei sarebbe stata una minaccia 271
per la sua azienda. Erano passati circa due anni dalla sua ultima causa, ma lui era andato avanti. E quella seconda causa avrebbe dovuto essere un chiaro avvertimento. «Dici?» Lui entrò nella stanza, chiudendosi la porta alle spalle, piano; tuttavia Emily indietreggiò al suono metallico della serratura. Quando Tommaso si avvicinò, lei provò il forte desiderio di guardare altrove, ma non gli avrebbe lasciato il coltello dalla parte del manico. «Un altro interrogatorio?» lo schernì, accavallando con lentezza la gamba sul ginocchio, le mani raccolte in grembo. Gli occhi di lui, del blu più intenso, catturarono i suoi. «Questa è una cosa seria, Emily.» E non appena le si fece più vicino, lei avvertì un campanello di allarme, il tessuto dei pantaloni gli aderiva alle cosce, i muscoli erano tesi, scolpiti, visibili. «Ne sono sicura.» Era più imponente di quanto ricordasse. Più duro. Ma del resto anche lei era più forte e più dura. Piegò le labbra con freddezza in segno di sfida. «Sei in perdita.» 272
«Ho perso del denaro, è vero, ma anche l'associazione è in perdita. Non stai danneggiando solo me. Stai danneggiando molti, molti italiani.» «Io mi limito a riprodurre i modelli Pelosi.» «Sono i modelli Ferri» la corresse. «Non sono i vostri modelli, sono i miei. Modelli Emily Pelosi.» La sovrastava dall'altra parte del tavolo, e teneva gli occhi socchiusi mentre la scrutava. «Allora perché le tue borse e le tue valigie sono la replica fedele delle nostre?» Lei scrollò le spalle. «È come ho detto agli investigatori. Le borse si assomigliano tutte in genere, il che è legale.» «No, non in genere. La tua linea di lusso usurpa il marchio della nostra azienda, e le borse che vendi riportano il marchio Ferri & Pelosi, quello della nostra linea originale.» Fece un'altra scrollata di spalle indifferente. «Io non metto alcun marchio. Se i rivenditori decidono di mettere sul mercato una borsa con quel marchio, come posso impedirlo? Sto a Londra, non a Chicago o a San Francisco.» 273
Lui si sporse in avanti sul tavolo e la guardò dritto negli occhi. Le parlò a voce bassa, così bassa che lei dovette fare uno sforzo per sentire. «Quello che stai facendo, cara, è illegale.» Cara. Cara. Un tempo era stata la sua cara, ma allora era giovane e ingenua. Si fidava. E lui le aveva portato via la fiducia e tutto il resto. Non disse nulla, quindi, si limitò a sostenere il suo sguardo, fissandolo furiosa, insolente, e per certi versi grata che la loro battaglia fosse giunta finalmente a un faccia a faccia. Riuscì nell'intento di provocarlo con il suo silenzio. I lineamenti di Tommaso si fecero tesi. «Dov'è la tua etica?» chiese in tono brusco, sporgendosi ancora di più sul tavolo, ed era così vicino che lei poté sentire un soffio del suo profumo speziato, e vedere i solchi paralleli alla bocca. «E la tua?» replicò lei. «Tutto quello che faccio è legale. Mentre tu... tu sei un pirata.» Pirata? Quasi sorrise. Aveva ragione. Si sentiva come un pirata, un bucaniere, uno dei molti fuorilegge che si erano stabiliti nei Caraibi alla metà del Seicento. 274
«Non è così che sei stata cresciuta» continuò lui secco. «Lascia stare il modo in cui sono stata cresciuta. Faccio soltanto quello che ritengo necessario.» «Nonostante le conseguenze?» «Non sono spaventata.» «No, sei semplicemente stupida» concluse lui con un lieve cenno della testa, e mentre la guardava notò che i suoi occhi verdeazzurro sputavano fuoco, e che era fortemente determinata ad annientarlo. Tutto in lei era votato alla distruzione. A distruggere lui in particolare. Ma non era stata imprudente, anzi, era stata furba. Molto furba e molto, molto attenta. Solo che lui era stato altrettanto furbo, e perfino più attento, perché questa volta voleva essere sicuro che le accuse contro di lei non cadessero. Questa volta Emily Pelosi sarebbe stata ritenuta responsabile. «Gli investigatori ti aspettano con un aereo» disse, sedendosi accanto a lei su un angolo del tavolo, sconfinando nel suo spazio e facendole pesare la propria presenza. Vide le sue labbra comprimersi. Non le 275
piaceva essere incalzata, soprattutto non da lui. Peccato. Questa volta Emily non avrebbe avuto quello che desiderava. Questa volta il gioco l'avrebbe gestito lui. Rovesciò indietro la testa, così i capelli lunghi le ricaddero lungo la schiena. «Mettimi su quell'aereo, allora.» Tommaso non poté far altro che ammirarla. Aveva fegato, pensò, mentre si godeva la fiamma che le brillava negli occhi. Dopotutto, non aveva mai avuto paura di lottare. Non l'avrebbe definita un maschiaccio, ma aveva sempre creduto ardentemente nelle cose, aveva amato la sua famiglia in modo così appassionato, e anche gli amici. Crescendo, non l'aveva mai considerata inglese... britannica... ma italiana dalla testa ai piedi. Adesso però non era più una ragazza, era ormai una donna, ed era la tenacia fatta persona. Imperturbabile. «Gli investigatori ti porteranno a Portorico, è lì che si svolge l'indagine.» «Bene.» «Ti sbatteranno in prigione.» Le labbra presero una piega rigida, e le sue parole furono pungenti. «Con tutti i ladri, i contrabbandieri e i criminali che attendono un processo.» 276
Lei si spostò, accavallando la gamba sull'altro ginocchio, senza neanche fare una piega agli impeccabili pantaloni di lino bianco gessato. Aveva abbinato quel pantalone costoso a un top nero all'americana, che rivelava la carnagione dorata delle spalle snelle, e la curva della gola. «Fantastico. Non facciamoli aspettare.» «Non te ne frega niente di andare in prigione?» «No.» «Sarai rinchiusa in una cella con gente pericolosa, gente che non ha rispetto per la vita umana...» «Bene» lo interruppe sollevando il mento. «Neanche tu hai rispetto per la vita umana e, francamente, preferisco starmene lì piuttosto che qui con te.» Maledizione. Era proprio un pirata. Una bellezza impetuosa, coraggiosa, stupida, spavalda, furba, orgogliosa. Se fosse vissuta nel XVII secolo era certo che avrebbe seguito le orme di famose donne pirata, come Grace O'Malley, Anne Bonny e Mary Read. Invece era lì, sola con lui, bella, orgogliosa, intelligente e fiera. E lui la voleva. Si sentiva come un cac277
ciatore di taglie, perché si era dato da fare a lungo per tirarle le redini, per riavere un certo controllo sulla propria vita e sulla Ferri Design. Ma, a differenza di un cacciatore di taglie, non la voleva in catene in una prigione. La desiderava incatenata al suo letto. Non aveva nessuna intenzione di consegnarla alle autorità. Ma certo questo non glielo avrebbe detto. Voleva farle credere che sarebbe stata consegnata agli agenti della dogana, e che avesse una scelta quando in realtà non ne aveva nessuna. Era tempo che Emily Pelosi affrontasse i fatti, e questa volta li avrebbe affrontati sul serio. Da sola con lui. «Quindi, cosa succede adesso?» chiese lei, e sembrò quasi annoiata. Compiaciuta addirittura. «Dopo l'espulsione, o dopo la prigione, intendi?» L'espressione di Emily non cambiò. «Per la verità mi riferivo più alla mia amica Annelise. Cosa le succederà?» «Ha già preso un volo per tornare a Londra.» Tommaso vide un fremito di emozione attraversare il volto perfetto di Emily. 278
Preoccupazione? Paura? Rammarico? E poi quell'espressione scomparve, lasciando l'ovale del viso di nuovo sereno. «Non ti spaventa andare in prigione?» le domandò, cercando di interpretare il suo atteggiamento, desiderando capire come fosse cambiata tanto dagli anni in cui erano stati amici intimi. Anche se amici non era proprio la definizione adatta. Erano stati più che amici, erano stati amanti anche, e per un paio di settimane, durante un indimenticabile mese di agosto, erano stati insieme in ogni momento possibile. Cercò di ricordare l'ultima volta che l'aveva vista. Non poteva essere trascorso tanto tempo. In passato avevano frequentato la stessa gente. Venivano entrambi da famiglie italiane ricche, erano cresciuti nello stesso ambiente, con grandi case a Milano ed estese proprietà sulle colline toscane, proprietà coperte di vigneti e uliveti per acri e acri. Ma i problemi con il padre di lei avevano dato luogo a una rottura insanabile tra le loro famiglie, e i Pelosi avevano lasciato l'Italia per tornare in Inghilterra, il paese d'origine della madre di Emily. Nonostante fossero separati da metà Eu279
ropa, lui si era imbattuto in Emily piÚ spesso di quanto si potesse pensare. Si erano ritrovati in una festa a Siena uno o due anni prima, e poi c'era stato quell'incontro in aeroporto. L'aereo di Emily era appena atterrato, mentre il suo era in procinto di decollare. Non si erano parlati in nessuna delle due occasioni. Si erano semplicemente guardati ed erano passati oltre. Gli era stato chiaro che lei non voleva avere niente a che fare con lui, e lui dal suo canto non era sicuro di ciò che avrebbe voluto dirle. Be', non era del tutto vero. Voleva dirle di smetterla con la contraffazione, che lui stava prendendo severe misure, che ormai doveva fare sul serio. Ma Tommaso non riusciva a infrangere quello spartiacque, non riusciva a ragionare con lei, quando lo guardava con tanto gelo e odio negli occhi. Aveva solo quattro anni piÚ di Emily, ma in quel momento si sentiva molto piÚ grande, sapendo che questa volta le accuse contro di lei non sarebbero cadute, che il suo direttore della sicurezza aveva raccolto prove a sufficienza, 280
campioni a sufficienza, qualsiasi cosa per fargliela pagare... qualsiasi cosa. «Tu non vuoi andare in prigione» disse in tono aspro, sapendo che non lo avrebbe ascoltato. Se passare una settimana con lui non l'avesse convinta a cambiare linea, allora avrebbe ripreso le vie legali. L'avrebbe punita con il massimo della pena prevista dalla legge. Ma prima voleva quella settimana. Natale insieme. «Accadono tante cose senza che io lo voglia» gli rispose, guardando l'orologio che aveva al polso, come se avesse un appuntamento urgente da qualche parte. E lui si meravigliò di nuovo per la sua freddezza, per la sua incredibile calma. «In realtà hai la possibilità di scegliere» disse Tommaso. Emily inspirò lentamente ed espirò con altrettanta lentezza. Era stanca. Sapeva che non poteva continuare a lottare per sempre. Ma sapeva anche che non sarebbe crollata fino a quando non avrebbe portato anche lui alla rovina. «Non intendo cedere.» Fece una smorfia con un angolo della bocca, ma i suoi occhi blu erano duri, non c'era traccia di compassione. «Non mi aspetto che tu lo faccia.» 281
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