LYNNE GRAHAM
In balia del greco
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Greek's Christmas Bride Harlequin Mills & Boon Modern Romance © 2016 Lynne Graham Traduzione di Maura Arduini Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2018 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione Collezione Harmony gennaio 2018 Questo volume è stato stampato nel dicembre 2017 da CPI, Barcelona COLLEZIONE HARMONY ISSN 1122 - 5450 Periodico bisettimanale n. 3244 del 23/01/2018 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 22 del 24/01/1981 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano
Prologo Un po' a disagio, Holly ascoltò le voci maschili che provenivano dal terrazzo e aspettò il momento giusto per entrare nella conversazione. Impresa quasi impossibile, vista la scarsa considerazione di Apollo nei suoi confronti. Non che potesse farci molto, dal momento che era sposata con Vito, il miglior amico di Apollo. Solo da poco si era resa conto appieno di come i due fossero legati, e di quanto ci tenessero a scambiarsi di frequente opinioni, anche quando si trovavano agli estremi opposti del mondo. Entrambi ricchissimi, amici fin dagli anni del college, con il trascorrere del tempo erano diventati come fratelli, e Apollo aveva fatto di tutto per impedire a Vito di sposare lei, che ricca non lo era affatto. Proprio per questo Holly si era offerta di rimanere a casa, invece di andare con lui al funerale del padre di Apollo, ma Vito non aveva neppure preso in considerazione l'idea. Fino a quel momento, la loro permanenza a Nexos, l'isola di proprietà dei Metraxis, si era rivelata tutto fuorché piacevole. Il funerale era stato imponente. Tutte le matrigne di Apollo erano presenti, con relativa prole. E quel giorno c'era stata la lettura del testamento, cerimonia dalla quale Apollo era uscito infuriato, dopo aver appreso che gli serviva una moglie per poter ereditare il vasto impero paterno che già si era impegnato a dirigere 5
per conto del padre. Vito aveva condiviso quell'unico particolare con sua moglie, ed era già molto, considerata la sua innata discrezione. Ma siccome tutti coloro che in un modo o nell'altro conoscevano Apollo erano al corrente della profonda avversione che lui nutriva nei confronti del matrimonio, era chiaro che le ultime volontà del defunto lo avevano messo con le spalle al muro. «Dov'è il problema? Scegli una delle tue ragazze e chiedi la sua mano» suggerì Vito. Non sembrava affatto il marito amorevole che lei aveva sposato e che amava. «Ne hai una lista infinita. La porti all'altare, rimani con lei per il tempo che serve e poi...» «E poi come faccio a liberarmene?» sbuffò Apollo. «Le donne sono appiccicose come il Super Attak. Inoltre come potrei mai sperare di farle tenere la bocca chiusa? Se si venisse a sapere che la sposo solo per ereditare, le ex mogli di mio padre mi trascinerebbero in tribunale per impossessarsi dell'eredità. Ma tu prova a dire a una donna che non la vuoi più e lei lo prenderà come un insulto mortale e giurerà di fartela pagare.» «Per questo devi chiarire tutto prima. Organizza una selezione, come faresti per assumere una dipendente, e trova una donna che non abbia niente da rimproverarti. Considerata la tua cattiva reputazione, capisco che possa essere difficile...» Ora o mai più, pensò Holly. E uscì sul terrazzo. «Credo che assumere una moglie sia l'idea migliore» confermò con un pizzico di nervosismo. Nonostante l'elegantissimo abito scuro, Apollo non aveva perso la sua aria da cattivo ragazzo. Con i capelli neri alle spalle, gli occhi verdi e l'elaborato tatuaggio di un drago che gli spuntava dal polsino della camicia, Apollo aveva un'aria pericolosa, l'esatto contrario del marito di Holly. «Non mi pare proprio che qualcuno ti abbia invitata a 6
intervenire» ribatté Apollo, chiaramente seccato. «Tre cervelli sono meglio di due» replicò lei suadente, mettendosi seduta. «Davvero?» ribatté Apollo, sardonico. Lei si rifiutò di farsi intimidire. «Smettila di fare tutte queste storie...» «Holly» la riprese Vito. «Apollo esagera. È fatto così» ribatté lei. «Nessuna donna gli si appiccicherà come il Super Attak.» «Dimmene una che non lo farà» la sfidò Apollo. Holly sbatté le palpebre e si concentrò. Apollo era universalmente considerato un magnifico maschio alfa ultraricco, e ovunque si presentasse nove donne su dieci non lo mollavano più con lo sguardo. «Be', la mia amica Pixie, a esempio» dichiarò soddisfatta. «Lei non ti sopporta, e come lei ce ne saranno di sicuro altre.» Gli zigomi di Apollo tradirono un'ombra di colore. «Pixie è alquanto lontana dai parametri di scelta» si affrettò a precisare Vito. Lanciò un'occhiata di scusa in direzione di Apollo, che lo fissava costernato. No, non aveva tradito la sua fiducia raccontando a Holly gli estremi del testamento. E lei, all'oscuro di certi particolari, non poteva sapere quanto quel suggerimento fosse impraticabile. Ad Apollo il consiglio di Holly suonò come un'offesa, perché Pixie era solo una povera parrucchiera. Lui sapeva tutto di entrambe, perché le aveva fatte investigare a fondo, dopo che Holly era ricomparsa dal nulla, sostenendo di aver dato un figlio a Vito. Ed era anche rimasto sconcertato nell'apprendere delle cattive frequentazioni e dei molti debiti del fratello di Pixie, debiti che per qualche oscura ragione la ragazza aveva scelto di assumersi. Quei debiti avevano fruttato al fratello un pestaggio e a Pixie due fratture e quaranta giorni di sedia a rotelle, solo per aver tentato d'intromettersi. 7
Non c'era da meravigliarsi se d'istinto lui avesse diffidato di Holly, che le era amica. Si era aspettato che da un momento all'altro Pixie facesse un passo falso, cercando di trarre un vantaggio economico da quel legame di amicizia. Ma finora non era successo, e Apollo era quasi sollevato per non essere stato costretto a intervenire. Già Holly lo detestava, per via di quel che aveva detto al loro matrimonio... Pixie Robinson. Apollo continuò a ripensarci, mentre Vito e Holly salivano in camera a cambiarsi per la cena. Una piccola bambola bionda in sedia a rotelle, impossibile da dimenticare. Gli aveva lanciato occhiate velenose per tutto il giorno, cosa molto irritante. Il suggerimento di Holly era ridicolo. Come si poteva anche solo immaginare che lui e Pixie si mettessero insieme per fare un figlio? Ma Holly era all'oscuro di quel particolare, ricordò. Quanto a lui, era chiaro che aveva sottovalutato il vecchio. Vassilis Metraxis si era sempre preoccupato della continuazione della stirpe, ragion per cui si era risposato sei volte, nella speranza di avere un nuovo erede. Ma a dispetto di tutti quei tentativi, Apollo era rimasto figlio unico. Suo padre aveva cercato a più riprese di convincerlo a sposarsi, ma lui non aveva mai fatto mistero della propria volontà di rimanere celibe, e senza figli. A dispetto di tutte le manovre delle matrigne, il rapporto tra il padre e quell'unico figlio naturale era sempre stato molto stretto. Forse per questo gli estremi del testamento erano stati accolti con tanto stupore. Secondo quelle ultime volontà, Apollo poteva continuare a dirigere il vasto impero paterno e a godersi le sue proprietà, ma solo per i prossimi cinque anni. Entro tale periodo, se voleva mettere al sicuro l'eredità, doveva sposarsi e concepire un erede. In caso contrario, tutte le ricchezze dei Metraxis sarebbero state suddivise tra le ex 8
mogli del padre e i figli che avevano avuto con altri mariti, nonostante le laute buonuscite che avevano già ricevuto quando lui era in vita. Apollo non riusciva ancora a capacitarsi di come suo padre fosse in pratica riuscito a ricattarlo anche dalla tomba, e in modo così efficace... Irrigidito dalla tensione, guardò dal terrazzo le onde del mare che s'infrangevano sugli scogli. Era stato il nonno a comperare l'isola di Nexos e a costruirvi la villa di famiglia. Da allora, ogni Metraxis era stato sepolto nel piccolo cimitero accanto alla chiesa, compresa la madre di Apollo, morta nel darlo alla luce. Quell'isola era la sua casa, l'unica che avesse mai avuto, ed era sconcertante accorgersi che non sopportava neanche l'idea che passasse in altre mani, o venisse venduta. Troppo tardi si era accorto di tenere al nome e alle proprietà di famiglia molto più di quanto avesse mai immaginato. Si era opposto all'idea del matrimonio, e aveva giurato che mai e poi mai avrebbe avuto un figlio, perché non voleva che soffrisse quello che aveva patito lui da piccolo. Ed era stato un proposito sincero. Ora, dalla tomba, suo padre riusciva a rimettere tutto in discussione... Perché, alla resa dei conti, Apollo non voleva in nessun caso rinunciare a quel mondo che aveva dato per scontato, anche a costo di una durissima battaglia. Una battaglia combattuta contro le proprie inclinazioni e il proprio innato amore per la libertà, obbligato a dividere la vita con una donna, ad andarci a letto, a concepire un figlio che non desiderava. E qual era il metodo migliore? Vito lo aveva detto chiaro: doveva assumere una donna, disposta a sposarlo solo per denaro. Ma come poteva sperare che poi una donna del genere non andasse a spifferare i suoi segreti alla stampa? Era necessario che lui conservasse qualche 9
potere, su quella donna. Era necessario che lei avesse un buon motivo per tacere. E questo lo riportava al principio. Anche se non l'avrebbe mai presa in considerazione, lui aveva bisogno di una donna come Pixie Robinson. Nel suo caso, Apollo avrebbe pagato i debiti del fratello scapestrato e si sarebbe servito di questo per assicurarsi che lei tenesse la bocca chiusa, nell'interesse di entrambi. Dove mai poteva trovare un'altra donna nella stessa situazione? Certo, se solo avesse avuto più fiducia nel genere femminile sarebbe stato meno cauto. Ma il cinismo di Apollo si fondava sul contatto diretto con sei matrigne e un numero imprecisato di fidanzate, che lo avevano convinto a non fidarsi mai più di una donna nella sua vita. La prima di quelle matrigne lo aveva spedito in collegio a quattro anni. La seconda lo picchiava. La terza lo aveva sedotto. La quarta aveva fatto scomparire il suo amato cane. La quinta aveva tentato di appioppare a suo padre il figlio di un altro. E poi c'erano tutte le donne che si era portato a letto nel corso degli anni. Sempre belle, sessualmente disinibite e avide di ricchezze, di norma avevano cercato di trarre il massimo vantaggio economico nel corso della relazione. Lui non aveva incontrato donne di altro tipo, e non aveva nemmeno creduto che esistessero. Però doveva ammetterlo, Holly era diversa. Si vedeva che adorava Vito e il loro bambino. Dunque, là fuori, c'era un'altra categoria di donne: quelle che erano capaci di amare. Non che lui ne cercasse una. L'amore, con tutte le sue leggi, lo avrebbe soffocato. Apollo ricacciò indietro un brivido. La vita era troppo breve per compiere un simile errore. Però restava il fatto che aveva bisogno di una moglie. Una moglie su cui esercitare il proprio controllo. Il pensiero tornò a Pixie e ai suoi problemi economici, causati 10
da un fratello debole e inetto. Doveva essere una sciocca a sentirsene responsabile, fino a rischiare di rovinarsi la vita. Non avendo mai avuto né un fratello né una sorella, per Apollo era molto difficile afferrare il concetto di sacrificio... Ma fino a che punto era disposta ad arrivare, Pixie Robinson, per salvare la pelle a suo fratello? All'improvviso lo divertì pensare che conosceva lo stato delle cose molto meglio di Holly, che aveva anche aggiunto che Pixie non lo poteva soffrire. Doveva essere cieca. Lui aveva sentito lo sguardo di quella piccola venere bionda su di sé per tutto il tempo della cerimonia. L'ombra di un sorriso gli addolcì appena le belle labbra sensuali. Valeva la pena di andare a conoscerla da vicino, pensò, per capire se poteva essergli utile. Dopotutto, lui cosa aveva da perdere?
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1 «Buongiorno, Ettore...» borbottò Pixie svegliandosi con l'amato gomitolo di peli incollato al petto. Soffocò uno sbadiglio e si stirò, prima di alzarsi per raggiungere il bagno che divideva con le altre inquiline dello stesso piano. Ritornò lavata e vestita, raccolse il guinzaglio rosso del terrier dal pavimento e portò fuori il cane per la passeggiata mattutina. Ettore trotterellò lungo la strada, un po' inquieto. Tremò, quando scorse un altro cane sul marciapiede opposto. Era sempre spaventato da tutto quello che la vita gli metteva di fronte. La gente, gli altri animali, il traffico e i rumori improvvisi gli accendevano lampi di panico negli occhi. Per il resto del tempo era tranquillo, e non abbaiava mai. «Deve averlo imparato da piccolo» le aveva spiegato il veterinario che aveva lo studio proprio di fianco al salone di bellezza dove lei lavorava. «Ha paura e non vuole attirare l'attenzione su di sé. Capita agli animali che hanno subìto qualche abuso. Però è un esemplare giovane e sano, con una lunga vita davanti a sé.» Lei ancora non si capacitava di averlo voluto adottare, a dispetto di tutti i problemi che aveva in quel periodo. Ma non era la prima volta che si trovava a dover superare delle avversità nella vita, ed Ettore aveva già ripagato la sua generosità con una montagna di affetto. La consolava 12
e le scaldava il cuore con le sue timidezze e le sue follie. Era stato capace di occupare, quasi per intero, il gigantesco spazio vuoto lasciato nel mondo di Pixie dalla partenza di Holly e Angelo. La sua migliore amica si era trasferita in Italia per sposarsi, ma non era stato questo ad allontanarle, quanto piuttosto il peso di troppe cose non dette. Purtroppo, Pixie non poteva raccontarle di tutti i debiti messi insieme da suo fratello Patrick al tavolo da gioco, senza che Holly si offrisse di saldarli per lui. Holly era molto generosa, ma Patrick non era certo affar suo, né di suo marito Vito. Spettava solo a lei, Pixie, occuparsene, come aveva sempre cercato di fare dal giorno della morte della loro madre. «Promettimi che ti prenderai cura di tuo fratello» l'aveva supplicata Margery Robinson, ormai gravemente ammalata. «Ricordati, non ha che te.» Ma prendersi cura di Patrick era diventato quasi impossibile, quando i servizi sociali li avevano destinati a famiglie diverse. Negli anni più importanti per la formazione, quelli dell'adolescenza, Pixie aveva potuto rivedere il fratello solo pochissime volte. Poi, raggiunto un minimo di stabilità economica con il suo lavoro di parrucchiera, aveva cercato di riallacciare i rapporti andando a trovare regolarmente Patrick a Londra. All'inizio era andato tutto bene. Lui lavorava come elettricista per una grande impresa edile, viveva con una ragazza e sembrava aver messo la testa a posto. Purtroppo, a un certo punto era caduto nella trappola del gioco d'azzardo e ora doveva una grossa somma a un tizio molto pericoloso. Con coraggio, Pixie aveva ridotto le spese e si era spostata dal decoroso appartamento un tempo diviso con Holly in un alloggio molto più economico. Ogni settimana spediva al fratello quasi tutto il denaro che guadagnava, ma i tassi d'interesse erano così elevati che il 13
debito continuava a crescere, e Pixie cominciava a temere che Patrick avrebbe pagato davvero con la vita tutti i suoi sbagli. Sudava ancora freddo ricordando la notte in cui due energumeni erano venuti a bussare alla porta, quando lei era andata a trovarlo per qualche giorno. L'avevano pestato a sangue e minacciato di morte per punirlo di non aver consegnato la somma pattuita e lei, nel tentativo di difenderlo dal pestaggio, era caduta dalle scale rompendosi entrambe le gambe. Le conseguenze erano state disastrose, perché in seguito non aveva più potuto lavorare per tre mesi ed era dovuta ricorrere ai servizi sociali. Cominciava a riprendersi dall'incidente solo ora, a distanza di sei mesi, ma purtroppo non si vedeva ancora alcuna luce in fondo al tunnel. Il debito di Patrick era lievitato ancora e il suo creditore non sembrava il tipo disposto ad aspettare in eterno, anzi. Dare una lezione esemplare a suo fratello sarebbe servito a intimidire anche gli altri debitori. Riportato Ettore a casa, Pixie si diresse a piedi al lavoro. Vendere Clementine, la sua auto, era stato il primo dei sacrifici economici con cui aveva cercato di far fronte alla situazione. Per fortuna, nella piccola cittadina del Devon in cui viveva un mezzo di trasporto non era essenziale. Entrando, salutò in fretta le colleghe e la titolare, Sally, poi andò a depositare la borsa nell'armadietto. Lo specchio vicino le rimandò un'immagine che la fece trasalire. Negli ultimi tempi non era al massimo. Aveva solo ventitré anni... da quando aveva un aspetto così scialbo? Un paio di jeans e via, i capelli biondi alle spalle, un filo di trucco e nient'altro. Si era lasciata alle spalle i giorni in cui ancora amava stupire, perché i look un po' meno avventurosi sembravano avere un effetto più tranquillizzante sui clienti. Dopo il terzo appuntamento poté tirare il fiato, controllò la tabella di marcia e non riconobbe il nome segnato 14
dopo. Era di un uomo, e la sorprese che non avesse richiesto l'unico parrucchiere maschio del salone. E poi, senza alcun preavviso, vide Apollo Metraxis entrare dalla porta d'ingresso, e tutte le ragazze ammutolire mentre se lo mangiavano con lo sguardo. Apollo venne dritto verso di lei. «Tocca a me» annunciò. Pixie lo fissò per un attimo, sbalordita. «Che cosa diavolo ci fai qui?» domandò poi, preoccupata. «È successo qualcosa a Holly e a Vito?» «Avevo bisogno di una spuntatina» dichiarò lui, del tutto a proprio agio nonostante tutti quegli occhi puntati addosso. Indossava un giubbotto nero da ciclista, jeans attillati e stivaletti. Sembrava altissimo. Gli occhi verdi scintillavano nel viso abbronzato. «Ma Holly? E Angelo? E Vito?» insistette lei. La maglietta candida sembrava incollata ai suoi addominali. «Per quel che ne so, stanno tutti bene» si spazientì lui. E dunque non si spiegava che cosa ci facesse un milionario greco come lui nel salone di una parrucchiera di provincia dove, era chiaro, non conosceva nessuno a parte lei. Senza contare che non si erano mai parlati prima d'ora, e che al matrimonio di Holly lui non l'aveva neppure degnata di uno sguardo. Pixie ricordava benissimo la sua aria altezzosa e i modi scortesi. «Scusa, ma adesso ho un altro appuntamento.» «Sono io. John Smith. Non ti è sembrato un nome un po' strano?» ironizzò lui. L'unica cosa strana che lei percepiva in quel momento era che Apollo Metraxis si trovasse lì. E percepiva anche la fragranza della sua costosa acqua di colonia, agli agrumi. «Il giubbotto, prego» disse, lottando per ritrovare il contegno. Lui se lo tolse, i muscoli danzarono sotto la maglietta e sul braccio denudato comparve il tatuaggio del drago che 15
Pixie aveva già notato al matrimonio. Lei appese in fretta il giubbotto di pelle all'attaccapanni lì vicino. «Puoi accomodarti al lavatesta» gli disse. Le mancò il fiato alla sola idea di mettere le mani su di lui. Apollo la fissò. Era anche più piccola di come la ricordava, gli arrivava a malapena alle spalle, e di certo c'erano donne con curve più appariscenti... Però aveva due grandi occhi grigi incredibilmente espressivi, il naso piccolo e una pelle così immacolata da sembrare di porcellana. Di sicuro, era molto più autentica e naturale delle donne a cui lui era abituato. Niente silicone nel seno e niente lampada. Quando si sedette lei lo ricoprì con una mantella leggera e gli mise anche un asciugamano dietro il collo, decisa a non lasciarsi intimidire. «Allora, che cosa diavolo ti ha portato fin qui?» chiese. «Non indovinerai mai» replicò lui, rovesciando indietro la testa. Pixie fece scorrere l'acqua, guardandogli la magnifica capigliatura folta, nera come l'ala di un corvo. La risposta evasiva la riempì di frustrazione. «Quando hai visto per l'ultima volta i nostri comuni amici?» domandò, sforzandosi di sembrare naturale. «Al funerale di mio padre, la scorsa settimana» spiegò lui. Pixie si irrigidì. «Mi dispiace. Condoglianze...» borbottò in fretta. «Non hai motivo di dispiacerti» ribatté lui, ironico. «Non lo conoscevi, e non conosci neanche me.» Lei strinse i denti poi gli rovesciò un po' di shampoo sui capelli. «È solo quel che dice la gente quando vuole mostrarsi solidale.» «E tu vuoi mostrarti solidale?» Pixie provò l'impulso di affogarlo con la doccetta che aveva in mano. Strinse ancor più i denti. 16
«Io mi sento solidale con chiunque subisca un lutto.» «Non è stata una morte improvvisa» ribatté seccamente Apollo. «L'aspettavamo da tempo.» Le ciglia, vergognosamente lunghe, si abbassarono su quegli occhi verdi da favola, mentre Pixie continuava la sua opera in automatico, con la mente che ribolliva di domande. Che cosa voleva Apollo da lei? Era sciocco pensare che la sua improvvisa comparsa lì avesse qualcosa a che fare con lei? E in che modo, di preciso? Al di là del legame comune con Holly e Vito non c'erano altri possibili collegamenti. «Parlami di te» la invitò lui, sconcertandola. «Perché dovrei?» «Perché te l'ho appena chiesto... è educazione, no?» suggerì lui, con il suo accento perfetto. «Parliamo di te, piuttosto» suggerì Pixie. «Che cosa ci fai in Inghilterra?» «Sono qui per affari. E per vedere degli amici» rispose lui con noncuranza. Lei applicò il balsamo poi si lanciò in un massaggio del cuoio capelluto con dita nervose. Si ricordò all'improvviso di non averglielo neanche chiesto ma continuò, giusto per reggere la situazione e tenersi occupata. Apollo si rilassò, chiedendosi pigramente se fosse altrettanto brava anche in altri tipi di massaggi. Le indagini non avevano gettato molta luce sulla vita sessuale di Pixie, che del resto era stata confinata a casa per mesi dalla frattura delle gambe. Mentre quelle dita affusolate continuavano a muoversi ritmicamente sulla sua testa, lui si immaginò nudo, e avvertì subito un principio di erezione. Irritato per la risposta che quel massaggio aveva prodotto nel suo corpo teso, pensò a quanto avesse bisogno di distendersi con un po' di buon sesso. La sua ultima relazione si era interrotta poco prima della morte di suo padre, e da allora non c'era stato neppure il tempo per pen17
sarci. Due settimane senza sesso erano un tempo lunghissimo per i suoi standard. Se avesse trovato Pixie sgradevole, certi pensieri non gli sarebbero neppure apparsi alla mente. Ma non era così. Diavolo... Lei gli risciacquò i capelli e lo frizionò con un asciugamano. Fu un sollievo alzarsi da lì e spostarsi su un'altra sedia. «Che cosa vuoi che faccia?» chiese Pixie dopo averlo pettinato. Lui fu quasi sul punto di dirle che cosa voleva davvero, perché non aveva mai provato una reazione così elementare ed entusiastica per una donna... «Solo una spuntatina... lasciali lunghi» l'avvertì. Nel frattempo si stava chiedendo il perché di tutta quell'attrazione. Il fascino della novità? Di solito, lui sceglieva le bionde, alte e formose. Forse si era stufato di una serie di fidanzate così simili da sembrare intercambiabili. Vito gli aveva ripetuto spesso che a conquistarlo era stata la natura pratica e generosa di Holly... ma lui, Apollo, non aveva aspettative così alte. Che Pixie potesse anche piacergli a letto era già un extra importante. Se poi fosse rimasta anche incinta in fretta l'avrebbe trattata come una principessa, e se gli avesse dato un erede le avrebbe garantito una rendita per tutta la vita. Lui credeva nei risultati concreti. Naturalmente, lei poteva anche rifiutare. Non gli era mai successo prima d'ora che una donna lo rifiutasse, ma ci doveva pur essere una prima volta. E di sicuro Apollo non aveva mai chiesto a una donna di fare un figlio insieme. C'era poi il rischio di rendersi vulnerabile: se avesse raccontato a Pixie tutta la verità lei avrebbe potuto rivendersi i suoi segreti alla stampa... Quindi, comunque lei reagisse, avrebbe dovuto pagarla in ogni caso, per tenere la bocca chiusa. Il che lo disturbava non poco. Lei si allontanò per un attimo. Corse a impedire che una cliente sbadata facesse ribaltare l'attaccapanni lì vicino 18
e lo specchio rimandò ad Apollo l'immagine del suo fondoschiena perfetto. Pixie tornò e cominciò a lavorare di forbici. Sembrava sicura di quel che faceva, e ogni tanto gli passava le dita tra i capelli in un gesto che era come una carezza. Lui la osservò da sotto le ciglia abbassate, chiedendosi se per caso non fosse un velato segnale, ma il viso di Pixie sembrava concentrato su quel che stava facendo, gli occhi lontani e le labbra serrate. Il che non gli impedì d'immaginare quelle dita altrove, sulla sua pelle. E più ci pensava, più l'eccitazione cresceva. Quando lei impugnò il phon, Apollo cercò di dissuaderla. Di solito non si asciugava mai i capelli, poi li inumidiva per rendersi presentabile. Lei gli giurò che era in grado di domare quella criniera selvaggia, e che non se ne sarebbe pentito. Prima di mettere le mani tra i capelli di Apollo Pixie non aveva mai pensato che il suo lavoro potesse diventare un'esperienza così intima. Ma maneggiare quella criniera così folta e morbida l'aveva portata tanto vicina a lui da sentirsi a disagio. Apollo sapeva di buono, e di sole, tanto che sarebbe voluta andare con il naso ancora più vicino... Non si era mai sentita così con un cliente, prima di allora. Di certo non poteva essere attrazione. Piuttosto era un sintomo di nervosismo. Apollo era una specie di celebrità, un playboy internazionale osannato dai media, e qualunque donna si sarebbe sentita altrettanto inquieta, in sua presenza. Era come trovarsi un leone nella stanza, all'improvviso. Non si poteva fare a meno di guardarlo ammirati, e di avvertire la paura per quel che avrebbe potuto fare dopo. Apollo scattò in piedi e Pixie andò in fretta a prendergli il giubbotto. Lui si fermò al banco della ricezione e lei attese che pagasse. Lo vide infilare la mano in tasca e corrugare la fronte. La fissò. 19
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