Il primo nuovo appuntamento con la serie
~ I segreti del Cattleman Club ~
Concludere un affare o aprire il cuore all’amore? Il dilemma è arduo… soprattutto quando la passione travolge e infiamma gli animi.
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I PERDUTI AMORI DEI DI SIONE Una ricerca di verità, la promessa di una travolgente passione Per circa sessant’anni, Giovanni Di Sione ha custodito un incredibile segreto. Ma con l’avvicinarsi degli ultimi giorni della sua vita, ha deciso che i nipoti debbano conoscere la verità. Ognuno di loro verrà inviato in giro per il mondo, alla ricerca dei suoi Perduti Amori, inestimabili ricordi e uniche testimonianze della sua storia, della sua vera identità, del suo unico e grande amore. Ciascuno di questi preziosi oggetti avvicinerà i rampolli della famiglia alla verità, e li obbligherà a intraprendere un viaggio verso una meta che nessuno di loro poteva anche solo immaginare.
CAROL MARINELLI
Innocente conquista
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Di Sione's Innocent Conquest Harlequin Mills & Boon Modern Romance © 2016 Harlequin Books S.A. Special thanks and acknowledgment are given to Carol Marinelli for her contribution to The Billionaire's Legacy series Traduzione di Velia De Magistris Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2017 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione Collezione Harmony marzo 2017 Questo volume è stato stampato nel febbraio 2017 da CPI, Barcelona COLLEZIONE HARMONY ISSN 1122 - 5450 Periodico bisettimanale n. 3161 del 17/03/2017 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 22 del 24/01/1981 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano
Prologo Sapeva perfettamente quali erano le sue manchevolezze, pensò Matteo Di Sione mentre guidava diretto alla proprietà Di Sione, una magnifica dimora situata sulla Gold Coast di Long Island. Non aveva bisogno che qualcuno le sottolineasse... Di nuovo. Eppure suo nonno Giovanni lo aveva appena convocato. Il nonno, dopo la morte di Benito, il suo unico figlio, e di Anna, la moglie di quest'ultimo, aveva accolto lui e i suoi sei fratelli. A quel tempo aveva avuto solo cinque anni, e l'immensa villa era diventata la sua casa. Adesso abitava in un attico a Manhattan, dotato di una spettacolare vista sulla città che non dormiva mai. La residenza del nonno però restava sempre il suo punto di riferimento, decise. Nel bene e nel male, era lì che la sua frammentata famiglia si riuniva in sporadiche occasioni. Ora, poteva supporre che l'intenzione di suo nonno fosse fargli una predica... di nuovo. Il precedente weekend era stato particolarmente turbolento, persino per i suoi standard. I giornalisti non gli avevano dato tregua, impazienti di ottenere uno scoop, che lui poi aveva servito loro su un piatto d'argento per5
dendo il sabato sera un milione di dollari a un tavolo verde di Las Vegas. Ovviamente avevano omesso di sottolineare che aveva non solo recuperato la perdita, ma raddoppiato la vincita prima dell'alba di domenica. Quando era arrivato a New York quella mattina con il suo jet privato, una volta salito sull'auto che lo attendeva, per prima cosa aveva controllato i quotidiani. La storia si ripete!, era il titolo che campeggiava sulla prima pagina di quello con maggiore tiratura nazionale. La foto lo ritraeva all'uscita del casinò, il viso non rasato, una ciocca di capelli neri che gli ricadeva sulla fronte, una bella bionda agganciata al braccio. Ubriaco, senza dubbio. Accanto all'immagine c'era un'istantanea risalente a circa tre decadi prima, per la precisione all'anno in cui era nato. Benito Di Sione fuori da un casinò, la barba incolta, i capelli arruffati, ubriaco, senza dubbio. Accanto a lui una bionda che non era sua moglie. Dubitava che suo padre avesse ricordato in seguito il nome della sua accompagnatrice. Lui, invece, rammentava tutte le sue amanti. Adorava le donne. Magre, floride, e tutte le varietà intermedie, con un debole per le neodivorziate, tutte molto ansiose di ritrovare la fiamma del desiderio dopo lo shock della separazione. Si preoccupava sempre di chiarire alle sue partner di essere in cerca non di stabilità ma di divertimento, di avventure di una notte o al massimo di qualche notte che restavano confinate nella stanza da letto. Il giornalista aveva elencato nel suo articolo tutte le similitudini fra il padre e il figlio più piccolo, focalizzandosi sullo stile di vita sconsiderato e scandaloso, paventando che il figlio avrebbe prima o poi seguito il destino del padre, che era morto con la moglie quando l'au6
to di cui era alla guida si era schiantata contro un palo della luce. No, concluse Matteo, non era per niente ansioso di parlare con suo nonno. Attraversando lo sconfinato parco che circondava la villa, tenne lo sguardo fisso davanti a sé, preferendo non soffermarsi su quello scenario che conservava per lui ben poche memorie felici. Ma, ancora una volta, quel posto era la sua vera casa, pensò dopo aver parcheggiato l'auto, la casa dove tutti i fratelli Di Sione erano cresciuti. Una casa dove lui si recava ogni volta che poteva per fare un saluto al nonno, e magari per portarlo fuori a pranzo. Bussò alla porta per pura cortesia, poi aprì con la sua chiave. «Sono Matteo» si annunciò ad alta voce, muovendo qualche passo nell'atrio. Sorrise quando vide Alma, la governante, arrampicata su una scala, intenta a pulire i vetri di una delle alte finestre che davano luce all'ambiente. «Signor Matteo!» esclamò la donna, accingendosi a scendere dalla sua postazione. «Dov'è lui?» «Nel suo studio. Vuole che vada a dirgli che lei è qui?» «No, non preoccuparti. Credo mi stia aspettando» replicò Matteo, sollevando gli occhi al soffitto. Alma gli rivolse uno sguardo carico di comprensione. Probabilmente aveva visto gli articoli quando aveva portato a Giovanni i quotidiani quella mattina, dedusse. «Come sta?» «Vuole parlarle in privato.» Perplesso per quell'enigmatica risposta, Matteo s'incamminò lungo il corridoio fino a fermarsi davanti a una massiccia porta di legno intagliato. Tirò un profondo respiro e bussò, poi aspettò di essere invitato a entrare. 7
«Ehi» esordì, guardando non il nonno, bensì i giornali sparsi sulla scrivania. «Li ho già letti e, credimi, non mi serve un'altra predica.» «E quando le mie prediche hanno avuto un qualche effetto su di te, Matteo?» replicò Giovanni. Non solo suo nonno era pallido, notò lui, ma aveva anche un aspetto incredibilmente fragile. I suoi brillanti occhi blu sembravano spenti, tanto da fargli cambiare idea. Andava bene una predica, andava bene ascoltarlo mentre gli ripeteva che era ora di crescere, di abbandonare il suo condannabile stile di vita e mettere su famiglia, andava bene qualsiasi cosa piuttosto del sentire quello che purtroppo temeva stava per dirgli. «Ti ho chiesto di venire perché...» No, proprio non poteva. Da maestro della diversione qual era, Matteo prese un quotidiano dal mucchio e lo aprì. «Si sono dilungati in paragoni, ma hanno omesso un'informazione vitale» commentò. «Lui aveva delle responsabilità.» «Sì, è vero» confermò Giovanni, «ma ne hai anche tu, verso te stesso per la precisione. Le compagnie che frequenti, i rischi cui ti esponi...» «Riguardano solo me» intervenne Matteo. «Mio padre invece aveva una moglie e sette figli quando morì. Almeno, sette dichiarati.» «Basta così» lo redarguì Giovanni. «Ora siediti.» «No» borbottò Matteo. «È importante che io non abbia una famiglia. Non sottoporrei mai delle persone a me care all'inferno che invece abbiamo vissuto noi» dichiarò con sincerità. Era una decisione che aveva preso tanto tempo prima. Cioè, era single e così voleva restare. Era davvero in ansia per suo nipote, ragionò Giovanni. Giovane, carismatico e scavezzacollo, Matteo non solo si comportava come suo padre, ma gli assomigliava 8
anche molto. Avevano gli stessi occhi color del mare, lo stesso naso dritto, persino lo stesso ciuffo di capelli neri con la tendenza a ricadere sulla fronte. Lui aveva avuto grosse difficoltà nello stabilire un legame con suo figlio, ricordò, per motivi che non aveva mai rivelato a nessuno. Era un segreto che avrebbe portato con sé nella tomba. Le stesse difficoltà le aveva incontrate con Matteo. Al tempo della morte di Benito e Anna, il piccolo Matteo era stato una copia carbone del padre e lui, invece di imparare dagli errori del passato li aveva riproposti, e aveva tenuto a distanza il nipotino. Di conseguenza Matteo era cresciuto senza una guida, e la parte più ribelle di lui aveva preso il sopravvento. Solo un anno prima aveva abbandonato gli studi universitari, dichiarando di non aver bisogno di studiare per farsi strada nel campo che aveva nel sangue, cioè il mercato azionario. Lui aveva tentato di farlo ragionare, sottolineando di nuovo le similitudini con Benito e il suo timore di vederlo finire nello stesso modo. Lo aveva rimproverato aspramente, e Matteo aveva sfidato senza alcun riguardo la sua autorità. Lo aveva accusato di averlo abbandonato a se stesso da bambino, e precisato che ormai era troppo tardi per fingere di volergli bene. «Siediti» lo invitò di nuovo. Troppo inquieto per obbedire, Matteo si avvicinò al balcone e guardò il parco dove aveva giocato da bambino. Sua nonna era morta prima che lui venisse al mondo, così le sue sorelle più piccole erano state affidate alle cure della maggiore, Allegra, e i suoi fratelli più grandi mandati in collegio. Lui era rimasto praticamente solo. «Rammenti quando venivate tutti a farmi visita, prima che i tuoi genitori morissero?» «No» replicò Matteo secco. 9
«Eri così piccolo d'altra parte, è ovvio che non ricordi...» Oh, ma lui ricordava. Ricordava perfettamente com'era la vita dei fratelli Di Sione prima che restassero orfani. Le urla, i litigi, il caos che governava la loro esistenza. Naturalmente al tempo non aveva potuto sapere che si trattava di un problema di droga e alcol. Aveva capito che la sua famiglia camminava sul filo di un rasoio, ecco tutto. «Forse però almeno rammenti la storia che vi raccontavo sempre, quella dei Perduti Amori?» «No» borbottò Matteo, la sua attenzione ora rivolta al grande albero che si ergeva accanto al lago. Uno dei suoi passatempi preferiti era stato arrampicarsi fino alla cima, poi un giorno aveva perso l'equilibrio. Se uno dei rami non avesse attutito la sua caduta, probabilmente sarebbe stato morto. Nessuno lo aveva visto. Nessuno lo aveva mai saputo. Alma aveva notato le macchie di erba sui suoi vestiti e gli aveva chiesto spiegazioni. «Sono scivolato sul prato» aveva mentito lui, sforzandosi di ignorare le fitte di dolore alle costole e alla testa. A volte gli capitava ancora di essere svegliato nel cuore della notte dalla sensazione di precipitare nel vuoto. Ma non era quello il suo unico segreto. Ce n'era un altro annidato nella sua mente, più oscuro, più spaventoso, lui che supplicava suo padre di rallentare, di riportarlo a casa, solo per essere ignorato. Da quel giorno in poi, non aveva più manifestato le sue paure ad anima viva. «No, non puoi aver dimenticato» insistette Giovanni. «I Perduti Amori...» «È così.» «Allora lascia che ti rinfreschi la memoria.» 10
Come se ne avesse avuto bisogno... Matteo scrollò le spalle e tacque. «Non chiedetemi come ne entrai in possesso, perché un vecchio deve avere i suoi segreti» cominciò Giovanni, «ma quando arrivai in America, avevo con me degli oggetti molto preziosi, i miei Perduti Amori. Significavano tutto per me, ma per sopravvivere fui costretto a venderli. I miei Perduti Amori, noi dobbiamo tutto a loro... Ricordi, vero?» «No» ripeté Matteo, irritato adesso. «Ti ho detto che non ricordo.» Detestava il suo passato e non aveva alcuna voglia di addentrarvisi, specialmente non in quel momento. «Ti va di uscire? Potremmo fare un giro in auto, magari andare al tuo club...» «Matteo» lo interruppe Giovanni, consapevole di quel tentativo di diversione. Adorava suo nipote. Certo, avevano avuto le loro divergenze, ma spesso Matteo gli andava a fare visita, lo portava a pranzo fuori. Solo, non permetteva a nessuno, tanto meno a lui, di entrare nella sua sfera emotiva. Adesso era suo dovere rimediare a quella situazione, finché ne aveva il tempo. «Devo dirti una cosa.» «Coraggio, andiamo» lo esortò Matteo, perché proprio non voleva restare lì, così come non voleva sapere quello che suo nonno stava per rivelargli. «Io sto morendo.» «Noi tutti stiamo morendo» commentò Matteo, il cuore che gli martellava nel petto, la mente impegnata a negare quella devastante verità. Non voleva continuare quella conversazione. Non voleva immaginare tutti i fratelli riuniti per un altro funerale. Capitava ancora che i giornali pubblicassero fotografie delle bare dei suoi genitori seguite dal corteo funebre con i sette orfani alla testa. Non gli permettevano di dimenticare. 11
Non voleva che suo nonno morisse. «La leucemia è tornata» annunciò Giovanni. «E i trattamenti cui ti sei già sottoposto?» chiese Matteo. Diciassette anni prima Giovanni era stato quasi portato via dalla malattia. Si era reso necessario un trapianto di midollo osseo, ma le analisi avevano rivelato che nessuno dei nipoti era compatibile. In quell'occasione Alessandro, il maggiore, aveva confessato di essere a conoscenza dell'esistenza di un figlio illegittimo di Benito. Avevano rintracciato Nate, e scoperta la sua idoneità come donatore. «Nate potrebbe...» «Un altro trapianto è fuori questione, anche considerata la mia età» spiegò Giovanni. «I medici sperano in una remissione, ma se non dovesse accadere, mi restano pochi mesi. Un anno nella migliore delle ipotesi.» «Possiamo cambiare discorso? Lo sai che non amo affrontare la realtà» mormorò Matteo. Giovanni sorrise. «Sì, lo so.» Perché suo nipote viveva in una continua negazione, cercando distrazioni nel gioco d'azzardo, negli sport estremi, esponendosi costantemente al pericolo e spendendo fino all'ultimo centesimo il generoso assegno che gli corrispondeva ogni mese. Avrebbe dovuto rapportarsi con lui in modo diverso, biasimò se stesso, evitando di sottolineare di continuo le affinità con Benito. Perché se era innegabile che esistessero, era pur vero che Matteo era dotato di un animo generoso e di una rara gentilezza di sentimenti. E benché l'irrequietudine di Matteo fosse leggendaria in famiglia, era anche il più paziente fra i suoi nipoti. Era sempre lui a stargli accanto, a offrirgli il braccio durante le loro passeggiate. «Dovresti fare qualcosa per me» riprese, «se vuoi che me ne vada in pace.» Matteo sospirò. Ecco, era arrivato il momento dell'ennesima predica, rifletté. Ora il nonno lo avrebbe rimpro12
verato per il suo stile di vita e invitato a cambiare strada... «Voglio che tu recuperi per me uno dei miei Perduti Amori.» Sorpreso, Matteo si girò. «Di cosa stai parlando?» «I miei Perduti Amori!» esclamò Giovanni. Aprì un cassetto, prese una fotografia e gliela porse. «Guarda, questa è una di loro» spiegò. Matteo osservò l'immagine della collana di smeraldi, splendida nella sua semplicità. «Oro bianco?» s'informò. «Platino.» «Noi credevamo che fosse solo una favola» commentò Matteo, «o che magari tu parlassi di vecchie monete, oppure di qualcosa di simile.» «Dunque ricordi.» «Certo» confermò Matteo. Guardò di nuovo l'immagine. «È spettacolare. Deve valere... Milioni?» «Qualcosa in più.» «Chi l'ha creata?» Giovanni scosse la testa. «Non saprei dirtelo.» «Dunque è così che tu hai cominciato?» chiese ancora Matteo. L'impero Di Sione era partito da una modesta compagnia di spedizioni marittime, per poi estendersi a un livello globale. Ora capiva da dove suo nonno aveva preso i fondi per dare inizio alla sua impresa, ma com'era possibile che un giovane emigrato siciliano fosse stato in possesso di un gioiello del genere? «Voglio che tu la trovi per me» ribadì Giovanni. «L'unico indizio che posso darti è che l'ho venduta a un tale Roche sessant'anni fa. Da quel momento però è stata ceduta altre volte.» «Come l'hai avuta tu in primo luogo, ecco cosa vorrei sapere.» «Non chiedetemi come ne entrai in possesso, perché un vecchio deve avere i suoi segreti...» 13
Matteo sorrise. Ora sì che quella storia aveva un senso, pensò. «Voglio quella collana, a qualsiasi costo. Credi di essere in grado di riportarmela?» In silenzio, Matteo guardò il nonno. Avrebbe voluto dirgli che gli voleva bene, che sapeva quanto si fosse sacrificato per la famiglia, purtroppo era incapace di dare voce ai suoi sentimenti. Però sì, quel desiderio poteva accontentarlo. Annuì. «Sai già che lo farò» confermò. Giovanni si alzò dalla sua poltrona e lo abbracciò, una manifestazione di affetto che suo nipote tollerò per pochi istanti. «Coraggio, andiamo» lo esortò infatti Matteo, infilandosi la foto in tasca. «Dove?» «Al tuo club» rispose Matteo. Prese le chiavi dell'auto, poi cambiò idea. Suo nonno stava morendo, di conseguenza lui non aveva la lucidità necessaria per mettersi alla guida. Meglio convocare l'autista.
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