CAROLE MORTIMER
In guerra col capo
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: At the Ruthless Billionaire's Command Harlequin Mills & Boon Modern Romance © 2017 Carole Mortimer Traduzione di Laura Premarini Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2018 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione Collezione Harmony aprile 2018 Questo volume è stato stampato nel marzo 2018 da CPI, Barcelona COLLEZIONE HARMONY ISSN 1122 - 5450 Periodico bisettimanale n. 3264 del 10/04/2018 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 22 del 24/01/1981 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano
Prologo «Cosa ci fa lui qui?» Lia non riusciva a staccare gli occhi dall'uomo di fronte a lei, che si teneva leggermente in disparte dal loculo, dove stava per essere messa a riposo per sempre la bara di suo padre. «Chi...? Oh, Dio, no!» Lia ignorò l'esclamazione contrariata della sua amica, mentre i piedi sembravano muoversi indipendentemente dalla sua volontà, avvicinandosi a quell'uomo scuro e minaccioso, la cui immagine aveva ossessionato le sue giornate e infestato i suoi incubi nelle ultime due settimane. «Lia... no!» Si rese conto a malapena di avere respinto Cathy che cercava di trattenerla, mentre la sua attenzione era tutta concentrata su un solo uomo: Gregorio de la Cruz, il maggiore dei tre fratelli de la Cruz. Era ben più alto della media e portava i capelli scuri leggermente lunghi. Aveva una carnagione olivastra e un viso dalla bellezza fiera di un conquistatore. Lia sapeva che era anche spietato e freddo. de la Cruz era un miliardario trentaseienne privo di scrupoli, amministratore delegato dell'impero finanziario mondiale appartenente alla famiglia de la Cruz. Negli ultimi dodici anni da solo, grazie alla sua risoluta determinazione, aveva costruito quell'impero per sé e per i suoi due fratelli. Era anche 5
l'uomo responsabile di avere ridotto, due settimane prima, il padre di Lia in un tale stato di disperazione, da farlo rimanere vittima di un attacco cardiaco che gli era risultato fatale. Lia lo odiava con ogni cellula del proprio essere. «Lei come osa venire qui?» La testa di Gregorio de la Cruz scattò in su e i suoi occhi neri si socchiusero fissando Lia con la stessa crudeltà del suo cuore. «Signorina Fairbanks...» «Le ho chiesto come osa mostrare qui la sua faccia?» sibilò lei, le mani così serrate lungo i fianchi, che le unghie penetrarono nella carne dei suoi palmi. «Questo non è il momento...» Fece per rispondere lui, ma fu subito interrotto dalla mano di Lia che fulminea scattò sulla sua guancia cesellata, lasciandovi piccole strisce di sangue a causa dei piccoli tagli che si era procurata nel palmo. «No!» Lui alzò la mano per fermare due uomini in abito scuro che erano subito scattatati in avanti. «È la seconda volta che mi schiaffeggia, Amelia. La avverto, non permetterò che accada una terza.» La seconda volta? Oh Dio... sì! Due mesi prima, una sera suo padre li aveva presentati in un ristorante. Entrambi stavano cenando con altra gente, ma Lia si era continuamente sentita addosso lo sguardo insinuante di Gregorio de la Cruz. Era rimasta a dir poco sorpresa quando, a metà serata, uscendo dal bagno delle signore, se lo era trovato davanti che la aspettava in corridoio. Ed era rimasta ancora più sorpresa, quando lui le aveva sibilato quanto la desiderasse prima di baciarla. Quella era la ragione per cui lo aveva schiaffeggiato la prima volta. A quel tempo lei era fidanzata e quella sera de la Cruz era stato presentato anche al suo fidanzato oltre che a lei, quindi era andato ben oltre il limite. «Tuo padre non avrebbe voluto tutto questo.» Gregorio mantenne la voce bassa per non farsi sentire dagli 6
altri partecipanti al funerale riuniti attorno al feretro. Gli occhi di Lia luccicarono di rabbia. «E tu come diavolo faresti a sapere cos'avrebbe voluto mio padre, quando non sai, non sapevi, nulla di lui? A parte, naturalmente, che è morto!» aggiunse con veemenza. Gregorio sapeva molto di più su Jacob Fairbanks di quanto ovviamente sua figlia pensasse. «Ripeto, questo non è il momento per una simile conversazione. Ne riparleremo quando sarai più calma» replicò lui, passando a sua volta al tu. «Per quel che ti riguarda, questo non accadrà mai» gli assicurò lei, con voce dura per il disprezzo. Gregorio si rimangiò la risposta, consapevole che l'aggressione di Amelia Fairbanks fosse dovuta al dolore per la recente e inaspettata perdita del padre. Jacob era un uomo per cui Gregorio aveva nutrito un profondo rispetto e con cui aveva subito simpatizzato, sebbene dubitasse che ora sua figlia gli avrebbe creduto. Sui giornali erano apparse diverse fotografie di Amelia dopo la morte improvvisa di suo padre due settimane prima, ma avendola già incontrata e desiderata di persona, Gregorio sapeva che nessuna di quelle immagini le aveva reso giustizia. I suoi capelli, lunghi fino alle spalle, non erano semplicemente rossi, ma accesi da mille sfumature dorate e color cannella. I suoi occhi erano di un intenso, profondo grigio, con un anello scuro attorno all'iride. Lei era comprensibilmente pallida, ma quel pallore non sminuiva la stupefacente bellezza dei suoi zigomi alti, o la levigatezza della sua pelle simile a quella di una magnolia. Lunghe ciglia scure incorniciavano quegli stupefacenti occhi grigi, insieme a un naso piccolo ed elegante e labbra piene, simili a un bocciolo, su un mento determinato. Era piccola di statura e snella, ma l'abito nero che indossava sembrava penderle un po' troppo largo, come se avesse perso peso di recente, cosa che era ovviamente accaduta. Amelia Fairbanks 7
era davvero una bella donna e la fitta acuta di desiderio che lui avvertiva soltanto nel guardarla e nel respirare la nota speziata del suo profumo, era del tutto inappropriata, vista la triste occasione. «Ne riparleremo, signorina Fairbanks.» Questa volta il suo tono non ammetteva replica. «Non credo proprio» rispose lei, disdegnando la sua certezza. Oh, se si sarebbero incontrati di nuovo! Gregorio si sarebbe assicurato che accadesse. Il suo sguardo era cauto, mentre le rivolgeva un inchino e si voltava ad attraversare il prato, per poi salire su una limousine nera che lo attendeva appena fuori dal cimitero. «Señor de la Cruz?» Gregorio alzò lo sguardo e vide che Silvio, una delle sue due guardie del corpo, gli porgeva un fazzoletto. «Ha del sangue sulla guancia. Non il suo, ma quello della donna» gli spiegò, quando Gregorio gli rivolse un'occhiata interrogativa. Lui afferrò il fazzoletto e se lo passò sulla guancia, poi abbassò lo sguardo sul sangue che ora macchiava il cotone bianco. Il sangue di Amelia Fairbanks. Distrattamente, lo infilò nel taschino della giacca, mentre con lo sguardo la individuava di fianco al feretro, ferma accanto a una donna bionda alta. Amelia sembrava piccola e vulnerabile, ma la sua espressione non era per nulla composta, mentre faceva un passo avanti per posare una sola rosa rossa sulla bara di suo padre. Che lei lo desiderasse o meno, Gregorio e Amelia Fairbanks si sarebbero incontrati di nuovo. L'aveva sempre desiderata in quei due mesi, poteva attendere ancora un po', prima di pretenderla.
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1 Due mesi dopo «Non mi sono mai resa conto di avere accumulato così tanta roba» gemette Lia, mentre trasportava un'altra enorme scatola di cartone nel suo nuovo appartamento e la sistemava insieme a un'altra dozzina ammucchiata nel piccolo salotto. «Sono certa che la maggior parte di questa roba non mi serve, non ho proprio idea di dove sistemerò tutto.» Si guardò attorno nel minuscolo appartamento londinese, composto da salotto con cucina a vista, una camera da letto e un bagno. Era di gran lunga rimpicciolito, rispetto alla casa a tre piani in stile Regency dove aveva vissuto con suo padre. I poveri non potevano scegliere. Non che Lia si definisse esattamente tale, aveva un po' di denaro da parte, lasciatole da sua madre, ma ora lo stile di vita agiato che aveva condotto per tutti i suoi venticinque anni di vita non esisteva più. I beni di suo padre erano stati congelati nell'attesa che venisse valutata la portata dei suoi debiti e venissero estinti dai suoi esecutori testamentari, il che avrebbe richiesto mesi, se non anni. Considerando la pessima situazione finanziaria in cui si era trovato suo padre prima di morire, Lia dubitava che sarebbe rimasto qualcosa. La loro casa di famiglia era stata uno di quei beni e, sebbene lei avesse potuto continuare a vi9
verci, finché tutto non fosse stato sistemato, aveva preferito non farlo. Anche gli strozzini erano già in azione come squali, pronti ad assicurarsi i beni delle Industrie Fairbanks, appena gli esecutori avessero deciso quando e come sarebbero stati liquidati per pagare i debiti. Lia aveva usato il proprio denaro per pagare le spese del funerale e il deposito su quell'appartamento, oltre ai pochi mobili che aveva ritenuto necessari per riempire i piccoli spazi. Non le era stato permesso di prendere nulla dalla casa, a parte i suoi oggetti personali. Aveva rassegnato le dimissioni da tutte le attività di beneficenza che avevano sempre impegnato molto del suo tempo. Con suo padre morto e le sue proprietà confiscate, quegli enti non consideravano più il nome Fairbanks utile alla loro causa! Lia aveva anche cercato e trovato un lavoro che la retribuiva con un vero stipendio. Aveva bisogno di riuscire a guadagnare abbastanza per mantenersi e pagare l'affitto di quell'appartamento. Essere stata capace di riappropriarsi della propria vita la faceva sentire stranamente bene. «Devi avere pensato che ne avevi bisogno, quando hai fatto i bagagli» osservò Cathy, senza aggiungere ciò che entrambe sapevano: un sacco dei contenuti di quelle scatole non erano affatto di Lia, ma si trattava di oggetti personali di suo padre che le era stato permesso di prendere dalla loro casa. Oggetti che non avevano valore, ma che avevano significato qualcosa per lui e che Lia non poteva sopportare di lasciare. Lia aveva messo tutte quelle scatole da parte negli ultimi due mesi, mentre era rimasta dalla sua cara amica Cathy e da suo marito Rick. Era stato un vero e proprio balsamo per i suoi sentimenti distrutti, ma era una situazione che di certo non poteva continuare indefinitamente. Da qui il suo trasferimento in quell'appartamento. A stento aveva superato lo shock devastante di trovare suo padre accasciato sulla scrivania del suo studio, morto in seguito a 10
un attacco di cuore che, le avevano assicurato i medici, lo aveva ucciso all'istante. Un modesto conforto, visto che si parlava dell'uomo che Lia aveva amato con tutta se stessa. A volte desiderava ancora trovarsi in preda a quella sorta di torpore. Il vuoto lasciato dalla perdita così repentina del padre era irreparabile. Spesso le capitava, quando meno se lo aspettava, di sentirsi soffocare da una sofferenza profonda e invalidante, magari quando era in coda al supermercato, o mentre passeggiava nel parco, perfino quando era distesa in una vasca di bagnoschiuma profumato. Lo smarrimento la colpiva con la forza di un rimorchio, debilitandola del tutto finché il peggio del dolore passava. «Penso sia il momento di un bicchiere di vino» annunciò Cathy. «Hai idea di quale di queste scatole contenga i bicchieri?» chiese sorridendo. «Sono in difficoltà con lo spazio, ma ragiono!» esclamò Lia, mentre si dirigeva verso la scatola con la dicitura Cristalli e la apriva, estraendone due bicchieri avvolti in carta di giornale. «Ta-daaa!» glieli porse trionfante. Non aveva idea di cosa avrebbe fatto senza lei e Rick dopo che suo padre era morto. Lia e Cathy erano amiche dall'età di tredici anni, quando avevano frequentato lo stesso collegio. Cathy era come la sorella che non aveva mai avuto e, fortunatamente, lavorava come agente immobiliare. Era stata lei che aveva trovato a Lia quell'appartamento così a buon mercato. La loro amicizia le aveva sempre arrecato beneficio. «Ora dovresti tornare a casa da tuo marito» la incoraggiò, sorseggiando il vino. «È tutto il giorno che Rick non ti vede.» Rick Morton era uno degli uomini più gentili che Lia avesse mai incontrato e si era dimostrato amico quanto Cathy, specialmente in quegli ultimi due mesi. Ma il pover'uomo doveva avere desiderio di riappropriarsi di moglie e appartamento. 11
«Sei sicura che starai bene?» si preoccupò Cathy. «Benissimo» confermò convinta Lia. Quel pomeriggio avevano persuaso Rick ad andare e godersi una partita di calcio con i suoi amici. Una piacevole pausa per lui che aveva permesso a Cathy di aiutare Lia a trasferirsi nella sua nuova casa. Ma c'era un limite per quanto poteva intromettersi nel matrimonio della coppia. «Inizierò a sistemare l'occorrente per farmi il letto e mi cucinerò qualcosa di leggero prima di andare a dormire.» Lia sbadigliò, era stata una lunga giornata. «Non ho solo un nuovo appartamento da organizzare, ma devo anche prepararmi per il mio nuovo lavoro lunedì mattina!» «Ce la farai» rispose Cathy infilandosi la giacca. Lia ne era certa. Dopo quegli ultimi due mesi sapeva di essere in grado di badare a se stessa. Tuttavia, doveva ancora combattere le farfalle che le attaccavano lo stomaco, ogni volta che pensava a tutti i cambiamenti da quando suo padre era... morto. Si sentì soffocare di nuovo a quella parola, probabilmente perché non riusciva ancora a credere che se ne fosse andato per sempre. E non sarebbe accaduto se Gregorio de la Cruz non avesse ritirato l'offerta di rilevare le Industrie Fairbanks. Potevano anche essere stati gli avvocati ad avere presentato a suo padre quella condanna a morte, ma Lia era sicura che il responsabile per la rettifica di quell'offerta fosse Gregorio de la Cruz in persona. Per mesi suo padre aveva assistito al declino della propria società e, sapendo di essere sull'orlo della bancarotta, aveva deciso che l'unica possibilità era vendere. Lia era fermamente convinta che il ritiro di quell'offerta fosse stato il colpo finale che lo aveva devastato, causandogli l'attacco cardiaco fatale. Era per questo che ora tutta la sua rabbia e il risentimento erano concentrati sull'uomo che riteneva responsabile. Purtroppo erano sentimenti inuti12
li, perché non sarebbe mai riuscita a colpire un uomo potente come Gregorio de la Cruz. Non solo lui era ricco come Creso, ma anche gelidamente distaccato e irraggiungibile. Si era perfino permesso di presentarsi al funerale di suo padre accompagnato da due guardie del corpo, ma nessuna delle due era riuscita a impedirle di schiaffeggiarlo. Forse perché Gregorio de la Cruz l'aveva lasciata fare? In effetti aveva ordinato ai due energumeni di stare indietro, invece di proteggerlo. Fortunatamente si era trattato di un funerale in forma privata, senza fotografi pronti a immortalare la scena che il giorno dopo sarebbe sicuramente apparsa su tutti i giornali. C'erano già state abbastanza chiacchiere dopo l'improvvisa morte di suo padre, senza aggiungerne altre con il suo attacco personale a Gregorio de la Cruz. Tuttavia non poteva negare di avere provato una certa soddisfazione a colpire il bel viso di quell'austero spagnolo e ancora di più nel vedere il proprio sangue rigargli la guancia serrata. Giorni, settimane e mesi erano passati, senza che si avverasse l'agghiacciante promessa di de la Cruz che si sarebbero rincontrati di nuovo e Lia era riuscita a distogliere la mente da quell'uomo. Era una vera fortuna perché la sua energia mentale era a malapena sufficiente per concentrarsi sulle cose che necessitavano della sua immediata attenzione. Come per esempio svuotare la casa, con l'aiuto di Cathy e Rick, e trovarsi un appartamento e un impiego. Ora aveva portato a termine con successo tutte quelle cose, incluso assicurarsi un lavoro come receptionist in uno dei principali hotel di Londra. Non avendo voglia di rispondere a domande imbarazzanti da parte di un eventuale datore di lavoro o, ancora peggio, detestando l'idea di divenire la destinataria di occhiate pietose che le avrebbero solo fatto provare il desiderio di piangere, Lia aveva risposto alle offerte di lavoro sotto il cognome di Faulkner, il nome da ragazza di sua madre. Tuttavia, non aveva 13
dubbi che erano stati i suoi anni come Amelia Fairbanks a darle l'equilibrio e l'esperienza necessaria per assicurarsi quel lavoro. Ovviamente al manager dell'hotel erano piaciute la sua presenza e i suoi modi raffinati, così le aveva subito concesso un giorno di prova. In seguito aveva ammesso di essere rimasto colpito dal suo calore e dai modi composti con cui si era rapportata con alcuni dei loro più difficili clienti. Il pover'uomo non poteva sapere che lei si era sempre trovata dall'altra parte della reception, registrandosi in hotel altrettanto esclusivi in tutto il mondo. Quindi... nuovo appartamento, nuovo lavoro. Cathy aveva ragione: ce l'avrebbe fatta! Ma di certo non se uno dei suoi nuovi vicini di casa decideva di suonarle il campanello della porta alle nove di sera, quando era a mollo in un meritato bagno rilassante, dopo aver ingoiato un toast ed essersi costretta a svuotare una mezza dozzina di scatoloni. Doveva trattarsi per forza di qualcuno della casa, perché Lia non aveva ancora mandato il suo nuovo indirizzo a nessuno. Era l'altro compito che avrebbe dovuto fare, una volta sistemata e pronta a ricevere visite. Non che si aspettasse di averne molte, era incredibile quanti che aveva sempre giudicato amici, le avessero voltato le spalle ora che non era più l'Amelia Fairbanks, figlia del ricchissimo uomo d'affari Jacob Fairbanks. Perfino David si era affrettato a rompere il loro fidanzamento. Ma ora non voleva pensare al suo ex fidanzato! Soprattutto dopo il modo in cui era sparito, proprio quando aveva più bisogno di lui. Andare ad aprire la porta con indosso soltanto un telo di spugna, non era certo il modo migliore di conoscere uno dei nuovi vicini, ma sarebbe stato ancora peggio se Lia non avesse risposto. Doveva essere ovvio che fosse in casa, dopo il rumore che aveva fatto nel disfare gli scatoloni e sistemare in giro le sue cose. Si trattava di vicini impazienti stabilì, quando 14
il campanello suonò di nuovo, prima ancora che avesse il tempo di avvolgersi nel telo. Per lei era una novità vivere in un appartamento, ma sapeva che era sempre meglio guardare attraverso lo spioncino prima di aprire la porta. Solo che nel corridoio non si vedeva nessuno, il che significava che chiunque fosse non voleva essere visto. Ebbene, c'era sempre la catena di sicurezza per impedire a chiunque di entrare, se lei non voleva. E quello non era proprio il momento! La ragione per cui chi aveva suonato si era nascosto, divenne ovvia nel momento in cui lei aprì la porta e si trovò davanti Gregorio de la Cruz, lì immobile nel corridoio! «Non credo proprio.» Rapido, lui infilò la sua scarpa nella fessura lasciata dalla catena della porta, impedendole di richiudergliela in faccia. «Cosa ci fai qui?» chiese lei, con le mani così avvinghiate alla porta che le nocche le erano già divenute bianche. Ancora una volta lui indossava uno di quegli impeccabili abiti scuri di sartoria. Con quei capelli leggermente scompigliati, sembrava un modello appena sceso dalla passerella. «Sembra che tu mi abbia già fatto la stessa domanda diverse volte» rispose tranquillo. «Forse in futuro potrebbe essere saggio da parte tua aspettarti di vedermi dove e quando meno te lo aspetti.» Lia non voleva aspettarsi di vedere quell'uomo da nessuna parte e meno ancora fuori dalla porta del suo appartamento. Un appartamento di cui lui non avrebbe dovuto sapere nemmeno l'esistenza, visto che vi si era trasferita quel giorno. Solo che lui era il potente Gregorio de la Cruz e poteva ottenere qualunque cosa volesse incluso l'indirizzo del nuovo appartamento di Amelia Fairbanks. «Vattene al diavolo!» tentò di nuovo di chiudere la porta, ma quella costosa scarpa glielo impedì. «Cos'hai addosso? O piuttosto, non hai...?» Gregorio 15
si distrasse alla vista delle spalle nude di Amelia. Piccole goccioline d'acqua brillavano sulla sua pelle color avorio, mentre quello che sembrava un telo lungo fino alle ginocchia le avvolgeva il resto del corpo. Aveva i capelli raccolti in cima alla testa, con diverse ciocche che le ricadevano dalla nuca. «Non sono affari tuoi!» C'era un vago rossore sulle sue guance. «Vattene mister de la Cruz, prima che chiami la polizia e ti faccia portare via a forza.» Lui ammiccò. «Per quale ragione?» «Stalking, molestie... non preoccuparti, penserò a qualcosa di credibile mentre arriveranno» minacciò. «Non mi preoccupo» le assicurò lui. «Voglio soltanto parlare con te.» «Non c'è nulla che io voglia sentirti dire.» Lo fissò con quegli incredibili occhi di un profondo grigio metallico e il loro anello nero attorno all'iride, in quel momento più ampio che mai. «Può darsi invece che tu non lo sappia.» «Oh, ma lo so eccome.» Gregorio non era famoso per la sua pazienza, ma aveva atteso due lunghi e noiosi mesi prima di scovare quella donna. Due mesi durante i quali aveva sperato che le sue emozioni non sarebbero più state così instabili. Ovviamente il tempo non aveva attenuato il risentimento della ragazza nei suoi confronti, o la responsabilità che era certa lui avesse della morte di suo padre, stroncato da un infarto all'età di soli cinquantanove anni. Dire che Gregorio era rimasto scioccato dalla scomparsa di Jacob Fairbanks sarebbe stato un eufemismo. Certo doveva essere stato uno stress per l'uomo e la sua società trovarsi sotto indagine da parte delle Autorità per i Servizi Finanziari. Le indagini erano ancora in corso e tutti i beni di Jacob Fairbanks sarebbero rimasti congelati fino al termine della loro analisi. Gregorio era certo che fosse stato il mancato acquisto della società di 16
Fairbanks da parte delle Industrie de la Cruz a causarne l'avvio, ma lui non poteva certo essere ritenuto responsabile per le cattive decisioni che avevano portato Jacob Fairbanks sull'orlo della bancarotta e, tantomeno, per il suo fatale attacco cardiaco. Tuttavia, sembrava che Amelia Fairbanks non fosse di tale avviso... «Niente guardie del corpo stasera?» chiese lei sarcastica. «Santo cielo, non ti senti coraggioso? Affrontare tutto solo una donna alta un metro meno di te?» «Silvio e Raphael mi aspettano fuori in macchina.» «Naturalmente» replicò lei. «Hai un pulsante di emergenza da premere in caso di necessità, per farli arrivare di corsa?» «Sei infantile, signorina Fairbanks.» «No, sono solo qualcuno che sta tentando di sbarazzarsi di un visitatore sgradito. E ora, togli quel dannato piede dalla mia porta!» «Noi dobbiamo parlare, Amelia.» «No che non dobbiamo! E Amelia era mia nonna» precisò lei. «Il mio nome è Lia, anche se tu non hai il permesso di usarlo, visto che solo i miei amici hanno questo privilegio.» Gregorio era consapevole di non essere uno di loro e nemmeno che Lia intendesse farlo mai divenire tale. Tuttavia, la pensava diversamente a riguardo. Non solo voleva diventare suo amico, ma aveva tutte le intenzioni di essere anche il suo amante. Quando i suoi genitori erano morti dodici anni prima, avevano lasciato ai loro figli soltanto un vigneto fatiscente in Spagna. Gregorio, primogenito di tre fratelli, aveva avuto come priorità assoluta ricostruirlo e ingrandirlo e ora lui e i suoi fratelli possedevano un vigneto di cui essere orgogliosi, come pure altri affari in tutto il mondo. Lui aveva fatto tutte queste cose con determinazione, sapendo ciò che voleva e assicurandosi di procurarsele. Aveva voluto Lia dal primo momento che aveva posato gli occhi su 17
di lei e non avrebbe rinunciato finché non l'avrebbe avuta. Quasi sorrise al pensiero della sua reazione, se le avesse dichiarato in quel preciso istante che quella era la sua intenzione. No, sapeva che per il momento era meglio tenersela per sé. «Noi dobbiamo parlare. Se mi facessi il favore di aprire la porta e metterti qualcosa addosso...» «Ci sono due cose sbagliate in questa pretesa.» «È una richiesta, non una pretesa.» «Venendo da te, è una pretesa. Non m'importa di aprire la porta, né di andare a mettermi addosso qualcosa di decente. E nemmeno» continuò Lia, «come ti ho già ripetuto, c'è qualcosa che io voglia sentire dalla tua bocca. A causa tua mio padre è morto.» Le lacrime brillarono in quegli occhi grigio fumo. «Vattene e basta, mister de la Cruz e portati via la tua coscienza sporca!» «La mia coscienza non è sporca.» «Povera me... certo che non lo è. Gli uomini come te rovinano la vita di qualcuno ogni giorno, quindi cosa può importare se un uomo ha avuto un attacco di cuore ed è morto a causa loro?» «Ti stai comportando in modo melodrammatico.» «Sto solo esponendo i fatti.» «Gli uomini come me?» chiese lui piano. «Tiranni ricchi e spietati che calpestano tutto ciò che si trova sulla loro strada.» «Io non sono sempre stato ricco.» «Ma sei sempre stato spietato e lo sei ancora!» Per il bene dei suoi fratelli e del proprio futuro sì, lo era divenuto. Doveva esserlo se non voleva che il mondo degli affari lo divorasse e annientasse di nuovo. Ma spietato era l'ultima cosa che desiderava essere quando si trattava di Lia. Scosse la testa. «Non sei solo melodrammatica, ma del tutto in errore con le accuse riguardo a tuo padre, o a chiunque altro. Se tu mi permettessi di entrare e parlarti, sapresti la verità.» 18
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